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Papa malato: le macchine ben oliate del Vaticano

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Il recente ricovero di Papa Francesco solleva la questione di come il governo della Chiesa cattolica continuerà a essere garantito nel caso in cui un pontefice, ancora regnante, diventi incapace per un periodo di tempo più o meno lungo. FSSPX.News fa il punto su una particolare modalità operativa che risulta sempre efficace grazie a una struttura gerarchica ben consolidata.

 

Fino al pontificato di Leone XIII (1878 – 1903), la salute dei papi era un segreto gelosamente custodito: ma l’avvento del «Quarto Stato», quello dei media, cambiò la situazione. Alcuni giornali, a partire dal 1896, diffusero voci sulla presunta senilità del pontefice regnante: l’augusto vegliardo chiamò allora per la prima volta le telecamere e lasciò ai posteri un brevissimo filmato disponibile su internet.

 

 

Poco più di un secolo dopo, la lunga agonia di Giovanni Paolo II ha scatenato una valanga di interrogativi: quando un papa è malato o impossibilitato ad agire, la Chiesa è comunque governata, e in che modo?

 

In realtà, la macchina vaticana è ben oliata: quando il Papa è in ospedale – e quindi la sede non è vacante – il governo della Chiesa cattolica è assicurato dal Collegio dei cardinali, più in particolare dagli alti prelati che dirigono i diversi dicasteri della Curia romana, che sono come un’estensione del potere papale.

 

A differenza di quanto avviene nel caso di vacanza della Sede Apostolica – dopo la morte o la rinuncia del pontefice regnante – dove la funzione del cardinale camerlengo è messa in primo piano, nel caso di un papa ricoverato in ospedale è il cardinale segretario di Stato a svolgere un ruolo chiave: è lui a coordinare le attività quotidiane della Curia romana, agendo in un certo senso come un vicepresidente del Vaticano.

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In altre parole, assicura la continuità delle funzioni amministrative e diplomatiche della Santa Sede: è il cardinale Pietro Parolin, uno dei papabili più in vista, ad esercitare questa responsabilità in questo momento. Nel suo compito è coadiuvato da un «sostituto», al quale sono delegati gli affari correnti, e da un «segretario», che sovrintende ai rapporti con gli Stati che intrattengono rapporti diplomatici con il Vaticano.

 

In caso di temporanea indisposizione, il Papa può comunque prendere decisioni importanti dall’appartamento di cui dispone al Gemelli, avvalendosi dei moderni mezzi di comunicazione (telefono, video, etc.) e grazie al continuo via vai tra il Palazzo Apostolico e l’ospedale.

 

Tuttavia, se una situazione richiedesse una decisione che esulasse dall’ambito della gestione degli affari correnti e il Papa fosse fisicamente o moralmente impossibilitato ad agire, il Collegio dei cardinali potrebbe riunirsi per valutare misure di emergenza, sebbene non esista un protocollo formale per tali situazioni.

 

Poiché in caso di un grave peggioramento della salute di un successore di Pietro, come ad esempio un coma o una malattia mentale, non è previsto nulla di concreto per sostituire il sommo pontefice venuto a mancare: il papa è l’unico che può liberamente rinunciare al suo potere, la legge della Chiesa è formale su questo punto e le ragioni di impedimento esistenti riguardano tutti i prelati del mondo intero, ad eccezione del vescovo di Roma.

 

«In realtà non abbiamo regole per questo. Non esiste alcun documento separato che spieghi come sarebbe stata governata la Chiesa in quel periodo. Niente. Assolutamente nulla», aveva spiegato nel 2023 il canonista Nicholas Cafardi, in occasione del precedente soggiorno del pontefice argentino al policlinico Gemelli. E l’avvocato concluse: «Lasciamo questo allo Spirito Santo».

