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Geopolitica

L’Australia diventerà il «51° stato degli USA»: parla l’ex premier Keating

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Gli Stati Uniti stanno circondando l’Australia con basi militari nell’ambito del patto AUKUS, il che mina la sovranità del Paese e lo rende un obiettivo legittimo per la Cina, ha affermato l’ex primo ministro Paul Keating.

 

In un’intervista con ABC di giovedì, Keating, che ha ricoperto la carica di primo ministro tra il 1991 e il 1996, ha espresso un forte scetticismo sul fatto che il suo paese tragga vantaggio dall’essere membro dell’AUKUS, una partnership di sicurezza storica tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, annunciata nel 2021. Il patto, che è stato fortemente condannato dalla Cina, si concentra sull’aiutare l’Australia ad acquisire sottomarini a propulsione nucleare.

 

Keating ha sostenuto che consentendo agli USA di «spostare il nostro esercito» e circondare il Paese di basi, Canberra sta sostanzialmente rinunciando al suo diritto di determinare la sua politica estera e di difesa. L’Australia «perderà completamente» la sua autonomia strategica di conseguenza, ha affermato.

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«Quindi AUKUS riguarda in realtà, in termini americani, il controllo militare dell’Australia», ha detto Keating, aggiungendo che il governo del primo ministro Anthony Albanese «probabilmente trasformerà l’Australia nel 51° stato degli Stati Uniti».

 

L’ex primo ministro ha aggiunto che la presenza militare ampliata rende il Paese un bersaglio dal punto di vista della Cina. «Stiamo ora difendendo il fatto che siamo in AUKUS… Se non avessimo un alleato aggressivo, come gli Stati Uniti, aggressivo verso gli altri nella regione, non ci sarebbe nessuno che attacca l’Australia. È meglio lasciarci soli», ha detto il Keatingo.

 

Gli Stati Uniti, ha sostenuto, stanno cercando di «supervisionare» la Cina, con tensioni tra i due alimentate da una lotta di potere sull’isola autogovernata di Taiwan, che Pechino considera parte del suo territorio sovrano.

 

Tuttavia, l’ex esponente laburista ha sostenuto che la situazione di Taiwan «non è un interesse australiano vitale» mentre la Cina «non ha alcun progetto strategico» sull’Australia. L’atteggiamento degli Stati Uniti verso Taiwano è paragonabile alla decisione della Cina che la Tasmania aveva bisogno di aiuto per staccarsi dall’Australia, ha detto.

 

Le dichiarazioni dell’ex primo ministro giungono dopo che il ministro della Difesa australiano Richard Marles e il ministro degli Esteri Penny Wong si sono recati a Washington per colloqui sul patto AUKUS e per discutere un nuovo accordo sul trasferimento di materiale nucleare a Canberra, nell’ambito del suo impegno per l’acquisizione di sottomarini atomici di fabbricazione nazionale a partire dal 2030.

 

La Cina ha avvertito che l’accordo AUKUS aumenta i rischi di proliferazione nucleare, aggiungendo che è stato concepito nella «mentalità della Guerra Fredda che motiverà solo una corsa agli armamenti». Anche la Russia ha lanciato l’allarme sulla situazione della sicurezza nell’area Asia-Pacifico, insistendo sul fatto che «non c’è posto per alleanze militari e politiche chiuse».

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Australia e Cina vivono relazioni complicate, fatte di scandali di spionaggio (con morti) e ritorsioni economiche, con zone caldo di contatto delle aree di influenza come le Isole Salomone.

 

La stampa del Partito Comunista Cinese è arrivata a definire l’Australia «un chewing gum attaccato al nostro stivale».

 

Le forze australiane si preparano per un’eventuale invasione cinese, avanzando anche nella tecnologia degli sciami di droni suicidi.

 

Tuttavia, un predecessore di Keating, negli anni Settanta, aveva definito l’Australia un Paese asiatico più che occidentale, un’idea ripetuta dal ministro degli esteri australiano (di origine cinese) Penny Wong l’anno passato.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Keating aveva già fatto dichiarazioni incendiarie quando affermò che la NATO non ha posto in Asia e dovrebbe attenersi al suo obiettivo originario, ovvero la sicurezza della regione transatlantica. Secondo l’ex premier degli antipodi, l’esistenza stessa dell’alleanza dopo la fine della Guerra Fredda «ha già negato l’unità pacifica all’Europa allargata».

 

Esportare tale «veleno dannoso in Asia sarebbe come se l’Asia accogliesse la peste su se stessa», dice il Keating, avvertendo che la presenza della NATO nel continente annullerebbe la maggior parte dei recenti progressi della regione.

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Immagine di John Paoloni via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

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Geopolitica

Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.   In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».   Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.  

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.   In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.  

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».   Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».  

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Immagine screenshot da YouTube
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Geopolitica

Orban: i funzionari dell’UE «violano la legge»

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Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha accusato i funzionari dell’UE di «violazione sistematica della legge» per il loro piano di privare gli Stati membri del diritto di veto sul congelamento degli asset russi.

 

Venerdì pomeriggio la Commissione Europea ha votato una proposta per attivare l’articolo 122 dei trattati UE, una clausola di emergenza che permette di adottare decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità. Tale misura consentirebbe all’Unione di mantenere indefinitamente il blocco dei beni sovrani russi e di destinare i profitti o gli interessi generati a sostegno dell’Ucraina, anche in presenza di opposizioni da parte di singoli Stati membri.

 

«Con la procedura di oggi, i burocrati di Bruxelles aboliscono con un solo tratto di penna l’obbligo di unanimità, un atto palesemente illegale», ha scritto Orban su X venerdì. «Lo stato di diritto nell’Unione Europea sta giungendo al termine e i leader europei si pongono al di sopra delle regole. Anziché garantire il rispetto dei trattati UE, la Commissione Europea viola sistematicamente il diritto europeo».

