Persecuzioni
Pakistan, giovane cristiana sequestrata per matrimonio forzato

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
A. N. manca da casa dal 13 marzo scorso. Figlia unica, sarebbe stata rapita da tre musulmani mentre andava a lezione. I familiari hanno presentato denuncia, invano. Come in molti casi di appartenenti alle minoranze è stata rapita per essere convertita a forza all’islam e data in sposa. L’appello al governo per una legge.
Attivisti e ONG come Human Right Focus Pakistan (HRFP) si appellano al governo, per chiedere informazioni sulla sorte di alcune ragazzine cristiane sequestrate da tempo, il più alle volte per essere date in spose a musulmani contro la loro volontà.
A destare particolare preoccupazione, in questo caso, la vicenda della giovane A. N. scomparsa da oltre due mesi dalla propria abitazione, senza alcun intervento della polizia o della magistratura per perseguire i responsabili del rapimento.
Il 13 marzo scorso A., 19enne studentessa di Faisalabad, è stata sequestrata da un musulmano di nome M. R. mentre stava andando a lezione; al sequestro hanno partecipato due complici, M. H. e M. S.. Il giorno stesso il padre della ragazza, N. A. M., si è rivolto alla polizia per denunciare la sua scomparsa. Gli agenti hanno aperto un fascicolo a carico di ignoti e, il giorno successivo, hanno aperto un’inchiesta (il First Information Report), riconoscendo in M.R. il principale indiziato.
Fra le prove il fatto che il telefono cellulare appartenente alla ragazza sarebbe stato usato dal suo sequestratore nei giorni successivi, grazie al tracciamento della SIM card effettuato dalla polizia postale. Tuttavia, nelle settimane successive nulla è stato fatto per restituire la ragazza ai familiari.
«A. N. è figlia unica, nata dopo numerose preghiere di tutta la famiglia» racconta la madre F. B. ed è anche «la sola ragione di vita di noi genitori». Il padre aggiunge di voler fare di tutto per «strapparla dalle mani dei suoi rapitori» e salvarla da «una schiavitù sessuale» frutto di un “matrimonio e una conversione forzata”.
Della vicenda se ne sta occupando da qualche tempo Human Rights Focus Pakistan, che ha incontrato più volte i parenti della giovane cristiana e seguito l’inchiesta e l’iter processuale.
Interpellato da AsiaNews il presidente Naveed Walter conferma che essa si inquadra nel novero dei casi di sequestro, conversione e nozze forzate di giovani appartenenti alle minoranze religiose. Egli aggiunge che la denuncia è la sola via per promuovere un iter giudiziario ma polizia, istituzioni e giudici mostrano spesso «un comportamento discriminatorio».
Sono trascorse diverse settimane, conclude, ma «i colpevoli sono ancora in libertà. Vogliamo restituire la ragazza alla famiglia e mandare i responsabili dietro le sbarre», mentre sullo sfondo resta un disegno di legge, sul tavolo del nuovo governo, contro le conversioni forzate.
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Immagine da AsiaNews, modificata
Persecuzioni
Autorità indiane incriminano un altro orfanotrofio cristiano

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Nel mirino del nazionalista indù che guida la Commissione nazionale per la protezione dei minori questa volta le strutture educative promosse dal noto predicatore evangelico Ajay Lall. Accusate di conversioni forzate e persino «traffico di esseri umani». Il precedente della campagna contro il vescovo di Jabalpur, mons. Gerald Almeida, in uno Stato indiano che tra poche settimane andrà al voto per le elezioni locali.
Un’altra istituzione cristiana del Madhya Pradesh è stata presa di mira dalla Commissione nazionale per la protezione dei diritti dell’infanzia (NCPCR) e dal suo presidente Priyank Kanoongo, un nazionalista indù originario proprio di questo Stato indiano che da mesi ha concentrato i suoi poteri di indagine sulle realtà educative legate ai missionari.
Fonti di AsiaNews riferiscono che, con il pretesto delle conversioni, continuano ad essere registrate false denunce contro le istituzioni educative delle minoranze. L’ultimo caso è avvenuto il 23 settembre nella città di Damoh dove la polizia ha registrato una denuncia contro un noto predicatore evangelico, Ajay Lall, dopo che la Commissione nazionale per la protezione dei diritti dell’infanzia (NCPCR) avrebbe riscontrato irregolarità negli orfanotrofi da lui gestiti nel distretto.
Il tribunale del giudice distrettuale aggiunto di Damoh ha incriminato 9 persone sulla base di diversi articoli del Codice penale indiano. Recentemente, il governo del Madhya Pradesh aveva cancellato anche la registrazione di un orfanotrofio gestito dall’Adharshila Sansthan, la fondazione creata da Ajay Lall per la promozione delle donne tribali.
Sbandierando la nuova operazione Priyank Kanoongo su X (il nuovo nome del social network Twitter) ha accusato Ajay Lal e i suoi collaboratori di reati quali «il traffico di esseri umani, casi di conversioni religiose di bambini, bambini tribali trasformati in pastori, bambini orfani adottati solo in famiglie cristiane».
A giugno l’Alta Corte del Madhya Pradesh aveva concesso la libertà provvisoria al vescovo di Jabalpur, mons. Gerald Almeida e a suor Liji, incriminati in base alla legge anti-conversione dopo un’incursione in un orfanotrofio gestito dalla diocesi.
«Decine di istituzioni sono state prese di mira dal presidente del NCPCR Kanoongo negli ultimi due anni con l’accusa di conversione e con l’incriminazione del personale e della direzione in base alle leggi sulla conversione e sulla giustizia minorile. Ha le mani in pasta con il governo statale e vuole polarizzare la società in vista delle elezioni locali che dovrebbero tenersi entro la fine dell’anno» aveva dichiarato in quell’occasione padre Joseph Thankachan a nome della diocesi.
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Immagine da Twitter
Persecuzioni
Tamil Nadu, famiglia di cristiani attaccata da nazionalisti indù

