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L’Unione Europea messa in ginocchio dagli Straussiani

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

Un gruppuscolo di statunitensi, sviluppatosi attorno al pensiero del filosofo Leo Strauss, ora controlla la segreteria alla Difesa e la segreteria di Stato. Dopo aver organizzato moltissime guerre successive a quelle della Jugoslavia, hanno architettato la guerra in Ucraina. Gli Straussiani manipolano l’Unione Europea e s’apprestano a privarla delle fonti di energia. Se la classe dirigente europea non apre gli occhi, l’alleanza con Washington porterà all’affondamento dell’economia dell’Unione. È illusorio credere che le nazioni europee saranno risparmiate in quanto Paesi sviluppati. Gli Straussiani scrissero già nel 1992 che non avrebbero esitato a distruggere la Germania e l’UE.

 

 

 

Dal 1949 il filosofo tedesco ebreo Leo Strauss insegnò all’università di Chicago. Molto presto radunò attorno a sé un piccolo gruppo di accoliti ebrei, scelti fra i suoi allievi, cui riservò un insegnamento orale molto diverso da quello esposto nelle opere scritte.

 

Secondo Strauss, le democrazie erano state incapaci di proteggere gli ebrei dalla soluzione nazista. Per evitare il ripetersi del dramma e che la mannaia si abbattesse nuovamente sugli ebrei, i discepoli dovevano tenere il coltello dalla parte del manico: Strauss li consigliò di costruire la propria dittatura.

 

Leo Strauss chiamò i suoi discepoli opliti (i soldati di Sparta) e li istruì perché andassero a disturbare le lezioni di alcuni suoi colleghi.

 

Molti membri di questa setta hanno svolto elevatissimi incarichi negli Stati Uniti e in Israele. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, il funzionamento e l’ideologia di questo gruppuscolo sono stati oggetto di molte polemiche. I partigiani e gli avversari del filosofo si sono scontrati in un’infinità di pubblicazioni. Tuttavia i fatti sono incontrovertibili. (1)

 

Autori antisemiti hanno mescolato, a torto, straussiani, comunità ebraiche della diaspora e Stato d’Israele. Ebbene, l’ideologia di Leo Strauss non fu mai discussa nel mondo ebraico prima dell’11 Settembre. Dal punto di vista sociologico è un fenomeno settario, nient’affatto rappresentativo della cultura ebraica. Tuttavia, nel 2003, alla presenza di altri dirigenti israeliani, i sionisti revisionisti di Benjamin Netanyahu conclusero un patto con gli Straussiani statunitensi (2). L’alleanza non fu mai resa pubblica.

 

Una caratteristica di questo gruppuscolo è che è pronto a tutto. Per esempio, volevano far tornare l’Iraq all’età della pietra. Ed è quanto hanno effettivamente fatto. Secondo loro qualsiasi sacrificio è accettabile, anche da parte di loro stessi, pur di continuare a essere i primi; non i migliori, ma i primi! (3)

 

Nel 1992 un consigliere del segretario alla Difesa, lo straussiano Paul Wolfowitz, redasse il Defense Planning Guidance, il primo documento ufficiale Usa ispirato al pensiero di Leo Strauss. (4)

 

Wolfowitz fu iniziato al pensiero di Strauss dal filosofo statunitense Allan Bloom (amico del francese Raymond Aron) e conobbe Strauss solo al termine dell’insegnamento a Chicago. Ciononostante, l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Jeane Kirkpatrick, ha individuato in Wolfowitz «una delle grandi figure straussiane». (5)

 

Nel contesto del crollo dell’Unione Sovietica, Wolfowitz ha elaborato una strategia per mantenere l’egemonia degli Stati Uniti sul resto del mondo.

 

Il Defense Planning Guidance avrebbe dovuto rimanere riservato, ma il New York Times ne rivelò le linee principali e ne pubblicò alcuni stralci (6). Tre giorni dopo il Washington Post ne rivelò altri dettagli (7). Il testo originale non fu mai pubblicato, ne circolò una versione rivista dal segretario alla Difesa (e futuro vicepresidente) Dick Cheney.

 

Si sa che il documento originale si fonda su una serie di riunioni cui parteciparono gli straussiani Andrew Marshall, teorico del Pentagono che fu sostituito tre anni dopo la sua morte da Arthur Cebrowski, poi Albert Wohlstetter, l’ideatore della strategia della dissuasione atomica, nonché suo genero Richard Perle, futuro direttore del Defence Policy Board.

 

Il Defense Planning Guidance fu redatto da un allievo di Wohlstetter, Zalmay Khalilzad, futuro ambasciatore all’ONU.

