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Le due croci del Papa

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Chi non ha notato, la sera dell’8 maggio 2025, la croce pettorale cesellata in argento dorato indossata dal primo papa peruviano-americano della storia? Al di là di un aspetto che contrastava con la semplicità ostentata – al limite della caricatura – dal suo predecessore, la croce di papa Leone XIV è un gioiello realizzato su misura i cui segreti sono stati rivelati dai media vaticani.

 

La storia della croce pettorale indossata dal nuovo papa l’8 maggio durante la sua prima comparsa alla Loggia delle Benedizioni inizia ben prima del conclave del 2025. Il 30 settembre 2023, quando mons. Robert Prevost fu creato cardinale, i membri dell’Ordine di Sant’Agostino, a cui appartiene, gli donarono questo gioiello durante una cerimonia tenutasi presso il Collegio di Santa Monica a Roma.

 

Padre Josef Sciberras, Postulatore Generale degli Agostiniani, racconta che il Cardinale Prevost fu profondamente commosso da questo gesto. Alla vigilia del conclave, Padre Sciberras gli suggerì di indossare questa croce per porsi sotto la protezione dei santi di cui custodisce le reliquie.

 

Il cardinale, divenuto papa, seguì questo consiglio, indossando la croce durante il suo giuramento e la sua prima apparizione pubblica come successore di Pietro. Questa scelta, secondo i media vaticani, riflette il suo desiderio di affidarsi all’intercessione dei santi per guidare il suo ministero pontificio.

 

Questo gioiello in argento dorato è in realtà costituito da un reliquiario contenente frammenti ossei di cinque personaggi legati all’Ordine Agostiniano o alla storia del nuovo Romano Pontefice. Al centro della croce riposa una reliquia di Sant’Agostino d’Ippona, Dottore della Chiesa e padre spirituale dell’Ordine Agostiniano.

 

Accanto si trova una reliquia di Santa Monica, madre di Sant’Agostino, simbolo della perseveranza nella preghiera e del legame indissolubile tra una madre e suo figlio. La sua vita, segnata dalla conversione del figlio Agostino, è fonte di ispirazione per i fedeli.

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La croce contiene anche una reliquia di San Tommaso di Villanova, arcivescovo di Valencia nel XV secolo, noto per le sue riforme religiose e la sua dedizione ai poveri: un santo membro dell’Ordine di Sant’Agostino, che incarna la figura di un pastore vicino al suo popolo.

 

La reliquia di mons. Anselmo Polanco, vescovo di Teruel, ucciso durante la guerra civile spagnola (1936-1939), testimonia una fedeltà fino al sacrificio.

 

Infine, si trova una reliquia di mons. Giuseppe Bartolomeo Menochio, vescovo e membro della Curia Romana durante il regno di Pio VII, noto per aver operato per la restaurazione dell’Ordine di Sant’Agostino durante i tumulti rivoluzionari in Europa.

 

Ma una seconda croce pettorale, in argento, fu donata a Leone XIV il giorno della sua elezione dal Circolo San Pietro, un’istituzione fondata il 28 aprile 1869 a Roma da un gruppo di giovani laici provenienti dalla borghesia e dalla nobiltà romana, sotto la guida di Domenico Maria Jacobini e Paolo Mencacci, per dimostrare il loro impegno verso la Chiesa e il papa in un contesto storico teso.

 

Dal secolo scorso, il Circolo San Pietro è diventato un’organizzazione chiave della carità papale nella Diocesi di Roma, soprannominato «la Lunga Mano del papa» per il suo impegno nell’assistenza ai poveri. Il nuovo reliquiario è stato realizzato dall’orafo Antonino Cottone e ospita le stesse reliquie, a cui è stato aggiunto un frammento delle ossa di San Leone I Magno, papa del V secolo famoso per la sua difesa dell’unità della Chiesa e la sua lotta contro le eresie.

 

La creazione di questa seconda croce è un’impresa artistica: Antonino Cottone ha utilizzato tecniche medievali per creare questo oggetto sacro in sole due ore. Utilizzando la filigrana d’oro su uno sfondo di tessuto moiré rosso, decorato con delicati motivi floreali, l’orafo ha conferito alla croce un’eleganza unica.