Persecuzioni
Sacerdote trovato impiccato in India

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Padre Anil Francis, 40 anni, è stato trovato impiccato a un albero. In una nota la diocesi di Sagar – pur senza sbilanciarsi sul movente e offrendo piena disponibilità alla collaborazione nelle indagini – racconta che era stato denunciato per un suo post sui social network contro le violenze nel Manipur. Era il direttore di una scuola cattolica in uno Stato indiano al centro da mesi di intimidazioni contro i cristiani da parte dei fondamentalisti indù.
La Chiesa cattolica indiana è scossa oggi dal gesto estremo di padre Anil Francis, un sacerdote della diocesi di Sagar in Madhya Pradesh, che si è tolto la vita con un suicidio. Il prete – che aveva 40 anni ed era il responsabile della St Alphonsa Academy, una scuola primaria del villaggio di Garhakota – è stato trovato impiccato ieri a un albero alla periferia di Sagar dove si era recato la sera prima per l’incontro mensile del clero. Alla mattina era però scomparso finché nel pomeriggio è avvenuta la tragica scoperta.
Con una dota diffusa dal suo portavoce, padre Sabu Puthenpurackal, la diocesi di Sagar ha confermato stamattina la notizia. «La polizia – si legge nel comunicato – sta indagando sul caso e la diocesi sta collaborando pienamente» Ma padre Puthenpurackal aggiunge anche che «padre Anil Francis era sottoposto a tensioni e pressioni a causa di una denuncia depositato contro di lui per un post che aveva condiviso sui social media sulle violenze nel Manipur».
Il post in questione era semplicemente una protesta contro la mancanza di provvedimenti da parte del governo indiano per fermare gli scontri che da mesi continuano nella regione nord-orientale e vedono spesso vittima la locale minoranza cristiana. L’immagine accostava le due donne violentate e umiliate del Manipur finite al centro di un video divenuto virale alla Madre India.
In un contesto come quello del Madhya Pradesh – dove la pressione dei fondamentalisti indù contro i cristiani è stata particolarmente dura negli ultimi tempi – qualcuno aveva sentito il bisogno di sporgere denuncia contro di lui. Inoltre ci sono voci anche di minacce che avrebbe ricevuto in quanto responsabile della scuola. E anche in questo caso non si può non ricordare che proprio in Madhya Pradesh le scuole cattoliche sono oggetto di una dura campagna intimidatoria, che ha visto persino una minaccia di arresto per un suo vescovo, mons. Gerald Almeida, della diocesi di Jabalpur.
Va davvero ricercata in questo clima pesante la ragione del suicidio di padre Anil Francis? Nella nota la diocesi mantiene un atteggiamento prudente, rimandando alle indagini della polizia e ribadendo la propria collaborazione. Spiega inoltre che in un biglietto il sacerdote ha espresso il desiderio che il suo corpo venga cremato.
«Siamo estremamente addolorati e tristi per la morte di padre Anil Francis che era noto per il suo impegno nelle opere che gli erano state affidate e per la sua dedizione ai valori da lui predicati – conclude la nota di padre Puthenpurackal. Condividiamo il dolore della famiglia di padre Anil Francis e porgiamo loro le nostre più sentite condoglianze in questa occasione. Preghiamo l’Onnipotente di dare loro la forza di superare questo straziante momento che stanno vivendo».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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