Spirito
Le Olimpiadi del 2024 segnano la cancellazione del cristianesimo
Cancellando la croce che sormonta la cupola degli Invalides dal manifesto dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, il comitato organizzatore dell’evento mondiale che si svolgerà in Francia tra poche settimane, sottolinea, forse senza rendersene conto, il crollo la matrice cattolica della Francia. Sintomo ultimo della modernità che la Chiesa non è riuscita a contrastare.
Da diversi mesi sulla stampa francese si moltiplicano i dibattiti sull’organizzazione dei Giochi Olimpici: completamento degli impianti, impreparazione e costo dei trasporti, conseguenze sul prezzo degli alloggi, organizzazione e sicurezza della cerimonia di apertura sulla Senna. Quando si parla del rischio di una deriva incontrollabile del budget degli investimenti, i timori non mancano.
Al di là dei timori legittimi, si sente un’altra musica: quella di una Francia che ha perso le sue radici, come noi perdiamo la testa. Non è il caso di tornare alla controversa scelta dell’artista che avrebbe dovuto incarnare il genio francese durante la cerimonia di apertura, ma piuttosto a questa cancellazione del cristianesimo divenuta lampante dopo la presentazione del manifesto ufficiale dei Giochi.
Disegnato dall’illustratore Ugo Gattoni, e distribuito per diverse settimane, il poster rappresenta, in uno stile che si dichiara surrealista, numerosi simboli e monumenti francesi, tra cui la Torre Eiffel e l’Arco di Trionfo.
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Un dettaglio, subito notato dai media e da alcune personalità politiche – ma non dai vescovi che ufficialmente si sono rifiutati di commentare – ha creato subito inquietudine: sullo sfondo, a sinistra, la cupola degli Invalides è stata amputata dalla croce che lo incorona.
Il Comitato organizzatore dei Giochi ha spiegato, per difendersi da ogni interpretazione maliziosa, che l’opera costituisce «un’interpretazione artistica gioiosa e leggera di una città-stadio reinventata». Può la croce della cupola, che evoca la gioia della Resurrezione e della Redenzione del genero umano, essere carica di una tristezza così grande che l’artista ha deciso di cancellarla?
Ugo Gattoni ha fornito una chiave di lettura di questa omissione: «non cerco che [gli oggetti e gli edifici] siano fedeli all’originale, ma piuttosto che possiamo immaginare a colpo d’occhio di cosa si tratta proiettandolo in un universo surreale e festoso. Li evoco così come mi appaiono, senza secondi fini».
In altre parole, nell’immaginazione di questo artista, uno dei monumenti religiosi e storici più importanti della capitale non evocherebbe altro che un edificio piuttosto estetico ricoperto da 12 kg di oro fino…
Un’illustrazione di questo crollo della vecchia matrice cattolica della Francia, che Jérôme Fourquet ha notato nel 2019 in L’archipel français: ha mostrato come l’ecologia ha fatto emergere una nuova matrice, laica e non più religiosa, dove i «santuari della biodiversità» sono diventati sostituito i vecchi luoghi di culto, e dove la «conversione alla transizione energetica» fa dimenticare quelli, Dio mio, di Charles de Foucauld, Péguy e Claudel.
Una dislocazione della matrice cattolica che può essere vista nell’ottica di una «exculturazione» del cattolicesimo, per usare il neologismo della sociologa Danielle Hervieu-Léger, vale a dire un silenzioso disaccoppiamento tra la cultura cattolica e la cultura comune che ha fatto sì che la Chiesa perdesse la sua capacità di nutrire il tessuto culturale vivo della società, al di là dei soli fedeli.
Un divorzio che segna il trionfo di una modernità di fronte alla quale la Chiesa ha voluto dispiegare il fascino dell’aggiornamento piuttosto che della Tradizione accettata. L’incantatore fu presto morso dal suo serpente, e la Chiesa, che pensava a se stessa come una soluzione alla crisi, si trovò immersa in essa.
Per fortuna, la Chiesa ha ricevuto le promesse del Figlio di Dio e non mancano qua e là i segni della persistenza e della vivacità di un cattolicesimo legato alle sue tradizioni, e per il quale l’essenziale è non «partecipare», come Pierre de Coubertin voleva, ma riportare Cristo sul gradino più alto.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Allan Watt via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic
Cina
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Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
Tralasciando il dubbio valore delle nuove procedure di canonizzazione, una doppia canonizzazione in Venezuela è diventata rapidamente una questione di Stato, rivelando le profonde fratture tra una Chiesa cattolica fortemente coinvolta nell’arena politica, a rischio di apparire come una forza di opposizione, e il potere chavista detenuto dal presidente Nicolas Maduro.