 

Quanto all’attuale ricovero, i medici, nella loro ultima dichiarazione di venerdì 21 febbraio, hanno riconosciuto che il Papa non è «fuori pericolo» e che rimarrà in ospedale «tutta la prossima settimana». Questa comunicazione cauta dimostra che l’evoluzione della malattia resta difficile da prevedere in un paziente fragile.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

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Spirito

Viganò: «Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un breve testo in cui accusa papa Leone XIV di voler divenire leader di una religione globalista uscita dalle logge massoniche.   «È evidente che Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica» scrive sua eccellenza. «Prevost non si discosta minimamente dal “nuovo corso” sinodale inaugurato da Bergoglio, nel tradimento del Mandato petrino e nell’abdicazione al ruolo di Vicario di Cristo».   Il prelato lombardo commenta così un videomessaggio con intenzione di preghiera di papa Prevost diffuso con immagini di eventi «ecumenici» dei passati pontificati come Assisi (1986) con Giovanni Paolo II , la visita in Sinagoga di Benedetto XVI in sinagoga e il famoso incontro con l’islam di papa Francesco ad Abu Dhabi.   «Preghiamo perché noi credenti di diverse tradizioni religiose lavoriamo insieme per difendere e promuovere la pace, la giustizia e la fratellanza umana» dice il testo del messaggio.  

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Monsignor Viganò da anni parla del disegno soggiacente alla sovversione degli Stati e della Chiesa. Al cambio del paradigma politico corrisponde un cambio di paradigma teologico.   «Il Great Reset prevede l’instaurazione di una Religione Universale, ecumenica, ecologica e malthusiana, che vede in Bergoglio il suo naturale leader, come riconosciuto recentemente dalla Massoneria» aveva scritto in un intervento del marzo 2021 monsignore. «L’adorazione della pachamama in Vaticano, l’accordo di Abu Dhabi, l’Enciclica Fratelli tutti e il prossimo sabba di Astana vanno tutti in questa direzione, compiendo quell’inesorabile processo dissolutorio della Chiesa iniziato con il Concilio Vaticano II» .   In un’intervista di mesi fa, ricordando la figura del pontefice precedente, Viganò dichiarava che come «papa della chiesa sinodale», Bergoglio «si sentiva autorizzato a predicare il verbo globalista, l’ideologia woke, l’omosessualismo arcobaleno, la frode climatica e pandemica, l’immigrazionismo sfrenato, la morale situazionale e via dicendo».   Ciò, elaborava Viganò, corrispondeva ad un disegno di ingegneria spirituale precisa, architettata dagli incappucciati: «considerandosi un monarca assoluto, sciolto cioè da ogni vincolo con l’autorità di Cristo, Bergoglio ha svolto il compito assegnatogli dai suoi padroni: dare corpo a una chiesa dell’umanità – auspicata dalla massoneria – totalmente desacralizzata ed orizzontale, globalista, ecumenica e sincretista, green, gender fluid e gay friendly».   «Se Bergoglio è riuscito ad ottenere tanta ammirazione da chi detesta la Chiesa Cattolica e il papato è perché l’élite lo considera «uno di loro», altrettanto rivoluzionario, altrettanto imbevuto di filantropismo massonico, altrettanto ecumenico, sincretista, inclusivo, green woke» aveva dichiarato ancora l’arcivescovo in un’intervista dello scorso maggio con Steve Bannon.   Come riportato da Renovatio 21, Viganò considera «Prevost in evidente e inquietante continuità con Bergoglio».

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Spirito

Consacrazioni dell’arcivescovo Lefebvre per la FSSPX, il video

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Quando l’Arcivescovo Lefebvre affrontò una grave crisi nella Chiesa, tradì la Chiesa o protesse la Fede? Con questo video di formazione di FSSPX.News, approfondisci il cuore della decisione che lo portò a consacrare vescovi senza mandato papale, in nome di una missione: salvaguardare la Tradizione cattolica.

(Video in lingua francese, ndt)

 

 

Articolo apparso su FSSPX.News

 

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Immagine da FSSPX.News

 

 

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Viganò contro papa Leone sull’onoreficenza dell’arcidiocesi al politico abortista

