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Mons. Viganò, omelia per la Festa della Purificazione

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Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

LUMEN AD REVELATIONEM

Omelia dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò  nella festa della Purificazione di Maria Santissima

 

 

 

Tu es qui restitues hæreditatem meam mihi.

Ps 15, 5

 

 

 

I miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparato al cospetto di tutti i popoli. Con queste parole il vecchio Simeone loda il Signore per avergli concesso il privilegio di poter assistere al compimento delle Profezie, potendo stringere tra le sue braccia il Messia bambino, condotto al Tempio per essere offerto al Signore secondo le prescrizioni dell’antica Legge. Quel cantico breve ma profondo è ripetuto tutti i giorni a Compieta, perché la preghiera che la Chiesa recita alla fine della giornata ci prepari alla fine del nostro esilio terreno con lo sguardo rivolto a Nostro Signore. 

 

La festa odierna era dedicata, sino alla riforma del 1962, alla Purificazione della Beata Vergine, ed era perciò una ricorrenza mariana di indole penitenziale, evidenziata dal colore violaceo dei paramenti; così com’era penitenziale la natura del rito di Purificazione cui tutte le madri ebree dovevano sottoporsi quaranta giorni dopo il parto (Lev 12, 2). Anche la Santa Chiesa conserva nel Rituale Romanum la speciale Benedizione per le puerpere, ormai caduta in disuso ma che sarebbe pia pratica ripristinare nel suo significato spirituale.

 

Come per il rito del Battesimo di Nostro Signore nel Giordano, così anche il rito della Purificazione non aveva strettamente senso né utilità per Maria Santissima, essendo Ella purissima e senza macchia in virtù dell’Immacolata Concezione. Con la Sua sottomissione alla Legge allora vigente, Nostra Signora ci dà un esempio di obbedienza ai precetti religiosi, affinché non dimentichiamo che siamo figli dell’ira e che meritiamo la Grazia solo per i meriti infiniti che il Salvatore ha acquistato per noi con la Sua Passione e Morte sulla Croce.

 

La riforma di Roncalli – cui lavorarono molti degli stessi esperti che posero mano alla riforma della Settimana Santa sotto Pio XII e poi all’intero corpus liturgicum con il rito montiniano – modificò la denominazione della festa da Purificazione della Beata Vergine a Presentazione al tempio di Nostro Signore. La motivazione era di impostare la celebrazione in chiave cristocentrica – cosa di per sé lecita e che venne per questo accolta con favore dai parroci. In realtà lo scopo degli autori della riforma del 1962 era di aprire la finestra di Overton conciliare, dischiusa con l’Ordo Hebdomadæ Sanctæ instauratus.

 

Lo scopo inconfessabile, e per questo da tenere rigorosamente occultato per non compromettere i futuri sviluppi, consisteva nell’indebolire il culto della Vergine e dei Santi – come si evince ad esempio dalla riclassificazione delle feste del Santorale – in funzione filoprotestante. Comprendiamo allora come, sotto le apparenze di un cambiamento innocuo e dottrinalmente accettabile, si volesse non tanto enfatizzare la centralità di Nostro Signore nel ciclo liturgico, quanto usarla come pretesto per estrometterne la Madre di Dio, considerata un ostacolo al dialogo ecumenico.

 

Così, per piccoli passi, i novatori riuscirono a far dimenticare la dottrina della Mediazione e della Correndenzione di Maria Santissima, senza negarla esplicitamente. 

 

I Cattolici sanno bene che rendere culto di iperdulia alla Vergine nulla toglie al culto di latria dovuto alla Maestà divina, ma anzi propizia il Figlio per mezzo della Sua augustissima Madre, nella Quale Egli ha compiuto meraviglie: quia fecit mihi magna qui potens est. Invece gli eretici mostrano il loro orrore al solo nominare Nostra Signora, perché la Sua umiltà e la Sua obbedienza costituiscono un intollerabile affronto all’orgoglio e alla disobbedienza di Satana, loro padre.

