Terrorismo
Le bombe cercapersone di Hezbollah prodotte dall’Intelligence israeliana ? Non tutti ci credono
L’Intelligence israeliana si sarebbe servita di una società fittizia per consegnare dispositivi di comunicazione dotati di esplosivo al gruppo militante Hezbollah, dando luogo al mortale attacco di questa settimana. Lo riporta il New York Times.
La spiegazione, tuttavia, incontro lo scetticismo di molti: è possibile pensare che questa versione dei fatti sia un depistaggio per non rivelare il vero modo in cui è stato colpito il Libano.
Migliaia di persone sono rimaste ferite e più di 30 sono state uccise, tra cui quattro bambini, martedì e mercoledì, dopo che cercapersone, walkie talkie e altri dispositivi portatili utilizzati dagli operatori di Hezbollah sono esplosi simultaneamente in un attacco senza precedenti in Libano. Israele non ha né confermato né negato la responsabilità dell’operazione.
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Il NYT ha scritto i dettagli dell’operazione israeliana volta a introdurre di nascosto le bombe camuffate basandosi sui resoconti di 12 attuali ed ex funzionari della difesa a conoscenza del piano, che hanno parlato al giornale a condizione di mantenere l’anonimato.
Il rapporto si è concentrato sulla prima ondata di esplosioni, che ha coinvolto cercapersone forniti da una società ungherese chiamata BAC Consulting. La società era presumibilmente una facciata per l’Intelligence israeliana e una delle tre società di questo tipo, create per infiltrarsi nella catena di fornitura di Hezbollah.
I dispositivi inviati in Libano tramite l’intermediario taiwanese Gold Apollo sono stati fabbricati da ufficiali dell’intelligence israeliana separatamente dai prodotti per i clienti abituali, hanno detto delle fonti. Le loro batterie sarebbero state imbottite con PETN, un esplosivo che è stato utilizzato in una serie di complotti terroristici perché è difficile da rilevare durante i controlli di sicurezza.
Secondo il NYT, le spedizioni sono iniziate nell’estate del 2022 in piccole quantità e sono rapidamente aumentate dopo febbraio, quando il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha spinto l’organizzazione ad abbandonare i telefoni cellulari. Stava rispondendo a una serie di assassinii mirati di leader del suo movimento, dicendo ai sostenitori che i dispositivi di comunicazione più moderni erano vulnerabili alle cyber-operazioni israeliane.
«Per Hezbollah, [i cercapersone] erano una misura difensiva, ma in Israele, gli ufficiali dell’Intelligence si riferivano ai cercapersone come a “pulsanti” che potevano essere premuti quando il momento sembrava maturo», ha affermato il giornale.
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Diversi passanti innocenti sono rimasti coinvolti nelle esplosioni, tra cui Fatima Abdullah, 9 anni, del villaggio di Saraain, nel Libano meridionale, che stava portando un cercapersone al padre quando questo è esploso, uccidendola.
Precedenti resoconti di diversi organi di informazione suggerivano che il governo israeliano avesse piazzato le bombe in preparazione di una guerra su vasta scala con Hezbollah, ma che avesse deciso di innescarle in anticipo per timore che il complotto potesse essere scoperto.
Il racconto del New York Times secondo alcuni osservatori potrebbe far parte di una cortina fumogena che ora Israele vuole gettare sulle modalità dell’operazione massiva. In molti pensano infatti che mettere l’esplosivo nella partita di cercapersone risulta difficile ed è davvero poco credibile che tali esplosivi si siano mantenuti stabili per mesi, con nessuna esplosione accidentale che avrebbe potuto rivelare il piano.
In molti ritengono invece che si sia trattato di un attacco di origine informatica, ma la questione sarebbe tenuta nascosta da Israele – che comunque, di norma, non commenta mai sulle sue operazione all’estero – anche per questioni di stabilità globale: di fatto, se così fosse, significherebbe che nessuno è più al sicuro, visti i miliardi di dispositivi informatici basati su litio (smartphoni, smartwatchi, cuffiette, portachiavi, computer portatili, tablet… automobili) di cui ognuno di noi è attorniato.
Ammettere un hacking di tipo software significherebbe comunicare al mondo intero che più nessuno è al sicuro. Lo Stato degli ebrei, con probabilità, non vuole prendersi il primato di questa rivelazione.
Quindi, che Babbo Natale non esiste o lo capiamo da soli o ce lo dirà qualcun altro…
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Terrorismo
L’afghano della sparatoria di Washington aveva collaborato con la CIA
Rahmanullah Lakanwal, il presunto responsabile dell’attentato mortale contro due militari della Guardia Nazionale a Washington DC, aveva collaborato con la CIA durante l’occupazione americana dell’Afghanistan.
Mercoledì l’uomo, cittadino afghano, ha aperto il fuoco a bruciapelo contro due appartenenti alla Guardia Nazionale della Virginia Occidentale che stavano effettuando un pattugliamento. Il giorno dopo è deceduta la specialista dell’Esercito Sarah Beckstrom, mentre il sergente maggiore dell’Aeronautica Andrew Wolfe versa ancora in condizioni critiche.
Secondo le autorità, Lakanwal è arrivato negli Stati Uniti nel settembre 2021 grazie a un visto speciale riservato agli afghani a rischio – inclusi quelli che avevano lavorato con le forze occidentali – dopo la riconquista talebana del Paese.
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Giovedì il direttore della CIA John Ratcliffe ha confermato che il sospettato era stato ammesso negli USA «in virtù del suo precedente impiego con il governo statunitense, compresa la CIA, come membro di una forza partner a Kandahar», rapporto terminato subito dopo l’evacuazione caotica dell’agosto 2021.
«Questo individuo – e purtroppo tanti altri come lui – non avrebbe mai dovuto mettere piede qui», ha dichiarato Ratcliffe, facendo eco alle dure critiche del presidente Donald Trump nei confronti del «disastroso» ritiro ordinato dall’amministrazione Biden.
Anche il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato che Lakanwal «manteneva rapporti in Afghanistan con forze alleate» e che tali legami sono attualmente oggetto di indagine.
Il servizio pashto della BBC ha intervistato un ex comandante che aveva operato accanto a Lakanwal: questi lavorava come specialista GPS in un’unità denominata Scorpion Forces, inizialmente sotto il controllo diretto della CIA e poi passata alla Direzione Nazionale per la Sicurezza afghana. Sempre secondo l’ex comandante, Lakanwal contribuì inoltre a proteggere le truppe USA all’aeroporto di Kabul nelle ultime, concitate settimane del ritiro.
Lakanwal ha lasciato Kandahar per Kabul cinque giorni prima dell’ingresso dei talebani nella capitale (agosto 2021) ed è stato evacuato in aereo verso gli Stati Uniti appena sei giorni dopo.
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