Spirito
«La Chiesa Cattolica è nata nel sangue, per riscattarci dalla tirannide di Satana». Omelia di mons. Viganò

Renovatio 21 pubblica l’omelia dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò nella festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
Aperire terris cœlum, apertum claudere
Omelia in occasione della Messa Pontificale nella festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
Beate Pastor Petre, clemens accipe
Voces precantum, criminumque vincula
Verbo resolve, cui potestas tradita,
Aperire terris cœlum, apertum claudere.
O beato pastore Pietro, accogli clemente
le voci dei supplici e le catene dei peccati
sciogli con la tua parola, a cui è attribuito il potere
di aprire alle terre il cielo e, se aperto, di chiuderlo.
Hymn. Decora lux, 3
Sancti Apostoli Petrus et Paulus, de quorum potestate et auctoritate confidimus, ipsi intercedant pro nobis ad Dominum. Sono queste le parole con le quali inizia la solenne formula della Benedizione Apostolica: I Santi Apostoli Pietro e Paolo, nel cui potere e autorità confidiamo, intercedano per noi presso il Signore. La potestà e l’autorità del Romano Pontefice derivano infatti dai due Patroni della Santa Chiesa, che l’inno odierno saluta come
Mundi Magister, atque cœli Janitor,
Romæ parentes, arbitrique Gentium, [1]
l’uno Maestro del mondo, l’altro custode delle Porte celesti, padri di Roma e giudici delle Genti. Le loro vite, consacrate alla predicazione del Vangelo e alla conversione dei popoli al Dio Uno e Trino, sono intrecciate anche in morte, nel Martirio: Per ensis ille, hic per crucis victor necem, San Paolo di spada, San Pietro sulla croce. Quel Martirio – testimonianza eroica di Fede usque ad effusionem sanguinis – consacra ancora oggi la terra dell’Urbe:
O Roma felix, quæ duorum Principum
Es consecrata glorioso sanguine!
Horum cruore purpurata ceteras
Excellis orbis una pulchritudines.
O Roma felice, che sei stata consacrata
Dal sangue glorioso di questi due Principi!
Del loro sangue imporporata,
Sola sovrasti tutte le altre meraviglie del mondo. [2]
Tu sola sovrasti le meraviglie del mondo: perché i fasti della Roma antica, la sua cultura, il suo diritto, le sue arti, la sua organizzazione territoriale e amministrativa, la sua capacità di unire e pacificare i popoli nella pratica delle virtù – ancorché non ancora illuminate e vivificate dalla Grazia – dovevano trovare il proprio compimento nell’adesione alla Fede Cattolica, preparata dalla Provvidenza anche nel Martirio di queste colonne della Chiesa, che nel Credo professiamo Una, Sancta, Catholica et Apostolica. L’appartenervi rende ciascuno di noi, come canta il Sommo Poeta, cive di quella Roma onde Cristo è romano (Purg XXXII, 102).
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L’odio verso Roma, capitale della Cristianità in quanto sede del papato, è il marchio distintivo degli eretici; un odio che si manifesta nella cancellazione sistematica di tutto ciò che è romano, ad iniziare dalla lingua sacra, che è il latino. Scrive l’abate benedettino dom Guéranger:
«L’odio per la lingua latina è innato nel cuore di tutti i nemici di Roma: costoro vedono in essa il legame dei Cattolici nell’universo, l’arsenale dell’ortodossia contro tutte le sottigliezze dello spirito settario, l’arma più potente del Papato. Lo spirito di rivolta, che li induce ad affidare all’idioma di ciascun popolo, di ciascuna provincia, di ciascun secolo la preghiera universale, ha del resto prodotto i suoi frutti». [3]
Prosegue dom Guéranger:
Lutero «ha dovuto abrogare in massa il culto e le cerimonie, come “idolatria di Roma; la lingua latina, l’ufficio divino, il calendario, il breviario, tutte abominazioni della grande meretrice di Babilonia. Il Romano Pontefice pesa sulla ragione con i suoi dogmi, pesa sui sensi con le sue pratiche rituali: bisogna dunque proclamare che i suoi dogmi non sono che bestemmia ed errore, e le sue osservanze liturgiche soltanto un mezzo per fondare più fortemente un dominio usurpato e tirannico”». [4]
Dovremmo chiederci con quale sciagurata leggerezza i padri conciliari – e i continuatori odierni della cosiddetta «riforma» conciliare – abbiano permesso che un manipolo di eretici antiromani potesse compiere all’interno della Chiesa, e in forza dell’autorità stessa della Chiesa, quell’attacco alla Romanitas che quattro secoli prima aveva originato lo scisma luterano; e quanto illusorio sia credere che sarebbe stato sufficiente ad impedire la demolizione della Liturgia latina quell’articolo 36 della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium – Linguæ latinæ usus in Ritibus latinis servetur, L’uso della lingua latina sia conservato nei riti latini – quando era evidente che il primo e fondamentale scopo della riforma era proprio quello di abbandonare la lingua romana a vantaggio dell’idioma vernacolare.