 

E se nella Sua sapienza infinita il Signore ha voluto che fosse la Vergine Immacolata a conculcare il capo dell’antico Serpente, per quale motivo dovremmo noi pretendere – come fanno i Protestanti – di trattare direttamente con Lui, disprezzando la potente Mediatrice che ai piedi della Croce Egli ci ha dato come Madre e Avvocata? Non offenderemmo noi il Signore, trattando con poco riguardo e con diffidenza la gloria di Gerusalemme, la gioia di Israele, l’onorificenza del nostro popolo?

 

Lasciamo da parte queste osservazioni e meditiamo i Misteri di questa festa, nella quale la vera Religione trionfa sulla superstizione soppiantando le preesistenti feste pagane con il rito della Benedizione delle Candele. San Gelasio Papa volle istituire questa festa perché alla fine del sec. V vi erano ancora in Roma persone dedite ai culti degli idoli, che recavano fiaccole per la città. Cristo, Lux mundi, si riappropria dunque del simbolo della luce che i pagani Gli avevano usurpato.

 

In questo senso è significativo ricordare l’interpretazione mistica di Sant’Anselmo: la cera – egli dice – opera delle api, è la carne di Cristo; lo stoppino, che sta dentro, ne è l’anima; e la fiamma, che brilla nella parte superiore, ne è la divinità. Carne, anima, divinità: l’unione di questi elementi ha permesso a Nostro Signore di redimerci come Capo del genere umano, espiando la colpa infinita di Adamo grazie all’infinito valore del Suo Sacrificio, il Sacrificio dell’Uomo-Dio appunto, offerto alla Maestà del Padre in riparazione del Peccato Originale e di tutte le colpe commesse da tutti gli uomini fino alla fine dei tempi.

 

Quia viderunt oculi mei salutare tuum, quod parasti ante faciem omnium populorum, dice Simeone. La salvezza è un evento esteso a tutti e, a differenza del popolo che fu l’eletto, il popolo cristiano non si distingue per razza, ma per adozione. Con il Battesimo siamo infatti costituiti figli di Dio, Suoi eredi e coeredi di Cristo, come dice San Paolo (Rom 8, 14-19) e come canta il Salmista: Il Signore è parte della mia eredità e mio calice (Sal 15, 5). Per questo la salvezza è stata preparata al cospetto di tutti i popoli; per questo tutti i popoli sono chiamati a conoscere, adorare e servire il vero Dio. Laudate Dominum omnes gentes (Sal 116, 1), et adorabunt eum omnes reges terrae; omnes gentes servient ei (Sal 71, 11). 

 

Lumen ad revelationem gentium, et gloriam plebis tuæ Israël. La rivelazione delle genti e la gloria del popolo di Dio – che è la Santa Chiesa – sono intimamente legate: senza predicazione non c’è rivelazione; e senza rivelazione non c’è gloria per la Gerusalemme celeste, per il nuovo Israele. Ma se le infedeltà della Sinagoga nel riconoscere la luce di Cristo hanno causato la sua caduta e la dispersione dei suoi figli, quanto maggiore potrà essere il disonore per quanti vivono sotto la Nuova ed Eterna Alleanza, sono rinati in Cristo e risorti con Lui, ma non predicano la salvezza che Dio ha realizzato mediante la Passione del Suo divin Figlio? 

 

Quando Nostro Signore incontrò gli scribi nel Tempio, spiegando loro il senso delle Scritture e in particolare mostrando loro come le profezie si compissero in Lui, la Sinagoga era ancora fedele all’Alleanza con Dio. Ma quando Egli venne denunciato dal Sinedrio a Ponzio Pilato con l’accusa di blasfemia – essendoSi proclamato Dio – perché fosse messo a morte, i Sommi Sacerdoti avevano rinnegato la Fede, accecati dal timore di perdere il proprio prestigio con la venuta del Messia, che gli Ebrei consideravano come Salvatore non solo spirituale, ma anche e soprattutto temporale e politico. La loro apostasia li portò a tacere quelle verità contenute nell’Antico Testamento, che sconfessavano il loro tentativo di adeguare la Religione alla convenienza del tempo e delle circostanze, e che tanti severi ammonimenti aveva meritato dagli ultimi Profeti di Israele. Il popolo ebreo, tenuto nell’ignoranza dall’autorità religiosa del tempo, era certamente disorientato e scandalizzato, dal momento che la loro semplice Fede insegnava loro che era ormai giunto il tempo della nascita del Messia nella città di Betlemme. Per questo un’intera casta sacerdotale – la tribù di Levi – venne dispersa con la distruzione del Tempio ad opera dell’Imperatore Tito: ancor oggi i figli della Sinagoga sono dispersi nel mondo senza un luogo di culto, e senza poter ricostruire la genealogia dei Leviti per celebrare i sacrifici. Tremendo destino di un popolo, a causa del tradimento dei suoi sacerdoti! 

