Politica
«Liberate la Trumpamania»: Hulk Hogan si strappa la maglietta alla convention repubblicana. I legami aperti e segreti con Donald e con Vance

L’icona del «professional wrestling» Hulk Hogan ha parlato dal Convention nazionale repubblicana (RNC) di Milwaukee giovedì, strappandosi la maglietta durante un discorso sul palco per sottolineare il suo sostegno a Donald Trump.
Lo Hogan, 71 anni, ha parlato alla convention poco prima che Trump accettasse la candidatura del suo partito per le elezioni presidenziali di novembre. Inizialmente, la leggenda del wrestling è salita sul palco con una giacca blu e una maglietta con una foto di se stesso che reggeva la bandiera degli Stati Uniti e la didascalia «vero americano». Come noto, «real american» era anche il suo inno, mandato in playback ogni volta che entrava sul ring a combattere,
Holk Hogan, al secolo Terry Bollea (è di origini italiane), si è presentato al pubblico del convegno politico secondo quella che nel gergo del wrestling si chiama keyfabe: cioè calato totalmente nel personaggio, con parlata e gestualità aderenti alla narrativa dello spettacolo – perché il wrestling americano è puro spettacolo, nessuna botta vera, anche se tanti danni fisici subiti dagli atleti comunque.
I’ve seen it all now ????@HulkHogan pic.twitter.com/vy6ei4tAMO
— Russell Brand (@rustyrockets) July 19, 2024
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A pochi minuti dall’inizio del discorso, Lo Hogan si è tolto la giacca e ha strappato la maglietta per rivelare che sotto aveva una canotta rossa Trump-JD Vance sotto, in riferimento ai candidati repubblicani per presidente e vicepresidente, che lui ha definito come «il più grande tag team», cioè squadra di wrestling. Per l’occasione ha citato quando faceva squadra con Randy Savage detto «Macho Man», sottolineando con un «oh yeah» il nome dell’ex compagno, che oramai è semplicemente impensabile.
Lo Hogan ha parlato con entusiasmo del suo amore per Trump, definendolo il suo «eroe» e un «gladiatore». La trovata con la maglietta strappata è stata programmata per la parte del suo discorso in cui ha espresso indignazione per il tentato assassinio di Trump durante un comizio a Butler, in Pennsylvania, lo scorso fine settimana.
«Cosa è successo la settimana scorsa quando hanno sparato al mio eroe e hanno cercato di uccidere il prossimo presidente degli Stati Uniti? Basta così. Lascia che la Trump-mania si scateni, fratello. Lascia che la Trump-mania regni di nuovo. Lascia che la Trump-mania renda di nuovo grande l’America», ha urlato, citando il motto della campagna di Trump.
Commentando in diretta l’arrivo sul podio dell’Hogano, Owen Shroyer, giovane giornalista di Infowars che ha fatto il carcere per una sua supposta partecipazione durante la rivolta del 6 gennaio 2021, ha detto al suo collega in studio «predico che si strapperà la maglietta». Il collega gli ha risposto che non lo avrebbe fatto, perché troppo «dignified», cioè nobilitato. «Questo è il nuovo Partito Repubblicano» ha detto Shroyer. «Vedrai». Ha avuto ragione lui…
CALLED IT!!!
Perfectly predicted Hulk Hogan would rip his shirt off moments before pic.twitter.com/CR7he56S9L
— Owen Shroyer (@OwenShroyer1776) July 19, 2024
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L’Hogano nel suo discorso ha anche accusato l’establishment politico statunitense di aver lanciato «indagini, impeachment e casi giudiziari» contro Trump per minare la sua immagine pubblica, ma ha affermato che l’ex presidente «sta ancora prendendoli a calci nel sedere».
La reazione del pubblico alla performance di Hogan è stata entusiastica, mentre lo stesso Trump è stato visto sorridere e applaudire il lottatore. Trump ha quindi citato Hogan anche nel suo fluviale discorso di accettazione della nomina (un’ora e mezza, record assoluto del genere) andando fuori dallo script letto sui teleprompter.
