Geopolitica
Macron e Starmer chiedono il sostegno USA per mandare peacekeeper in Ucraina
Il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Kier Starmer andranno entrambi a Washington questa settimana per cercare di convincere Trump a fornire un sostegno americano a un piano europeo per schierare una forza di peacekeeping di 30.000 uomini in Ucraina. Lo riporta il Wall Street Journal.
«Il piano europeo emergente non richiederebbe agli Stati Uniti di schierare le proprie forze in Ucraina, cosa che l’amministrazione Trump ha praticamente escluso, ma cercherebbe di attingere alle capacità militari statunitensi di cui sono prive le forze europee, affermano i funzionari», scrive il WSJ.
«Gli Stati Uniti, ad esempio, potrebbero gestire sistemi di difesa aerea nei paesi vicini che coprono fasce dell’Ucraina, contribuendo nel contempo con altri sistemi di difesa aerea agli europei, hanno affermato i funzionari europei. La potenza aerea statunitense con sede al di fuori dell’Ucraina potrebbe essere tenuta pronta nel caso in cui le truppe europee fossero in pericolo».
«Starmer dovrebbe sollevare il progetto in evoluzione con Trump giovedì [27 febbraio], hanno detto i funzionari europei, ma non è probabile che faccia ancora una richiesta concreta di assistenza americana. Macron, che incontrerà lunedì [24 febbraio] con Trump, l’anniversario dell’invasione russa del 2022, delineerà le opinioni più ampie degli alleati sulla guerra e su come rassicurare l’Ucraina».
Il presidente polacco Andrzej Duda era alla Casa Bianca ieri. «Mentre la Polonia non sta pianificando di inviare truppe di peacekeeping in Ucraina, Duda è un forte sostenitore dell’Ucraina e sta cercando di alimentare il dialogo tra Trump e Zelens’kyj», afferma il quotidiano economico neoeboraceno.
Come riportato da Renovatio 21, la settimana scorsa è trapelato che vari Stati europei starebbero discutendo in segreto lo spiegamento delle truppe in Ucraina.
Il mese scorso, secondo quanto riportato dalla Reuters, il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj avrebbe insistito nel dire che si aspettava che le nazioni europee inviassero 200.000 soldati nel suo Paese. «È un minimo, altrimenti non è niente», ha osservato, secondo l’agenzia di stampa.
Sempre a gennaio, il Times, citando fonti militari e diplomatiche anonime, ha riferito che la Germania, gli Stati baltici e la Polonia si opponevano a qualsiasi potenziale spiegamento per varie ragioni, mentre il Regno Unito, la Francia e i paesi nordici si erano dichiarati favorevoli.
All’inizio di questo mese, il New York Times aveva citato un alto funzionario europeo rimasto anonimo, il quale avrebbe affermato che «il continente non ha nemmeno 200.000 soldati da offrire», riferendosi apparentemente alla richiesta avanzata da Zelensky a gennaio.
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Parlando alla fine del mese scorso, l’alto diplomatico russo Rodion Miroshnik ha avvertito che «qualsiasi contingente che entri nel territorio dell’Ucraina senza il consenso e il permesso della Russia è un obiettivo militare, con conseguenze del tutto comprensibili».
In un’intervista rilasciata lunedì a RIA Novosti, il rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha riecheggiato la dichiarazione del collega, sottolineando che «le forze di peacekeeping non possono operare senza un mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Macron ancora insisteva per l’invio di truppe UE in Ucraina, la Germania pure vi accennava, mentre la Polonia negava la possibilità.
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Immagine di Number 10 via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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Mearsheimer: l’Europa occidentale si trova di fronte a un «futuro desolante»
Secondo il politologo statunitense John Mearsheimer, capofila della scuola realista nello studio delle relazioni internazionali, l’Europa occidentale è destinata a un «futuro tetro» a causa del conflitto ucraino, provocato – a suo avviso – dall’Occidente e in particolare dagli Stati Uniti.
In un’intervista concessa al politologo Glenn Diesen e diffusa martedì, Mearsheimer ha spiegato che la guerra ha generato un’insicurezza profonda nel Vecchio Continente e ha creato «enormi difficoltà» nelle relazioni tra Washington e gli alleati europei.
Il professore di scienze politiche all’Università di Chicago ha osservato che la collaborazione su piani politici, militari ed economici si è complicata, citando i recenti negoziati come esempio di come gli europei stiano «litigando con gli USA su come gestire l’Ucraina».
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L’Europa, ha proseguito Mearsheimer, è «in guai seri» per due motivi principali legati al declino dell’impegno americano nel continente, che attribuisce in gran parte alla «presenza storica di una robusta forza militare statunitense in Europa».
Dopo la Guerra Fredda, governi di Washington e Bruxelles hanno esteso la NATO proprio per «collocare l’ombrello di sicurezza americano sulle teste degli europei orientali e occidentali», ha ricordato.
Tuttavia, questo equilibrio è ora minacciato da un «profondo mutamento nella distribuzione del potere» a livello globale. Negli anni Novanta e nei primi 2000 gli USA potevano mantenere massicci contingenti in Europa, ma l’ascesa della multipolarità li ha spinti a «rivolgere l’attenzione all’Asia».
Le sue parole riecheggiano il discorso tenuto da Mearsheimer al Parlamento europeo all’inizio di novembre, dove ha proclamato la fine dell’era unipolare con l’emergere di Cina e Russia come superpotenze. «Gli Stati Uniti non sono più l’unica grande potenza mondiale», ha concluso il professore statunitense a Brusselle.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimer aveva sostenuto in un’intervista che i governi occidentali continuano a perseguire politiche mirate a indebolire la Russia fino a privarla definitivamente del suo status di grande potenza.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimer aveva preconizzato ancora nel 2015 lo sfascio dell’Ucraina, accusando, già all’ora, l’Occidente di portare Kiev verso la sua distruzione invece che verso un’era florida che sarebbe seguita alla neutralità dichiarata dagli ucraini.
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Il politologo appartiene alla schiera delle grandi figure politiche americane che hanno rifiutato la NATO, talvolta prima ancora che nascesse. Uno è George Frost Kennan (1904-2005), ex ambasciatore USA in URSS, lucido, geniale mente capofila della scuola «realista» delle Relazioni Estere (quella oggi portata avanti accademicamente proprio da Mearsheimer) e funzionario di governo considerato «il padre della guerra fredda».
Mearsheimer è noto altresì per il controverso libro La Israel lobby e la politica estera americana, tradotto in Italia da Mondadori. Il libro contiene una disamina dell’influenza di Tel Aviv sulla politica americana, e identifica vari gruppi di pressione tra cui i Cristiani sionisti e soprattutto i neocon.
Il cattedratico statunitense ha anche recentemente toccato la questione israeliana dichiarando che le intenzioni dello Stato Ebraico sarebbero quelle di allargare il più possibile il conflitto nell’area di modo da poter svuotare i territori dai palestinesi: «più grande è la guerra, maggiore è la possibilità di pulizia etnica».
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Immagine di Maarten via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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Gli Stati Uniti avvertono l’Ucraina di una «sconfitta imminente»
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