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Terrorismo

Istanbul, fermato un miliziano ceceno dell’ISIS legato dell’attacco a Santa Maria

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Viskhan Soltamatov avrebbe ideato l’assalto alla chiesa dei francescani e rifornito le armi ai membri del gruppo. L’arresto è avvenuto durante una operazione congiunta nel fine settimana. Nel processo fino a 42 persone alla sbarra, di queste almeno 31 sono già sottoposti a custodia cautelare. Cristiani turchi la minoranza più perseguitata nel Paese.

 

Le forze di sicurezza turche hanno arrestato un miliziano dello Stato islamico, sospettato di aver pianificato e orchestrato l’attacco alla chiesa cattolica di Santa Maria nel distretto di Sarıyer a Istanbul il 28 gennaio scorso, durante il quale è morto un fedele. Lo riferiscono fonti dell’Intelligence di Ankara, dopo aver portato a compimento il fermo: dalle prime ricostruzioni egli si chiama Viskhan Soltamatove avrebbe ideato l’assalto, studiandone le fasi operative e rifornendo le armi utilizzate dai membri del gruppo legato all’ ISIL-K, di base nella provincia di Khorasan (ISKP) e attivo anche in Afghanistan.

 

A rimanere ucciso nei raid era stato un uomo di nome Tuncer Cihan, che partecipava alla celebrazione mattutina dell’eucaristia nel luogo di culto guidato dai frati francescani. Interpellato da AsiaNews all’indomani dell’attentato il vicario apostolico di Istanbul, mons. Massimiliano Palinuro, aveva parlato di «islamofobia e guerra a Gaza» alla base dell’assalto, la cui radice religiosa e confessionale «sembra essere chiara. Un atto di terrorismo legato al fondamentalismo islamico».

 

Il sospetto – di origine cecena – è stato arrestato il 14 settembre scorso, durante una operazione congiunta delle forze della sicurezza e dell’intelligence a Istanbul. Nel primo interrogatorio avrebbe fornito indicazioni sulle modalità di reclutamento, finanziamento e le attività legate alla logistica del gruppo.

 

Nel corso dell’indagine, la National Intelligence Organization (MIT) avrebbe inoltre identificato gli aggressori collegati ai miliziani di ISIL-K, individuato le presunte basi usate dal gruppo e il comandante locale a Istanbul. Ad aprile, la Turchia aveva fermato 48 persone considerate collegate a vario titolo all’assalto alla chiesa.

 

Nel frattempo, gli inquirenti hanno completato l’indagine e hanno già trasferito i fascicoli dell’inchiesta agli uffici preposti della procura a Istanbul. Ora sta ai giudici istruire un processo che dovrebbe vedere alla sbarra fino a 42 sospetti, almeno 31 dei quali già sottoposti a regime di custodia cautelare.

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Le persone fermate, fra le quali vi sono anche il cittadino tagiko Amirjon Kholiqov e il cittadino russo David Tanduev, rischiano condanne da sette anni e sei mesi fino a 349 anni e sei mesi complessivamente.

 

L’attentato alla chiesa di Santa Maria, nel quale è morto un fedele di 52 anni, è solo uno dei molti episodi di violenza e intolleranza degli ultimi anni, confermati anche da studi recenti secondo cui i cristiani sono il gruppo minoritario più perseguitato del Paese. Uno degli ultimi rapporti, diffuso a metà luglio, è quello degli esperti di Freedom of Belief Initiative, che riporta decine di eventi violenti legati a «crimini di odio» che hanno preso di mira diversi gruppi religiosi, ma con una incidenza maggiore fra cristiani ed ebrei.

 

Funda Tekin, responsabile dello studio, sottolinea che i crimini di odio e confessionale contro individui, comunità o istituzioni basate sul credo o l’ateismo rimangono ancora oggi un «problema significativo» per la tutela e il rispetto dei diritti umani in Turchia. Da questi episodi a sfondo criminale emerge il messaggio secondo cui vittime e gruppi a essi associati non godono di pari diritti rispetto al resto della popolazione, ponendo un ostacolo sostanziale alla pace sociale.

