Geopolitica
L’inviata di Trump a Beirut per disarmare Hezbollah e riformare le banche

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La neutralizzazione militare del «Partito di Dio» e la ristrutturazione degli istituti al centro del viaggio in Libano di Morgan Ortagus. Fra i nodi irrisolti il mancato rispetto dei termini del cessate il fuoco di novembre da parte di Israele e del movimento filo-iraniano. Stralciato dall’agenda il (controverso) tema della «normalizzazione» con lo Stato ebraico.
La neutralizzazione almeno da un punto di vista militare di Hezbollah e la riforma bancaria sono stati al centro della recente visita nel Paese dei cedri di Morgan Ortagus, vice-segretario di Stato americano con delega per il Medio Oriente.
Arrivata nella capitale libanese la sera del 4 aprile, l’alto funzionario statunitense ha tenuto una serie di colloqui con i principali leader, oltre a un raro e controverso incontro con il neo governatore della Banque du Liban (BDL) Karim Souaid e con il capo delle forze libanesi Samir Geagea.
Si è inoltre fermata al Museo Nazionale di Beirut per una visita guidata dal ministro libanese della Cultura Ghassan Salameh.
Secondo analisti e osservatori Ortegus ha lasciato dietro di sé un Libano ufficiale «più rassicurato» riguardo alle scadenze fissate per il disarmo di Hezbollah e alla natura dei suoi legami con lo Stato Ebraico.
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La richiesta di «normalizzazione con Israele», presentata prima del suo arrivo da una certa stampa come «non rinviabile a lungo», è stata infatti eliminata. «Non ho sentito la sua richiesta di normalizzazione con Israele» ha insistito il presidente del Parlamento Nabih Berry, dopo aver esaminato la visita con il Capo di Stato Joseph Aoun, per poi aggiungere: «nemmeno gli israeliani hanno affrontato questo argomento».
Tuttavia, l’ambasciata statunitense ha dissipato ogni ambiguità sugli obiettivi della diplomatica in un comunicato. «Soddisfatta delle franche discussioni che si sono concentrate sulla nuova traiettoria del Libano» spiega la nota, Morgan Ortegas «ha sottolineato l’importanza di un rapido disarmo di Hezbollah, dell’attuazione di riforme globali per combattere la corruzione e dell’istituzione di un governo aperto e trasparente, al fine di ripristinare la fiducia e la speranza di tutti i cittadini libanesi nel futuro del loro Paese».
Analisti e studiosi fra i quali Philippe Abi Akl di Ici-Beyrouth hanno interpretato il termine «rapido» nel senso di «entro giugno» e hanno collegato le promesse di finanziamenti per la ricostruzione al completamento di questo compito.
Alcuni osservatori hanno fatto notare come la disputa tra Libano e Stati Uniti su questo disarmo e le divergenze riguardino solo i mezzi previsti e da attuare per raggiungerlo, ma il principio di fondo è accettato da entrambe le parti.
Ciononostante, l’ex generale Aoun – che era a capo dell’esercito fino all’elezione alla presidenza – è ben consapevole che questo disarmo deve essere fatto gradualmente e con delicatezza; inoltre, la conversione di Hezbollah in un partito puramente politico non può essere fatta con la forza senza mettere in pericolo la pace civile.
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Operazione disarmo
Oltretutto, il disarmo totale del «partito di Dio» filo-iraniano sta già incontrando resistenze e differenze di interpretazione. Secondo le informazioni disponibili, l’esercito del Paese dei cedri ha effettuato operazioni a sud del fiume Litani in circa 197 dei 263 siti richiesti dal comitato di monitoraggio del cessate il fuoco.
Tuttavia, contrariamente a quanto auspicato dal corpo diplomatico statunitense, la stessa Hezbollah rifiuta categoricamente qualsiasi copertura mediatica di queste misure.
Inoltre, permane fra le altre questioni importanti – e irrisolte – quella relativa alle ricerche e pattugliamenti da effettuare lungo il corso del fiume Litani o a nord di esso. Hezbollah continua ad opporsi a qualsiasi ispezione, smantellamento o consegna di armi in quest’area. La persistente presenza di truppe israeliane in cinque punti strategici del Libano meridionale, in violazione dei termini del cessate il fuoco, giustifica questa intransigenza ai suoi occhi.
In breve, né lo Stato Ebraico né il movimento filo-Teheran stanno realmente rispettando i termini del cessate il fuoco concordato lo scorso novembre.
Il bombardamento di Beirut in seguito al lancio anonimo di due razzi contro Kiryat Shumona, lo scorso marzo, è sintomatico a questo proposito. L’esercito ha effettuato arresti e sta indagando sulle fonti di questi attacchi anonimi, ma non sono ancora stati resi noti risultati concreti e gli autori risultano tuttora sconosciuti.
Il Libano vive quindi nel timore di nuovi lanci non identificati contro Israele, che causerebbero ulteriori distruzioni. Le minacce del ministro israeliano della Difesa a questo proposito sono chiare. Inoltre, i droni dello Stato ebraico abbattono quasi quotidianamente membri di Hezbollah e Hamas che vivono in Libano, sia a sud che a nord del fiume Litani.
Per Beirut queste sono tutte violazioni dell’accordo di cessate il fuoco. Anche i container utilizzati temporaneamente come abitazioni vengono bombardati dai caccia con la stella di David.
Per il governo, è chiaro che Tel Aviv non permetterà ai libanesi di tornare e re-insediarsi nei loro villaggi finché gli abitanti del nord di Israele non avranno fatto altrettanto dall’altra parte del confine.
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Eliminare il contante
Oltre a disarmare Hezbollah, la missione di Morgan Ortegus è quella di chiedere al Libano riforme che consentano al sistema bancario, crollato nel 2019, di riprendersi.
Una delegazione libanese è attesa a Washington il 20 aprile per i colloqui con il Fondo monetario internazionale (FMI). I vertici dell’organismo hanno chiesto al Libano di approvare in breve tempo due leggi che prevedono: da un lato l’abolizione del segreto bancario e una ristrutturazione del settore che segnerà la fine di una giungla di 52 istituti di credito, ma soprattutto la fine della «cash economy» che avrebbe sinora favorito il finanziamento del terrorismo.
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Immagine di Minority Reporters via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Geopolitica
Banca francese dichiarata complice di genocidio