 

Il documento parla di un nuovo «ordine mondiale […] alla fine retto dagli Stati Uniti», ove la superpotenza avrebbe stretto soltanto alleanze contingenti, a seconda dei conflitti. L’ONU, e persino la NATO, avrebbero dovuto essere progressivamente messi da parte.

 

In senso più ampio, la dottrina Wolfowitz teorizza la necessità per gli Stati Uniti di bloccare l’emergere di ogni potenziale minaccia alla propria egemonia, segnatamente di «nazioni avanzate», come Germania e Giappone.

 

In particolare viene presa di mira l’Unione Europea: «benché gli Stati Uniti sostengano il progetto d’integrazione europea, dobbiamo vigilare per prevenire l’emergere di un sistema di sicurezza esclusivamente europeo, che minerebbe la NTO, in particolare la sua struttura di comando integrato».

 

Di conseguenza, gli europei saranno invitati a inserire nel Trattato di Maastricht una clausola che subordina la loro politica di difesa a quella della NATO, mentre il rapporto del Pentagono raccomanderà l’integrazione nell’Unione Europea di nuovi Stati dell’Europa centrale e orientale, cui al tempo stesso verrà accordato il vantaggio di un’intesa militare con gli Stati Uniti che li protegga da eventuale attacco russo. (8)

 

 

Il documento è pazientemente messo in atto da trent’anni.

Il Trattato di Maastricht, titolo V, articolo J4, paragrafo 4 stabilisce: «La politica dell’Unione ai sensi del presente articolo non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti per alcuni Stati membri dal trattato dell’Atlantico del Nord ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in questo ambito».

 

Queste disposizioni sono state riprese da diversi testi, anche dall’art. 42 del Trattato sull’Unione Europea.

 

Gli Stati membri dell’ex Patto di Varsavia hanno aderito quasi tutti all’Unione Europea. La loro decisione è stata una scelta imposta da Washington e annunciata dal segretario di Stato James Baker poco prima della riunione del Consiglio europeo che l’ha avallata.

 

Nel Duemila Paul Wolfowitz fu, con Zbigniew Brzezinski, il principale oratore di un vasto convegno ucraino-statunitense a Washington, organizzato dai nazionalisti integralisti ucraini rifugiati negli USA.

 

Wolfowitz s’impegnò a sostenere l’Ucraina indipendente, a provocare l’entrata in guerra della Russia contro Kiev e infine a finanziare la distruzione del rivale degli Stati Uniti che stava rifiorendo. (9)

 

Gli impegni sono stati messi in atto con l’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022, adottato il 28 aprile 2022 (10): l’Ucraina è dispensata da ogni procedura di controllo degli armamenti, in particolare dalla certificazione della destinazione finale; costosissime armi sono concesse in prestito-noleggio dagli USA all’UE per difendere l’Ucraina. Quando la guerra sarà finita gli europei dovranno pagare quanto consumato. E il conto sarà salato.

 

Benché le élite europee abbiano finora tratto beneficio dall’alleanza con gli Stati Uniti, non devono meravigliarsi se, come vuole il Defense Planning Guidance, oggi Washington tenta di distruggerle.

 

Già dopo gli attentati dell’11 Settembre hanno potuto constatare ciò di cui gli Usa sono capaci: Paul Wolfowitz impedì ai Paesi che avevano espresso riserve sulla guerra contro l’Iraq, come Germania e Francia, di concludere contratti per la ricostruzione del Paese. (11)

 

Nella congiuntura attuale l’aumento dei prezzi delle fonti di energia, cui se n’è aggiunta la penuria, minacciano non solo il riscaldamento e il trasporto dei cittadini, ma soprattutto la sopravvivenza delle industrie. Se il fenomeno si protrarrà sarà l’insieme dell’economia europea a crollare bruscamente, facendo retrocedere la popolazione di almeno un secolo.

 

È un fenomeno difficile da analizzare dal momento che i prezzi e la disponibilità delle fonti di energia dipendono da numerosi fattori.

 

Innanzitutto i prezzi derivano dalla domanda e dall’offerta. Sono dunque risaliti con la ripresa dell’economia globale dopo la fine della pandemia di COVID-19.

 

Secondariamente le fonti di energia sono l’obiettivo principale degli speculatori, ancor più delle monete. Il prezzo mondiale del petrolio può aumentare di 2,5 volte per effetto solo della speculazione.

 

Questi sono fenomeni ricorrenti e conosciuti. Ma le sanzioni contro la Russia, rea di aver voluto applicare l’Accordo di Minsk II, di cui si era fatta garante di fronte al Consiglio di Sicurezza, hanno mandato in frantumi il mercato mondiale.

