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Politica

Joe Biden in privato è una persona orribile, dicono fonti del suo staff

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Diversi membri dello staff hanno rivelato alla testata americana Axios che a porte chiuse, Joe Biden è un persona cattiva con un temperamento che volge all’ira «così rapidamente che alcuni aiutanti cercano di evitare di incontrarsi da soli con lui»: Alcuni, è riportato, «si portano un collega, quasi come uno scudo contro un esplosione solitaria».

 

Biden sarebbe incline, oltre agli insulti, anche al turpiloquio e pure le bestemmie della lingua inglese: secondo gli ex assistenti sentiti da Axios vi sono stati scatti di rabbia con frasi come «”Dio dannazione, come cazzo non lo sai?!”, “Non fottermi!”»

 

Secondo un funzionario dell’amministrazione, «nessuno è al sicuro» dall’ira presidenziale.

 

Gli assistenti di Biden riferiscono di come il presidente abbia perso la testa al «COVID Czar», cioè il plenipotenziario pandemico Jeff Zients alla fine del 2021, quando si è verificata una carenza di kit di test con la diffusione della variante Omicron. Un portavoce Zients, ora capo dello staff di Biden, ha detto ad Axios: «Non parlerò di quali convocazioni interne potrebbero o meno essere avvenute tra Jeff e il presidente».

 

«Non c’è dubbio che il temperamento di Biden sia reale. Potrebbe non essere vulcanico come quello di Bill Clinton, ma è sicuramente da quelle parti», ha detto Chris Whipple, autore di The Fight of His Life: Inside Joe Biden’s White House.

 

Whipple cita l’ex portavace della Casa Bianca Jen Psaki che ha dichiarato: «Ho detto a [Biden] più volte, “Saprò che abbiamo un rapporto davvero buono e di fiducia quando mi sgridi la prima volta”». «Psaki non ha dovuto aspettare a lungo», scrive nel libro.

 

Secondo Axios il temperamento di Biden si presenta sotto forma di interrogatori rabbiosi piuttosto che di capricci irregolari.

 

Ad esempio, Biden interroga gli assistenti su argomenti finché non è chiaro che non conoscono la risposta a una domanda – una routine che alcuni considerano meticolosa e altri chiamano «stump the chump» («scombussola il fesso») o «stump the dummy» («calpesta il pupazzo»).

 

Essere sgridato dal presidente sarebbe diventata una cerimonia di iniziazione interna in questa Casa Bianca, dicono gli assistenti: se Biden non ti urla contro, potrebbe essere un segno che non ti rispetta.

 

Possono volerci anni per imparare a gestire il suo malumore e anticipare quali informazioni chiederà in un briefing, dicono le fonti. Alcuni funzionari dell’amministrazione, molti dei quali hanno frequentato scuole d’élite, hanno problemi con la richiesta di Biden di abbandonare un linguaggio traballante e pieno di acronimi e informarlo come se stessero parlando con un parente stretto che non è nella bolla DC.

 

Un ex assistente della campagna di Biden e del Senato, Jeff Connaughton, ha scritto nel libro del famigerato temperamento di Biden nel 2012 bel libro The Payoff: perché Wall Street vince. Secondo l’autore Biden era un «autocrate egocentrico… determinato a gestire il suo staff attraverso la paura».

 

In un incidente del 2008, Biden si è scagliato contro un addetto alla raccolta fondi di 23 anni che era salito in macchina con lui.

 

«Va bene, senatore, è ora di fare alcune chiamate per la raccolta fondi», ha detto l’aiutante, a cui Biden ha risposto: «Esci dalla macchina».

 

Connaughton ha detto ad Axios che Biden «nasconde il suo lato più tagliente per promuovere la sua immagine popolare di zio Joe – motivo per cui, quando i lampi di rabbia irrompono, sembra così fuori dal carattere pubblico».

 

In realtà vi sono numerose prove filmate della cattiveria di Joe Biden.

 

Ad esempio, quando attaccò ed insultò un elettore in campagna elettorale in Iowa, dicendogli «sei un dannato bugiardo».

 

 

In un’altra occasione, disse ad uno studente che era un «soldatino con il muso da cane».

 

 

In varie occasioni Biden ha urlato ai giornalisti che gli hanno posto domande scomode.

