Geopolitica
La Siria jihadista ammassa 50 mila soldati per l’offensiva anti-cura

Il governo islamista siriano sta cercando di dare l’impressione di sostenere l’unità pacifica in Siria, con il presidente Ahmed al-Sharaa – precedemente noto come il jihadista in quota ISIS e al-Qaeda al-Jolani – che ha affermato di credere che la Siria dovrebbe essere unita da una sorta di intesa invece che dalla forza militare, perché il popolo siriano è stanco della guerra. Lo riporta Antiwar.
«Le azioni del suo governo raccontano però una storia diversa» scrive il sito americano, «poiché dopo aver respinto i colloqui di integrazione curda la scorsa settimana e aver rifiutato di consentire a qualsiasi druso di partecipare ai colloqui sulla violenza nel territorio druso qualche giorno dopo, il governo sta preparando una massiccia offensiva contro i curdi».
Nel tentativo di sottrarre i governatorati di Raqqa e Deir Ezzor al controllo delle Forze Democrafiche Siriane curde (SDF), l’esercito sta preparando circa 50.000 soldati per un’offensiva. Il piano è di concentrare le truppe nella città di Palmira e di invadere le aree controllate dai curdi .
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Le SDF hanno un accordo di massima per integrarsi nell’esercito siriano, sebbene il processo sia stato rallentato da disaccordi.
Gli Stati Uniti hanno criticato le SDF per i ritardi e l’inviato Tom Barrack ha avvertito i curdi che il federalismo «non funziona» e che devono accettare l’integrazione.
Negli ultimi dieci anni gli Stati Uniti hanno ripetutamente sostenuto le SDF contro l’ISIS. Ora, sembra che siano sempre più allineati con il Jolani, elogiato da presidente Trump come forte e persino attraente.
Gli Stati Uniti hanno anche ritirato la maggior parte delle loro forze dal territorio curdo, con l’ultima presenza consistente ora molto a sud, ad al-Tanf. L’offensiva contro le SDF è prevista prima di ottobre , ma a quanto pare non avrà luogo senza il via libera degli Stati Uniti.
«In passato sarebbe stato impensabile, anche se l’attuale priorità dell’amministrazione di unire la Siria dietro il movimento islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) potrebbe aver cambiato le cose» continua Antiwar, «e la narrazione secondo cui i curdi stanno ritardando il processo potrebbe indurre gli Stati Uniti a dare silenziosamente il via libera alla Siria per attaccare i loro alleati di lunga data».
Come riportato da Renovatio 21, Jolani a luglio ha incontrato il consigliere per la sicurezza nazionale israeliano Tzachi Hanegbi ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, in quello che sembra un «silenzioso» sforzo di normalizzazione stile accordi di Abramo.
Poche settimane fa al-Jolani aveva lasciato intendere che la Siria potrebbe rinunciare alla rivendicazione di sovranità sulle alture del Golan occupate da Israele in cambio della normalizzazione dei rapporti con lo Stato Ebraico. Curioso notare che al-Jolani significa, appunto, «l’uomo del Golan», e quindi il Jolani starebbe rinunziando alla terra natìa, non diversamente dal massone Garibaldi, che vide in tranquillità il re massone di Torino regalare Nizza alla Francia.
L’amministrazione Trump quasi nulla ha detto sui massacri perpetrati contro le antiche popolazioni cristiane, alawite e druse della Siria, attualmente in corso, con attentati persino nelle chiese durante la Messa.
Tre mesi fa il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato che si scioglierà e ha posto fine alla lotta armata contro la Turchia.
Secondo notizie degli ultimi mesi, l’ISIS starebbe riprendendo forza in Siria e Iraq.
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Immagine di Kurdishstruggle via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Geopolitica
La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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Geopolitica
Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.
Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.
Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».
In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.
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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.
Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.
Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.
Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.
Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.
Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.
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Immagine di Raza0007 at the English Wikipedia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato. Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti. Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.🟡Following the completion of examinations at the National Institute of Forensic Medicine, the fourth body handed over to Israel by Hamas does not match any of the hostages. Hamas is required to make all necessary efforts to return the deceased hostages.
— Israel Defense Forces (@IDF) October 15, 2025
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