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La Russia produce sette volte più proiettili di artiglieria di tutta la NATO

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In un articolo pubblicato ieri, il New York Times espone che, nonostante le massicce sanzioni statunitensi, la produzione bellica russa è aumentata a livelli superiori a quelli che erano all’inizio dell’operazione militare speciale nel febbraio 2022.

 

«Oggi, i funzionari russi hanno rifatto il loro piano per l’economia che si concentrerà sulla produzione per la difesa. Grazie alle entrate derivanti dagli alti prezzi dell’energia, i servizi di sicurezza e il ministero della difesa russi sono stati in grado di contrabbandare la microelettronica e altri materiali occidentali necessari per i missili da crociera e altre armi guidate di precisione. Di conseguenza, la produzione militare non solo si è ripresa, ma è aumentata», afferma il Times.

 

Il quotidiano neoeboraceno nomina Armenia e Turchia come due Paesi di «passaggio» che la Russia è stata in grado di utilizzare per «sovvertire» i controlli sulle esportazioni statunitensi.

 

Leggendo l’articolo, ci si imbatte in un’incredibile ammissione:

 

«I funzionari occidentali credono anche che la Russia sia sulla buona strada per produrre due milioni di proiettili di artiglieria all’anno, il doppio della quantità che i servizi di Intelligence occidentali avevano inizialmente stimato che la Russia potesse produrre prima della guerra».

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La produzione di armamenti dell’industria russa è ciò su cui indagava il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, arrestato per spionaggio e ora nelle carceri russe.

 

Il NYT cita un funzionario del Ministero della Difesa estone che afferma che la Russia sta producendo proiettili di artiglieria ad un ritmo sette volte superiore a quello della NATO messa insieme.

 

Tale ammissione è un colpo mortale alla teoria, ripetuta ieri dal portavoce del Dipartimento di Stato Matt Miller, secondo cui il presidente russo Vladimir Putin sta «mendicando» colpi di artiglieria dalla Corea del Nord e sta altrimenti «frugando» in tutto il mondo pezzi di ricambio per far funzionare la sua macchina da guerra.

 

La lettura totalmente sbagliata della situazione degli armamenti russi era stata condannata anche dal premier ungherese Viktor Orban durante l’intervista con Tucker Carlson di due settimane fa.

 

«Il punto della NATO è di provocare una guerra contro la Russia» aveva dichiarato Orban. «Dobbiamo fermarla. Non possiamo batterli, loro non uccideranno il loro leader, non molleranno mai, investiranno di più… terranno unito il Paese e lo difenderanno… se mandiamo più attrezzature tecniche, loro ne produrranno di più… quindi non fraintendere i russi».

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Immagine di Mil.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

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Ex comandante NATO afferma che l’Irlanda unita potrebbe aiutare Russia e Cina

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Un ex comandante della NATO ha messo in guardia sul fatto che l’eventuale unificazione dell’Irlanda potrebbe rappresentare un grave colpo alla sicurezza occidentale, aprendo la strada a un’espansione dell’influenza di Russia e Cina nell’Atlantico settentrionale.   Parlando mercoledì durante un briefing per membri del Parlamento e della Camera dei Lord, il contrammiraglio britannico in pensione Chris Parry ha sostenuto che la perdita della posizione del Regno Unito nell’Irlanda del Nord offrirebbe un’importante opportunità strategica a Mosca e Pechino.   Il Parry ha evidenziato l’importanza delle acque tra l’Irlanda del Nord e la Scozia per i sottomarini nucleari britannici, definendole «essenziali per il nostro deterrente strategico».   «Con un’Irlanda unita, non vi è alcuna garanzia che potremmo schierare i nostri missili balistici», ha dichiarato il contrammiraglio, suggerendo che l’unificazione irlandese potrebbe consentire agli avversari della NATO di minacciare i cavi sottomarini cruciali.   «Il Regno Unito deve valutare la minaccia che una Repubblica d’Irlanda neutrale rappresenta per sé stesso. Credo che il modo migliore per sostenere l’Irlanda ora sia incrementare l’attività della NATO e degli Alleati nelle acque della sua zona economica esclusiva», ha affermato l’ex militare .

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Il Parry ha persino proposto che la NATO conduca esercitazioni nelle acque sotto il controllo irlandese «indipendentemente dall’approvazione di Dublino», sottolineando che il blocco deve essere pronto a «contrastare i nostri potenziali avversari nelle acque irlandesi». Ha aggiunto che la Repubblica dovrebbe avvicinarsi a una cooperazione militare più stretta con la NATO e abbandonare la sua neutralità.   «Se qualcuno attacca la Gran Bretagna, attaccherà anche l’Irlanda… La neutralità non può più essere vista come un’obiezione di coscienza. Se fai parte del mondo libero, devi essere pronto a difenderlo. La Repubblica deve ridurre le sue vulnerabilità», ha dichiarato.   L’Irlanda mantiene una neutralità militare dall’indipendenza nel 1921 e non è membro della NATO, pur collaborando con l’alleanza.   L’idea della riunificazione irlandese – l’unione della Repubblica d’Irlanda con l’Irlanda del Nord, parte del Regno Unito – è contemplata dall’Accordo del Venerdì Santo del 1998. Questo accordo ha posto fine a tre decenni di conflitto tra nazionalisti irlandesi e unionisti filo-britannici, istituendo un governo di condivisione del potere a Belfast e stabilendo che lo status dell’Irlanda del Nord può essere modificato solo con il consenso della maggioranza tramite un voto.  

