Pensiero

Mafia e anarchici, tutti pazzi per il 41 bis

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È davvero singolare questa coincidenza: acchiappano il vertice percepito di Cosa Nostra, e pochi giorni dopo ecco che contro il 41 bis – divenuto d’un tratto tema da prima pagina – cominciano a parlare gli anarchici.

 

Perché, nelle temutissime manifestazioni di cui abbiamo veduto le immagini in questi giorni, non possiamo aver notato striscioni che non erano solo contro il 41 bis al terrorista Alfredo Cospito, erano contro al 41 bis in generale.

 

In realtà, la notizia prescinde da questa passione improvvisa per l’articolo dell’ordinamento penitenziario italiano voluto dal marito della giovane parlamentare piddina Lia Quartapelle, cioè il vecchio craxiano Claudio Martelli.

 

Vogliamo dire: la notizia è che sono tornati gli anarchici. Cioè: gli anarchici esistono. Scusate ma a questo punto mica era scontato.

 

Per quanto sia confuso e fastidiosamente puerile, potete aver presente a cosa aspirano gli anarchici: una libertà assoluta, la mancanza totale di autorità, la disintegrazione dello Stato al fine di non ricostruirne più alcuno.

 

Ecco, negli ultimi due anni gli anarchici, come tutti noi, sono stati confinati privandoli di qualsiasi libertà, sono stati schiacciati da autorità violente e dementi, sono stati sottoposti allo Stato nella sua forma più soverchiante e coercitiva: il biennio pandemico, impossibile non riconoscerlo, ha significato tutto questo.

 

Per cui ci aspettavamo che se c’era un momento giusto per esprimere la rabbia anarchica, un punto della storia del Paese e dell’Europa e del mondo in cui avremmo visto gli anarchisti uscire e agire, beh, certo sarebbe stato durante l’ora della sottomissione COVID. E invece, niente. Non siamo in grado di dirlo con certezza, ma di anarchici, alle manifestazioni dei sabati contro il green pass (in Italia e in ogni altro Paese), praticamente non ne abbiamo visti.

 

Ma come, non si chiamano proprio «anarco-insurrezionalisti»? Così su Wikipedia definiscono il Cospito. Ma quindi non era quello il momento in cui far scattare la loro agognata «insurrezione»? A quanto pare no: ricorderete che i giornali ci parlavano invece delle piazze no-vax «fasciste», accusa ripetuta in Italia come in Francia, in Canada, in Germania, ovunque.

 

Poi però ecco che – puf! – gli «anarchici» saltano fuori ora. Fanno manifestazioni. Inneggiano a Cospito con graffiti e azioni perfino in altri Paesi. Gli anarchici sono stati, come dire, «attivati».

 

Uso questa parola perché è quella che qualche smaliziato commentatore americano ha iniziato ad utilizzare per i recenti fatti di Atlanta, in Georgia. In pratica, gli «antifa» – una sigla che morfologicamente non è in nulla dissimile dagli «anarchici» – ha fatto una sua protesta con assalto ad un hotel, vetrine spaccate, macchina della polizia incendiata. Tucker Carlson, in diretta TV davanti a milioni di telespettatori, ha avanzato con estrema sicumera la sua teoria: gli «antifa», ha detto, sono stati «attivati». Così come lo erano stati nel 2020, nelle proteste Black Lives Matter, una piccola «rivoluzione colorata» negli stessi USA volta a detronizzare Trump, dice Carlson.

