Spirito
Mons. Viganò: «non c’è paradiso per i codardi!»
Renovatio 21 pubblica questo intervento di monsignor Carlo Maria Viganò.

Non c’è paradiso per i codardi!
La Vittoria della Lega Santa a Lepanto
Intervento al Convegno dell’Associazione culturale «Veneto Russia» Settimo di Pescantina (VR), 11 Ottobre 2025
Salve, Regina, rosa de spina,
rosa d’amor, Madre del Signor.
Fa’ che mi no mora e che no mora pecador,
che no peca mortalmente e che no mora malamente.
Preghiera del marinaio, recitata da tutta la flotta veneziana
prima di muovere battaglia nelle acque di Patrasso.
Cari Amici,
consentitemi di ringraziare gli organizzatori di questo evento e di porgere il mio saluto a tutti i partecipanti. È per me un piacere potermi unire a voi nel celebrare l’anniversario della Vittoria di Lepanto, prendendo parte alla nona edizione del Convegno che quest’anno ha come tema il paradosso di un’Europa laicista, liberale e massonica che muove guerra alla Russia cristiana e antiglobalista.
Viviamo ormai negli ultimi tempi, in cui lo scontro tra Cristo e Anticristo impone a tutti noi di schierarci sotto le insegne del nostro Re divino e della Sua augustissima Madre, nostra Regina, memori delle parole del Signore: Chi non è con Me, è contro di Me (Mt 12, 30).
Il 7 Ottobre 1571, nel Golfo di Patrasso, la flotta della Lega Santa schiacciava vittoriosa l’orgoglio ottomano, rallentando l’espansione islamica nel Mediterraneo occidentale. Un’espansione che non si è mai fermata con il «dialogo» tra Croce e Mezzaluna, ma con l’uso della forza militare, il sacrificio di tante vite umane e la protezione soprannaturale che la Regina delle Vittorie e Mediatrice di tutte le Grazie ha spiegato come un manto sulla Cristianità minacciata dall’Islam.
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Anche alle porte di Vienna, il 12 Settembre 1683 – ossia solo 112 anni dopo Lepanto – il Turco venne sconfitto dalle armate cattoliche, sotto il patrocinio del Santo Nome di Maria. Temibile e terribile come un esercito schierato in ordine di battaglia: solo al pronunciare queste parole, sentiamo un nodo alla gola, nella commozione di contemplare la nostra Augusta Regina a capo delle schiere angeliche e terrene.
Ella era apparsa in simili sembianze anche il 7 Agosto 626, quando Costantinopoli era assediata dagli Avari, dagli Slavi e dai Persiani Sassanidi e il popolo cristiano riunito nella chiesa delle Blacherne invocava il Suo intervento. Sfolgorante di luce e con Gesù Bambino tra le braccia, la Vittoriosa Condottiera – come è chiamata nell’Inno Akatisto – aveva sbaragliato i nemici, meritando alla Capitale dell’Impero il titolo di «città di Maria».
Ma se l’aiuto divino e l’intercessione potentissima della Semprevergine Madre di Dio hanno portato a compimento in modo miracoloso e certamente soprannaturale vittorie umanamente difficili se non impossibili, non possiamo non ricordare che questi prodigiosi e provvidenziali interventi, queste irruzioni della potenza del Deus Sabaoth nelle umane contingenze, si rendono possibili solo dove questo tutto inarrivabile e divino è preceduto dal nulla della nostra cooperazione all’opera della Redenzione.
In virtù dell’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità, infatti, l’Uomo-Dio prende possesso dell’umanità di cui per divinità, per stirpe e per diritto di conquista Egli è costituito Signore e Re. Ma questo consorzio della natura divina del Figlio di Dio con la natura umana di Gesù Cristo, attuato dall’Unione ipostatica, fa sì che anche ogni membro del Corpo Mistico possa unirsi alla Passione di Cristo Capo, completando nella propria carne quello che manca ai patimenti di Cristo, per il bene del Suo corpo che è la Chiesa (Col 1, 24). E nell’economia della salvezza, ogni uomo è chiamato a contribuire all’opera della Redenzione attivamente, senza cercare in un fatalismo ben poco cattolico un alibi alla propria ignavia.