 

Eppure, dinanzi all’evidenza della severità con cui il Signore giudica i Suoi Ministri specialmente quando vengono meno ai loro doveri sacri e ingannano i fedeli, i chierici della Nuova Alleanza sembrano considerare con leggerezza le proprie mancanze, le proprie infedeltà, i propri silenzi dinanzi a chi proclama l’errore e nega o tace la Verità. In costoro troviamo la medesima hybris, la stessa folle presunzione di sfidare il Cielo, che è punita irremissibilmente con la nemesis, fatale punitrice dell’abuso dell’autorità e dell’orgoglio.

 

Lo ricordino bene i tiranni di questo mondo, investiti di cariche civili ed ecclesiastiche, e quanti prestano loro servile ossequio per timore di apparire controcorrente o di essere additati come «rigidi», «integralisti», non «inclusivi» e «divisivi». Ci pensino quanti, servendosi fraudolentemente di un’autorità per lo scopo opposto a quello che la legittima, credono di poter spadroneggiare sui loro sudditi: nil inultum remanebit

 

Accostiamoci dunque al Santo Sacrificio con il santo Timor di Dio, purificandoci dai peccati con il ricorso frequente alla Confessione e recitando con contrizione l’Atto di dolore non appena commettiamo qualche mancanza.

 

La nostra disposizione spirituale ad emendarci e a renderci meno indegni dei divini Misteri ci aiuti ad accogliere con raccoglimento e fervore il Santissimo Sacramento nella Comunione eucaristica: la Luce di Cristo illumini la nostra mente in questi momenti di prova e infiammi il nostro cuore dell’amore di Carità, per essere a nostra volta luce per illuminare le genti. Sia la nostra vita una quotidiana testimonianza di veri figli di Dio, sicché possiamo esclamare con il Salmista: il Signore è mia parte di eredità e mio calice.

 

E così sia.

 

 

+ Carlo Maria

Arcivescovo

 

2 Febbraio 2023

In Purificatione Beatæ Mariæ Virginis

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa omelia di Monsignor Viagnò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

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Mons. Eleganti: il Vaticano II o «la primavera promessa che non è mai arrivata»

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Il vescovo Marian Eleganti, ex vescovo ausiliare di mons. Vitus Huonder a Coira, ha pubblicato un articolo su The Remnant il 15 settembre 2025, intitolato dai redattori della rivista: «Swiss Bishop calls Vatican II “a ruthless disruption”, says the proclaimed springtime never happened [Un vescovo svizzero definisce il Vaticano II ‘una rottura spietata’, afferma che la primavera annunciata non è mai arrivata]».

 

(…)

 

«A posteriori, l’intervento postconciliare nella forma, peraltro costante, della liturgia tradizionale, vecchia di quasi duemila anni, mi appare come una ricostruzione piuttosto violenta e provvisoria (imposta dalla Commissione liturgica di Bugnini) della Santa Messa negli anni successivi alla fine del Concilio – una ricostruzione che ha causato gravi perdite che devono essere riparate».

 

Spiega inoltre: «Ciò è avvenuto anche per ragioni ecumeniche. Molte forze, anche da parte protestante, hanno contribuito direttamente ad allineare la liturgia tradizionale con l’Eucaristia protestante e forse anche con la liturgia ebraica del Sabato. Ciò è stato fatto in modo elitario, dirompente e imprudente dalla Commissione liturgica romana ed è stato imposto a tutta la Chiesa da Paolo VI, non senza causare grandi fratture e lacerazioni nel Corpo Mistico di Cristo, che persistono ancora oggi».