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Geopolitica
Kushner: Hamas sta agendo in buona fede, Gaza sembra «nuclearizzata», Trump crede che Israele sia «fuori controllo»

Hamas sembra agire in buona fede e cercare di onorare l’accordo di Gaza con Israele, mediato dagli Stati Uniti, ha affermato Jared Kushner, genero del presidente Donald Trump.
Kushner, una delle figure chiave dietro l’accordo di cessate il fuoco, ha rilasciato queste dichiarazioni in un’intervista al programma 60 Minutes della CBS andato in onda domenica. Alla domanda se ritenesse che il gruppo militante palestinese «avesse agito in buona fede» e «stesse seriamente cercando i corpi» degli ostaggi israeliani che aveva accettato di restituire, Kushner ha risposto affermativamente.
«Per quanto abbiamo visto da quanto ci è stato comunicato dai mediatori, sono ancora lontani. Potrebbero crollare da un momento all’altro, ma al momento li abbiamo visti cercare di onorare l’accordo», ha detto.
Quando gli è stato chiesto come Trump avesse reagito dopo aver appreso del tentato assassinio israeliano il mese scorso, Kushner ha risposto: «Trump aveva la sensazione che gli israeliani stessero perdendo un po’ il controllo».
Nell’intervista con 60 Minutes Witkoff ha dichiarato che Trump non era a conoscenza del fatto che Israele stesse pianificando di tentare di uccidere i leader di Hamas. Tuttavia, i funzionari israeliani hanno contestato questa versione, sostenendo che Trump era stato informato almeno ore prima dell’attacco e non aveva spinto Israele a sospendere l’operazione.
Exclusive: Jared Kushner, President Trump’s son-in-law, and special envoy Steve Witkoff give a behind-the-scenes look at the tense moments leading up to the ceasefire and hostage deal after an Israeli bombing threatened to derail the agreement.
“[Trump] felt like the Israelis… pic.twitter.com/WtZpJcYHTG
— 60 Minutes (@60Minutes) October 17, 2025
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Hamas non è riuscita a restituire tutti gli ostaggi deceduti a Israele, sostenendo di non essere in grado di localizzarli a causa della distruzione generalizzata inflitta a Gaza dalle operazioni israeliane. Israele ha affermato che il gruppo sta deliberatamente prolungando il processo di scambio.
Washington ha lavorato attivamente per accelerare lo scambio e «spingere entrambe le parti ad essere proattive… invece di incolparsi a vicenda per i guasti», ha affermato Kushner.
Kushner e un’altra figura chiave nel processo di mediazione, l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff, sono arrivati in Israele lunedì per discutere la fase successiva dell’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza. I due erano sul palco ad una cerimonia di piazza per il ritorno degli ostaggi quando la folla ha fischiato Netanyahu e inneggiato al presidente USA cantando «Thank You Trump».
Domenica, Israele ha accusato Hamas di aver violato il cessate il fuoco nella città di Rafah, nel Sud di Gaza, effettuando numerosi attacchi aerei su quelli che ha definito «obiettivi terroristici» e uccidendo più di 40 persone in tutta Gaza, secondo le autorità sanitarie locali. Hamas ha negato di aver violato il cessate il fuoco, mentre i media hanno indicato che l’incidente di Rafah è stato causato dall’impatto di un veicolo del genio israeliano con una munizione inesplosa.
Dopo gli attacchi, Israele ha dichiarato di essere tornato a «far rispettare il cessate il fuoco» nell’enclave palestinese.
Come riportato da Renovatio 21, lunedì, il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha chiesto la rottura della tregua, sostenendo che il ritorno di tutti gli ostaggi sopravvissuti fosse sufficiente. «Ora dobbiamo tornare in guerra, dobbiamo agire immediatamente contro Hamas», ha dichiarato il ministro in un discorso televisivo.
Kushner, che in passato aveva parlato del valore immobiliare della riviera di Gaza, durante l’intervista alla TV americana ha comparato l’attuale condizione di Gaza al sito di esplosione di una bomba atomica.
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«Sembra come se una bomba nucleare sia stata fatta esplodere in quell’area» ha detto il genero di Trump. «Ho visto queste persone tornare, e ho chiesto all’esercito israeliano “dove stanno andando”? Guardando in giro sono tutte rovine. “Stanno tornando nella zona dove era la loro casa, dove metteranno su una tenda».
«È triste perché dici a te stesso: non hanno nessun’altro posto in cui andare».
A domanda precisa, Kushner ha comunque risposto che non si è trattato di genocidio. Anche lo Witkoff ha negato: «assolutamente no. C’era una guerra che veniva combattuta».
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Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
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