 

 

 

Nella storia è entrato anche il momento in cui disse all’inviato alla Casa Bianca di Fox News, il giovane reporter Peter Doocy, che era uno «stupido figlio di puttana».

 

 

Ai lettori  segnaliamo, infine il video, sottotitolato da Renovatio 21, che mostra tutta la squallida prepotenza di Biden e al contempo del suo coinvolgimento nelle cose ucraine ben prima dello scoppio del conflitto, con il racconto di quando minacciò premier e presidente di Kiev di rimuovere un giudice che, guarda caso, stava indagando anche sull’azienda che pagava il figlio Hunter Biden.

 

 

Il figlio Hunter torna alla mente anche in questo video in cui il senatore annunciava misure draconiane con carcere duro per i consumatori di crack. Leggi applicate alla grande sulla popolazione (afroamericani in testa) ma mai e poi mai sul figlio, il cui consumo di crack era conclamato ancora prima che uscissero i video del suo computer.

 

Un video, sottotitolato sempre da Renovatio 21, che ci ricorda anche il caso della cocaina appena trovata alla Casa Bianca nei tempi di una visita del figlio Hunter, uno sconvolgente ritrovamento per il quale i servizi segreti incaricati della protezione del presidente hanno appena fatto sapere di aver chiuso le indagini e non aver trovato alcun colpevole.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, quella di Joe Biden è una vita costruita sulle menzogne – cosa ammessa anche dai giornali mainstream, pure in Italia, anni fa, ma ora ovviamente dimentichi di quanto il personaggio già 40 anni fa fosse di fatto impresentabile.

 

Ora il presidente, con ogni evidenza, sta perdendo il senno per questioni, si crede, geriatriche. Tuttavia il carattere rimane invariato.

 

Eccolo che sghignazza quando gli si chiede delle accuse di corruzione a suo carico, eccolo che sfiora le tette di Eva Longoria, eccolo che annusa le bambine, eccolo che esce indenne dalle accuse di molestie sessuali di una ex sottoposta che ora è fuggita in Russia.

 

Tutto gli è concesso.

 

Del resto, sta facendo un lavoro importante: distruggere l’economia mondiale e portare l’umanità sull’orlo del baratro termonucleare.

 

Il padrone, per questo, lo ricompensa bene.

 

 

 

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Politica

Iraq, i cristiani si mobilitano in vista delle elezioni

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Con l’avvicinarsi delle elezioni legislative irachene previste per novembre 2025 e con oltre 30 candidati cristiani in lizza per i cinque seggi riservati alla loro comunità dalla legge elettorale irachena, resta una domanda centrale: le loro voci saranno realmente prese in considerazione o saranno soffocate dagli interessi dei principali partiti politici e dei blocchi influenti?

 

La desertificazione si sta diffondendo ovunque: persino tra i cristiani iracheni. Per lo più affiliati alla Chiesa cattolica caldea, la loro popolazione è diminuita drasticamente negli ultimi decenni. Un tempo stimati in oltre 1,4 milioni di anime nel 1987, pari a circa il 6% della popolazione irachena, il loro numero è crollato a circa 400.000 nel 2013, prima di subire una nuova ondata di devastazione con l’arrivo dell’organizzazione dello Stato Islamico (IS) nel 2014.

 

La brutale occupazione delle regioni cristiane, in particolare nella piana di Ninive, ha costretto decine di migliaia di famiglie a fuggire, abbandonando le loro case, le loro terre e il loro patrimonio. E nonostante la sconfitta militare dell’ISIS nel 2017, molti esitano ancora a tornare nei loro villaggi a causa della persistente insicurezza e della pressione delle milizie locali.

 

Il cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca della Chiesa caldea e figura centrale della comunità cristiana irachena, ha ripetutamente lanciato nelle ultime settimane l’allarme sulle condizioni di vita dei suoi fedeli.

 

Nel suo intervento, l’alto prelato ha sottolineato l’urgenza di tutelare i diritti dei cristiani e di garantire la loro sicurezza di fronte alle crescenti minacce, in particolare quelle provenienti dalle fazioni armate che continuano a controllare alcune aree della Piana di Ninive. Questi gruppi, spesso legati a interessi politici o stranieri, esercitano pressioni attraverso ricatti, molestie e persino confische di proprietà, rendendo insostenibile la vita quotidiana dei cristiani.