 

Orban ha denunciato che i «burocrati» e i guerrafondai dell’UE stanno spingendo per «protrarre la guerra in Ucraina, un conflitto che è chiaramente impossibile vincere».

 


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«Con questo passo, lo stato di diritto nell’UE viene sostituito dal governo dei burocrati. In altre parole, si è instaurata una dittatura di Bruxelles», ha aggiunto. «L’Ungheria protesta contro questa decisione e farà tutto il possibile per ripristinare un ordine legittimo».

 

Dopo l’escalation del conflitto ucraino nel 2022, i partner occidentali di Kiev hanno congelato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, la maggior parte dei quali depositati presso Euroclear a Bruxelles. Nelle ultime settimane è scoppiata una forte controversia tra i Paesi europei favorevoli all’utilizzo di tali fondi come garanzia per un «prestito di riparazione» a Kiev e quelli contrari, che invocano rischi legali e finanziari.

 

L’attivazione della clausola di emergenza per un congelamento a tempo indeterminato toglierebbe a Stati oppositori come l’Ungheria la possibilità di veto sul rinnovo semestrale. Secondo il piano, il blocco rimarrebbe in vigore fino al pagamento da parte della Russia delle riparazioni post-conflitto all’Ucraina e fino a quando l’UE non riterrà cessata «una minaccia immediata» ai propri interessi economici derivante da possibili ritorsioni legali.

 

Mosca ha condannato come illegittimo qualsiasi tentativo di appropriazione dei suoi beni. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha dichiarato questa settimana che la Russia reagirà a ogni espropriazione, aggiungendo che «derubare» il Paese rappresenta l’ultima carta rimasta ai sostenitori europei dell’Ucraina per continuare a finanziare Kiev nel conflitto con Mosca.

 

L’Ungheria si oppone da tempo a ulteriori aiuti a Kiev: Orban li ha paragonati al «mandare un’altra cassa di vodka a un alcolizzato». Budapest non è tuttavia isolata: anche il Belgio, che custodisce la maggior parte dei fondi, ha criticato duramente il piano, con il primo ministro Bart De Wever che lo ha definito «equivalente a rubare» denaro russo.

 

I capi di Stato e di governo dell’UE voteranno la proposta al vertice della prossima settimana.

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Immagine di Manfred Weber via Flickr con licenza CC BY-NC-SA 2.0

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Geopolitica

Trump fa pressione su Zelens’kyj affinché ceda terreni alla Russia

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta esercitando forti pressioni su Volodymyr Zelens’kyj affinché accetti di cedere territori alla Russia per porre fine alla guerra tra Kiev e Mosca. Lo riporta il giornale tedesco Bild, citando fonti anonime.   Sabato il quotidiano ha scritto che la Casa Bianca sta «esercitando una pressione intensa sul leader ucraino per ottenere concessioni». Secondo l’articolo, Trump potrebbe «sfruttare la vulnerabilità interna di Zelens’kyj» causata da uno scandalo della corruzione miliardaria di Kiev.   Il mese scorso le agenzie anticorruzione ucraine, sostenute dall’Occidente, hanno reso noti i risultati preliminari di un’inchiesta su presunte tangenti per circa 100 milioni di dollari nel settore energetico, coinvolgendo figure vicine all’entourage del presidente. A seguito dello scandalo si sono dimessi la ministra dell’Energia Svetlana Grinchuk, il ministro della Giustizia German Galushchenko e il principale consigliere nonché stretto collaboratore di Zelens’kyj, Andrey Yermak.   La Bild sostiene che i negoziati di pace promossi dagli Stati Uniti si trovino nella fase più avanzata dall’inizio dell’escalation del conflitto in Ucraina, nel febbraio 2022. Trump starebbe cercando di chiudere un accordo tra Mosca e Kiev in tempi brevi, indicando il Natale come possibile scadenza.

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Kiev ha sempre escluso il riconoscimento delle ex regioni ucraine del Donbass come territorio russo. Le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk hanno aderito alla Federazione Russa in seguito ai referendum del 2022. Zelensky ha tuttavia ammesso che l’Ucraina potrebbe indire un referendum su eventuali concessioni territoriali.   Il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov ha replicato che il Donbass è territorio sovrano russo e che Mosca, prima o poi, riprenderà il controllo sulle aree ancora occupate dalle forze ucraine, aggiungendo che Zelens’kyj si è finora opposto al ritiro delle truppe dalla regione, nonostante questa richiesta figuri tra le proposte di pace avanzate da Washington.   Giovedì Trump ha dichiarato ai giornalisti alla Casa Bianca che «a parte il presidente Zelens’kyj, il suo popolo ha apprezzato il concetto dell’accordo di pace» da lui proposto il mese scorso. Il presidente americano ha precisato che il processo è «un po’ complicato perché si tratta di dividere il territorio in un certo modo».   Nel frattempo, le truppe russe proseguono la loro avanzata nel Donbass, avendo recentemente liberato la importante piazzaforte di Seversk.   In un’intervista rilasciata a Politico lunedì, Trump ha affermato che lo Zelens’kyj «dovrà rimboccarsi le maniche e cominciare ad accettare le cose».   Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi giorni Trump ha esortato l’ex attore ucraino ad essere «realista», chiosando che «in Ucraina tutti tranne Zelens’kyj hanno apprezzato il mio piano». Lo stesso presidente americano, che si era detto «deluso» dalla mancata risposta di Kiev alla sua proposta di pace, aveva quindi esortato il presidente ucraino ad indire le elezioni.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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