Geopolitica
L’ayatollah Khamenei promette vendetta vera
La guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha promesso di vendicare la morte del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh, ucciso mercoledì in un attacco missilistico a Teheran.
I Paesi della regione hanno attribuito l’attacco a Israele, ma lo Stato Ebraico non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali.
Dopo l’assassinio, un account X che traduceva e condivideva le dichiarazioni di Khamenei ha pubblicato un messaggio del leader iraniano, in cui si affermava: «in seguito a questo evento amaro e tragico che ha avuto luogo all’interno dei confini della Repubblica islamica, è nostro dovere vendicarci».
Following this bitter, tragic event which has taken place within the borders of the Islamic Republic, it is our duty to take revenge.
— Khamenei.ir (@khamenei_ir) July 31, 2024
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L’uso della parola «vendetta» è, in questi contesti, raro. Non c’è dubbio che la guida suprema parli di una vendetta vera.
In una dichiarazione separata, Khamenei ha promesso una «dura punizione» per Israele per l’uccisione di Haniyeh, affermando che «il regime sionista criminale e terrorista ha martirizzato il nostro caro ospite nella nostra casa e ci ha lasciato in lutto, ma ha anche preparato il terreno per una dura punizione per se stesso».
Anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha condannato l’attacco alla residenza di Haniyeh a Teheran, promettendo di difendere l’integrità territoriale, l’onore e la dignità della Repubblica islamica e di far sì che «gli occupanti terroristi si pentano della loro azione codarda».
Anche il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane – i Pasdaran – ha minacciato Israele con una «risposta dura e dolorosa» da parte dell’Iran e dei suoi alleati.
In una dichiarazione, i Pasdarani ha affermato che l’assassinio di Haniyeh ha dimostrato che «la banda sionista di criminali, assassini e terroristi, senza alcun riguardo per le regole e i regolamenti internazionali, non esita a commettere qualsiasi azione criminale per coprire i vergognosi fallimenti di nove mesi di guerra a Gaza».
Prima dell’incidente di mercoledì, Israele aveva ripetutamente minacciato di eliminare alti funzionari di Hamas per l’attacco del gruppo contro Israele nell’ottobre dell’anno scorso, in cui morirono 1.200 persone e circa 250 furono prese in ostaggio.
Lo Haniyeh, che aveva sede in Qatar, era stato il portavoce diplomatico del gruppo militante palestinese, svolgendo il ruolo di mediatore nei negoziati per il cessate il fuoco durante la guerra tra Israele e Hamas.
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Immagine di Official website of Ali Khamenei via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese
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Geopolitica
La Danimarca taglia gli aiuti all’Ucraina per la corruzione. Mosca: i crimini di Kiev alla Corte Internazionale
La Danimarca prevede di dimezzare gli aiuti militari all’Ucraina nel 2026, con un taglio ampiamente descritto dai media come massiccio: quasi il 50% rispetto a quanto erogato dal 2022.
Secondo la Danish Broadcasting Corporation, la nazione nordica si è distinta per il suo impegno spropositato nelle fasi iniziali del conflitto, ma ora il governo di Copenaghen intende che altri Stati assumano una quota maggiore del peso finanziario.
Il ministro della Difesa Troels Lund Poulsen ha comunicato al Parlamento che l’esecutivo stanzierà 9,4 miliardi di corone danesi (circa 1,29 miliardi di euro) a sostegno di Kiev nel 2026. Si tratta di una contrazione netta rispetto ai 16,5 miliardi di corone (circa 2,23 miliardi di euro) concessi nel 2025 e ai quasi 19 miliardi di corone del 2024.
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I giornali danesi attribuiscono questa decisione in parte all’esaurimento delle risorse del Fondo per l’Ucraina, creato nel 2023 con ampio consenso bipartisan tra i partner europei. In totale, dal lancio dell’invasione russa nel febbraio 2022, la Danimarca ha riversato su Kiev l’impressionante somma di quasi 9,43 miliardi di euro in assistenza militare. Ha inoltre donato caccia F-16 e accolto corsi di formazione per piloti ucraini.
