Geopolitica
Pechino rafforza la presa sul Tibet e alimenta il culto di Xi Jinping
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Per i 70 anni del dominio cinese sulla regione annunciato uno sforzo «a tutto campo» per favorire la «sinicizzazione». Nel mirino le attività separatiste del «clan del Dalai Lama». L’evento occasione per rafforzare il «culto della personalità» verso il capo dello Stato, che punta al terzo mandato dopo l’abolizione del limite.
Il governo cinese intende lanciare uno sforzo «a tutto campo» per favorire una completa «sinicizzazione» del Tibet, che assicuri l’uso estensivo della lingua cinese – parlata e scritta – nella regione. È quanto ha annunciato nei giorni scorsi un alto funzionario di Pechino, durante le celebrazioni promosse per festeggiare i 70 anni di dominio del Partito comunista (PCC) sulla regione autonoma. Evento servito anche per rafforzare il «culto della personalità» verso il presidente Xi Jinping che, secondo fonti autorevoli, punta al terzo mandato alla guida del Paese.
Sede della cerimonia il palazzo del Potala a Lhasa, capitale del Tibet, un tempo sede del Dalai Lama e simbolo del buddismo locale.
Il membro del Politburo ha affermato che «le attività separatiste e di sabotaggio commesse dal clan del Dalai Lama e dalle forze ostili sono state schiacciate»
Nel suo intervento Wang Yang, membro del Politburo e presidente del Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, ha sottolineato che tutti i tibetani devono condividere quelli che definisce «i simboli culturali e le immagini della nazione cinese».
«Il Tibet – ha proseguito Wang – può svilupparsi solo sotto la guida del partito e del socialismo» e Pechino ha rafforzato ancor di più le iniziative per migliorare l’economia dell’area.
Attivisti e critici rispondono che le mosse cinesi per espandere le influenze culturali e sociali sono in realtà una «minaccia» per la tradizionale cultura buddista del Tibet, oggetto di condanna da parte della leadership comunista che considera il Dalai Lama – da tempo in esilio nella vicina India – non una guida religiosa ma un «capo separatista».
Nel suo intervento il membro del Politburo ha affermato che «le attività separatiste e di sabotaggio commesse dal clan del Dalai Lama e dalle forze ostili sono state schiacciate».
Il Tibet, ha concluso, dal 1951 ha intrapreso «un percorso dall’oscurità allo splendore, dall’arretratezza al progresso, dalla povertà alla prosperità e dall’autocrazia alla democrazia».
Intanto prosegue la campagna di propaganda a suon di immagini e discorsi per rafforzare la leadership del presidente Xi, proiettato verso un terzo mandato alla guida della nazione dopo l’abolizione del limite massimo di due decisa dal Parlamento nel 2018.
Xi Jinping sarà sicuramente rieletto per un terzo mandato dal 20° Congresso del Partito il prossimo anno
Durante la cerimonia a Lhasa un grande ritratto del leader campeggiava sul palco, alle spalle della postazione da cui ha parlato il rappresentante di Pechino, assieme alle immagini degli altri cinque leader del passato.
In occasione delle celebrazioni per i 60 anni della presenza cinese in Tibet l’allora vice-presidente Xi aveva citato i vari leader del passato, fra i quali Mao Zedong e Deng Xiaoping. Stavolta, invece, Wang ha nominato ed elogiato l’attuale presidente e capo dello Stato.
Secondo Hu Ping, direttore della rivista con base negli Stati Uniti Beijing Spring, «ciò significa che Xi Jinping sarà sicuramente rieletto per un terzo mandato dal 20° Congresso del Partito il prossimo anno» e «questo è il messaggio che viene mandato».
Immagine di Rene Heise via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
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Geopolitica
Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.
Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».
Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.
Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».
Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina
Today I held an almost hour-long phone conversation with the President of the European Council, A. Costa. I fully respect him, but while he spoke about money for the war in Ukraine, I kept repeating the senseless daily killing of hundreds to thousands of Russians and Ukrainians.… pic.twitter.com/0f9JiitWjG
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) December 12, 2025
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Geopolitica
Orban come John Snow
Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.
In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».
Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.
Hungary PM Orbán as Jon Snow from Game of Thrones in defending the EU’s legal&financial system from crazy EU bureaucratic warmongers—fighting them to reduce migration, increase competitiveness, and restore sanity, values and peace. 🕊️
Help is coming as Russian CB sues Euroclear pic.twitter.com/jHyav6mk0f
— Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.
In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.
Unmasked NATO’s Mark Rutte.
He does not have family or children. He wants war.
But peace will prevail. 🕊️ https://t.co/lDPBucIAkA pic.twitter.com/JjqVogOSWM
— Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».
Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».
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Immagine screenshot da YouTube
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