 

Sebbene i cinque seggi riservati ai cristiani nel parlamento iracheno – distribuiti tra le province di Baghdad, Ninive, Kirkuk, Dohuk ed Erbil – possano sembrare insignificanti rispetto agli oltre 300 membri del Parlamento, rappresentano un’opportunità per la comunità cristiana di affermare i propri diritti. Tuttavia, l’attuale sistema elettorale pone sfide importanti.

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Il cardinale Sako, fervente sostenitore della partecipazione elettorale, si batte da tempo affinché il voto per questi seggi sia riservato esclusivamente ai cristiani. Questa proposta mira a impedire che grandi coalizioni politiche, spesso dominate da interessi non cristiani, manipolino i risultati mobilitando elettori esterni alla comunità.

 

Questa pratica, purtroppo comune, diluisce la rappresentatività dei rappresentanti eletti cristiani e limita la loro capacità di difendere gli interessi dei loro correligionari. La campagna elettorale è in pieno svolgimento nell’estate del 2025 e mette in luce l’impegno di molti candidati cristiani, sia che si presentino in modo indipendente o sotto l’egida di blocchi politici.

 

Tuttavia, la frammentazione della comunità e la competizione tra i candidati rischiano di disperdere i voti, indebolendo così il loro impatto complessivo. Inoltre, i cristiani devono fare i conti con un clima politico in cui i grandi partiti, spesso sostenuti da potenze regionali, esercitano un’influenza sproporzionata.

 

Oltre alle prossime elezioni, la Chiesa caldea chiede una riforma del sistema politico iracheno, per garantire una migliore tutela alla minoranza cristiana e arginare la tentazione di un esodo che spazzerebbe via una delle comunità più antiche del Medio Oriente.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Immagine di Aziz1005 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

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Politica

Le spiagge italiane, la loro storia, la questione politica intorno ad esse. Intervista ad una balneare

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Ieri Renovatio 21 ha cercato di descrivere in profondità il tema, sia politico che antropologico, dei cosiddetti «balneari» e del clamore che ciclicamente si genera intorno ad esso.

  Oggi, per avere un quadro più nitido della tematica spiagge, abbiamo fatto quattro chiacchiere con la signora Monica, titolare di un bagno riccionese, persona molto gentile ed equilibrata, che ci ha raccontato in maniera schietta e sincera questa spinosa problematica.   Ci potrebbe spiegare, per sommi capi, questa controversa questione? Io cerco di parlarti del dato oggettivo. C’è una normativa non facile e soprattutto tante sentenze avute in Consiglio di Stato e nella Corte di Giustizia Europea. Uno rischia di perdersi e poi ci sono singole situazioni in varie località balneari sparse nella penisola. Mancando una normativa unitaria nazionale, i singoli comuni si muovono un po’ come vogliono loro.

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Ti faccio l’esempio di Riccione. Qui siamo sul demanio, ma non è tutta aria demaniale, in alcune zone ci sono delle parti che erano private. Alcune aree sono state vendute dal comune ai bagnini che le hanno comprate anche in vista della situazione che stiamo vivendo ora, spostando le loro strutture in modo che quella parte, essendo diventata proprietà privata non sarebbe andata in evidenza pubblica. Ciò che ci sarebbe andato sarebbe stata solo la sabbia in prossimità del mare e quindi l’interesse per i terzi sarebbe stato inferiore in quanto la spiaggia è a ridosso di una struttura privata.   Così facendo chi ha acquistato si è garantito – almeno in teoria – un’eventuale partecipazione unica a un possibile bando per quel pezzo di spiaggia. Come vedi le realtà sono diverse e si dovrebbe cercare si una normativa unitaria, ma anche che tega conto delle tante differenze che ci sono sparse in tutta la zona costiera italiana.   Ci sono tante situazioni tra pubblico e privato. E questo che ti sto dicendo vale solo per la spiaggia, senza contare il lacustre, il portuale, eccetera. Io capisco che sia difficile regolamentare ma ad oggi la cosa preoccupante è l’incertezza. Poi ci sono una marea di decreti, milleproroghe, cavilli burocratici, che uno veramente rischia di perdersi in questa burocrazia, nonostante cerco di stargli dietro il più possibile. Qualunque cosa succederà ci saranno una marea di ricorsi.    Molti comuni, per salvaguardare il proprio sistema turistico – questo lo dico in difesa dei balneari – come Riccione, vorrebbero favorire questo sistema consolidato che di fatto funziona, anche se qualche ammodernamento è necessario. Molti si sono rimodernati per offrire un prodotto sempre più di qualità e chi in questi anni ha dimostrato di gestire al meglio il proprio stabilimento. Cerchiamo di ascoltare le loro esigenze e magari nel momento che si faranno i bandi, di andare incontro a chi si è dimostrato sempre volenteroso nel proporre un’offerta turistica sempre al passo con i tempi.    La proroga automatica della concessione la Direttiva Bolkestein l’ha bocciata, ed è giusto. Fino al 2027 la nostra insistenza è stata dichiarata legittima e da lì in poi i Comuni devono fare le evidenze pubbliche. È un periodo che è stato concesso ai Comuni per organizzarsi in merito. Non è una proroga automatica, non siamo abusivi – parola ultimamente usata troppo spesso – e faccio fatica a comprendere tutte le polemiche in merito.   Poi ne ho lette di ogni che nemmeno sapevo: tornelli in spiaggia, divieto di portare il cibo in spiaggia… la spiaggia non è un bene nostro, non possiamo vietare il passaggio in alcun modo, abbiamo la concessione e nella concessione ci sono dei principi che vanno osservati assieme alle ordinanze balneari. 