Dovremmo chiederci parimenti come si possa considerare scevro da malafede il comportamento di chi, costituito in autorità, ancora oggi cerca di attentare al Papato Romano con la sinodalità, che è ontologicamente contraria alla costituzione divina della Chiesa proprio perché essenzialmente antiromana.
La parentesi tra Benedetto XVI e Leone – un interregno di dodici, lunghissimi anni di devastazione della Chiesa e decostruzione del papato per mano di un usurpatore – ha reso esplicita l’indole antiromana del neo-modernismo conciliare e sinodale. Ma se conosciamo le cause della crisi presente, conosciamo anche i rimedi per uscirne: cioè riconoscere Cristo Re e Pontefice di tutte le società, restituirGli la triplice corona della sacra Monarchia della Chiesa e lo scettro della potestà civile, perché Nostro Signore è il detentore di ogni Autorità, e coloro che governano traggono la propria legittimazione solo nell’esercitare il potere come Suoi vicari e luogotenenti.
Il Sommo Pontificato, sacra Monarchia della Chiesa, è e deve essere espressione dell’ordine divino che Nostro Signore ha stabilito. E tutto ciò che si oppone a quest’ordine deve essere riconosciuto come alieno ed estraneo alla Fede Cattolica. Tutto ciò che nell’ambito ecclesiastico mira a parlamentarizzare e democratizzare la Chiesa, sostituendo l’autorità personale del Papa e dei Vescovi con forme di rappresentatività sul modello della costituzione degli Stati post-rivoluzionari, manomette la costituzione divina della Chiesa e priva il Papato del proprio fondamento, che è appunto l’essere intrinsecamente connesso alla suprema autorità di Cristo Pontefice e al principatus di San Pietro.
E se il Successore di Pietro, come già il Principe degli Apostoli, si dovesse discostare da ciò che semper, ubique et ab omnibus creditum est, lo Spirito Santo susciterebbe anche oggi di suscitare nuovi San Paolo che lo correggano in faciem (Gal 2, 11). L’Apostolo, come commenta San Tommaso d’Aquino [5], si oppose a Pietro nell’esercizio dell’autorità senza contestare l’autorità stessa del Principe degli Apostoli. Non è infatti un caso se l’Apostolo lo chiama Cefa, quasi ad enfatizzare che nel discostarsi dalla vera Fede egli smette in qualche modo di essere Pietro.
La possibilità di correggere i Superiori ecclesiastici offre al Romano Pontefice e ai Vescovi un esempio di umiltà – spiega l’Aquinate – perché non rifiutino di accettare richiami da parte dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti un esempio di zelo e libertà, perché non temano di correggere i loro prelati, soprattutto quando la colpa è stata pubblica ed è ridondata in pericolo per molti. [6]
Abbiamo purtroppo visto, in questi anni, come le pubbliche correzioni siano state considerate da colui che occupava sul Soglio di Pietro; quali ritorsioni abbiano subito coloro che hanno denunciato le deviazioni dottrinali, morali e disciplinari di Jorge Bergoglio; e quali sanzioni siano state comminate dal Sinedrio romano a chi metteva in discussione «la legittimità di papa Francesco e del Concilio Vaticano II» [7]. D’altra parte, la risposta dei tiranni alle voci critiche si è sempre contraddistinta per ingiustificata violenza e concretizzata in un sistematico abuso di potere.
Oggi dobbiamo e vogliamo sperare che il moltiplicarsi degli appelli del corpo ecclesiale ad un ritorno alla Tradizione inducano Leone ad abbandonare la sinodalità bergogliana – evoluzione della collegialità conciliare di Lumen Gentium – e ad esercitare il papato senza adulterarne l’autorità con contaminazioni di matrice anticricristica che negano l’universale Signoria di Cristo nella sfera spirituale e temporale.