 

Fu Padre Bruno Silvestrini, custode del Santuario Apostolico e membro della comunità agostiniana, ad avere l’idea di incorporare una reliquia di San Leone Magno. Questo gesto, compiuto dopo l’elezione di Leone XIV, ha rafforzato il significato simbolico della croce, legando il nuovo pontefice all’eredità dei grandi pastori della Chiesa.

 

Che il nuovo papa tragga ispirazione da tutti questi giganti della fede e della santità, che ora porta vicino al cuore durante le sue apparizioni pubbliche.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Trump condivide la preghiera a San Michele Arcangelo

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Il presidente Donald Trump il 29 settembre ha condiviso la preghiera di Papa Leone XIII a San Michele in onore della festa dell’arcangelo.   Nel suo «Messaggio presidenziale per la festa di San Michele Arcangelo» del 29 settembre 2025, pubblicato sul sito della Casa Bianca, Trump ha dichiarato: «Oggi, saluto i milioni di credenti cristiani negli Stati Uniti e in tutto il mondo che celebrano la festa di San Michele Arcangelo».   «Secondo la Sacra Scrittura, quando il Diavolo si ribellò a Dio in Cielo, San Michele e la sua legione di angeli scacciarono Satana sulla Terra, riaffermando trionfalmente la sovranità di Dio su tutta la creazione», ha continuato il presidente.  

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«Per 2000 anni, i cristiani hanno guardato a San Michele Arcangelo per protezione, forza e coraggio nei momenti di conflitto, angoscia e dubbio».   Trump ha poi fatto riferimento a Papa Leone XIII, che scrisse la preghiera a San Michele dopo aver avuto una visione della Chiesa attaccata da Satana:   «Nel 1886, circa 140 anni fa, Papa Leone XIII, leader della Chiesa cattolica romana, temendo per il futuro del mondo occidentale, introdusse la leggendaria Preghiera a San Michele, che viene ancora recitata oggi nelle chiese e nelle case di tutta la nostra nazione e di tutto il mondo»   «San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro le malvagità e le insidie del demonio sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, Principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime. Amen».   Non è la prima volta che il presidente pubblica la preghiera angelica. Lo scorso anno, in occasione della festa, l’allora candidato alla presidenza Trump pubblicò la preghiera sul suo account X, insieme all’immagine di un dipinto classico di San Michele con la spada in mano, che calpesta la testa del diavolo.  

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Prima dei cambiamenti liturgici seguiti al Concilio Vaticano II, la preghiera veniva recitata dopo ogni Messa bassa come difesa spirituale contro gli attacchi del diavolo alla Chiesa cattolica.   Come è stato notato l’anno scorso, così parlando Trump si dimostra più cattolico di tantissimi vescovi.   Renovatio 21 offre ai lettori che non conoscessero la preghiere in lingua latina.   Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude.   È bene recitare questa preghiera spesso – almeno ogni sera, specie con i bambini.  

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Immagine: Marco Pino da Siena (1525-1583), San Michele Arcangelo sconfigge il demone (1573), Chiesa di Sant’Angelo a Nilo, Napoli, dettaglio. Immagine di Giuseppe Guida via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
 
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Spagna, La laboriosa nomina del nuovo nunzio

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In un contesto politico segnato da scandali di corruzione e controverse riforme sociali, i rapporti tra la Chiesa cattolica spagnola e il governo di Pedro Sanchez, al potere dal 2018, si sono seriamente deteriorati, come dimostra la nomina estremamente laboriosa di un nuovo nunzio apostolico per il regno.

 

Non è solo il parto a essere doloroso: il 16 settembre 2025, la Santa Sede ha annunciato la nomina dell’arcivescovo Piero Pioppo a nunzio apostolico in Spagna, carica vacante dallo scorso febbraio. Questa decisione giunge in un momento di crisi aperta, in cui il governo socialista è accusato di aver ritardato l’approvazione del rappresentante del Vaticano nel regno per esprimere il proprio malcontento nei confronti della gerarchia ecclesiastica.

 

Un altro episodio che illustra la profonda tensione tra la Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) e l’esecutivo nelle mani del leader del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE). Oltre a questa nomina, le tensioni permangono su questioni storiche e sociali, esacerbate dalla posizione progressista dell’attuale primo ministro.