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato a X un commento ad un caso che sta tenendo banco negli Stati Uniti, dove l’arcidiocesi di Chicago, centro nevralgico del cattolicesimo americano da cui peraltro proviene lo stesso Leone, intende premiare un politico abortista.   «Alla domanda sull’opportunità di conferire il premio dell’Arcidiocesi di Chicago al Senatore Dick Durbin, esponente della Sinistra Radicale Woke e abortista notorio, Prevost ha risposto che “è importante considerare l’intera attività del Senatore” e che “Chi dice ‘Sono contro l’aborto ma sono a favore della pena di morte, non è veramente pro-vita. Così qualcuno che dice ‘Sono contro l’aborto ma sono d’accordo con il trattamento disumano degli immigrati che sono negli Stati Uniti’, non so se è pro-vita; quindi sono questioni molto complesse”» scrive monsignore.   «Prevost usa argomenti capziosi – come la presunta immoralità della pena di morte o del respingimento degli immigrati illegali da parte dell’autorità civile – ottenendo il risultato di derubricare l’aborto, con quel malcelato imbarazzo di chi è costretto suo malgrado a ripetere con poca convinzione una condanna che non pretende sia condivisa dal mondo moderno, al pari della intrinseca peccaminosità della sodomia» prosegue l’arcivescovo lombardo. «Prevost sposta l’attenzione su altri temi. Ed è sorprendente che un agostiniano come Leone non si accorga che questo atteggiamento è tipico del peggior gesuitismo modernista».  

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«Non solo: affermando che queste sono “questioni molto complesse”, Prevost delegittima la condanna di quei Vescovi americani verso il comportamento di Blase Cupich e favorisce lo scandalo dei fedeli, portati a credere che la pena di morte e il respingimento degli immigrati illegali vadano condannati al pari dell’uccisione di una creatura innocente nel ventre materno» tuona il già nunzio apostolico in USA.   «Diciamolo chiaro: l’aborto è un crimine esecrando che va sempre condannato senza appello. Chi se ne rende colpevole – anche favorendo l’uccisione di innocenti mediante leggi inique – compie un delitto che grida vendetta al cospetto di Dio» accusa Sua Eccellenza. «Come membro morto del Corpo Mistico non appartiene più alla Chiesa Cattolica e non può essere ammesso ai Sacramenti né tanto meno ricevere premi da Autorità ecclesiastiche. Lo Stato, per essere coerente con il fine per il quale esiste, dovrebbe proibire e punire l’aborto, e non dichiararlo un “diritto umano”».   «Contrariamente a quanto affermato da Leone, non c’è niente di “complesso” in questo, se non il rifiuto di affermare la Verità e di non delegittimare Blase Cupich, potente erede e seguace di Joseph Bernardin e di Theodore McCarrick, insieme ad altri Prelati tuttora in carica» continua monsignore in un successivo post.  

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  «La strategia modernista – basata sulla “morale situazionale” – non nega direttamente la dottrina, ma la “addomestica” in nome dell’evoluzione dei dogmi e la rende inapplicabile nella pratica, svuotandola dall’interno. E non stupisce che questa impostazione relativista, complice della dissoluzione morale della società, sia stata formulata dal Cardinale Joseph Bernardin».   «La sua pseudo-dottrina della “tunica inconsutile” pone l’aborto in un’unica “etica della vita” che include arbitrariamente la povertà, la guerra, la pena di morte. Ciò ha fornito ai politici “cattolici” liberali e ai sedicenti “cattolici adulti”, cari alla Sinistra woke, il pretesto per dirsi “pro-life” pur votando a favore dell’aborto (fino al momento della nascita), delle unioni sodomitiche, della transizione di genere e dell’ideologia LGBTQ+».   «(…) Ricordo bene che durante la cerimonia di imposizione del Pallio, Cupich ripropose la dottrina della tunica inconsutile, che contestai nel mio intervento come Nunzio Apostolico. Nel Novembre 2023 l’allora card. Prevost, nel discorso per il conferimento del Dottorato honoris causa in Perù, lodò Bernardin e Cupich proprio per questa loro aberrante falsa dottrina» chiosa Viganò.   «Se i Romani Pontefici avessero voluto “evitare polarizzazioni” – come sembra essere la principale preoccupazione di Leone – la Chiesa Cattolica avrebbe finito di esistere con San Pietro. Si direbbe che Prevost intenda seguire le orme di Simone nel cortile del pretorio, piuttosto che quelle di Pietro nella testimonianza della Fede. Cosa diranno i conservatori, così entusiasti dell’elezione di Leone?»

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