 

Ora il prezzo globale non esiste più, i prezzi si differenziano a seconda dei Paesi dei venditori e degli acquirenti. I prezzi dell’energia sono tuttora quotati in borsa a Wall Street e alla City, ma non hanno alcun rapporto con i prezzi praticati a Beijing o a Nuova Delhi.

 

Ma, soprattutto, petrolio e gas, prima abbondanti nell’Unione Europea, ora qui cominciano a scarseggiare, pur continuando a sovrabbondare a livello globale.

 

Tutti i nostri punti di riferimento sono stravolti. I nostri strumenti statistici, concepiti per il mercato globale, si rivelano inutili. Possiamo solo formulare ipotesi, ma non abbiamo strumenti per verificarle. Questo permette a tanti “esperti” di raccontare con aria dotta un sacco di idiozie; di fatto tutti si sbizzarriscono in pronostici.

 

Uno dei nuovi fattori è il riflusso dei dollari che servivano per gli scambi, nonché per la speculazione, e che non sono più utilizzabili in determinati Paesi. Questa moneta, soprattutto virtuale, esce dalla Russia e dai Paesi suoi alleati per andare o tornare in Paesi dove ha ancora corso. Un fenomeno gigantesco che la Riserva federale e le forze armate USA hanno sempre voluto evitare, ma che gli straussiani dell’amministrazione Biden (il segretario di Stato Antony Blinken e la vice Victoria Nuland) hanno deliberatamente provocato.

 

Convinti, a torto, che la Russia ha invaso l’Ucraina e intende annetterla, gli europei si sono auto-vietati di commerciare con Mosca. Continuano a usare gas russo, ma sono persuasi che Gazprom chiuderà il rubinetto.

 

Per esempio, la stampa europea ha annunciato che la compagnia russa avrebbe chiuso il gasdotto Nord Stream, sebbene la società avesse solo avvertito di un’interruzione di tre giorni per ragioni tecniche. Normalmente le forniture dei gasdotti vengono interrotte due giorni ogni due mesi per manutenzione. In questo caso, il blocco occidentale, che impediva la restituzione delle turbine inviate in Canada per la riparazione, ha creato intralci a Gazprom. Poco importa, la popolazione europea ha capito che i cattivi russi avrebbero chiuso il gas alla vigilia dell’inverno.

 

La propaganda europea mira a preparare l’opinione pubblica alla chiusura definitiva del gasdotto, addossandone la responsabilità alla Russia.

 

In questa vicenda gli europei non fanno che applicare le direttive degli straussiani: sabotano la propria industria a danno dei cittadini. Già alcune imprese energivore hanno ridotto la produzione, se non addirittura chiuso.

 

Il processo di decadenza dell’Unione Europea sarà inarrestabile fintanto che qualcuno oserà opporvisi.

 

Con grande sorpresa generale, il 3 settembre si è svolta a Praga una manifestazione a favore della Russia. La polizia ha ammesso la partecipazione di 70 mila persone, su 10 milioni di abitanti; probabilmente i manifestanti erano più numerosi. I commentatori politici li hanno denigrati definendoli «utili idioti di Putin». Sono insulti che mascherano malamente il disagio delle élite europee.

 

Gli esperti di energia considerano inevitabili interruzioni di corrente in tutta l’Unione. Solo l’Ungheria, che ha ottenuto alcune dispense, potrebbe sfuggire alle regole del mercato unico dell’energia. I Paesi in grado di produrre elettricità la dovranno condividere con i Paesi incapaci di produrla, non importa se per iattura o imprevidenza.

 

Bruxelles dovrebbe cominciare da un abbassamento di tensione elettrica, poi decretare interruzioni notturne, infine diurne. I privati avranno difficoltà nell’uso degli ascensori, per il riscaldamento invernale, per cucinare, se utilizzano fornelli elettrici; inoltre, chi utilizza treni, autobus o vetture elettriche avrà difficoltà negli spostamenti.

 

Le imprese energivore, come gli altiforni, dovrebbero chiudere. Alcune infrastrutture dovrebbero diventare impraticabili: per esempio i tunnel oltre una certa lunghezza, che non potranno più essere aerati. Ma, soprattutto, gli impianti elettronici, concepiti per funzionare ininterrottamente, non sopporteranno ripetute interruzioni.

 

Sarà il caso, per esempio, delle reti di telefonia mobile, che dopo tre mesi di simile trattamento saranno inservibili.

 

Nei Paesi del Terzo Mondo, ove l’elettricità scarseggia, si utilizzano led a batteria per illuminazione e UPS [gruppi di continuità] per alimentare macchine che consumano poco, come computer o televisori. Ma sono strumenti non commercializzati nell’Unione.