Ma nel rievocare Lepanto, non possiamo non ricordare anche la figura eroica di Marcantonio Bragadin, nobile veneziano e governatore di Famagosta, a Cipro, durante l’assedio ottomano del 1570-1571. La città cadde nell’agosto 1571, e Bragadin negoziò una capitolazione onorevole con il comandante ottomano Lala Mustafa Pascià, che promise salva la vita ai difensori. I Turchi però, venendo meno alla parola data, violarono l’accordo: Bragadin fu torturato e sottoposto a una morte brutale; venne scorticato vivo e la sua pelle fu riempita di paglia e inviata come trofeo al sultano Selim II.
Questo orribile crimine suscitò sdegno nei membri della Lega Santa e la vittoria di Lepanto fu vista anche come una vendetta per l’assedio di Cipro, le atrocità subite da Bragadin (1) e come una punizione per la slealtà dei Turchi, inconcepibile per un cavaliere Cristiano.
L’eroismo di Bragadin trovò emuli anche nel golfo di Patrasso: don Giovanni d’Austria, Comandante supremo della Lega Santa a soli ventiquattr’anni e grande stratega, fu uomo di fede. Durante la battaglia incoraggiava i rematori e i soldati al grido: Non c’è paradiso per i codardi!
Sebastiano Venier, Capitano generale veneziano e veterano di settantacinque anni, si distinse per coraggio e ardore, incitando i suoi compagni: Chi non combatte non è Veneziano. Il suo eroismo gli meritò l’elezione a Doge nel 1577.
Il comandante veneziano Agostino Barbarigo morì in battaglia dopo essere stato colpito da una freccia a un occhio ed aver continuato a comandare l’ala sinistra della flotta, contribuendo così alla vittoria finale. Marcantonio Colonna, Ammiraglio pontificio, si distinse per il suo impegno nel soccorrere i feriti e nel garantire che i prigionieri ottomani fossero trattati con umanità, coerentemente con i valori cristiani che la Lega Santa professava.
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Fu il loro coraggio, la loro abnegazione, ma soprattutto la loro fede sincera e virile a costituire quel nulla che il Signore attende da noi prima di scendere in campo al nostro fianco e darci una vittoria altrimenti impensabile. Il Suo tutto, il nostro nulla. Il nulla di chi, sulle facciate dei palazzi, non si vergognava di incidere Non nobis Domine non nobis, sed nomini tuo da gloriam. Di chi, costituito in autorità e membro del Serenissimo Senato, non esitò ad attribuire la Vittoria della flotta cristiana non alla potenza navale, né alla forza delle armi, ma all’intercessione della Beata Vergine del Rosario, che San Pio V – il Papa di Lepanto – aveva ordinato di invocare recitando la santa Corona.
Perché vi fu un’epoca in cui gli uomini erano uomini, e uomini di valore, uomini di parola, uomini di guerra, uomini di fede. Peccatori certamente, ma coraggiosi, disposti a morire per difendere la Santa Chiesa e ricacciare gli idolatri invasori nelle loro plaghe remote. Ut Turcarum et hæreticorum conatus ad nihilum perducere digneris: Te rogamus, audi nos! Così pregarono a Costantinopoli, così pregavano a Lepanto, così hanno pregato a Vienna: sempre fiduciosi che l’aiuto di Dio sarebbe giunto nel momento in cui esso si mostrava inequivocabilmente divino e soprannaturale, e sempre con la mediazione della Madre di Dio, l’onnipotente per Grazia.
Il nostro Dio è un Dio geloso: geloso del Suo popolo e geloso della propria Signoria su di noi, che non permette sia usurpata da alcuno e che vuole condividere con la propria Santissima Madre, nostra Signora e Regina. Egli è Re e come Re vuole regnare: oportet illum regnare, è necessario che Egli regni. E quando regna Cristo, si compie il voto del Salmista: Beatus populus, cujus Dominus Deus ejus (Ps 143, 15), beato il popolo del quale è Signore il suo Dio.
Quanto tempo è passato dalla Vittoria di Lepanto! Cinquecentocinquantaquattro anni: oltre mezzo millennio. Ed oggi, in un mondo che guarda con incomprensione e disprezzo all’eroismo dei caduti di Lepanto e alla loro Fede, considerandoli pericolosi fanatici, le orde islamiche non solo non sono respinte ai nostri confini, ma sono accolte e ospitate e nutrite e curate e lasciate libere di delinquere e di trasformare la nostra Patria in una nazione islamica.