 

Poi, in effetti, defenestrato il ciuffo biondo con l’elezione più grottescamente controversa della storia, BLM e gli antifa sono spariti. Per anni. Fino alla rivolta di Atlanta, e a quella che stavano per intentare per l’orrendo omicidio da parte della polizia del ragazzo di colore Tyler Nichols: il disastro, stile Los Angeles messa ferro ignique nel 1992 (dopo l’assoluzione dei poliziotti protagonisti del pestaggio del cittadino nero Rodney King), era pronto a partire… ma tutto è stato rinviato, perché i cinque poliziotti presunti assassini sono tutti afroamericani. Per quanto giornali e grandi testate TV abbiano detto che la colpa è comunque della white supremacy, la supremazia bianca, i cui valori di violenza contro i neri sarebbero stati introiettati dagli stessi poliziotti di colore, stavolta era troppo pure per gli antifa. Una menzogna così immensa difficile che reggesse…

 

Al di là della cronaca e delle sue venature metapolitiche, ci interessa questo pensiero: le proteste dei casseur anarcoidi come eventi di gruppi «attivati» per un fine completamente politico. Al termine della loro azione distruttiva, apparentemente caotica, c’è qualcuno che ne beneficia – una parte politica anche evidente. Nel caso americano, è chiaramente il Partito Democratico USA, che voleva far sloggiare il Trump, e ora si batte per impedire l’ulteriore candidatura nel 2024 del senescente Joe Biden.

 

E nel caso italiano?

 

Prima di parlarne, vorremmo andare con la memoria al 2001, a Genova, al G8. Alcuni lettori sono troppo giovani per ricordarlo, o magari non erano ancora nati. Altri si ricorderanno benissimo. Calarono sul capoluogo ligure «anarchici» di ogni sorta, alcuni davvero con tutti i crismi da original brand: ecco la bandiera nera dell’Anarchia, un residuo ottecentesco che si pensava sepolto a causa dell’interferenza poi prodotta dai vessili fascisti parimenti scurissimi.

 

Invece, eccoti i Black Bloc: non un centimetro di pelle visibile, tuta militare nera, casco nero, maschera antigas nera. Circolavano a Genova facendo perfino marcette con stendardo e tamburo. Produssero una distruzione senza precedenti, «aprendo» (è il loro gergo) quartieri,  rendendo intere aree della città delle TAZ, zone temporaneamente autonome, spazi dove non esiste più l’autorità costituta, come da teoria del loro maître à penser, il filosofo filopedofilo Hakim Bey.

 

Da dove venivano i Black Bloc? Quelli più improvvisati sicuramente vedevano tanti italiani. Quelli un po’ meno magari dalla Francia: il Corriere fece un’intervista ad un «compagno» francese che conosceva bene il ragazzo della foto-simbolo, il ragazzo col passamontagna sull’auto ribaltata: anche qui, organizzazione non precisissima, non si andava molto al di là dello spaccavetrine vagamente riflessivo.

 

Ho ricordi del fatto che si disse che molte «tute nere» provenissero dalla Germania e alcuni… dall’Oregon. Ecco, l’Oregon riguardo agli anarchici ha tutta una sua tradizione, tanto che la cittadina di Eugene è ritenuta una sorta di piccola capitale dell’anarchismo. Se fosse vero che a Genova fossero arrivati questi anarchici del Pacifico americano, ebbene… chi gli ha pagato il biglietto intercontinentale? Chi ha dato loro gli «strumenti» della guerriglia G8, che certo non hanno imbarcato come bagaglio all’aeroporto?

 

Possiamo rispondere se capiamo chi ha davvero beneficiato della catastrofe di quel G8. Dopo Genova, qualunque forma di resistenza istituzionale alla globalizzazione è stata spazzata via. Ogni discorso critico nei confronti del piano globale (rammentate: erano i giorni in cui la Cina entrava nel WTO, cioè il momento in cui si decretò la fine della classe media dell’Occidente e la deindustrializzazione della quale stiamo vedendo in questi giorni il colpo di grazia con la follia dei costi energetici) veniva degradato al livello dei no-global in t-shirt, e quindi, non considerato.

 

Ecco perché nessun Paese è riuscito davvero a resistere al mondialismo slatentizzato – nemmeno chi, come la Francia di Chirac, pareva, per sussulto gollista, forse averne mezza voglia.

 

Conoscete il procedimento, di sapore tutto hegeliano: metti la tesi, crei l’antitesi, ed eccoti la sintesi – che è quella che si voleva.

