Economia
Mezzo trilione di euro di debito verso la BCE è in scadenza

La fine di giugno è sempre stata un momento di verità per il sistema finanziario poiché diverse categorie di debito sono dovute in diversi contesti
Quest’anno, alla Banca Centrale Europea, è dovuto quasi mezzo trilione di euro – 500 miliardi – dai prestiti concessi nell’ambito delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine, cioè i cosiddetti i prestiti LTRO («Long Term Refinancing Operation»). Non tutte le banche hanno i soldi necessari a ripagare il debito.
I LTRO sono uno strumento di prestito a basso interesse implementato da Mario Draghi, quando l’ex premier italiano era presidente dell’Eurotorre.
Si tratta di una misura scaturita a seguito della crisi del debito che investì i Paesi europei tra la metà degli anni 2000 e gli anni dieci, non dissimile dal quantitative easing operato dalla Federal Reserve americana.
I LTRO vengono assegnati in un’asta di liquidità in cui Francoforte offre un prestito di tre anni alle banche che lo richiedono. Il tasso di interesse è calcolato sulla media delle operazioni di rifinanziamento del periodo dell’operazione. La BCE riceve dalle banche un collateral, ossia una garanzia sul prestito, costituita usualmente da titoli di Stato dei Paesi membri UE su scelta della stessa Banca Centrale Europea, che per esempio ha escluso i titoli greci.
Nel dicembre 2011, 523 banche presero parte all’asta LTRO, con una richiesta totale di 489,191 miliardi di euro. Nel febbraio 2012, cioè poche settimane dopo, 800 banche parteciparono facendo salire la cifra richiesta a 529,53 miliardi di euro.
Ad ogni modo, il «whatever it takes» di Draghi non riuscì a far ridecollare l’economia europea, piagata sempre più, oltre che la deindustrializzazione, anche dallo shock sistemico del COVID e della crisi economico–energetica autoindotta dalle fallimentari sanzioni antirusse.
La BCE, a quanto riporta EIRN, quest’anno non rinnoverà i LTRO.
Si stima che il 28 giugno siano in scadenza per l’esattezza 476,8 miliardi di euro di debito.
Secondo Bloomberg, le banche italiane hanno più debiti che liquidità parcheggiata presso la BCE, quindi dovranno trovare 35 miliardi quest’anno e 85 miliardi l’anno prossimo per poter per pagare il debito.
Tale situazione potrebbe favorire l’accettazione del MES da parte del governo romano, che tentenna nonostante la contrarietà apparente di una sua componente importante, il partito Lega Nord.
Come riportato da Renovatio 21, il MES inflitto all’Italia potrebbe servire alla BCE al fine di condurre la più violenta stretta monetaria della sua storia.
L’Europa – l’euro in generale – si rivela una volta di più una trappola del debito, oltre che una trappola geopolitica e morale.
Vi sarà mai nel panorama politico italiano qualcuno che si batte davvero per il recupero totale delle perdute sovranità nazionali e pure individuali?
Immagine di Alexander Migl via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Cina
Trump: gli USA imporranno dazi del 100% alla Cina

Il presidente Donald Trump ha dichiarato che, a partire dal 1° novembre 2025, gli Stati Uniti applicheranno dazi del 100% sui prodotti cinesi, in reazione a quelle che ha definito restrizioni commerciali «straordinariamente aggressive» introdotte da Pechino.
Giovedì, la Cina ha reso noti nuovi controlli sulle esportazioni di minerali strategici con applicazioni militari, giustificando la misura come necessaria per tutelare la sicurezza nazionale e adempiere agli obblighi internazionali, inclusi quelli legati alla non proliferazione.
In un messaggio pubblicato venerdì su Truth Social, Trump ha accusato la Cina di aver assunto «una posizione estremamente ostile in materia di commercio», annunciando l’intenzione di imporre «controlli su larga scala sulle esportazioni di quasi tutti i prodotti che producono, inclusi alcuni non realizzati da loro», secondo una comunicazione inviata a livello globale. Tali misure, ha sottolineato il presidente, avrebbero impatto su tutti i paesi «senza eccezioni».
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«In risposta a questa posizione senza precedenti della Cina, gli Stati Uniti imporranno un dazio del 100% sui prodotti cinesi, in aggiunta a qualsiasi tariffa attualmente in vigore», ha scritto Trump, specificando che, dalla stessa data, saranno introdotti controlli sulle esportazioni di «qualsiasi software critico».
Ad agosto, Stati Uniti e Cina avevano concordato una tregua tariffaria di 90 giorni, che ha ridotto i dazi americani sui prodotti cinesi dal 145% al 30% e quelli cinesi sui prodotti americani dal 125% al 10%. Questa tregua scadrà a novembre. Trump ha definito la mossa di Pechino «assolutamente inaudita nel commercio internazionale» e «una vergogna morale nei rapporti con altre nazioni», precisando di parlare esclusivamente a nome degli Stati Uniti, non di altre nazioni similmente minacciate.
L’annuncio ha provocato un forte impatto sui mercati globali, con un crollo delle borse statunitensi nella giornata di venerdì. Come visibile nella finance card sopra, l’indice S&P 500 ha registrato un calo del 2,7%, segnando la peggiore perdita giornaliera da aprile, mentre il Dow Jones Industrial Average è sceso di circa 900 punti, pari all’1,9%.
Il NASDAQ, fortemente legato al settore tecnologico, ha subito un ribasso del 3,6%, con gli investitori che hanno venduto titoli ad alta crescita, particolarmente vulnerabili alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento cinesi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
L’AI potrebbe spazzare via 100 milioni di posti di lavoro nei soli USA