Trecentonovantun anni dopo Lepanto, il primo «concilio» della «nuova chiesa» – il Vaticano II di cui ricorre oggi l’anniversario dell’apertura – teorizzò quell’ecumenismo sincretico condannato dai Romani Pontefici che nell’arco di pochi anni avrebbe condotto Paolo VI, il 19 gennaio 1967 (2), a restituire lo stendardo che Mehmet Alì Pascià aveva issato sulla sua ammiraglia, la Sultana. In quel gesto sconsiderato Paolo VI umiliava la Chiesa e il suo Predecessore San Pio V, al quale quel vessillo era stato donato da Sebastiano Venier che lo aveva conquistato eroicamente arrembando la Sultana.
A dispetto delle smanie ecumeniche dei papi conciliari e sinodali, noi conserviamo ancora il gonfalone che San Pio V benedisse e fece issare al pennone della Reál, l’ammiraglia delle ammiraglie della flotta cristiana: un drappo di seta porpora bordata d’oro, al cui centro campeggia l’immagine del Santissimo Redentore, affiancata dai Santi Apostoli Pietro e Paolo, e il motto In hoc signo vinces. Fu Marcantonio Colonna a riportarlo a Gaeta, come voto fatto a Sant’Erasmo, patrono dei marinai (3). In quell’immagine e in quel motto si riassume il senso della vita cristiana, valido ai tempi gloriosi di Lepanto come nei tempi presenti di apostasia.
In nome di un distorto concetto di accoglienza e di inclusività, milioni di islamici sono traghettati e accompagnati nelle nostre città e villaggi, dove le chiese ormai vuote diventano moschee. In molti luoghi il suono sacro e solenne delle campane tace, ma vi risuona la voce del muezzìn che chiama alla preghiera i seguaci di Maometto. Se questo è oggi non solo possibile, ma addirittura incoraggiato e celebrato come conquista di civiltà, lo dobbiamo alla Rivoluzione: alla rivoluzione francese, per l’attacco alla monarchia cattolica nella sfera civile; alla rivoluzione conciliare e sinodale, per l’attacco alla sacra monarchia del Papato nella sfera ecclesiastica. Democrazia e sinodalità sono due facce della stessa falsa moneta. Su un lato campeggia l’emblema del liberalismo massonico, sull’altro quello dell’ecumenismo sincretista irenista.
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L’Europa è tornata da decenni ad essere terra di conquista e sarà presto a maggioranza islamica, specialmente in nazioni ribelli come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. Il loro tradimento di Nostro Signore Gesù Cristo e i loro crimini contro la Legge di Dio gridano vendetta al Cielo e non rimarranno impuniti. Ma anche l’Italia non è meno colpevole, dimentica dell’eredità gloriosa di cui è stata custode e che si fonda sulla Civiltà Cattolica, sulla Regalità di Cristo, su un ordine cosmico che pone al centro il Dio che si è fatto uomo, e non l’uomo che si fa dio. Come sempre è avvenuto nel corso della Storia, saranno i nemici di Dio a punire i Suoi figli ribelli.
Tornare a Lepanto? Ricostituire una Lega Santa contro i nemici della Cristianità?
La Provvidenza saprà indicarci la via al momento opportuno. Ma in qualsiasi frangente noi dovessimo trovarci, qualsiasi avversità, qualsiasi minaccia alla nostra Fede e alla nostra identità possa incombere su di noi, una sola cosa non dobbiamo dimenticare, delle ragioni della Vittoria: non sottrarci al nostro dovere di testimoniare la Fede che professiamo, il Battesimo nel quale siamo stati incorporati a Cristo, la Tradizione alla quale apparteniamo. Non trovare pretesti per rimanere inerti a guardare i nemici di Cristo mentre demoliscono la Santa Chiesa, soprattutto quando questi traditori sono ai vertici della Gerarchia. Non usare l’obbedienza come una coltre sotto cui nascondere l’ignavia e la mediocrità che la società contemporanea ci addita come modelli di tranquillizzante conformità al pensiero unico.
Facciamo la nostra parte, col coraggio e la fortezza dei soldati di Cristo: e Nostro Signore farà la Sua, con l’onnipotenza di Dio.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
7 Ottobre MMXXV
Maria Santissima Regina delle Vittorie,
Madonna delle Grazie
NOTE
1) La sua pelle fu successivamente recuperata dai Veneziani e portata a Venezia, dove è conservata nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo come reliquia. Bragadin divenne un simbolo del sacrificio veneziano contro l’espansione ottomana.