«Hulk Hogan poteva alzare e buttare fuori dal ring sulla folla un uomo di 350 libbre» cioè 160 chilogrammi, he detto improvvisamente Trump. «Non è una cosa bella, ragazzi?» Subito dopo Donald torna a leggere il teleprompter: «lo spettro della guerra incombe su Taiwan»…
Oltre all’amicizia decennale che lega Trump e Bollea – ricordiamo che nel pieno della sua carriera TV, il Trump partecipò pure ad incontri della lega wrestling WWE, intessendo storie spettacolari in cui menava come un fabbro ma pure le prendeva – c’è un altro legame che vale la pena qui di ricordare.
Hogan e il vice presidente candidato da Trump JD Vance hanno infatti qualcosa in comune: ambedue sono stati finanziati dal geniale venture capitalist Peter Thiel, già fiancheggiatore di Trump nel 2016 (ma non nel 2020) che questa volta sembra rimanere un po’ dietro le quinte.
Vance ha lavorato per il fondo di investimento di Thiel Mithril Capital (tutti i suoi fondi hanno nomi tratti dall’universo narrativo di J.R.R. Tolkien), mentre Hogan si trovò a divenire vettore di una vendetta programmata da anni: nel 2009, un sito affiliato alla testata scandalistica Gawker aveva rivelato che Thiel era omosessuale, qualcosa che l’interessato non aveva mai detto pubblicamente, non ai suoi investitori (tra cui, magari, alcuni arabi…) e forse neppure alla famiglia.
Quando Gawker pubblico il video di Hogan a letto con la moglie di un suo amico, il bizzarro e controverso DJ radiofonico Bubba The Lovesponge (Bubba la «Spugna d’amore» nome che ha assunto all’anagrafe), che pare avesse pure filmato lui la cosa per questioni personali, Thiel intervenne sostenendo segretamente la causa con milioni di dollari e il migliore studio legale di Los Angeles.
Gawker fu condannato ad un risarcimento di oltre 100 milioni di dollari a Hogan, una cifra di fatto inesigibile, e venne quindi mandato in bancarotta. Quando giornali rivelarono il ruolo di Thiel nell’operazione, lui disse che era il miglior investimenti filantropico fatto in vita sua, e ad una festa all’Halloween seguente il capitalista si presentò vestito appunto da Hulk Hogan.
Come sa il lettore di Renovatio 21, Hulk Hogan fu autore di un denso, profondo breve scritto sul potere di Dio, e la nostra necessaria mortificazione, durante la prima fase della pandemia.
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Politica
Una cattolica esclusa dalle elezioni presidenziali irlandesi

È difficile essere cattolici orgogliosi delle proprie convinzioni e tuttavia raggiungere la carica più alta in Irlanda: questo è ciò che Maria Steen, una politica che non è riuscita a ottenere il sostegno dei parlamentari irlandesi per candidarsi alle elezioni presidenziali del 24 ottobre 2025, ha imparato a sue spese.
L’Isola dei Santi non è certo più quella di una volta, e San Patrizio potrebbe rivoltarsi nella tomba: Maria Steen, un’avvocatessa che ha difeso pubblicamente gli insegnamenti della Chiesa durante i dibattiti referendari sull’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la definizione di famiglia, non è riuscita a ottenere un sostegno sufficiente per candidarsi alle elezioni presidenziali.
Questo appoggio ha richiesto l’approvazione di 20 membri dell’Oireachtas – il Parlamento irlandese, che comprende 174 membri del Dail Éireann e 60 senatori del Seanad Éireann – consentendole di candidarsi alle elezioni presidenziali del 24 ottobre.
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In Irlanda, la qualificazione per le elezioni presidenziali richiede un filtro parlamentare, ufficialmente per impedire un numero eccessivo di candidati, ma – alcuni sostengono – per bloccare la strada ai candidati non politicamente corretti.
