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Geopolitica

Molotov-Ribbentropp 2.0: politico tedesco chiede un patto di non aggressione con Mosca: cosa può andare storto?

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Il governatore dello stato tedesco della Turingia, Bodo Ramelow, ha proposto di creare un nuovo «ordine» di sicurezza paneuropeo che includerebbe la Russia.

 

In un’intervista al Funke Media Group pubblicata domenica, il politico di sinistra ha suggerito che tutte le nazioni europee aderiscano a tale alleanza e contribuiscano a riorganizzare l’architettura della sicurezza nella regione.

 

«Tutti gli stati partecipanti devono concludere un patto di non aggressione e formare una comunità di difesa che si concentri sulla risoluzione dei conflitti nel continente europeo», ha affermato Ramelow, il quale sottolineato che la sua proposta non deve essere percepita come rivolta alla NATO, che considera la Russia una minaccia, ma come un passo avanti verso la riorganizzazione della difesa europea.

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«Dobbiamo finalmente pensare all’Europa nel suo insieme, e la Russia ne fa parte», ha affermato il governatore.

 

Il Ramelow ha ammesso che i cambiamenti da lui proposti sarebbero difficili da realizzare nel breve termine. Nonostante apparentemente abbia offerto un ramoscello d’ulivo a Mosca, ha criticato il presidente russo Vladimir Putin definendolo un «dittatore» e il governo russo definendolo «un apparato di repressione», e ha invitato l’Occidente «a sostenere coloro che vogliono un cambiamento in Russia». Ha anche messo in guardia da «conflitti latenti che Putin può accendere», come le dispute territoriali in Moldavia e Georgia.

 

La frecciatina di Ramelow al leader russo era in linea con le dichiarazioni rilasciate da numerosi politici occidentali, i quali hanno sostenuto che se la Russia vincesse il conflitto in Ucraina, Putin potrebbe poi attaccare altri Paesi europei.

 

La Russia ha ripetutamente ignorato tali avvertimenti, con il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov che li ha definiti «storie dell’orrore» infondate. Putin ha rilasciato dichiarazioni simili, liquidando il discorso di una «minaccia russa» come «sciocchezze» e propaganda da parte dei governi che mirano a spaventare gli europei «per estorcergli spese aggiuntive». Il portavoce ha anche affermato che uno degli obiettivi dell’attuale operazione militare di Mosca contro l’Ucraina è garantire la sicurezza della Russia alla luce della minaccia rappresentata dall’espansione della NATO verso i suoi confini.

 

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato a fine luglio che, nonostante la posizione dell’Occidente sul conflitto ucraino e le sanzioni che ha imposto a Mosca negli ultimi due anni, la Russia rimane aperta al dialogo e alla cooperazione con i paesi occidentali, anche su questioni di sicurezza. Tuttavia, qualsiasi dialogo del genere dovrebbe basarsi su «uguaglianza e pieno rispetto» per tutti i partner.

 

Impossibile, a sentire parlare di patti di non aggressione tra Berlino e Mosca, non pensare al Patto Molotov-Ribbentropp, ufficialmente Trattato di non aggressione tra la Germania e l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche.

 

L’accordo di non aggressione tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica conteneva un protocollo segreto che li divideva o gestiva la sovranità degli stati dell’Europa centrale e orientale: Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia e Romania. Il patto fu firmato a Mosca il 23 agosto 1939 dal ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop e dal ministro degli Esteri sovietico Vyacheslav Molotov. Ufficiosamente, è stato chiamato anche Patto Hitler-Stalin e Patto nazista-sovietico.

 

Il trattato fu il culmine dei negoziati per un accordo economico tra l’URSS e la Germania nazista che i sovietici utilizzarono per ottenere un accordo politico. Il 22 agosto il Ribbentroppo volò a Mosca per finalizzare il trattato, che i sovietici avevano già cercato con Gran Bretagna e Francia.

 

Il patto Molotov-Ribbentrop, firmato il giorno successivo, garantiva la pace tra le parti ed era un impegno che nessun governo avrebbe aiutato o alleato con un nemico dell’altro. Oltre alle clausole di non aggressione annunciate pubblicamente per i successivi 10 anni, il trattato includeva il Protocollo segreto, che definiva i confini delle sfere di influenza sovietica e tedesca attraverso Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia.