2) Paolo VI, Discorso al nuovo Ambasciatore di Turchia accreditato presso la Santa Sede, 19 Gennaio 1967. Cfr. https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1967/january/documents/hf_p-vi_spe_19670119_ambasciatore-turchia.html: «Poiché Noi stessi desideravamo manifestare in qualche modo i Nostri sentimenti, con un gesto che potesse essere gradito alle Autorità della Turchia contemporanea, è stata per Noi una gioia restituire un antico stendardo, preso al tempo della battaglia di Lepanto, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano».
3 ) Conservato dapprima in un bauletto, nel Settecento fu disteso e incorniciato, così da poter essere esposto al pubblico. Nel ’43 una bomba tedesca lo danneggiò, anche se non irreparabilmente. Restaurato nel dopoguerra, oggi lo Stendardo di Lepanto è conservato – e visibile al pubblico – nel Museo Diocesano della cittadina laziale.
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Immagine di Andrea Vicentino (1542–1618), Battaglia di Lepanto (tra il 1571 e 1600), Museo Correr, Venezia
Immagine di Didier Descouens via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
Il Vaticano afferma che 4 documenti papali emanati sotto Leone XIV fanno parte del «mandato» di Papa Francesco
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Spirito
Il Sinodo pubblica i Rapporti intermedi
In un contesto segnato dalla lenta transizione tra due pontificati, la Segreteria Generale del Sinodo ha pubblicato, il 17 novembre 2025, i rapporti intermedi dei dieci gruppi di studio incaricati di esaminare le questioni più delicate emerse durante le sessioni.
Queste sintesi, preparate tra l’estate e l’autunno del 2025, evidenziano l’avanzamento del processo sinodale, rivelando al contempo le difficoltà ancora presenti, in particolare per quanto riguarda il ruolo delle donne e le richieste dei gruppi di difesa dei diritti LGBTQ+ all’interno della Chiesa.
Una delle figure di spicco del precedente pontificato, il Cardinale Mario Grech, nella sua veste di Segretario Generale del Sinodo, è stata incaricata di introdurre la pubblicazione dei rapporti intermedi sinodali con una nota volta a sottolinearne l’attualità.
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«La ricchezza e la complessità dei temi affrontati hanno richiesto più tempo del previsto», scrive, specificando che alcuni gruppi sono prossimi alla conclusione, mentre altri proseguiranno oltre il 2025. Si tratta di un modo per appianare le numerose divisioni e i disaccordi che circondano i testi più controversi.
Disponibili in italiano e in inglese sul sito web del Sinodo, le relazioni si guardano bene dall’avventurarsi nel proporre soluzioni definitive, ma piuttosto aprono «percorsi verso una Chiesa più missionaria e inclusiva», secondo la metodologia sinodale. Potrebbe anche essere un modo per scaricare il peso del passato sul nuovo pontificato, qualora intendesse intraprendere un percorso diverso.
Nel marzo 2024, papa Francesco ha creato dieci gruppi di lavoro per promuovere la collaborazione tra i dicasteri della Curia Romana e la Segreteria del Sinodo. Temi come la povertà, la formazione sacerdotale e le relazioni ecumeniche sono stati individuati come richiedenti uno studio approfondito a livello della Chiesa universale.
Oltre a questi gruppi, si sono aggiunti i lavori della Commissione Canonica e del SECAM – il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar – sulla poligamia. Più recentemente, papa Leone XIV ha aggiunto due nuovi progetti: uno sulla liturgia in una prospettiva sinodale e l’altro sugli statuti delle conferenze episcopali, avviati a fine luglio 2025.
Inizialmente, le relazioni finali dovevano essere presentate a papa Francesco a fine giugno 2025. La morte del Papa e l’elezione di Leone XIV hanno portato quest’ultimo a concedere una nuova scadenza: il 31 dicembre 2025, «per quanto possibile».
Il primo gruppo di lavoro, guidato dal Dicastero per le Chiese Orientali, si concentra sui rapporti tra le Chiese Cattoliche Orientali e la Chiesa Latina. Ha distribuito un questionario di 25 domande, ha consultato il Consiglio dei Patriarchi Cattolici del Medio Oriente e ha esplorato la cura pastorale dei fedeli cattolici orientali nella diaspora senza una gerarchia locale. Si sta valutando una revisione delle norme del diritto canonico orientale.
