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L’ex vicepremier canadese Freeland, discendente di un colalborazionista ucronazista e alto funzionario WEF, nominata ambasciatrice a Kiev

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Secondo il primo ministro canadese Mark Carney, Chrystia Freeland si è dimessa dalla carica di ministro dei trasporti del Canada per assumere il ruolo di rappresentante speciale del suo Paese per la ricostruzione dell’Ucraina.

 

La Freeland, nipote di un collaborazionista nazista che ha negato di essere a conoscenza del suo passato, è stata a lungo criticata per aver negato i fatti relativi all’eredità della sua famiglia.

 

Figura di spicco della politica canadese da oltre un decennio, ha ricoperto incarichi ministeriali nel commercio internazionale, negli affari esteri e nella finanza. In una dichiarazione rilasciata martedì, Carney ha affermato che Freeland, spesso considerata un potenziale rivale politico, rimarrà membro del parlamento.

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«Chrystia è davvero in una posizione unica per questo lavoro tempestivo ed essenziale verso un futuro migliore per gli ucraini e la pace in Europa», ha dichiarato, citando i suoi «profondi rapporti e la sua comprensione dell’Ucraina e della sua economia».

 

La stessa Freeland non ha rilasciato dichiarazioni sul suo nuovo ruolo, ma ha confermato che lascerà il governo e non intende candidarsi alle prossime elezioni.

 

Commentando l’annuncio, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha definito la Freeland una «russofoba convinta», aggiungendo che la sua nomina non farebbe che aggravare la crisi in Ucraina.

 

La travagliata eredità della sua famiglia è ben documentata. Suo nonno materno, Michael Chomiak, diresse il quotidiano Krakivski Visti nella Polonia e in Austria durante l’occupazione dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, prima di emigrare in Canada.

 

Secondo il Los Angeles Holocaust Museum, l’organo di stampa operava sotto il regime nazista e pubblicava la sua propaganda, tra cui materiale antisemita, e promuoveva la «Divisione Galiziana» delle Waffen SS, composta principalmente da ucraini.

 

Per anni, Freeland ha respinto qualsiasi accusa secondo cui Chomiak avesse collaborato con i nazisti, definendola «disinformazione russa», sebbene i media canadesi, tra cui The Globe and Mail, abbiano riferito che era a conoscenza da decenni del lavoro del nonno.

 

Durante il suo mandato, la Freelanda ha anche applaudito un noto nazista nel Parlamento canadese, negando in seguito di essere a conoscenza del fatto che l’uomo potesse avere le stesse origini di suo nonno.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Freeland si era presentata ad una manifestazione filoucraina di piazza con una sciarpa rossonera tipica degli ucronazisti. Il Centro Simon Wiesenthal aveva fortemente criticato il Canada per l’addestramento impartito alle milizie neonaziste ucraine.

 

Si è scontrata inoltre con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che l’ha definita una «persona terribile» e una «donna sgradevole». Quando la Freeland si è dimessa dal governo dell’ex primo ministro Justin Trudeau a dicembre, Trump ha celebrato la notizia, dicendo: «Non ci mancherà!!!!»

 

La Freeland è conosciuta per il suo coinvolgimento ravvicinato nel World Economic Forum, dove ha un ruolo diretto nel consiglio di fondazione. Le strane entrature del WEF nella sanità canadese durante il COVID sono state denunciate dal neopremier dello Stato Canadese dell’Alberta Danielle Smith.

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Dal palco dell’edizione del WEF di Davos, nel gennaio 2023, dichiarò che la guerra dell’Ucraina contro la Russia è necessaria per rilanciare l’economia globale.

 

Documenti condivisi dal sito Rebel News mostrano che nel dicembre 2020 l’allora ministro degli Affari globali Chrystia Freeland ha descritto il piano canadese di utilizzare il COVID-19 come leva per aderire agli obiettivi del World Economic Forum.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Freeland, ex giornalista del Washington Post, è stata tra i protagonisti della repressione della protesta dei camionisti contro l’obbligo vaccinale: è arrivata alla misura totalmente inedita del blocco emergenziale dei conti correnti delle persone ritenute coinvolte, indicando pure che la misura sarebbe divenuta permanente. Non paga, ha annunziato che le criptovalute – che si sospettava potessero essere usate per finanziare i camionisti, dopo che le donazioni popolari via crowdfunding erano state proibite sempre dal governo della Freeland, sarebbero quindi finite sotto il vaglio dell’antiriciclaggio e dell’antiterrorismo.