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Vecchi progressisti e giovani tradizionalisti

Il presule svizzero presenta la conclusione a cui Gesù Cristo stesso ci invita: «una cosa è certa per me: se un albero si riconosce dai suoi frutti, è urgente una rivalutazione spietata e sincera della riforma liturgica postconciliare: onesta e meticolosa da una prospettiva storica, non ideologica e aperta come la nuova generazione di giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del Concilio».

 

«Non hanno nemmeno problemi di nostalgia, perché conoscono la Chiesa solo nella sua forma attuale. Sono semplicemente troppo giovani per essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno visto come funzionano le parrocchie oggi, come celebrano la liturgia e ciò che rimane della loro integrazione sociale e religiosa attraverso la parrocchia: molto poco! Ecco perché non sono nemmeno progressisti».

 

Osserva giustamente un progressismo ormai «geriatrico»: «Il cattolicesimo liberale, o progressismo a partire dagli anni Settanta, più recentemente nella forma del Cammino Sinodale Tedesco, ha fatto il suo corso da una prospettiva attuale e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. La frustrazione è quindi diffusa».

 

«Lo possiamo vedere ovunque. Le Messe domenicali e feriali sono frequentate principalmente da anziani. I giovani sono assenti, tranne che in pochi luoghi di culto molto frequentati. La riforma avviene da sola, perché nessuno vi partecipa più o ne legge i risultati; è una legge ferrea».

 

E insiste: «Come possiamo ancora considerare la riforma postconciliare in modo così acritico e ristretto oggi, visti i suoi frutti? Perché non è ancora possibile un confronto onesto con la tradizione e la propria storia (ecclesiastica)? Perché ci si rifiuta di vedere che siamo a un bivio e che dovremmo riconsiderare le nostre posizioni, in particolare riguardo alla liturgia?»

 

Da qui l’appello a un cambio di rotta in materia liturgica: «Essere o non essere nella fede e nella vita della Chiesa si decide nell’ambito della liturgia. È lì che la Chiesa vive o muore. Tradizionalisti e progressisti lo hanno capito bene fin dal 1965. Perché allora la tradizione è così popolare tra i giovani? Cosa la rende così attraente per loro?»

 

«Pensateci! Noi votiamo contando chi si astiene, non con i consigli pastorali. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capite?»

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Un libro-intervista in cui Leone XIV parla della Messa tradizionale

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18 settembre 2025, un libro-intervista con Elise Ann Allen, giornalista del sito web americano Crux, è stato pubblicato in Perù, dove il papa ha vissuto per quasi vent’anni. Il libro, intitolato León XIV: Ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI (Leone XIV: Cittadino del mondo, missionario del XXI secolo), è stato scritto in inglese e tradotto in spagnolo per la pubblicazione da Penguin Perú.   Si prevede che seguiranno le edizioni in inglese e portoghese. Il libro si compone di due parti distinte: una biografia del Papa, che è la sezione più lunga, e un’intervista approfondita. La versione francese è stata pubblicata il 19 novembre.   In questa intervista, Leone XIV parla della Messa in latino e pone sullo stesso piano la Messa tridentina e la nuova Messa in latino: «C’è un’altra questione, anch’essa controversa, sulla quale ho già ricevuto diverse richieste e lettere: come fare riferimento sistematicamente al ritorno alla Messa in latino?» [TLM Traditional Latin Mass, secondo la formula anglo-americana, ma il Papa omette la T di tradizionale…].