Il secondo gruppo si proponeva di ascoltare il «grido dei poveri e della terra». Ha raccolto oltre 200 contributi da istituti religiosi femminili attraverso l’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) e ha tenuto diversi incontri. L’attenzione è rivolta all’accoglienza di coloro che sono emarginati dalla povertà, con un impegno personale di ogni membro verso le comunità vulnerabili.
Il terzo gruppo sta rispondendo all’appello sinodale per una Chiesa più «connessa»: consultazioni, il lancio dell’iniziativa «La Chiesa ti ascolta» che coinvolge 1.618 «missionari digitali» e il dialogo con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori sulle questioni etiche online. Tre sottogruppi stanno preparando un rapporto finale arricchito dai frutti del Giubileo degli Influencer.
Il rapporto del quarto gruppo sulla formazione sacerdotale ritiene prematura una revisione completa della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis del 2016, poiché è ancora in fase di attuazione in molti seminari. Tuttavia, identifica quelle che definisce esigenze «urgenti», tra cui: la formazione congiunta dei futuri sacerdoti con i laici, il ruolo crescente delle donne e l’adattamento alle sfide dei social media e dell’intelligenza artificiale.
Il ruolo delle donne – Gruppo 5 – sotto l’egida del Dicastero per la Dottrina della Fede, sta procedendo verso un rapporto finale strutturato in tre parti: una sintesi dei risultati, appendici con testimonianze di donne in posizioni di responsabilità – anche all’interno della Curia – e una riflessione sulla famigerata accusa onnicomprensiva di «clericalismo». La questione dell’accesso delle donne al diaconato è stata lasciata a Papa Leone XIV.
Il rapporto tra vescovi e suore è stato al centro del lavoro del Gruppo 6. I sottogruppi tematici hanno analizzato questi rapporti attraverso interviste e questionari, promettendo una maggiore reattività da parte dei superiori generali.
I Gruppi 7 e 8 hanno lavorato per sviluppare una riflessione sul processo di selezione dei vescovi diocesani e i nunzi, con il contributo di esperti di risorse umane di importanti aziende internazionali.
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Più esplosivo, il nono gruppo, su questioni dottrinali, pastorali ed etiche «controverse» – ribattezzato «emergenti» – affronta l’omosessualità e la violenza contro le donne nelle zone di guerra. Ispirato dal «paradigma del cambiamento» di papa Francesco e da Amoris Laetitia, mira a stabilire determinati «criteri di riferimento» piuttosto che soluzioni uniformi.
Infine, l’ultimo gruppo esplora il tema dell’ecumenismo: il primato del romano pontefice, l’ospitalità eucaristica per le coppie di fede mista e l’ascesa dei cosiddetti movimenti protestanti «revivalisti».
Questi rapporti intermedi, pubblicati due giorni dopo l’annuncio del Cardinale Grech, segnano una fase nei lavori del Sinodo che allude alle tensioni tra «sinodalisti» integralisti e «conservatori», che non hanno alcuna intenzione di compromettere la costituzione divina della Chiesa.
Ma non dobbiamo dimenticare la commissione canonica, che ha già prodotto risultati preoccupanti, come sottolineato da questo sito web. Quanto alla commissione sulla poligamia, ha già completato un rapporto, presentato a Roma, che dovrà essere modificato e perfezionato.
La commissione sulla liturgia, come prevedibile, vuole promuovere le celebrazioni «sinodali», nonché sottolineare «la responsabilità che scaturisce dal battesimo», con «il riconoscimento del ruolo delle donne», e «proseguire sulla strada di un sano decentramento liturgico» rafforzando i vescovi diocesani e le conferenze episcopali. In breve, frammentando la liturgia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Livioandronico2013 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Bioetica
Mons. Viganò loda Alberto di Monaco, sovrano cattolico che non ha ratificato la legge sull’aborto
Il Principe Alberto di Monaco, coerentemente con la Fede che egli professa e con l’autorità sacra che legittima la sua funzione di sovrano del Principato di Monaco, non ratifica la proposta di legge per la depenalizzazione dell’aborto, crimine esecrando. Nel 1990 fa il Re… https://t.co/6mGMkIamVd
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) November 24, 2025
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