Simon Kollerup, componente del Comitato Difesa danese, ha commentato che «è naturale che stiamo assistendo a una stabilizzazione del livello di sostegno fornito».
«Abbiamo deciso di essere uno dei Paesi che hanno preso l’iniziativa all’inizio della guerra, fornendo un sostegno su larga scala. Ritengo inoltre che sia giusto affermare che questo sostegno supera di gran lunga quanto effettivamente richiesto dalle dimensioni del nostro Paese. Pertanto, trovo del tutto naturale che il sostegno stia diminuendo», ha proseguito Kollerup.
Questo sviluppo coincide con il ridimensionamento del massiccio supporto statunitense all’Ucraina, mentre l’amministrazione Trump privilegia la cessione di armi all’Europa affinché quest’ultima le rivenda o le trasferisca a Kiev.
La decisione danese di tagliare drasticamente gli aiuti giunge in un frangente delicato per il governo di Volodymyr Zelens’kyj, invischiato in uno scandalo di corruzione che lambisce direttamente l’ufficio presidenziale (con i suoi stretti collaboratori rimossi e sottoposti a indagini), spingendo forse alcuni membri dell’UE a svegliarsi e a cessare di agire con accondiscendenza.
Anche il New York Times ha recentemente ammesso in un pezzo che «l’amministrazione del presidente Volodymyr Zelens’kyj ha riempito i consigli di amministrazione di fedelissimi, ha lasciato posti vuoti o ne ha bloccato la costituzione. I leader di Kiev hanno persino riscritto gli statuti aziendali per limitare la supervisione, mantenendo il controllo del governo e consentendo che centinaia di milioni di dollari venissero spesi senza che estranei potessero curiosare».
Nel frattempo pesanti accuse a Kiev arrivano dalla Russia ben oltre la questione della corruzione. Il 5 dicembre il ministero degli Esteri russo ha diffuso un comunicato in cui annuncia che la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha accolto le contro-domande presentate dalla Russia nei confronti dell’Ucraina, riconoscendo che Kiev viola la Convenzione sul Genocidio del 1948.
«Tutte le obiezioni sollevate da Kiev in merito alla presunta inammissibilità delle contro-richieste della Russia sono state respinte integralmente e le osservazioni della Federazione Russa sono state accolte integralmente dalla Corte», si legge nella nota.
La dichiarazione prosegue ricordando che «La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, emessa il 5 dicembre, segna uno sviluppo logico dopo i vani tentativi dell’Ucraina di ritenere la Russia responsabile dell’avvio dell’operazione militare speciale. Questo contenzioso era stato avviato dal regime di Kiev e dai suoi sponsor occidentali già nel febbraio 2022. All’epoca, Kiev, sostenuta da 33 stati allineati all’Occidente, presentò un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia sostenendo che la Russia aveva violato la Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.»
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Si aggiunge che «Il 18 novembre 2024, la parte russa ha presentato alla Corte un consistente corpus di prove, di oltre 10.000 pagine, che comprova la perpetrazione di un genocidio da parte del criminale regime di Kiev ai danni della popolazione russa e russofona del Donbass. Il materiale probatorio includeva la documentazione di oltre 140 episodi di deliberati attacchi contro civili nel Donbass, corroborati dalle testimonianze di oltre 300 testimoni e vittime, nonché da analisi e indagini di esperti».
Il testo accusa poi Kiev di aver compiuto «omicidi di massa, torture, bombardamenti indiscriminati» e di aver condotto «in tutta l’Ucraina una politica di cancellazione forzata dell’identità etnica russa, vietando la lingua e la cultura russa, perseguitando la Chiesa ortodossa russofona, glorificando al contempo i collaboratori del Terzo Reich e cancellando la memoria della Vittoria sul nazismo».
In conclusione, il ministero russo sottolinea che «affermando oggi l’ammissibilità legale delle rivendicazioni russe, la Corte Internazionale di Giustizia ha segnalato la sua disponibilità a valutare l’intera portata dei crimini commessi dal regime di Kiev e dai suoi complici».
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Immagine di EPP Group via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Geopolitica
Zakharova: l’UE che odia la Russia «è caduta nella follia politica». Il comandante NATO: l’alleanza può «creare dilemmi» a Mosca
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