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Economia
L’Ucraina ha perso il 60% della produzione di gas

Gli attacchi russi hanno distrutto oltre la metà della capacità produttiva di gas dell’Ucraina, spingendo Kiev a cercare oltre 2 miliardi di dollari per importazioni di emergenza al fine di scongiurare una crisi energetica durante l’inverno. Lo riporta Bloomberg.
Questa settimana, Kiev ha informato i suoi alleati occidentali che un attacco missilistico russo del 3 ottobre, nelle regioni di Kharkov e Poltava, ha devastato circa il 60% della produzione di gas del Paese, secondo fonti anonime citate dall’agenzia di stampa.
Il ministero della Difesa russo aveva precedentemente annunciato che nella notte del 3 ottobre le sue forze hanno condotto «un massiccio attacco» contro il complesso militare-industriale ucraino e le infrastrutture energetiche che ne supportano le operazioni.
Mosca sostiene che i suoi attacchi siano una risposta alle offensive ucraine contro infrastrutture energetiche e aree residenziali in Russia, mirando esclusivamente a siti legati alle infrastrutture militari ucraine.
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Secondo Bloomberg, l’Ucraina prevede di dover acquistare circa 4,4 miliardi di metri cubi di gas, per un valore di 1,9 miliardi di euro, pari a quasi il 20% del suo consumo annuo, per affrontare l’inverno. Kiev sta cercando supporto finanziario per coprire tali costi, ha aggiunto l’agenzia.
La compagnia ucraina Naftogaz ha dichiarato che i recenti prestiti, tra cui 500 milioni di euro dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ad agosto e 300 milioni di euro dalla Banca europea per gli investimenti questo mese, non sono sufficienti.
L’Ucraina ha richiesto al G7 attrezzature per riparare le infrastrutture energetiche e ha rinnovato le sue richieste di sistemi di difesa aerea.
Bloomberg ha osservato che un aumento delle forniture di gas dall’UE all’Ucraina potrebbe mettere sotto pressione il mercato europeo, con preoccupazioni che hanno già spinto i prezzi al rialzo all’inizio della settimana. Con scorte inferiori ai livelli storici, l’UE rimane vulnerabile a shock di approvvigionamento. Un inverno rigido potrebbe rapidamente esaurire le riserve e causare nuovi picchi di prezzo, aumentando il carico sui consumatori.
La Russia ha iniziato a colpire la rete energetica e i siti di produzione di gas dell’Ucraina dopo l’attacco ucraino al ponte di Crimea nell’ottobre 2022, che ha causato quattro morti. Il presidente russo Vladimir Putin ha promesso che la Russia avrebbe risposto agli attacchi ucraini contro le infrastrutture energetiche, che si sono intensificati nell’ultimo anno.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Kiev disse che le forniture di gasdotto dalla Russia all’UE attraverso l’Ucraina potevano essere interrotte.
Un mese fa Zelens’kyj ha detto ai giornalisti dopo un incontro con il primo ministro slovacco Robert Fico che l’Ucraina non fornirà petrolio e gas alla Slovacchia se provengono dalla Russia. Il mese precedente, l’esercito ucraino ha ripetutamente colpito con droni l’oleodotto Druzhba, un condotto chiave che trasporta greggio russo e kazako verso Slovacchia e Ungheria. Entrambe le nazioni dell’UE che dipendono dalle forniture energetiche russe hanno da allora accusato Kiev di minacciare la loro sicurezza energetica.
Già nel 2023 uno scoop del Washington Post faceva emergere che il presidente ucraino aveva proposto durante un incontro con il vice primo ministro Yulia Svridenko a febbraio di «far saltare in aria» il Druzhba («amicizia», in russo), che trasporta il petrolio russo in Ungheria.
Come riportato da Renovatio 21, quattro settimane fa l’Ungheria aveva annunciato progressi nella costruzione di un nuovo oleodotto con la Serbia per il trasporto di petrolio russo. Durante un’intervista a Tucker Carlson nell’agosto 2023, il premier ungherese Vittorio Orban aveva dichiarato significativamente che Ungheria e Serbia erano pronte ad entrare in guerra contro chiunque facesse saltare il loro gasdotto.
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A marzo funzionari russi avevano accusato le forze ucraine di aver distrutto la stazione di misurazione del gas di Sudzha fa parte del gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod, che attraversa la regione russa di Kursk, fino all’Ucraina e più avanti in Europa. Per decenni, il gasdotto ha trasportato gas dalla Russia all’UE e il flusso non si è fermato nemmeno dopo che le forze di Kiev hanno catturato la stazione ad agosto. Le consegne sono state interrotte solo all’inizio di quest’anno dopo che l’Ucraina si è rifiutata di rinnovare il contratto con l’operatore russo Gazprom.
Come riportato da Renovatio 21, ad aprile era emerso che l’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump vorrebbe che Kiev cedesse a Washington il controllo del gasdotto attraverso il quale il gas russo raggiunge l’UE.
Due settimane fa il segretario all’Energia americano Chris Wright ha dichiarato che gli USA sono «pronti a sostituire» tutto il gas e il petrolio russo nell’UE.
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Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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