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E il mandato di Cristo a Pietro – Pasce oves meas, pasce agnos meos (Gv 21, 17) – dovrà tornare ad essere esercitato nella custodia del Depositum Fidei e nella trasmissione fedele dell’immutabile Dottrina Cattolica, senza i cedimenti allo spirito del mondo che già Pietro, al Concilio di Gerusalemme, aveva creduto poter legittimare in nome dell’inclusione – diremmo oggi – degli Ebrei che volevano mantenere i riti dell’Antico Testamento.
La Santa Chiesa Cattolica Romana è nata nel sangue. Nel Sangue preziosissimo di Nostro Signore, versato sul Golgota per riscattarci dalla tirannide di Satana e che nuovamente è sparso sui nostri altari nel Santo Sacrificio della Messa. È nata nel sangue dei Martiri, semen Christianorum, secondo l’espressione di Tertulliano. Nel sangue di San Pietro e San Paolo, patroni della Chiesa universale.
Essa concluderà il suo terreno pellegrinaggio, alla fine dei tempi, nel sangue di tutti i nuovi Martiri che difenderanno la professione della vera Fede contro le blasfeme eresie e l’apostasia dell’Anticristo.
Chiediamo ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, e alla Vergine Santissima loro Regina, di intercedere presso il trono della Maestà divina, affinché il Papato sinora umiliato torni a risplendere come faro di Verità per le genti e presidio di ortodossia per i fedeli.
Il sangue dei Principi degli Apostoli, di cui è imbevuta la terra benedetta della Città Eterna, sia seme di nuovi Cristiani coraggiosi ed eroici, pronti a dare testimonianza a Nostro Signore Gesù Cristo nella fedeltà alla Santa Chiesa Romana e al Romano Pontificato.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
29 Giugno MMXXV
Ss. Petri et Pauli Apostolorum
NOTE
1 – Inno Decora lux, strofa 2
2 – Ibid., strofa 3
3 – Dom Prosper Guéranger, Institutions liturgiques, cap. XIV, De l’hérésie antiliturgique et de la réforme protestante du XVIe siècle, considérée dans ses rapports avec la liturgie, 8.
4 – Ibid., 10. Prosegue dom Guéranger poco oltre, richiamando il saggio Du Pape di Joseph de Maistre: Nonostante le dissonanze che dovrebbero separare le une dalle altre le diverse sette separate, vi è una qualità nella quale si uniscono tutte, che è la «non romanità». Immaginate una qualunque innovazione, sia in materia di dogma sia in materia di disciplina, e vedete se è possibile realizzarla senza incorrere, volenti o nolenti, nella nota di «non romano», o se volete in quella di «meno romano», se si manca di audacia. Resta da sapere quale pace potrà trovare un cattolico nella prima, o anche nella seconda di queste situazioni.
5 – Super Ep. ad Galatas, 77
6 – Ibid.
7 – Cfr. Comunicato a proposito dell’avvio del processo penale extragiudiziale per delitto di scisma (Art. 2 SST; can. 1364 CIC), https://exsurgedomine.it/240620-attendite-ita/
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Immagine di Luca Giordano (1634–1705),Crocifissione di San Pietro (circa 1660), Galleria dell’Accademia, Venezia
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Trump condivide la preghiera a San Michele Arcangelo

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— Karoline Leavitt (@PressSec) September 30, 2025
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Saint Michael the Archangel, defend us in battle. Be our defense against the wickedness and snares of the Devil. May God rebuke him, we humbly pray, and do thou, O Prince of the heavenly hosts, by the power of God, cast into hell Satan, and all the evil spirits, who prowl about… pic.twitter.com/Z3RoeGUslh
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Spirito
Spagna, La laboriosa nomina del nuovo nunzio

In un contesto politico segnato da scandali di corruzione e controverse riforme sociali, i rapporti tra la Chiesa cattolica spagnola e il governo di Pedro Sanchez, al potere dal 2018, si sono seriamente deteriorati, come dimostra la nomina estremamente laboriosa di un nuovo nunzio apostolico per il regno.
Non è solo il parto a essere doloroso: il 16 settembre 2025, la Santa Sede ha annunciato la nomina dell’arcivescovo Piero Pioppo a nunzio apostolico in Spagna, carica vacante dallo scorso febbraio. Questa decisione giunge in un momento di crisi aperta, in cui il governo socialista è accusato di aver ritardato l’approvazione del rappresentante del Vaticano nel regno per esprimere il proprio malcontento nei confronti della gerarchia ecclesiastica.
