Geopolitica
La Turchia sta accumulando forze al confine con la Siria. Trump: Ankara dietro al cambio di regime a Damasco
La Turchia e le milizie sue alleate stanno rafforzando le loro forze nei pressi del confine siriano, in quella che si suppone sia una preparazione per un’incursione su larga scala nei territori controllati dai curdi. Lo riporta il Wall Street Journal, citando alti funzionari statunitensi.
Secondo le fonti della testata economica neoeboracena, le forze includono miliziani e commando turchi, oltre a grandi quantità di artiglieria. L’accumulo si starebbe verificando nei pressi di Kobani, una città a maggioranza curda in Siria al confine settentrionale con la Turchia.
Uno dei funzionari statunitensi ha dichiarato al WSJ che Washington è ora concentrata nel fare pressione su Ankara affinché rinunci all’operazione transfrontaliera.
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Nel frattempo, Ilham Ahmed, un funzionario dell’amministrazione civile dei curdi siriani, avrebbe inviato una lettera al presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, chiedendogli di convincere il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a non schierare le sue truppe.
«Dall’altra parte del confine, possiamo già vedere le forze turche radunarsi e i nostri civili vivono nella costante paura di morte e distruzione imminenti», ha scritto Ahmed nella lettera visionata dal WSJ.
Il funzionario ha espresso preoccupazione per la possibilità che l’operazione turca possa essere imminente e ha avvertito che l’obiettivo di Ankara sembra essere quello di «stabilire un controllo di fatto» sui territori curdi prima che Trump entri in carica a gennaio.
Secondo Ahmed, ciò costringerebbe Trump a impegnarsi con la Turchia in quanto «governante del nostro territorio» e avrebbe conseguenze «catastrofiche».
La scorsa settimana, le Forze democratiche siriane (SDF) stanziate nei curdi e sostenute dagli Stati Uniti hanno riferito di essere già state sottoposte ad attacchi di artiglieria e droni turchi.
In risposta, il senatore statunitense Lindsey Graham – controverso neocon che si atteggia ad alleato di Trump – ha avvertito la Turchia, membro della NATO, che potrebbe essere presa di mira da sanzioni se continuasse ad attaccare le forze curde sostenute dagli Stati Uniti, che secondo lui hanno contribuito a distruggere l’ISIS.
«Dobbiamo assicurarci che i circa 50.000 prigionieri dell’ISIS nel Nord-Est della Siria, detenuti principalmente dalle forze curde, non vengano rilasciati», ha scritto su X, aggiungendo che mentre Ankara ha «legittime preoccupazioni riguardo ai diversi gruppi» nella regione, un’evasione dell’ISIS sarebbe «un incubo per l’America».
Dopo la caduta del governo dell’ex presidente Bashar Assad nelle mani delle forze di opposizione guidate dai jihadisti dell’ex Fronte al-Nusra ora rebrandizzato Hayat Tahrir-al-Sham (HTS) praticamente l’intera parte occidentale della Siria è passata sotto il controllo dell’opposizione armata, gran parte della quale è sostenuta da Turchia.
Tuttavia, il territorio a est e a Nord-Est rimane sotto il controllo delle SDF. La Turchia ritiene che le unità armate dei curdi siriani siano coinvolte in attività terroristiche.
Nel frattempo, nella sua prima conferenza stampa dopo le elezioni di novembre, Trump ha dichiarato apertis verbis che la Turchia è dietro al cambio di regime in Siria. Il futuro 47° presidente USA è arrivato a definire il rovesciamento di Bashar Assad e del suo governo una «presa di potere ostile» da parte di Ankara.
La situazione in Siria è cambiata drasticamente nelle ultime due settimane dopo che i militanti guidati dal gruppo jihadista Hayat Tahrir-al-Sham (HTS) hanno lanciato un’offensiva contro le truppe del Paese, prendendo il controllo di importanti città, tra cui la capitale Damasco. Dopo il crollo dell’esercito siriano, l’opposizione armata ha preso il potere, costringendo il presidente Assad a fuggire in Russia, dove gli è stato concesso asilo politico.
«Quelle persone che sono entrate sono controllate dalla Turchia, e va bene così», ha affermato Trump, aggiungendo che considera il presidente turco Recep Tayyip Erdogan un tipo «intelligente» e «molto duro» per essere riuscito a rovesciare la leadership siriana.
Secondo Trump la Turchia «ha voluto» la Siria «per migliaia di anni, e l’ha ottenuta… La Turchia ha fatto un’acquisizione ostile senza che si perdessero molte vite», ha aggiunto Trump, elogiando quella che ha descritto come la «principale forza militare» della Turchia che «non è stata logorata dalla guerra».
Secondo Trump, la Turchia avrà un ruolo importante anche nel futuro della Siria. «Nessuno sa quale sarà l’esito finale nella regione. Nessuno sa chi governerà alla fine… In questo momento, la Siria ha un sacco di indefiniti, ma penso che la Turchia avrà la chiave per la Siria», ha previsto il presidente eletto.
La Turchia condivide il suo confine terrestre più lungo con la Siria, oltre 900 km, ed è stata uno dei principali sostenitori dei gruppi di opposizione che miravano a rovesciare Assad sin dallo scoppio della guerra civile nel 2011. Nonostante abbia inserito l’HTS jihadista, che ha avviato gli attuali disordini, tra le organizzazioni terroristiche, si ritiene che Ankara abbia un’influenza significativa sul gruppo.
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La Turchia sostiene anche l’Esercito nazionale siriano (SNA), che all’inizio di questo mese ha lanciato la sua offensiva nella parte orientale del Paese, sperando di trarre profitto dal crollo delle forze governative siriane. Pochi giorni prima del rovesciamento di Assad, Erdogan ha espresso il suo sostegno all’insurrezione in Siria, esortando l’opposizione armata a continuare la sua marcia verso Damasco.
Dopo la cacciata di Assad, Washington e Ankara, che sostengono entrambi vari gruppi ribelli nella regione, hanno tenuto colloqui su come stabilizzare la situazione e contrastare la potenziale rinascita dei militanti dello Stato islamico in Siria.
In un incontro tra il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan la scorsa settimana, i due hanno concordato di continuare a lavorare insieme per impedire ai gruppi terroristici di abusare dell’attuale instabilità nel paese e per portare la pace nella regione, a partire dagli sforzi per istituire un governo ad interim.
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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
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