 

Sapete poi che c’è questa teoria che circola, quella della dottrina Rumsfeld-Cebrowski: con il nuovo secolo, il potere profondo statunitense aveva realizzato che per rimanere prima potenza mondiale, Washington doveva garantire a sé e secondariamente agli alleati lo sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi poveri. Poche settimane dopo i fatti di Genova, in quel memorabile 2001, vi fu l’attacco alle Torri Gemelle, e di fatto gli USA iniziarono un’immane guerra alla periferia petrolifera del pianeta…

 

E quindi, i disordini anarchici… manovrati dal Deep State mondialista americano? È una tesi estrema che non possiamo sposare del tutto: noi ci limitiamo a suggerire dei lettori dei puntini, le linee per far emergere il disegno le traccino loro.

 

Per questo vogliamo rimandare all’articolo del sito più letto degli ultimi giorni, quello sull’altrettanto stramba coincidenza castelvetranese: il luogo in cui il massimo potere USA si raccolse durante la Seconda Guerra coincide con la cittadina dove il massimo latitante della mafia pareva vivere con una certa libertà. A Castelvetrano si trovarono il presidente Roosevelt, il generale Patton, il generale Eisenhower (che divenne, poi, anche lui presidente). Anni dopo, ecco la curiosa libertà con cui Messina Denaro vive lì, con gli abiti firmati, l’auto, la chemio, perfino – disse una fonte di Report anni fa – qualche misteriosa capatina ad un Istituto scientifico del Centro Nazionale delle Ricerche.

 

Sappiamo che il grande sponsor della mafia italiano può essere l’ente che cagionava la «sovranità limitata» (espressione di impudicizia che un tempo si poteva usare tranquillamente) del nostro Paese: gli Stati Uniti d’America con i suoi tentacoli profondi, quelli che ci scatenarono addosso Lucky Luciano, quelli che forse nutrirono Salvatore Giuliano, quelli che protessero chissà quanti boss, intoccabili perché connessi ai loro capimafia italoamericani, alleati preziosi in tante operazioni indicibili, per esempio la guerra contro Fidel Castro.

 

E se ci pensiamo, i boss della mafia non è che venivano presi a mazzi, prima di Riina. Magari, questo capomafia così «rurale», aveva esagerato anche per i suoi sponsor. Mica si può andar in giro mettendo bombe contro i giudici e contro i monumenti italiani. Che il padrone abbia, a quel punto, mollato? Non possiamo saperlo, ma abbiamo in mente la notizia riemersa di recente, ossia della «mancata perquisizione del covo di Riina» dopo il raid della mitica Squadra Catturandi.

 

Che poi, a quanto si può ricostruire, le bombe e tutta la storia intricata della trattativa Stato-mafia (palude sulla quale non ci addentreremo), verteva proprio sul 41 bis: secondo le versioni emerse dai pentiti, era quello il pallino principale della mafia, porre fine ai 41 bis di Martelli.

 

La cosa, fermatevi a pensarci, dice moltissimo su origine e natura della mafia. Cosa Nostra controlla la Sicilia, nel senso che può disporre della vita e della morte di ogni cittadino, può bombardare il giudice e la sua scorta, può sciogliere il bambino nell’acido, può strangolare una donna incinta, come si dice abbia fatto Messina Denaro. Tuttavia, pur disponendo di questo potere illimitato, la mafia non chiede di sostituirsi allo Stato: domanda solo uno sconto di pena. Tutto qua.

 

È un paradosso: il mafioso, che è legibus solutus, «sciolto dalle leggi», chiede che sia cambiata… la legge.

