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Gli accordi energetici tra Cina e Golfo saranno regolati in renminbi

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Pare partito definitivamente l’avvicinamento tra Cina e Arabia Saudita, un tempo alleato inossidabile di Washington. La cooperazione tra i due Paese potrebbe sconvolgere la geopolitica energetica del pianeta.

 

Il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato nel suo intervento al primo vertice del Consiglio di cooperazione Cina-Golfo (CCG) a Riyadh il 9 dicembre che «la Cina continuerà a importare grandi quantità di greggio a lungo termine dai Paesi del CCG e ad acquistare più gas naturale liquefatto. Rafforzeremo la nostra cooperazione nel settore upstream, nei servizi di ingegneria, nonché nello stoccaggio, nel trasporto e nella raffinazione di petrolio e gas».

 

«La piattaforma Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange sarà completamente utilizzata per il regolamento in renminbi nel commercio di petrolio e gas» ha continuato il presidente della Cina Popolare. Il renminbi, detto in altri ambiti anche yuan, è la valuta cinese.

 

La sua osservazione sul pagamento in renminbi ha attirato l’attenzione di Reuters che l’ha riportata, e che è stata ripresa da altri media.

 

Si tratta di un ulteriore passo, sempre più ufficiale, verso la de-dollarizzazione dell’economia mondiale. Il tema quest’anno è discusso forsennatamente in Cina – e in Russia, dove si è arrivati addirittura a dare il 2024 come data della caduta definitiva del dollaro. Di fatto, varie Banche Centrali hanno già cominciato a dare segnali che potrebbero essere letti in questo senso.

 

A inizio anno i sauditi avevano già fatto sapere di essere in trattative attive con Pechino per valutare in yuan parte delle loro vendite petrolifere.

 

È un fatto che l’amministrazione Biden pare aver perso il rapporto privilegiato, inscalfibile per quasi un secolo, che legava Ryadh e Washington. Il disastro del viaggio diplomatico del senile presidente americano in Arabia Saudita ha certificato la situazione, in cui sembra che il potere saudita non abbia più rispetto degli americani al punto addirittura di prendersi gioco del loro comandante in capo.

 

La Casa Saud – cioè la famiglia reale, non il Regno in sé, nota bene – ha la sua incolumità garantita dal 1945 quando il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e il re Abdulaziz dell’Arabia Saudita, si incontrarono su una nave sul Grande Lago Amaro nel Canale di Suez e si accordarono sul petrolio e il dollaro.

 

Improvvisamente, le cose sembrano essere molto cambiate. L’Arabia in questi mesi si è persino detta interessata ad entrare a far parte dei BRICS. E desta interesse la scelta del principe saudita Al Walid, ultramiliardario già socio di Twitter e di Berlusconi, di investire mezzo miliardo di dollari in Russia pochi giorni prima dello scoppio della guerra ucraina.

 

Il tramonto della superpotenza sembra sempre più pienamente visibile tra le due del deserto arabico.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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