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Nel 1992 le concessioni sono state fatte in modo automatico e il rinnovo avveniva tacitamente ogni sei anni, giusto? Sì. Non ho memoria di casi di qualcuno che abbia desiderato o si sia fatto avanti per ottenere una concessione al posto di uno che già l’aveva. Per essere precisi bisognerebbe scartabellare i verbali, ma dubito. Ci sono stati dei casi, in alcuni bagni, che gli ex proprietari hanno venduto l’azienda e hanno fatto il passaggio dell’affidamento – legittimo – e sono subentrare altre persone.   Mentre prima portavi tutto a casa con due soldi, nel momento in cui si è visto che la parte turistica poteva svilupparsi con l’offerta di vari servizi in più, ci poteva essere un guadagno, in un momento di crisi di tanti altri settori, allora è diventato un punto su cui focalizzare l’attenzione.   Il fatto che ci siano stati dei privilegi è vero, non voglio nasconderlo. I miei hanno sempre fatto questo mestiere. Io sono convinta che se ci fosse stata una normativa nazionale dove si rivedeva il canone e altri aspetti, tutto questo non sarebbe successo. È sempre stato un mondo che si tramandava familiarmente.   Un mondo artigianale. Mio nonno era pescatore. Questi qua erano tutti appezzamenti con file di tende con tutte sdraie, perché non esistevano neanche i lettini. Non c’era niente e si è dovuto anche un po’ bonificare. Poi piano piano, arriva la gente che vuole sempre un servizio migliore e così col passare degli anni c’è stata una crescita, ed è quello che si vorrebbe che venisse riconosciuta.   Mi commuovo quando ti dico queste cose, perché so cosa ha voluto dire tutto questo. A volte contesto qualche collega che dice: «la mia spiaggia». Non è così. Il problema è aver creduto che quello che ci è stato dato in concessione fosse nostro, ma non è così. Però al tempo stesso c’è stato tra di noi non tutti hanno avuto la stessa mentalità di cambiamento.   Al tempo il Comune fece il piano spiaggia con la possibilità di rimodernarsi. Alcuni si sono modernizzati altri no. Sono passati quasi vent’anni e oggi è arrivato il momento di farlo di nuovo, ma il problema è: come cambi? Noi qua abbiamo un bel progetto, ma c’è tanta incertezza.   Non vorrei che se aprissero i bandi delle concessioni poi qualche multinazionale o qualcuno che abbia un potere economico importante, subentrasse su più stabilimenti. Il pesce grosso mangia il pesce piccolo. La territorialità nel vostro settore è importante. La riviera romagnola gode parte della sua popolarità anche per il fatto che la gente del posto lavora nei vari settori turistici. Purtroppo in molti settori accade questo. Si perde sempre più spesso ciò che è tradizione. Il nostro settore poi è un modello, ciò non significa che non possa essere rivisto. Da noi saranno i comuni che devo decidere che normativa fare. Da una parte per tutelare il tipo di sistema turistico nostro, dall’altra parte c’è la Bolkenstein che chiede la concorrenza e di non porre troppi limiti per partecipare. Ma se non sono le multinazionali, possono essere i proprietari delle catene di hotel e dei grandi alberghi.   Allora dico ai cittadini che oggi fanno le loro rimostranze che in caso di partecipazione al bando, pensano di avere una chance di vittoria nei confronti di un gruppo economico potente come quelli che ho appena citato? Ma non solo.   La spiaggia che verrà, se viene data in concessione a un grande albergo, come saranno poi i prezzi? Se questi investono lo fanno esclusivamente per guadagnarci, mi pare più che ovvio. Se iniziano a snaturare quello che è il nostro modo di fare turismo, il cambiamento non sarà di certo positivo.