 

Il PIL dell’Unione è già diminuito di quasi l’1%. La recessione continuerà, come pianificato dagli straussiani, o i cittadini dell’Unione si opporranno come ha cominciato a fare parte del popolo ceco?

 

Gli straussiani andranno fino in fondo. Hanno approfittato della decadenza statunitense per arrogarsi il Potere, quello vero. Giacché un tossicodipendente, mai eletto, può utilizzare aerei ufficiali a gogò per fare affari ovunque nel mondo (12), gli straussiani si sono installati con discrezione all’ombra del presidente Biden e governano in sua vece.

 

I dirigenti europei dal canto loro o sono ciechi o troppo coinvolti per fermarsi, per riconoscere trent’anni di errori e invertire la rotta.

 

Cosa va ricordato:

Gli straussiani sono una setta di fanatici pronta a tutto pur di mantenere la supremazia degli Stati Uniti sul mondo.

 

Hanno pianificato le guerre che funestano il mondo da trent’anni e l’attuale in Ucraina.

 

Hanno persuaso l’Unione Europea che Mosca voleva annettersi l’Ucraina, poi tutta l’Europa centrale, convincendo Bruxelles a bloccare ogni transazione commerciale con la Russia.

 

La crisi energetica, solo agli inizi, spinge l’Unione Europea verso interruzioni di elettricità e di corrente che provocheranno devastazioni sul tenore di vita dei cittadini e sull’economia.

 

 

Thierry Meyssan

 

 

NOTE

1) Gli specialisti interpretano il pensiero politico di Leo Strauss in modo molto contraddittorio. Per quanto mi riguarda, non m’interesso alla posizione del filosofo sui pensatori classici, ma a quello che professano coloro che, a torto o a ragione, fanno riferimento al suo pensiero e che si trovano al Pentagono, nonché adesso anche al dipartimento di Stato. Political Ideas of Leo Strauss, Shadia B. Drury, Palgrave Macmillan (1988.); Leo Strauss and the Politics of American Empire, Anne Norton, Yale University Press (2005); The Truth About Leo Strauss: Political Philosophy and American Democracy, Catherine H. Zuckert & Michael P. Zuckert, University of Chicago Press (2008); Leo Strauss and the conservative movement in America : a critical appraisal, Paul Edward Gottfried, Cambridge University Press (2011); Crisis of the Strauss Divided: Essays on Leo Strauss and Straussianism, East and West, Harry V. Jaffa, Rowman & Littlefield (2012); Leo Strauss and Anglo-American Democracy: A Conservative Critique, Grant Havers, Cornell University Press (2013); Leo Strauss and the Invasion of Iraq: Encountering the Abyss, Aggie Hirst, Routledge (2013); Leo Strauss, The Straussians, and the Study of the American Regime, Kenneth L. Deutsch, Rowman & Littlefield (2013); Straussophobia : Defending Leo Strauss and Straussians Against Shadia Drury and Other Accusers, Peter Minowitz, Lexington Books (2016); Leo Strauss in Northeast Asia, Jun-Hyeok Kwak & Sungwoo Park, Routledge (2019).

3) Per una breve storia degli straussiani si veda: «È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

4)Il rapporto del 1976 dell’«Équipe B», che accusava l’URSS di voler dominare il mondo, non era un’esposizione della dottrina, ma un’argomentazione propagandistica per giustificarla.

5) Intervista a James Mann, citata in Rise of the Vulcans: The History of Bush’s War Cabinet, James Mann, Viking (2004).

6) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler, New York Times, 8 marzo, 1992. Il quotidiano ne pubblica anche ampi stralci a pag. 14: «Excerpts from Pentagon’s Plan: “Prevent the Re-Emergence of a New Rival”».

7)«Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo, 1992.

8) «Paul Wolfowitz, l’âme du Pentagone», di Paul Labarique, Réseau Voltaire, 4 ottobre 2004.

9) Cfr.: “Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

11) «Instructions et conclusions sur les marchés de reconstruction et d’aide en Irak», di Paul Wolfowitz, Réseau Voltaire, 10 dicembre 2003.

12)  «La decadenza dell’impero statunitense», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 6 settembre 2022.

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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Geopolitica

«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

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Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.

 

In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.

 

«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.

 

L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.

 

Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.

 

Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.

 

L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un “crimine atroce” e un “atto di aggressione”, mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».

