Economia
Nokia annuncia licenziamenti di massa
La multinazionale finlandese delle telecomunicazioni Nokia ha annunciato che taglierà fino a 14.000 dipendenti come parte di un più ampio piano di riduzione dei costi dopo che gli utili della società sono crollati del 69% nel terzo trimestre.
L’annuncio è stato fatto giovedì quando la società ha registrato un calo delle vendite del 20% su base annua tra luglio e settembre a 4,98 miliardi di euro. L’utile di Nokia nel periodo è crollato del 69% su base annua a 133 milioni di euro.
La società ha affermato che la decisione dovrebbe aiutarla a ridurre la base dei costi e ad aumentare l’efficienza operativa per «affrontare il difficile contesto di mercato».
La multinazionale con sede a Espoo punta a ridurre la propria base di costi su base lorda a partire dal 2023 tra 800 milioni e 1,2 miliardi di euro entro la fine del 2026.
Secondo il piano, il numero dei dipendenti verrebbe ridotto dagli attuali 86.000 a un numero compreso tra 72.000 e 77.000.
«Le decisioni aziendali più difficili da prendere sono quelle che hanno un impatto sulle nostre persone. Abbiamo dipendenti di immenso talento in Nokia e sosterremo tutti coloro che sono interessati da questo processo», ha affermato l’amministratore delegato di Nokia Pekka Lundmark, commentando la decisione.
La società non ha specificato dove si verificheranno i tagli di posti di lavoro, ma ha affermato che probabilmente influenzeranno le sue operazioni in Europa, Regno Unito e Stati Uniti.
L’esatta portata del programma di riduzione dei costi dipenderà dalla domanda dei prodotti dell’azienda, ha affermato Nokia, aggiungendo che «si aspetta di agire rapidamente» per risparmiare fino a 400 milioni di euro l’anno prossimo e altri 300 milioni di euro nel 2025.
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«Continuiamo a credere nel mercato a medio-lungo termine, ma non abbiamo intenzione di sederci e aspettare e pregare che il mercato si riprenda presto», ha affermato Lundmark. «Semplicemente non sappiamo quando si riprenderà».
Giovedì le azioni della società sono scese di oltre il 6%.
Nokia era un tempo il più grande, rinomato, apprezzato produttore di telefoni cellulari. I problemi di mercato sono arrivati dopo che aveva siglato una partnership con la Microsoft di Bill Gates, che successivamente ha rilevato l’intero business di telefonia mobile di Nokia.
L’allora amministratore delegato assunto da Nokia, Stephen Elop, era stato a capo della divisione business di Microsoft. Si trattava del primo CEO non finlandese dell’azienda in 149 anni di storia. Dopo la scalata del gruppo di Bill Gates a Nokia, si sentì ogni sorta di speculazione, tanto che Elop ha negato pubblicamente di essere stato il «cavallo di Troia» di Microsoft per conquistare Nokia.
La crisi di Nokia ha ingenerato ramificazioni in tutta la Finlandia, che un tempo vedeva nell’azienda un grande simbolo dell’orgoglio nazionale, creando disoccupazione e malcontento. Nel 2000 l’azienda costituiva il 4% del PIL finlandese, e il 21% delle esportazioni totali, nonché il 70% della Borsa di Helsinki.
Come riportato da Renovatio 21, proprio l’attuale CEO di Nokia Lundmark in un incontro dell’edizione 2022 del World Economic Forum aveva predetto la fusione tra essere umano e telefono cellulare.
Il Lundmarko affermava che entro il 2030 è probabile che le interfacce di connettività che utilizziamo per comunicare cambieranno così radicalmente che coloro che utilizzano smartphone fisici saranno in minoranza.
Davos, il capo della Nokia dice che i cellulari «saranno costruiti direttamente nei nostri corpi» pic.twitter.com/gY543ztgDR
— Renovatio 21 (@21_renovatio) January 13, 2023
«Parlavamo poco fa del 6G entro il 2030, dire che per allora sicuramente lo smartphone come lo conosciamo oggi non potrà più essere il tipo di interfaccia comune» dice l’uomo al vertice del colosso finnico.
«Invece, molte di queste cose saranno costruite direttamente nei nostri corpi» chiosa, per la felicità delle teoria di fusione uomo-macchine propalate da Klaus Schwab, da anni propone una «quarta rivoluzione industriale» basata su una «fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica», arrivando a a suggerire scansioni cerebrali, rese possibile dagli impianti biocibernetici, anche solo per viaggiare, e a trastullarsi pubblicamente col pensiero di poter leggere ciberneticamente la mente del pubblico in sala.