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Immagine di Mike Weston ABIPP/MOD via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence version 1.0
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Zelens’kyj elogia il successo del test del «Flamingo», missile da crociera che può colpire Mosca

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha proclamato il successo del test del Flamingo, un missile-drone con una portata di circa 3.000 km.

 

Secondo la stampa ucraina il missile da crociera Flamingo FP-5 sarebbe in grado di trasportare una testata nucleare e una carica esplosiva quasi tre volte superiore a quella del Tomahawk statunitense, sebbene con una precisione inferiore.

 

Le prime versioni di prova del missile sono già state impiegate in combattimento. Secondo fonti ufficiali di Kiev, la produzione di massa inizierà presto, ed entro la metà del 2026 l’Ucraina dovrebbe disporre di un arsenale capace di colpire qualsiasi obiettivo entro 3.000 km in Russia con una testata convenzionale da mezza tonnellata.

 

Immagini del razzo erano apparse sui social ancora un mese fa.


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Il Flamingo rappresenta il sostituto dei missili da crociera Kh-55, abbandonati dall’Ucraina negli anni ’90 (alcuni dei quali usati dalla Russia contro l’Ucraina nel 2022). Durante lo sviluppo, una copia di prova del missile è stata accidentalmente dipinta di rosa, un problema risolto, ma il soprannome è rimasto, come riferito da Zelens’kyj e dal suo staff.

 

Con una portata che include facilmente Mosca, un eventuale attacco alla capitale russa con questi missili potrebbe spingere Putin a ordinare rappresaglie più dure su Kiev. Nonostante oltre tre anni di guerra, l’esercito russo non ha ancora colpito direttamente gli edifici governativi di alto livello o i quartieri generali militari e di intelligence a Kiev, ma la situazione potrebbe presto cambiare.

 

La Casa Bianca auspica un accordo di pace per evitare un’escalation, ma il processo è in stallo, soprattutto dopo le nuove sanzioni di Trump contro il petrolio russo questa settimana. Nessuna delle due parti sembra disposta a compromessi, e con la Russia in vantaggio sul campo di battaglia, Mosca ha pochi incentivi a rinunciare alle condizioni massimaliste di Putin e agli obiettivi della sua «operazione militare speciale».

 

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Due bombardieri statunitensi sorvolano di nuovo il Venezuela, scatenando speculazioni su un attacco imminente

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Per la seconda volta in meno di una settimana, l’aeronautica militare statunitense sembra aver condotto un volo di bombardieri vicino alla costa del Venezuela, in una chiara dimostrazione di forza.   La notizia segue la conferma, giorni fa, da parte del Comando Sud degli Stati Uniti di una «missione dimostrativa di attacco con bombardieri» nei cieli dei Caraibi meridionali. Secondo i dati di tracciamento dei voli open source, un episodio simile si è verificato nuovamente giovedì.   Il Wall Street Journal ha confermato giovedì pomeriggio: «Due B-1 Lancer sono decollati dalla base aerea di Dyess in Texas e hanno volato vicino al Venezuela, rimanendo però nello spazio aereo internazionale», come riferito da un funzionario statunitense e dai dati di tracciamento dei voli.   Il Pentagono ha ribadito che, secondo i tracciatori di volo, gli aerei sono rimasti sempre nello spazio aereo internazionale prima di invertire la rotta.   In un contesto di crescente presenza militare nei Caraibi, questi nuovi voli di bombardieri hanno alimentato speculazioni, riportate dal WSJ, su una possibile azione militare imminente del presidente Trump contro il governo Maduro.   Negli ultimi decenni, gli Stati Uniti hanno raramente impiegato bombardieri vicino al Sud America, limitandosi di solito a una missione di addestramento annuale programmata. Tuttavia, secondo due funzionari della Difesa, ulteriori missioni con bombardieri potrebbero essere condotte a breve.   I voli di giovedì rappresentano un segnale di «serietà e determinazione», ha dichiarato David Deptula, generale in pensione dell’Aeronautica Militare e preside del Mitchell Institute for Aerospace Studies, un think tank aerospaziale. «Si sta mostrando un’impressionante combinazione di capacità: resistenza, carico utile, autonomia e precisione», ha aggiunto.   Diversi osservatori dei tracciati di volo hanno rilevato che il sorvolo sembrava configurare una «simulazione di attacco», probabilmente supportata da aerei cisterna per il rifornimento in volo.   Riguardo alla possibilità di un’azione militare statunitense contro il Venezuela questa notte, o nelle prossime 24-48 ore, appare altamente improbabile, a causa della presenza nella regione della tempesta tropicale Melissa, che sembra evolvere in un uragano e sta colpendo i Caraibi.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
   
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