Un altro episodio che illustra la profonda tensione tra la Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) e l’esecutivo nelle mani del leader del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE). Oltre a questa nomina, le tensioni permangono su questioni storiche e sociali, esacerbate dalla posizione progressista dell’attuale primo ministro.
Quest’ultimo, un ateo autoproclamato proveniente da una famiglia repubblicana antifranchista, guida una coalizione eterogenea che include partiti di sinistra radicale come Sumar e Unidas Podemos. Da quando è salito al potere, il capo del governo ha introdotto una serie di riforme progressiste: la legalizzazione dell’eutanasia nel 2021, l’estensione del diritto all’aborto e il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso e delle «identità di genere fluide». Queste misure si sono scontrate direttamente con la Chiesa cattolica.
L’episcopato, guidato dall’arcivescovo di Valladolid, monsignor Luis Argüello, si è affrettato a denunciare «un’ideologia di genere che emargina la famiglia tradizionale e la libertà di coscienza». Nel marzo 2023, il capo dei vescovi spagnoli ha addirittura parlato di un «disaccordo preoccupante» sui piani del governo di limitare l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, accusando l’esecutivo di voler «emarginare» la religione in nome di un laicismo aggressivo.
Queste differenze ideologiche si sono cristallizzate attorno a delicate questioni sociali. Sull’aborto, ad esempio, i vescovi – più coraggiosi che altrove nel Vecchio Continente – hanno lanciato una campagna nazionale nel marzo 2025 contro quello che chiamano «l’inverno demografico» causato dai 2,5 milioni di aborti registrati dal 1985, di cui oltre 100.000 solo nel 2023.
Allo stesso modo, la legge sull’eutanasia, promulgata nel 2021, ha suscitato una forte opposizione da parte della CEE, che la considera una tendenza eugenetica contraria alla dignità umana. In risposta, il governo accusa la Chiesa di allearsi con la destra – in particolare con il Partito Popolare (PP) e Vox – per bloccare il progresso della società.
Gli scandali di corruzione che hanno colpito il governo hanno fornito all’episcopato una leva per influenzare il dibattito politico. Nel giugno 2025, l’arcivescovo Argüello ha pubblicamente esortato Pedro Sánchez a indire elezioni parlamentari anticipate, a causa di casi che coinvolgevano la moglie, il fratello ed ex membri del governo del primo ministro, sospettati di corruzione e traffico di influenze. Questa dichiarazione è stata interpretata come un «voto di sfiducia» dall’esecutivo.
Un altro simbolo cristallizza le tensioni: la Valle dei Caduti, un monumento franchista che ospita una basilica, una croce di 150 metri e un monastero benedettino. L’estrema sinistra vuole «risignificare» – ovvero «smantellare» – il complesso per trasformarlo in un luogo coerente con il suo fondamento ideologico. Nel maggio 2025, è stato negoziato un compromesso tra il governo spagnolo e la Santa Sede, che prevede la dismissione parziale del sito per 33 milioni di euro.
I vescovi, costretti ad accettare, espressero il loro disappunto. L’ex nunzio, monsignor Bernardito Auza, si era opposto a qualsiasi cambiamento, difendendo i benedettini dalle pressioni governative che avevano portato alle dimissioni del priore nel marzo 2025. I cattolici criticarono i vescovi per aver capitolato a un «governo anticlericale». L’arcivescovo di Oviedo, monsignor Jesus Sanz Montes, denunciò la vicenda come un'”arma di distrazione di massa” per mascherare le malefatte dell’esecutivo.
La dolorosa nomina a nunzio di mons. Pioppo, diplomatico esperto che ha prestato servizio in Ecuador, Camerun e Indonesia, riassume perfettamente il contesto di tesi rapporti tra il governo spagnolo e l’episcopato.
Il processo, che avrebbe dovuto iniziare a luglio 2025, è stato bloccato dal governo fino a settembre: impantanato in scandali di corruzione, superato a sinistra dai suoi attuali alleati politici che lo accusano di non essere sufficientemente impegnato contro Israele e a favore della Palestina, il primo ministro indebolito ha probabilmente voluto placare la Chiesa confermando il nuovo nunzio, per concedersi un po’ di tregua. Ma fino a quando?
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Medelam via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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