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C’è anche chi ha evidenziato il problema delle spiagge vuote questa estate. Che ore sono adesso, le 8:30? Fino a qualche anno fa vedevi già la spiaggia piena di genitori con i bambini, invece adesso fino alle 10:00 non scende al mare nessuno. C’è un’abitudine diversa oggi. Molta gente si ferma in spiaggia per l’aperitivo ed una cosa piacevole.   Fino alle 21:30 ci sono famiglie con i figli in spiaggia. È un nuovo modello. Prima salivano alle 19:00 per poi andare a cena in hotel. È ovvio che se uno viene adesso e fa una foto, gli ombrelloni sono vuoti. A giugno c’è stato un trend positivo.   A luglio c’è stato un leggero calo, agosto è sempre agosto e la gente viene sempre. Quello che ho notato è che le famiglie vogliono sempre più servizi e noi cerchiamo di offrirgliene sempre più, soprattutto ai bambini, che possono divertirsi tutto il giorno con quello che trovano da noi. La spesa in fondo è tutta qui.    Oltretutto la nostra costa è molto variegata e offre servizi diversi l’una dall’altra, oltre che avere territori profondamente differenti. C’è anche chi ha sollevato il problema del caro-ombrellone. Noi qua abbiamo delle basi da cui si parte, ma cerchiamo di rimanere in un prezzo più o meno popolare. Poi ognuno sulla base dei servizi che offre, sulla posizione e via dicendo, ha un suo listino prezzi. Ho notato, in alcuni articoli di giornale che ho letto al riguardo recentemente, alcune imprecisioni.   Considera che poi c’è bassa, media, alta stagione nel prezzario e se prendi l’ombrellone per più giorni il prezzo va a scalare. Alla fine puoi arrivare intorno ai venticinque euro di media, più o meno. A Riccione abbiamo tre spiagge libere nelle zone centrali. Ce n’è per tutti i gusti.

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La politica è intervenuta per bocca del Ministro Matteo Salvini in difesa vostra, nonostante il Consiglio di Stato. Io penso che stiamo aspettando il 2027 quando ci saranno le nuove elezioni e il balneare sarà un settore che si giocheranno per i voti.   Tutte le parti in gioco dovrebbe fare la loro parte cercando di riequilibrare un settore caro a tutti noi, perché la «sacralità laica» delle vacanze al mare è una routine irrinunciabile per l’italiano ed è giusto che lo Stato faccia la sua parte sostenendo il settore, ma è altrettanto vero che i gestori debbano fare la loro parte non alzando oltremodo i prezzi e offrire servizi all’altezza della loro clientela. Grazie Grazie a voi.   Francesco Rondolini

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Politica

Negli Stati Uniti cinque tentativi di assassinio in un anno. E tanta violenza politica nella loro storia

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Quello di Charlie Kirk non è l’unico episodio di estrema violenza politica capitata negli USA negli ultimi tempi.

 

Il 13 luglio 2024, l’allora candidato presidenziale Donald Trump è scampato per poco a un attentato durante un comizio a Butler, Pennsylvania. Thomas Matthew Crooks, 20 anni, ha aperto il fuoco, sfiorando l’orecchio di Trump, uccidendo un partecipante e ferendo altri. Il tiratore è stato neutralizzato da cecchini, ma un’inchiesta del Senato ha definito l’incidente «prevedibile e prevenibile».

 

Due mesi dopo, il 15 settembre, un secondo tentativo di assassinio ha preso di mira Trump fuori dal suo golf club a West Palm Beach, Florida. Un sospetto filo-ucraino, Ryan Routh, armato pesantemente, è stato arrestato dai Servizi Segreti. Il Routh si rappresenta da solo in tribunale e ha sfidato Trump a una partita di golf.