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«Beh, potete celebrare la Messa in latino adesso. Se è il rito del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non c’è problema. Ovviamente, tra la Messa tridentina e la Messa del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non so dove ci porterà. È ovviamente molto complicato».   Il papa aggiunge che la questione della Messa è «polarizzante» o «divisiva»: «So che parte di questo problema, purtroppo, è legato – ancora una volta, un processo di polarizzazione – al fatto che alcuni hanno usato la liturgia come pretesto per promuovere altre questioni. È diventata uno strumento politico».   «Penso che a volte, diciamo, l'”abuso” della liturgia di quella che chiamiamo Messa del Vaticano II non abbia aiutato le persone che cercavano un’esperienza di preghiera più profonda, un contatto con il mistero della fede, che sembravano trovare nella celebrazione della Messa tridentina. Ancora una volta, ci siamo così polarizzati da sollevare questa questione invece di poter dire: “Bene, se celebriamo correttamente la liturgia del Vaticano II, trovate davvero una tale differenza tra questa esperienza e quella?”»   Questa polarizzazione deve essere superata, secondo Leone XIV, attraverso un approccio sinodale: «non ho ancora avuto l’opportunità di incontrare un gruppo di difensori del rito tridentino. L’opportunità si presenterà presto e sono certo che ci saranno occasioni per discuterne. Ma è un problema che credo dovremmo forse affrontare anche attraverso la sinodalità. È diventato un tema così polarizzato che spesso le persone sono riluttanti ad ascoltarsi a vicenda».   «Ho sentito vescovi parlarmene e dire: “Siete invitati a questo e a quello, e non volete nemmeno sentirlo”. Si rifiutano persino di parlarne. Questo è un problema in sé. Significa che ora siamo nel campo dell’ideologia; non stiamo più vivendo la comunione della Chiesa. Questo è uno dei temi all’ordine del giorno».  

La Messa tridentina non è stata abolita

In risposta a queste sorprendenti osservazioni di Leone XIV, il giornalista Aldo Maria Valli ha scritto sul suo blog il 20 settembre: «il modo in cui ne parla e le prospettive che apre non possono tranquillizzare chi è fedele alla messa tradizionale e desidera frequentarla. Lascia perplessi che dica che la questione “non so dove andrà a finire” e che il tutto “è ovviamente molto complicato”».   «Essendo lui il papa, tocca proprio a lui dire dove si andrà. Non c’è niente di complicato. […] Leone riconosce che la messa riformata dal Vaticano II ha dato luogo ad “abusi” e che tutto ciò “non è stato d’aiuto a chi cercava un’esperienza di preghiera più profonda, di contatto con il mistero della fede” Quindi riconosce che ci sono stati abusi e, implicitamente, che la messa riformata fornisce un’esperienza meno profonda e con minor contatto con il mistero della fede».   «Subito dopo però lascia intendere che se la messa riformata viene celebrata “in modo appropriato”, tutto sommato va bene così e non ci dovrebbe più essere “polarizzazione”. Affermazione sconcertante, perché qui non si tratta di accontentarsi di una celebrazione “appropriata” del novus ordo (e poi: che cosa significa “appropriata”), ma di riconoscere che il vetus ordo non è masi stato revocato e va quindi celebrato».

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Una (dis)soluzione sinodale per la Messa tridentina?

Riguardo alla sinodalità, che sembra essere una panacea, l’esperto del Vaticano osserva: «il papa riferisce di non aver avuto ancora il modo di incontrare persone che sostengono il rito tridentino ma, dice, ‘presto si presenterà un’opportunità di sedersi e parlare’. Molto bene. Ma quando dice ‘”orse con la sinodalità” mette i brividi a chi è fedele alla messa tradizionale. Con la sinodalità non si risolverà un bel niente e ci si avviterà in un dibattito infinito. Lui è il papa, tocca a lui decidere e non c’è sinodalità che tenga».   «Sedersi e discutere “in un contesto sinodale” non è il metodo della santa Chiesa cattolica. È il metodo assembleare che la Chiesa ha fatto proprio prendendolo dal mondo e che la riduce a una caricatura della democrazia politica. Un metodo che, quando va bene, fa nascere una serie infinita di equivoci e quando va male tradisce apertamente la fede».   E poi, affrontando il problema fondamentale: «insinuare che la questione sia del tutto aperta e che vada affrontata con una discussione sinodale significa anche ignorare che la messa tridentina – codificata da san Pio V dopo il Concilio di Trento, ma ben più antica nella sua essenza – non è mai stata abrogata. Papa Benedetto XVI lo ha affermato in Summorum Pontificum e nessuno può smentirlo».   «Ai fedeli è stato detto chiaramente: ciò che è stato sacro e grande per le generazioni passate rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente proibito o ritenuto dannoso. Questa è una verità di fatto, non una questione di gusto personale o di sperimentazione sulla quale occorre discutere. Questione ‘molto complicata’? No. Diventa complicata solo se non la si vuole risolvere. L’appello alla sinodalità è una scorciatoia ambigua che non fa onore al papa».   «La liturgia non può essere soggetta al voto della maggioranza dei vescovi e di un gruppo di laici. Non è una moda che ha bisogno di consenso culturale. La Chiesa trasmette oggettivamente ciò che ha ricevuto, non ciò che elabora attraverso un comitato di gestione. Il culto di cui la Chiesa è chiamata a essere custode non è soggetto a negoziazione, revisione o compromesso. Se si ragiona così si cade nello storicismo e nel relativismo».