Madre di cinque figli e candidata indipendente, Maria Steen ha comunque ottenuto il sostegno di 18 membri, ma non è riuscita a raccogliere le due firme mancanti prima della scadenza del 24 settembre. Storicamente, è stato difficile per un candidato non affiliato ai principali partiti politici irlandesi, come Fianna Fáil o Fine Gael, qualificarsi per le elezioni presidenziali.
Presentando la sua candidatura a fine agosto, l’avvocatessa ha cercato di proporsi come alternativa ai candidati dei partiti tradizionali, in un contesto di crescente sfiducia dell’elettorato nei confronti della classe politica irlandese. La presidenza irlandese, pur essendo in gran parte simbolica, gode comunque di grande visibilità, rappresentando il Paese a livello internazionale.
Il 24 settembre, annunciando la fine della sua campagna, Maria Steen ha dichiarato: «sebbene sia onorata di aver ottenuto il 90% delle firme richieste, mi dispiace dire che questo non è stato sufficiente e che il termine ultimo è ormai scaduto». Ha aggiunto: «Sebbene sarebbe stato l’onore di una vita servire come prima cittadina irlandese, essere cittadina è un onore sufficiente per me».
David Quinn, editorialista di un quotidiano nazionale irlandese, ha elogiato la performance di Maria Steen: «penso che raggiungere questo livello sia già un enorme riconoscimento per Maria e le sue capacità, ma allo stesso tempo è molto deludente che sia arrivata così vicina a entrare nella corsa presidenziale», ha dichiarato in un’intervista al sito web di informazione religiosa The Pillar.
Ha aggiunto: «I partiti stanno impedendo la nomina di qualcuno esterno». Considerando il cattolicesimo dichiarato di Maria Steen come una delle ragioni del suo fallimento, David Quinn ritiene che «sia un fattore determinante. Molti politici disapproverebbero che qualcuno noto per le sue convinzioni cattoliche e pro-life ottenga la carica più alta del paese, anche se quella carica non ha potere legislativo e lei non userebbe quella posizione per promuovere le sue convinzioni».
Ha concluso: «Ironicamente, il prossimo presidente potrebbe benissimo essere protestante» – del Fine Gael – «e dubito che la sua religione sarà molto discussa». Le elezioni presidenziali metteranno a confronto questo protestante con un politico sostenuto dai partiti di sinistra e un ex giocatore di football gaelico, sostenuto dal Fianna Fail. Tutti e tre i candidati hanno votato a favore dell’aborto nel referendum del 2018 e condividono opinioni simili su molte cosiddette questioni sociali.
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Ma Maria Steen potrebbe non aver detto l’ultima parola: la politica è diventata nota in Irlanda per le sue straordinarie comparse nei dibattiti televisivi prima di tre referendum molto contestati. Il primo è stato il referendum del 2015 sul «matrimonio per tutti», dove ha difeso il «No» durante un dibattito, prima che l’Irlanda votasse con il 62,07% dei voti per legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso.
Ha anche sostenuto il «No» nei dibattiti televisivi precedenti il referendum del 2018 sull’aborto, dove i cittadini irlandesi hanno votato con il 66,40% per abrogare l’Ottavo Emendamento della Costituzione, che tutelava il diritto alla vita dei nascituri.
In vista dei referendum costituzionali del 2024 sulla definizione di famiglia, si è confrontata con l’ex Tanaiste (Vice Primo Ministro) Micheál Martin in un dibattito. È uscita vittoriosa quando i cittadini hanno respinto gli emendamenti con il 67,69% dei voti contro il 32,31%.
La candidatura proposta da Maria Steen ha ricevuto riscontri positivi da alcune personalità inaspettate, come il giornalista liberale Fintan O’Toole, che ha sostenuto che le elezioni presidenziali necessitavano di un «cattolico conservatore serio». E tra sette anni – la data delle prossime elezioni presidenziali – molto potrebbe cambiare in Irlanda e nel Vecchio Continente, regioni sempre più stremate da decenni di progressismo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Politica
Merz contro la Von der Leyen

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