 

Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Geopolitica

Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

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Israele ha condotto un «attacco di precisione» contro «i vertici di Hamas», hanno annunciato martedì le Forze di difesa israeliane (IDF), poco dopo che numerose esplosioni hanno scosso il quartier generale del gruppo militante palestinese a Doha, in Qatar.   Da parte delle forze dello Stato Ebraico, si tratta di una violazione territoriale inedita, perché – a differenza di casi analoghi in Libano e Iran – condotta in uno Stato «alleato» di Washington e dell’Occidente, cui fornisce capitale e gas. L’attacco pare essere stato diretto ai negoziatori di Hamas, i quali avevano ricevuto dal presidente americano Trump un invito al tavolo della pace poco prima.   L’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto l’operazione in coordinamento con l’agenzia di sicurezza Shin Bet (ISA). Le IDF non hanno indicato il luogo esatto preso di mira dall’attacco.   «L’IDF e l’ISA hanno condotto un attacco mirato contro i vertici dell’organizzazione terroristica Hamas», ha dichiarato l’IDF in una nota. «Prima dell’attacco, sono state adottate misure per mitigare i danni ai civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione e di intelligence aggiuntiva».   L’annuncio è arrivato dopo che almeno dieci esplosioni avrebbero scosso il quartier generale di Hamas a Doha. I filmati che circolano online mostrano che l’edificio è stato gravemente danneggiato. Secondo diversi resoconti dei media che citano fonti di Hamas, l’attacco ha preso di mira il team negoziale del gruppo, che stava discutendo l’ultima proposta statunitense sulla cessazione delle ostilità con Israele.   Il Qatar ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas».    

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  L’attacco israeliano a Doha è stato un «momento cruciale» per l’intera regione, ha affermato il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, condannando l’attacco come «terrorismo di Stato».   L’attacco a sorpresa non sarà «ignorato» e il Qatar «si riserva il diritto di rispondere a questo attacco palese», ha dichiarato il primo ministro in una conferenza stampa. «Oggi abbiamo raggiunto un punto di svolta affinché l’intera regione dia una risposta a una condotta così barbara».  

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Al-Thani ha attaccato duramente il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di compromettere la stabilità regionale in nome di «deliri narcisistici» e interessi personali. Il Qatar continuerà il suo impegno di mediazione per risolvere le persistenti ostilità con Hamas, ha affermato.   Il primo ministro quatarino ha ammesso che lo spazio per la diplomazia è ormai diventato molto ristretto e che l’attacco ha probabilmente fatto deragliare il ciclo di negoziati dedicato all’ultima proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.   «Per quanto riguarda i colloqui in corso, non credo che ci sia nulla di valido dopo aver assistito a un attacco del genere», ha affermato.   L’attacco israeliano è avvenuto due giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva lanciato un altro «ultimo avvertimento» ad Hamas, sostenendo che Israele aveva già accettato termini non specificati di un accordo da lui proposto e chiedendo al gruppo di rilasciare gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Poco dopo, anche il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dato al gruppo un “ultimo avvertimento”, minacciando Hamas di annientamento e intimando ai militanti di deporre le armi. In seguito alle minacce, Hamas aveva dichiarato di essere pronta a «sedersi immediatamente al tavolo delle trattative» dopo aver ascoltato quelle che ha descritto come «alcune idee da parte americana volte a raggiungere un accordo di cessate il fuoco».   Tuttavia nelle ultime ore è emersa la condanna del presidente statunitense contro l’attacco israeliano. In una dichiarazione pubblicata martedì su Truth Social, Trump ha criticato l’attacco aereo di Israele contro un complesso di Hamas a Doha, sottolineando che la decisione di portare a termine l’operazione all’interno del Qatar è stata presa unilateralmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e non da Washington.   Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America».   «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me».   Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE».   Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio».   La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».  

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  Nell’operazione circa 15 aerei da guerra israeliani hanno sparato almeno dieci munizioni durante l’operazione di martedì, uccidendo diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya. Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti all’attacco, descritto come un tentativo di assassinare i negoziatori impegnati a raggiungere un possibile accordo. L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito sul fatto che l’attacco ad Hamas in Qatar è stato un’azione unilaterale e che nessun altro paese è stato coinvolto nell’operazione.   «L’azione odierna contro i principali capi terroristi di Hamas è stata un’operazione israeliana del tutto indipendente. Israele l’ha avviata, Israele l’ha condotta e Israele si assume la piena responsabilità», si legge in una nota.   Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato l’attacco israeliano definendolo una «flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar». «Tutte le parti devono impegnarsi per raggiungere un cessate il fuoco permanente, non per distruggerlo», ha detto ai giornalisti.  

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Geopolitica

Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

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La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.

 

Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».

 

«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.

 

Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.

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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.

 

«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.

 

Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.

 

Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.

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