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Immagine di Koch/ MSC via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Germany

 

 

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Quattro arresti dopo che le immagini di Trump ed Epstein sono state proiettate sul Castello di Windsor

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La polizia britannica ha arrestato quattro individui sospettati di aver proiettato immagini del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e del condannato per reati sessuali Jeffrey Epstein sul Castello di Windsor.   L’episodio si è verificato martedì sera, durante l’arrivo di Trump in Gran Bretagna per la sua seconda visita di Stato. Secondo Reuters, mercoledì il presidente incontrerà Re Carlo III presso la residenza reale di Windsor, a ovest di Londra.   Il gruppo attivista Led by Donkeys («Guidati da asini») ha rivendicato la responsabilità dell’azione, che includeva la proiezione della foto segnaletica di Trump del 2023, scattata dopo la sua incriminazione per aver tentato di sovvertire i risultati delle elezioni presidenziali del 2020.  

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«Prendiamo estremamente sul serio qualsiasi attività non autorizzata nei pressi del Castello di Windsor. I nostri agenti sono intervenuti rapidamente per interrompere la proiezione e quattro persone sono state arrestate», ha dichiarato Felicity Parker, sovrintendente capo della polizia della Thames Valley.   Alcuni democratici e alleati di Trump hanno accusato il presidente di aver coperto il caso Epstein, sostenendo che il finanziere caduto in disgrazia possedesse un elenco di clienti influenti a cui avrebbe trafficato donne.   L’FBI e il Dipartimento di Giustizia hanno smentito l’esistenza di tale lista, mentre Trump ha dichiarato di aver interrotto la sua amicizia con Epstein negli anni 2000, prima di venire a conoscenza delle accuse a suo carico.   Led By Donkeys è un gruppo di attivisti politici britannici fondato nel dicembre 2018, inizialmente come movimento anti-Brexit, ma che successivamente ha ampliato il proprio raggio d’azione per criticare altre azioni del governo conservatore britannico e, dopo le elezioni del 2024, anche il governo laburista, definendosi un «progetto di responsabilità» (accountability project). Il gruppo è composto da quattro fondatori: Ben Stewart, James Sadri, Oliver Knowles e Will Rose, che si sono conosciuti lavorando per Greenpeace, anche se il loro progetto è un’operazione indipendente.   Il nome «Led By Donkeys» deriva dall’espressione della Prima Guerra Mondiale «lions led by donkeys», che descriveva i soldati britannici (leoni) guidati da generali incompetenti (asini). Il gruppo ha scelto questo nome per sottolineare quella che considera l’incompetenza e l’ipocrisia dei leader politici, in particolare riguardo alla Brexit.   Il gruppo, che ovviamente è filoucraino, a febbraio aveva fatto un’azione all’ambasciata russa.   Nonostante il successo del loro trovate pubblicitarie, gli attivisti sono stati accusati di essere troppo concentrati sull’imbarazzo pubblico dei politici piuttosto che su un cambiamento concreto, e alcuni li considerano vicini a posizioni di sinistra radicale, anche se il gruppo sottolinea di criticare anche i laburisti, come dimostrato dalla loro azione contro Keir Starmer sulla riforma del sistema elettorale.  

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Immagine screenshot da Twitter  
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Trump promette indagini su Soros

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Il presidente USA Donald Trump ha annunciato un’indagine su George Soros, accusandolo di finanziare «rivolte» di massa negli Stati Uniti tramite le ONG sostenute dalla sua Open Society Foundations (OSF).

 

«Hanno degli agitatori professionisti… Vengono pagati per la loro professione da Soros e da altre persone», ha detto Trump in un’intervista rilasciata a Fox & Friends venerdì. «Indagheremo su Soros perché penso che si tratti di un caso RICO contro di lui e altre persone», ha aggiunto. «Questa è più di una semplice protesta: è vera agitazione. Sono rivolte di strada, e indagheremo su questo», ha detto Trump.

 

 

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Come riportato da Renovatio 21 il presidente aveva chiesto di processare Soros e suo figlio per il sostegno a «proteste violente» in tutti gli USA, affermando: «non lasceremo che questi lunatici distruggano l’America».

 

Recentemente, proteste anti-immigrazione, in particolare a Los Angeles, sono degenerate in scontri con la polizia, saccheggi e incendi dolosi.

 

Secondo documenti declassificati della Commissione Giustizia del Senato, pubblicati a luglio, la rete OSF di Soros sarebbe legata alla bufala del Russiagate del 2016, con accuse, poi smentite, di collusione tra Trump e la Russia, promosse dalla campagna di Hillary Clinton per indebolire la sua vittoria elettorale, accuse che Mosca ha sempre respinto.