 

La faccenda mi ha sempre sconvolto: ma come, tutto quel potere, la possanza militare, la segretezza, il codice d’onore, il rispetto totale e financo il di tanta popolazione intimorita e non, la potenza di uccidere chiunque e di attaccare qualsiasi istituzione, i miliardi che girano, e poi, quello che chiedi, non è un reset dello Stato, non è la sua sostituzione, non è il riconoscimento statuale definitivo nella comunità globale (cosa verso cui andava spedita, ad esempio, l’ISIS), non è nemmeno la scalata ufficiale all’interno dello Stato (cosa che tentò di fare Pablo Escobar), ma il semplice quieto vivere nell’ombra, con l’esclusione del carcere duro nel caso ti brinchino.

 

No, io questo 41 bis non lo ho mai capito. È così importante per i picciotti perché forse minaccia la comunicazione nella gerarchia mafiosa? Perché i boss così non possono comunicare con l’esterno? O forse è perché la sua prospettiva spaventa i mafiosi e li trasforma in pentiti, come pare sia accaduto negli USA, dove si dice che vi fosse, sia pur disatteso, un ordine di non trafficare droga, perché portando con sé questo reato 25 anni di galera, una volta beccati si finiva per forza per tradire il mandamento?

 

Non possiamo sapere neanche questo. Ma abbiamo imparato che questo 41 bis proprio ai mafiosi non piaceva. E quindi ci sale una paura: non è che quei vecchi sponsor della mammasantissima, in questo showdown oncologico terminale, abbiano accordato all’ultimo dei mohicani una fine senza l’articolo penale maledetto?

 

Se avete seguito questo articolo fantasy – perché di questo si tratta, caro lettore, e lo sai – potete immaginare che lo stesso potere che protegge nelle decadi Castelvetrano è in grado, senza tanta fatica, di far passare una legislazione precisa a Roma. Del resto, ribadiamo, si chiama impudicamente «sovranità limitata».

 

E quindi, non è che vogliono abolire il 41 bis dipingendolo di questo colore nero-anarchico, invece che delle tinte imbarazzanti dei vespri mafiosi?

 

Non è che il possibile smontaggio del 41 bis, per il quale ci sarebbe magari un accordo, lo farebbero passare per l’anarchico, anche se la vera base di una decisione è chiaramente un’altra?

 

Abbiamo raccontato su Renovatio 21 del patto tra mafia e potere occulto americano, magari nella persone della «madre della CIA» James Jesus Angleton. È possibile che una promessa fatta 70 anni fa sia in qualche modo – per onore, per ricatto, per chissà cos’altro – stia ancora in piedi, mostrandoci ora i suoi effetti crepuscolari?

 

Lo ripetiamo: non è diverso dal patto, sempre riverito con praticamente nessun tentennamento, del Grande Lago Amaro, quando Roosevelt (sempre lui) incontrò nel 1945 il Re Saud e garantì che gli USA avrebbero protetto la famiglia saudita (non la popolazione del Paese: il casato wahabita regnante) in cambio dell’uso del petrodollaro.

 

Ora, come sa il nostro lettore, anche il patto del Grande Lago Amaro sembra essersi sfilacciato, i sauditi vendono petrolio in yuan ai cinesi, e vogliono entrare nei BRICS.

 

È il disfacimento del mondo unipolare, quello annunziato da Putin nel suo discorso di Monaco del 2017, e poi ribadito e agito oggi con l’operazione militare speciale in Ucraina.

 

È il tramonto degli USA, nella cui macchina infernale magari qualcuno ricorda ancora che pacta sunt servanda. E quindi ecco, orde di persone che non c’entrano nulla con la mafia, scagliarsi contro il 41 bis. Eccoti gli anarchici. Eccoti i fricchettoni, con le loro fisime «umanitarie» di buonismo ebete. Eccoti avanzo hippy para-no-greenpassaro. Eccoti, magari, qualche politico che va in apprensione. Eccoti, possibilmente a breve, qualche prete, magari il papa. Tutti pazzi per il 41 bis.

 

Il motivo potrebbe essere più radicato di quel che credono tutti loro. Ma chiaramente tutto quello che avete letto è pura speculazione fantasiosa, complottista fino alla vergogna, insomma pura fiction, creata con il puro intento di intrattenervi.

 

No?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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