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Nessun dibattito, ma giustizia per la Messa latina tradizionale

Aldo Maria Valli esprime il suo sgomento: «quando il papa dice di non sapere dove la questione “andrà a finire” proviamo inquietudine e tristezza. Inquietudine, perché vediamo che la nostra casa spirituale ci potrà essere negata in qualsiasi momento. Tristezza, perché vediamo un Pietro che abdica al suo ruolo e ai suoi doveri. La Chiesa insegna che la liturgia è un veicolo di dottrina e che il modo in cui preghiamo plasma ciò in cui crediamo. Qui invece sembra che tutto sia ridotto a questione di gusti, una mera faccenda estetica».   «I cattolici che amano la tradizione non chiedono un dibattito. Chiedono giustizia. Giustizia per la liturgia che non è mai stata abrogata, giustizia per le comunità che sono fiorite grazie a essa, giustizia per i santi e i martiri che l’hanno celebrata per secoli, giustizia per i fedeli che si vedono messi da parte e guardati come se fossero un pericolo. Di chiacchiere ne abbiamo già fin troppe».   «Il papa deve solo dire: “Questa messa è la vostra eredità. Vi appartiene. Nessuno può portarvela via”. Ma non lo dice. La Chiesa ha bisogno di tutto tranne che di nuove dosi di ambiguità. Se ciò che era sacro ieri rimane sacro oggi e sarà sacro domani, occorre solo riconoscere questa verità. Lo si vuole fare?»   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Scoperti nuovi testi «pornografici» del cardinale Fernandez

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Il sito web cattolico argentino El Wanderer ha riportato ulteriori oscenità erotiche del cardinale Victor Manuel «Tucho» Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) — precedentemente Congregazione per la Dottrina della Fede — descrivendo il materiale appena scoperto come «non solo pornografico ma anche detestabile». Lo riporta LifeSite.

 

I testi erotici «disgustosi» sono in linea con i libri di «teologia» su bacio e orgasmo precedentemente noti del vertice della DDF, che utilizzavano linguaggio ritenuto pornografo.

 

In uno dei libri appena scoperti, ¿Por qué no termino de sanarme?, pubblicato nel 2002 dalle edizioni San Paolo in Colombia, Fernández scrive:

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«Un corpo può essere sorprendente se vestito in modo appropriato: abiti che risvegliano la sensualità accentuando curve interessanti, in base alla forma del corpo. La sensualità di spalle e braccia abbronzate è enfatizzata da una t-shirt. L’eleganza è messa in risalto, nascondendo eventuali chili di troppo con un gilet nero e maniche bianche. Un collo scoperto diventa più seducente con una collana delicata; e così via. Se, in un momento di insoddisfazione, quando si ha bisogno di trovare qualcosa da attendere con ansia o da godere, un corpo può apparire impressionante, meraviglioso, indispensabile, allora un corpo può apparire come qualcosa di mozzafiato, meraviglioso, indispensabile».

 

Epperò il futuro cardinale si lamenta: «Ma poi, con la routine e scoprendo altri corpi diversi, ci si rende conto che quella massa di carne non era niente di straordinario, che ha imperfezioni, mancanze e dolori come tutti i corpi, che si deteriora e perde il suo fascino con il passare del tempo».