In pieno stile transumanista davosiano, la stessa Nokia aveva pubblicato un articolo nel gennaio 2022 che esprimeva le previsioni dell’azienda di un «mondo che fonde i domini digitale, fisico e umano per creare esperienze immersive rivoluzionarie».
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Immagine di Andrea Pullicino via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
Netflix avrebbe raggiunto un accordo per acquisire Warner Bros., inclusi i suoi studi cinematografici e televisivi, HBO e HBO Max, attraverso una transazione mista in contanti e azioni che valuta Warner Bros. Discovery a un valore aziendale di 82,7 miliardi di dollari (valore azionario di 72 miliardi di dollari), pari a 27,75 dollari per azione.
L’intesa dovrebbe essere finalizzata nel terzo trimestre del 2026, dopo lo scorporo programmato da parte di WBD della sua divisione Global Networks in una società quotata autonoma («Discovery Global»). Questa operazione giunge a pochi mesi dalla proposta avanzata da Paramount-Skydance per rilevare WBD.
L’accordo tra Netflix e WBD fonderà la piattaforma di streaming con un catalogo secolare e con franchise iconici come i supereroi della DC Comics, Harry Potter, Game of Thrones, I Soprano e The Big Bang Theory.
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In una nota ufficiale, Netflix ha dichiarato che l’operazione espanderà la sua library di contenuti, potenzierà le capacità produttive e favorirà una crescita sostenibile nel lungo periodo: «fornendo agli utenti una gamma più vasta di serie e film di alto livello, Netflix si attende di conquistare e trattenere un maggior numero di abbonati, incrementare l’engagement e generare entrate e profitti operativi aggiuntivi. L’azienda prevede inoltre di conseguire risparmi sui costi per almeno 2-3 miliardi di dollari annui entro il terzo anno e che la fusione avrà un effetto positivo sull’utile per azione GAAP già a partire dal secondo anno».
Secondo i termini dell’accordo, ogni azione WBD sarà convertita in 23,25 dollari in contanti più 4,50 dollari in azioni Netflix. I board di entrambe le società hanno approvato l’operazione all’unanimità.
La chiusura è attesa tra 12 e 18 mesi, subordinata all’esame regolatorio e all’ok degli azionisti di WBD. All’inizio dell’anno, Netflix ha superato le controfferte, tra cui quelle di Paramount-Skydance e Comcast.
Bloomberg ha rilevato che Hollywood non accoglie con entusiasmo questo nuovo connubio tra Netflix e WBD.
Warner Bros. Discovery ha avviato negoziati esclusivi per cedere i suoi studi cinematografici e televisivi insieme a HBO Max a Netflix, stando a fonti interne alla major – un’indicazione che il colosso dello streaming ha avuto la meglio su Paramount-Skydance e Comcast. Un’intesa del genere ridisegnerebbe il settore dell’intrattenimento e rappresenterebbe un turning point strategico per Netflix, già leader per capitalizzazione a Hollywood. Paramount ha bollato il processo di cessione come «contaminato», mentre l’attrice Jane Fonda, due volte premio Oscar, ha descritto il suo potenziale effetto sull’industria con un aggettivo più severo: «catastrofico».
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Nata come servizio di noleggio DVD via posta, Netflix ha prima annientato la catena Blockbuster e ora sta replicando il colpo con Hollywood, snobbando in larga misura le uscite cinematografiche in sala. L’accordo catapulterebbe Netflix al rango di superpotenza negli studi hollywoodiani. Tuttavia, il tutto resta appeso all’approvazione dei regolatori, con il repubblicano californiano Darrell Issa che ha già espresso opposizione a qualsivoglia acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix.
L’industria cinematografica è minacciata dall’avvento dell’IA, che potrebbe presto consentire a chiunque di produrre contenuti di livello cinematografico in un click, disintegrando un’intera filiera di lavoratori che vanno dagli attori ai cineoperatori, agli addetti al casting, agli elettricisti, registi, etc.
Si spiega così la corsa di Netflix verso le IP, cioè le proprietà intellettuali: avere un personaggio conosciuto e diffuso come, ad esempio Harry Potter, anche nell’era del cinema generato dall’AI potrebbe avere un valore strategico ed economico.
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Immagine di Fourbyfourblazer via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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