 

Quest’ultimo, un ateo autoproclamato proveniente da una famiglia repubblicana antifranchista, guida una coalizione eterogenea che include partiti di sinistra radicale come Sumar e Unidas Podemos. Da quando è salito al potere, il capo del governo ha introdotto una serie di riforme progressiste: la legalizzazione dell’eutanasia nel 2021, l’estensione del diritto all’aborto e il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso e delle «identità di genere fluide». Queste misure si sono scontrate direttamente con la Chiesa cattolica.

 

L’episcopato, guidato dall’arcivescovo di Valladolid, monsignor Luis Argüello, si è affrettato a denunciare «un’ideologia di genere che emargina la famiglia tradizionale e la libertà di coscienza». Nel marzo 2023, il capo dei vescovi spagnoli ha addirittura parlato di un «disaccordo preoccupante» sui piani del governo di limitare l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, accusando l’esecutivo di voler «emarginare» la religione in nome di un laicismo aggressivo.

 

Queste differenze ideologiche si sono cristallizzate attorno a delicate questioni sociali. Sull’aborto, ad esempio, i vescovi – più coraggiosi che altrove nel Vecchio Continente – hanno lanciato una campagna nazionale nel marzo 2025 contro quello che chiamano «l’inverno demografico» causato dai 2,5 milioni di aborti registrati dal 1985, di cui oltre 100.000 solo nel 2023.

 

Allo stesso modo, la legge sull’eutanasia, promulgata nel 2021, ha suscitato una forte opposizione da parte della CEE, che la considera una tendenza eugenetica contraria alla dignità umana. In risposta, il governo accusa la Chiesa di allearsi con la destra – in particolare con il Partito Popolare (PP) e Vox – per bloccare il progresso della società.

 

Gli scandali di corruzione che hanno colpito il governo hanno fornito all’episcopato una leva per influenzare il dibattito politico. Nel giugno 2025, l’arcivescovo Argüello ha pubblicamente esortato Pedro Sánchez a indire elezioni parlamentari anticipate, a causa di casi che coinvolgevano la moglie, il fratello ed ex membri del governo del primo ministro, sospettati di corruzione e traffico di influenze. Questa dichiarazione è stata interpretata come un «voto di sfiducia» dall’esecutivo.

 

Un altro simbolo cristallizza le tensioni: la Valle dei Caduti, un monumento franchista che ospita una basilica, una croce di 150 metri e un monastero benedettino. L’estrema sinistra vuole «risignificare» – ovvero «smantellare» – il complesso per trasformarlo in un luogo coerente con il suo fondamento ideologico. Nel maggio 2025, è stato negoziato un compromesso tra il governo spagnolo e la Santa Sede, che prevede la dismissione parziale del sito per 33 milioni di euro.

 

I vescovi, costretti ad accettare, espressero il loro disappunto. L’ex nunzio, monsignor Bernardito Auza, si era opposto a qualsiasi cambiamento, difendendo i benedettini dalle pressioni governative che avevano portato alle dimissioni del priore nel marzo 2025. I cattolici criticarono i vescovi per aver capitolato a un «governo anticlericale». L’arcivescovo di Oviedo, monsignor Jesus Sanz Montes, denunciò la vicenda come un'”arma di distrazione di massa” per mascherare le malefatte dell’esecutivo.

 

La dolorosa nomina a nunzio di mons. Pioppo, diplomatico esperto che ha prestato servizio in Ecuador, Camerun e Indonesia, riassume perfettamente il contesto di tesi rapporti tra il governo spagnolo e l’episcopato.

 

Il processo, che avrebbe dovuto iniziare a luglio 2025, è stato bloccato dal governo fino a settembre: impantanato in scandali di corruzione, superato a sinistra dai suoi attuali alleati politici che lo accusano di non essere sufficientemente impegnato contro Israele e a favore della Palestina, il primo ministro indebolito ha probabilmente voluto placare la Chiesa confermando il nuovo nunzio, per concedersi un po’ di tregua. Ma fino a quando?