 

Soros e Trump si erano conosciuti negli anni Ottanta a Nuova York o a Nuova York, finendo anche per cenarci insieme più di una volta, in quanto, è stato raccontato, avevano casi di rispettivi dipendenti che si frequentavano. Soros ricorda l’insistenza di Trump nel tentare di vendergli un costosissimo condo, un appartamento nelle sue proprietà immobiliari.

 

Come riportato da Renovatio 21, al World Economic Forum di Davos di cinque anni fa Soros aveva promesso che Trump sarebbe sparito «nel 2020 o anche prima». Non è andata così, ed è la mente dello stesso speculatore internazionale che sembra sparire, con voci che dicono che l’abdicazione al figlio sia dovuta al fatto che il Soros senior non sia più compos mentis.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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L’ambasciatore britannico negli USA ha scritto una lettera d’amore a Jeffrey Epstein. Londra lo licenzia

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L’ambasciatore britannico negli Stati Uniti, Peter Mandelson, ha definito Jeffrey Epstein il suo «miglior amico» in una lettera manoscritta di dieci pagine, resa pubblica lunedì dalla Commissione di vigilanza della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti.   Il messaggio, redatto in occasione del cinquantesimo compleanno di Epstein nel 2003, è stato inserito in un «album di compleanno» rilegato, assemblato dalla stretta collaboratrice di Epstein, Ghislaine Maxwell. La lettera, accompagnata da fotografie di Lord Mandelson, di Epstein e di svariati luoghi legati al finanziere, dipinge Epstein come un individuo «intelligente, acuto» e «misterioso» che «una volta… si è paracadutato» nella vita di Mandelson.   «Passavi molte ore ad aspettare che si facesse vivo… E spesso, non appena ti eri abituata ad averlo intorno, all’improvviso ti ritrovavi di nuovo sola… Lasciandoti invece con degli amici ‘interessanti’ da intrattenere», si legge in un estratto.   «Ma ovunque sia nel mondo, lui rimane il mio migliore amico! Buon compleanno, Jeffrey. Ti vogliamo bene!!», conclude il testo.

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L’articolo includeva immagini che andavano da un paracadute giallo che solcava il cielo a scatti di Mandelson in relax all’interno di alcune proprietà di Epstein.   Interpellato sulla disclosure, un portavoce di Downing Street ha precisato che il primo ministro britannico Keir Starmer mantiene piena fiducia in Mandelson, nominato ambasciatore a febbraio e che ha «svolto un ruolo chiave» nel potenziamento dei rapporti commerciali e di investimento con Washington.   Mandelson, ex ministro laburista e uno dei principali architetti del progetto «New Labour» nel Regno Unito, è stato a lungo interrogato sul suo legame con Epstein.   Un suo portavoce ha riferito alla BBC che l’ambasciatore «ha da tempo chiarito di essersi pentito profondamente di essere stato presentato a Epstein». In passato, aveva confidato al Financial Times di «aver desiderato non averlo mai incontrato», ritraendo Epstein come un «prolifico networker».   Londra poche ore fa ha ritirato a Lord Peter Mandelson l’incarico di ambasciatore negli Stati Uniti dopo aver esaminato le email appena emerse sulla sua relazione con il defunto finanziere e molestatore sessuale Jeffrey Epstein, ha dichiarato giovedì il Ministero degli Esteri.   «Le e-mail dimostrano che la profondità e l’entità del rapporto tra Peter Mandelson e Jeffrey Epstein sono sostanzialmente diverse da quelle note al momento della sua nomina», ha affermato il ministero degli Esteri, aggiungendo che «l’idea di Mandelson secondo cui la prima condanna di Jeffrey Epstein era ingiusta e doveva essere contestata è una nuova informazione».   Come riportato da Renovatio 21 al momento della sua nomina ad inviato britannico in USA, Il Mandelson è un «peer» (cioè, membro dell’aristocrazia britannica) del partito laburista e un intimo di lunga data di Tony Blair – oltre che di Epstein – ed è chiamato dai detrattori a Londra il «Principe delle Tenebre» o talvolta il «Signore Oscuro», dal nome del cattivo di Harry Potter, Voldemort.   Va ricordato che Mandelsone, prima di divenire ambasciatore a Washingtone, si era espresso ad abundantiam contro Donald Trump.   Un articolo del 6 febbraio sul Financial Times scrive che «Mandelson, un ex commissario UE liberale e libero professionista con forti legami con la Cina, la scorsa settimana ha ritirato la sua affermazione “mal giudicata e sbagliata” del 2019 secondo cui Trump era un “pericolo per il mondo” e “poco meno di un nazionalista bianco e razzista».   Chris LaCivita, un consigliere della campagna di Trump, aveva descritto il nuovo ambasciatore come «un idiota assoluto» che «dovrebbe restare a casa».

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  Immagine di UKinUSA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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