Per comprendere la storia, dobbiamo fare un passo indietro. Il 19 ottobre 2025, papa Leone XIV proclamò «santi» i primi due venezuelani nella storia del Paese: José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri», e María del Carmen Rendiles Martínez, fondatrice della comunità delle Serve di Gesù. L’evento divenne rapidamente un affare politico.
Nicolás Maduro, al potere dal 2013, non ha perso tempo a sfruttare la canonizzazione. Dopo la cerimonia nella casa-museo di José Gregorio Hernández, circondato da fedeli e autorità governative, il capo dello Stato ha rilasciato una serie di dichiarazioni sui social media: «Siamo felici per i nostri santi. Sono entrambi grandi! Il papa ha agito giustamente!», ha dichiarato, esprimendo «immensa, eterna gratitudine» al pontefice, che ha definito un «amico» e un «fratello».
E presentare l’evento come un gesto provvidenziale di fronte alle «minacce» che la «più grande potenza militare della storia» rappresenterebbe nei Caraibi, vale a dire gli Stati Uniti, che da diversi anni cercano invano di far cadere il regime chavista.
Il chavismo ha una lunga storia con la religione: Hugo Chavez ha invocato la cosiddetta Teologia della Liberazione per la sua «Rivoluzione Bolivariana». Il processo di canonizzazione, guidato con grande entusiasmo dal defunto Papa Francesco, è visto da Nicolas Maduro come una forma di benedizione per il regime.
Ma l’opposizione non è rimasta indietro. Maria Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025, un premio altamente politico, ed Edmundo Gonzalez, il candidato presidenziale fallito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui José Hernández e Carmen Rendiles vengono descritti come «due santi per 30 milioni di ostaggi venezuelani», riferendosi al destino di 800.000 prigionieri «politici» e migliaia di esuli.
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«Questi santi esemplari, che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri, offrono speranza e consolazione in mezzo all’oscurità», scrivono, invocando un «miracolo imminente»: la caduta del regime chavista.
Temendo che la messa papale del 19 ottobre potesse suggerire una forma di approvazione per Maduro, il giorno seguente, durante una messa di ringraziamento a San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex nunzio in Venezuela dal 2009 al 2013, ha pronunciato un’omelia in cui ha chiesto «di aprire le prigioni ingiuste, di spezzare le catene dell’oppressione, di liberare gli oppressi, di spezzare tutte le catene».
Il caso torna di attualità a Caracas: la «Festa della Santità», prevista per il 25 ottobre 2025 allo stadio Monumental Simon Bolívar , davanti a 50.000 fedeli e alla presenza di tutti i vescovi venezuelani, è stata annullata il 22 ottobre, ufficialmente per «problemi di sicurezza e capienza» – erano state registrate più di 80.000 iscrizioni mentre la capienza non supera i 40.000 posti: «È una questione di sicurezza, sarebbero stati necessari circa tre stadi», spiega uno dei portavoce dell’arcidiocesi.
Nell’arcidiocesi di Caracas si vociferava addirittura che il regime chavista intendesse noleggiare autobus per migliaia di sostenitori, trasformando l’evento in una dimostrazione di forza pro-Maduro. Il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, ha denunciato il 17 ottobre una situazione «moralmente inaccettabile»: «crescente povertà, militarizzazione come forma di governo, corruzione, mancanza di rispetto per la volontà popolare» e ha chiesto il rilascio dei prigionieri.
Nicolas Maduro rispose quattro giorni dopo: «Baltazar Porras ha dedicato la sua vita a cospirare contro José Gregorio Hernández (uno dei neo-canonizzati). È stato sconfitto da Dio, dal popolo». L’accesa discussione tra Chiesa e Stato – in un Paese in cui l’80% della popolazione è cattolica – arriva mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione contro il regime chavista.
Lo schieramento di una grande flotta al largo delle coste del Paese, accompagnata da un sottomarino nucleare d’attacco, da caccia F-35 e dalla CIA ufficialmente autorizzata da Donald Trump a operare sul territorio venezuelano: si intensifica la pressione su un Paese economicamente rovinato dal bolivarianismo e che – per fortuna o per sfortuna? – è uno dei più dotati in termini di risorse petrolifere. Abbastanza da suscitare cupidigia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Guillermo Ramos Flamerich via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
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