 

In un secondo libro, intitolato Teología espiritual encarnada. Profundidad espiritual en acción (2005), pubblicato anche questo dalle già Edizioni Paoline ma in Argentina, il Fernandezzo scrive:

 

«Consiste nell’eseguire la scansione dell’intero corpo, prestando la massima attenzione a un organo alla volta. È molto importante notare che non si tratta di “pensare” a quell’organo, immaginarlo o visualizzarlo. Si tratta più precisamente di “sentirlo”, percepirlo con i sensi. Si tratta di sperimentare con calma le sensazioni di ciascun organo, senza giudicare se siano positive o negative, ma piuttosto cercando di permettere all’organo di rilassarsi e allentare la tensione. È meglio procedere più o meno in questo ordine: mascella, zigomi, gola, naso, occhi, fronte (e tutti i piccoli muscoli facciali che si possono percepire), cuoio capelluto, collo e nuca, spalle. Si prosegue con il braccio destro, il polso e la mano destra; il braccio sinistro, il polso e la mano sinistra. Quindi si passa alla scansione della schiena. Si prosegue con: torace, addome, vita, fianchi, bacino, glutei, genitali, gamba destra, gamba sinistra, piede destro, piede sinistro. La chiave è soffermarsi lentamente su un punto alla volta, senza lasciare che l’immaginazione si disperda su un altro organo o su un’altra idea, finché non sentiamo che tutto il corpo ha la stessa tonalità. Non c’è fretta».

 

In un terzo testo discusso da El Wanderer, Para liberarte de la ansiedad y de la impaciencia (pubblicato sempre dalle Paoline argentine nel 2009), il porporato ha utilizzato ancora una volta l’immagine dell’orgasmo per descrivere momenti in cui la vita è «vissuta al massimo»:

 

«Quando possiamo fermarci e un oggetto o una persona cattura la nostra piena attenzione per un istante, quell’istante è vissuto appieno. Quando tutto il nostro essere è unificato in un’unica direzione, allora realizziamo un vero incontro, una fusione, un’unione perfetta, anche se solo per pochi minuti. Questo non significa necessariamente immobilità fisica, perché questa esperienza può verificarsi anche durante l’eccitazione di un’attività intensa. Questo accade, ad esempio, durante un orgasmo tra due persone che si amano».

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«Una persona – un sacerdote, un vescovo e un cardinale, per giunta – capace di pensare, scrivere e pubblicare paragrafi così apertamente pornografici ha un serio problema», commenta El Wanderer. «Ed è proprio questo problema, tra le altre ragioni, che spiega perché sia ​​stato l’autore di Fiducia Supplicans», che consente la benedizione «non liturgica» delle «coppie» irregolari e omosessuali.

 

«Quel documento maledetto ha suscitato non solo un’enorme confusione all’interno della Chiesa, ma anche uno scandalo e un dolore incommensurabili tra i fedeli», ha dichiarato l’ autore di El Wanderer.

 

«Il problema del cardinale Fernández spiega anche il disprezzo con cui ha trattato gratuitamente la Beata Vergine Maria, negando i suoi due titoli usati da santi e papi», continua l’analisi. «Perché questo orrore per la verginità e la purezza, virtù eminentemente incarnate nella Madre di Dio?»

 

Come riportato da Renovatio 21, quando emersero i testi scabrosi del cardinale l’arcivescovo Carlo Maria Viganò aveva detto che le Guardie Svizzere avrebbero dovuto arrestare Tucho.

 

«I blasfemi rigurgiti di cloaca del ributtante libello di Tucho mostrano un tale livello di perversione e di alienità alla Fede da imporre la cacciata manu militari dell’Argentino e dei suoi complici» ha scritto monsignor Viganò su Twitter.

 

«Le Guardie Svizzere hanno giurato di difendere la Sede di Pietro, non colui che la sta demolendo sistematicamente. Siano dunque fedeli al giuramento e arrestino questi eretici pervertiti!» esclamava l’arcivescovo.

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