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Il 14 giugno 2025, la leader democratica del Minnesota Melissa Hortman e suo marito sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco nella loro abitazione. La stessa notte, il senatore John Hoffman e sua moglie sono stati feriti in un attacco collegato, sopravvivendo a stento. Il sospettato, Vance Luther Boelter, 57 anni, ex militare e contractor privato, è stato catturato dopo una caccia all’uomo di due giorni. Secondo l’accusa, aveva pianificato un omicidio politico mirato, con una lista di circa 70 altri obiettivi.

 

Il 18 dicembre 2024, l’influencer di destra Nick Fuentes ha riferito che un uomo armato di pistola, balestra e ordigni incendiari si è presentato a casa sua a Berwyn, Illinois, durante una diretta streaming. Il sospettato, un ricercato per triplice omicidio, è stato ucciso dalla polizia dopo un inseguimento, poco dopo l’incontro con Fuentes.

 

Andando indietro nel tempo, abbiamo il caso Nel novembre 2017, quando il senatore repubblicano del Kentucky Rand Paul fu aggredito fisicamente dal vicino Rene Boucher a Bowling Green, in una lite sul giardinaggio, riportando sei costole rotte e complicazioni polmonari che richiesero cure mediche prolungate. Boucher, motivato da rabbia politica anti-Trump, fu condannato a otto anni di prigione, con un’aggiunta di pena per aggressione in carcere.

 

Ancora prima, nel 2011, la deputata statunitense Gabrielle «Gabby» Giffords fu ferita a colpi d’arma da fuoco durante un’assemblea costituente a Tucson, in Arizona. Suo marito è l’ex astronauta della NASA Mark Kelly. Un uomo aveva corso verso la folla e iniziando a sparare con una pistola calibro 9 mm con un caricatore da 33 colpi, ferendo 19 individui con colpi d’arma da fuoco e uccidendone sei. Tra i morti c’erano il giudice federale John Roll e la bambina di 9 anni Christina-Taylor Green.
Il tiratore, Jared Lee Loughner è stato arrestato dagli astanti fino a quando non è stato preso in custodia dalla polizia. Dopo aver dovuto affrontare più di 50 accuse penali federali, Loughner si è dichiarato colpevole di 19 di esse in un patteggiamento per evitare una condanna a morte.

 

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La storia dei presidenti USA è segnata da attentati che ne hanno testato la resilienza.

 

Andrea Jackson, nel 1835, sfuggì a due colpi di pistola difettosi da Richard Lawrence al Campidoglio.

 

Teodoro Roosevelt, candidato nel 1912, fu ferito al petto da John Schrank a Milwaukee, ma completò il discorso prima di curarsi. Franklin D. Roosevelt, nel 1933, evitò proiettili a Miami, mentre il sindaco Cermak morì. Harry Truman, nel 1950, resistette a un attacco armato alla Blair House da parte di nazionalisti portoricani.

 

Geraldo Ford superò due tentativi nel 1975: Lynette «Squeaky» Fromme, un membro della setta di Charles Manson, puntò una pistola scarica, e i17 giorni dopo una donna di nomeSara Jane Moore fallì il tiro.

 

Ronaldo Reagan, nel 1981, fu gravemente ferito da John Hinckley fuori da un hotel, ma si riprese con umorismo, dicendo ai chirurghi in sala operatoria prima dell’intervento di urgenza «spero che siate tutti repubblicani».

 

Quattro presidenti USA sono stati assassinati in carica, segnando pagine tragiche della storia americana. Abramo Lincoln, nel 1865, fu colpito alla testa da John Wilkes Booth al Ford’s Theatre durante una commedia, morendo il giorno dopo per vendicare la sconfitta confederata nella Guerra Civile.

 

Giacomo A. Garfield, nel 1881, fu ferito da Charles Guiteau in una stazione ferroviaria per delusione politica; infezioni post-intervento lo uccisero dopo 80 giorni.

 

Giuglielmo McKinley, nel 1901, ricevette due proiettili da Leon Czolgosz, un anarchico, durante una fiera a Buffalo, spirando per gangrena.

 

Infine, Giovanni F. Kennedy, nel 1963, fu abbattuto da Lee Harvey Oswald a Dallas con tre colpi dal Texas School Book Depository, in un evento che sconvolse il mondo.

 

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