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Il protocollo segreto riconosceva anche l’interesse della Lituania per la regione di Vilnius, e la Germania dichiarava il suo totale disinteresse per la Bessarabia. In Occidente, la presunta esistenza del Protocollo Segreto fu dimostrata solo quando fu resa pubblica durante il processo di Norimberga.

 

Subito dopo il patto, la Germania invase la Polonia il 1° settembre 1939. Il leader sovietico Joseph Stalin ordinò l’invasione sovietica della Polonia il 17 settembre, un giorno dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco sovietico-giapponese dopo le battaglie di Khalkhin Gol, e un giorno dopo che il Soviet Supremo dell’Unione Sovietica approvò il Patto Molotov-Ribbentrop.

 

Un Molotov-Ribbentropp 2.0, aggiornato alla situazione odierna, prenderebbe nome dai ministri degli Esteri attuali, e quindi Lavrov-Barbock. Mentre il primo è considerato il decano della diplomazia mondiale, la verde Baerbock ha una fama leggermente diversa: ha dichiarato al Consiglio d’Europa che i Paesi del blocco sono in guerra contro la Russia, che sosterrà Kiev anche contro il volere degli elettori,e per le questioni degli armamenti si è fatta mancare di rispetto pubblicamente dall’omologo ucraino Dmytro Kuleba. (Si è fatta, cioè, prendere per il Kuleba)

 

A questo punto ci chiediamo, con un precedente storico del genere, cosa può andare storto nel nuovo Molotov-Ribbentropp?

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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Geopolitica

Sanzioni sul petrolio, Trump ora è «completamente sul piede di guerra con la Russia»: parla Medvedev

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L’ex presidente della Federazione Russa Dmitrij Medvedevha qualificato le recenti sanzioni imposte dal presidente Donald Trump ai colossi petroliferi russi come un «atto di guerra» che colloca gli Stati Uniti in aperta ostilità con Mosca.   «Gli Stati Uniti sono nostri nemici, e il loro chiacchierone “pacificatore” ha ormai intrapreso la via della guerra contro la Russia», ha affermato Medvedev, alto esponente della sicurezza nazionale russa. «Le decisioni adottate rappresentano un atto di guerra contro la Russia. E ora Trump si è completamente allineato con l’Europa folle», ha precisato nella sua dichiarazione.   Rosneft e Lukoil, le principali compagnie petrolifere russe, sono state bersaglio delle sanzioni del Tesoro statunitense, unitamente a decine di loro filiali, con un conseguente rialzo del 3% dei prezzi mondiali del petrolio giovedì. Ulteriori effetti si sono riverberati sull’India, primo importatore di greggio russo, che sta considerando una contrazione dei propri acquisti.

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Trump ha ripetutamente sostenuto che «la guerra non sarebbe mai dovuta iniziare» e che le responsabilità ricadono su Joe Biden, ma Medvedev ha criticato anche il leader repubblicano su questo punto, secondo i media statali russi.   Medvedev ha ipotizzato che Trump sia stato influenzato da falchi interni e internazionali a irrigidirsi, piuttosto che da una convinzione ideologica come per il suo predecessore Biden. «Ma ora è il suo conflitto», ha concluso, ribadendo che la Russia deve puntare al raggiungimento degli obiettivi militari anziché ai negoziati.   «Certo, diranno che non aveva scelta, che è stato costretto dal Congresso e così via», ha ammesso Medvedev nella dichiarazione. Tuttavia, non emergono indizi chiari che l’amministrazione Trump abbia esercitato pressioni concrete sul suo alleato Zelens’kyj per concedere cessioni territoriali sostanziali o per abbandonare definitivamente l’aspirazione all’adesione alla NATO. Al contrario, Trump ha autorizzato attacchi a lungo raggio sul suolo russo e ha persino approvato il supporto dei servizi segreti agli ucraini per colpire infrastrutture energetiche nel cuore del Paese.   Con queste escalation promosse da Trump, Medvedev asserisce che il presidente è in carico ormai il conflitto in atto, anche dopo che la Casa Bianca ha confermato l’annullamento del vertice di Budapest con Putin. «Non voglio che un incontro sia sprecato», aveva detto Trump all’inizio della settimana. «Non voglio buttare via tempo, quindi valuteremo cosa accadrà».   Anche il Cremlino aveva sottolineato che «serve una preparazione, una preparazione seria» prima di concretizzare un summit.

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