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di Medelam via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata

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Costantinopoli, prima volta in 500 anni senza nuovi iscritti alla scuola simbolo greco-ortodossa

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Per l’anno 2025/26 si era presentato un solo nuovo alunno, dirottato in un altro istituto cristiano. Il numero di studenti alla Greek High School nel quartiere del Phanar sceso da 730 a 30 in poco meno di 150 anni. L’appello del preside Dimitri Zotos: «chiedo a tutti di dare una mano» per il futuro dell’istituzione e dell’istruzione cristiana in Turchia.   La storica scuola greca di Istanbul, simbolo della presenza secolare della comunità nel cuore economico e commerciale della Turchia, non ha registrato nuove iscrizioni di per l’anno scolastico 2025/26 da poco iniziato, potendo contare solo sulla presenza di poche decine di studenti. La Greek High School del quartiere del Phanar (Fener Rum Lisesi), istituzione presente da 571 anni nel Paese, ha infatti annunciato in questi giorni in via ufficiale che non accoglierà nuovi alunni per quest’anno accademico ed è a rischio il futuro stesso.   Ufficialmente conosciuta oggi come Private Phanar Greek Middle and High School, l’istituzione si trova nel quartiere del Phanar di Istanbul, affacciato sul Corno d’Oro. Tra i greci e le comunità greco-ortodosse è conosciuta come la «Grande Scuola della Nazione» [Megáli tou Génous Scholí, in greco] ed è stata fondata nel 1454 nel novero di un accordo tra il patriarca Gennadios e il sultano ottomano Mehmed II. Durante il periodo ottomano, essa formava numerosi funzionari di alto rango, capi interpreti, patriarchi e clero.

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Sino ad oggi l’istituzione – conosciuta anche col nome turco di «Özel Fener Rum Lisesi», che riflette l’eredità romano-orientale – ha proposto un’istruzione completa sia in lingua turca, che in greco. In particolare, l’edificio situato in via Sancaklar Yokuşu si trova su un terreno che un tempo apparteneva a Dimitri Kantemir, un principe moldavo e alunno della scuola stesso. È stato progettato dall’architetto Konstantinos Dimadis e, grazie anche alla sua grandezza architettonica e alla vicinanza al Patriarcato Ecumenico, è considerato uno dei punti di riferimento più importanti di Istanbul, oltre a essere indicato occasionalmente come «il quinto castello più grande d’Europa».   Fra le realtà più importanti e storiche legate al patriarcato, sta anch’essa subendo le conseguenze di una popolazione cristiana in continua diminuzione in Medio oriente, dalla Turchia alla Siria, fino all’Iraq e alla Terra Santa. Un calo che riguarda anche la popolazione greca di Istanbul e che impatta non solo sull’istituto collegato al Fanar (pur essendo fra i più colpiti), ma che coinvolge tutte le scuole della minoranza greca.   Interpellato dal quotidiano Agos, il preside Dimitri Zotos ha dichiarato che attualmente vi sono circa 300 studenti iscritti alle scuole della minoranza greca in tutta la Turchia, di cui solo 30 frequentano il liceo Fener. «Ad essere onesti, durante il periodo di iscrizione – ha spiegato – si è presentato uno studente, ma abbiamo convinto la famiglia a scegliere un’altra scuola greca, perché semplicemente non è fattibile tenere aperta una classe con un solo alunno». «Non è salutare né dal punto di vista psicologico, né pedagogico, né educativo. La famiglia – aggiunge – ha capito e ha accettato. Se nei prossimi anni arriveranno altri studenti, le nostre porte saranno sempre aperte».   «È ovvio – avverte il massimo dirigente dell’istituto – che stiamo affrontando serie sfide demografiche. Sarebbe un errore affermare il contrario». Ciononostante, prosegue – «è triste e fa riflettere che il numero di studenti in questo edificio sia sceso da 730 a 30 in 140 anni. Si tratta di sfide che sfuggono al nostro controllo e per le quali occorre trovare delle soluzioni». «Vogliamo che queste istituzioni sopravvivano. Sono preziose non solo per la nostra comunità, ma anche per la società in cui viviamo. Ecco perché – conclude Dimitri Zotos – chiedo a tutti di dare una mano».   Durante un incontro nel novembre 2023 tra i rappresentanti delle scuole delle minoranze e il ministro turco dell’Istruzione Yusuf Tekin, il preside ha sollevato la questione alle massime autorità del Paese, pur senza ricevere riscontri adeguati nel tempo. Nell’occasione Zotos ha affermato che l’abolizione della politica degli studenti ospiti, che in precedenza aveva contribuito ad aumentare le iscrizioni alle scuole greche, ha determinato al calo del numero di allievi negli ultimi anni.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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