 

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Terrorismo

Jihadisti francesi attaccano le forze governative siriane

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Le nuove autorità siriane hanno lanciato un’ampia operazione militare contro le forze jihadiste straniere rimaste nella provincia nord-occidentale di Idlib, con particolare attenzione ai militanti di origine francese.   Il governo damasceno ha dichiarato che questi gruppi, che in passato hanno contribuito a rovesciare l’ex presidente Bashar Assad, costituiscono ora una minaccia alla sicurezza.   Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), con sede nel Regno Unito, gli scontri sono scoppiati durante un assalto notturno delle forze governative a un campo noto come «campo francese» nella città di Harem, a ovest di Idlib. Entrambe le parti avrebbero subito perdite, ma il numero esatto di vittime non è stato confermato. Almeno due jihadisti sono stati catturati. Secondo le autorità, il campo sarebbe gestito da combattenti stranieri guidati da Omar Omsen, un cittadino francese di origini senegalesi.   Il Servizio di Sicurezza Generale siriano ha specificato che l’obiettivo era arrestare Omsen e ripristinare la stabilità nella regione. Un canale Telegram legato ai jihadisti ha diffuso una dichiarazione del loro leader, che accusava il governo di collaborare con gli Stati Uniti e una «coalizione internazionale» per eliminare i militanti stranieri in Siria, minacciando Damasco di rappresaglie jihadiste e citando il supporto di altri gruppi militanti stranieri.  

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Un articolo del Washington Post dello scorso maggio riferisce che il governo del presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, precedentemente conosciuto come il terrorista jihadista al-Jolani, legato ad al-Qaeda e ISIS, sta affrontando minacce dalle stesse forze che lo hanno insediato al potere a novembre.   Secondo un rapporto di Le Monde del 2023, circa 200 cittadini francesi, tra combattenti e loro familiari, si sono stabiliti a Idlib dopo il collasso dello Stato Islamico nel 2019, descritti come «jihadisti francesi irriducibili».   Il WaPo a maggio riportava che «militanti sunniti estremisti» hanno compiuto stragi di alawiti sulla costa siriana a marzo, causando almeno 1.300 morti, con altre migliaia morti nei mesi successivi.   Come noto, anche i cristiani sono oggetto di continue violenze assassine e genocide da parte dei takfiri jihadisti che perseverano nella loro opera di cruenta persecuzione, tra esecuzioni di donne cristiane e bombe nelle chiese, mentre diviene sempre più chiaro che la sharia è l’unica legge del Paese un tempo laico.   Alcuni di questi gruppi jihadisti hanno poi rivolto la loro ostilità contro al-Jolani, specialmente dopo il suo incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha portato alla rimozione delle sanzioni contro la Siria, ma lo ha fatto apparire come un «infedele» agli occhi dei radicali.  

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Terrorismo

Episodio di terrorismo a Belgrado

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Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha descritto la sparatoria di mercoledì vicino all’Assemblea nazionale di Belgrado come un «terribile attacco terroristico». Un uomo di 70 anni avrebbe aperto il fuoco nella capitale serba e dato fuoco a una tenda.

 

L’autore, identificato come Vladan Andelkovic, è stato arrestato. Secondo i resoconti, ha ferito un uomo di 57 anni, Milan Bogdanovic, sparandogli e ha poi incendiato una tenda dei sostenitori del presidente Vucić davanti all’Assemblea nazionale. Kurir ha riportato che il sospettato ha anche gettato munizioni tra le fiamme.

 

La vittima, colpita alla coscia, non ha subito ferite gravi. I vigili del fuoco hanno domato l’incendio, mentre la polizia ha isolato l’area e avviato un’indagine.

 

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In un discorso televisivo, Vucic ha condannato l’episodio come un «attacco terroristico contro persone e proprietà», dichiarando che il sospettato aveva acquistato benzina per appiccare intenzionalmente il fuoco alla tenda, con l’obiettivo di seminare paura. Vučić ha mostrato un video in cui Andelkovic afferma di aver agito con intenti suicidi: «L’occupazione del centro città mi infastidisce. Ho dato fuoco alla tenda con la benzina», si sente nella registrazione.

 

«Volevo che mi uccideste perché non posso più vivere», ha aggiunto l’uomo.

 

Tuttavia, Vucic ha suggerito che l’uomo potrebbe aver «finto di essere pazzo», sottolineando che il suo passato nelle forze di sicurezza indica una piena consapevolezza delle sue azioni. «Questa persona e i suoi eventuali complici saranno puniti severamente», ha promesso.

 

Il presidente ha poi invitato a evitare reazioni impulsive: «Ho visto la rabbia causata da questo episodio, alcuni oppositori dei bloccanti vogliono radunarsi, ma chiedo loro di non farlo. La vendetta non porta a nulla di buono. Non deve esserci vendetta, e metto in guardia tutti dal cercarla».

 

 

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Terrorismo

Preparavano un altro attentato a Trump?

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Il direttore dell’FBI Kash Patel ha dichiarato domenica 19 ottobre a Fox News che i Servizi Segreti (USSS) hanno individuato una «postazione di caccia» con vista diretta sull’uscita dell’Air Force One del presidente Donald Trump presso l’aeroporto internazionale di Palm Beach. L’FBI sta collaborando con l’USSS e le forze dell’ordine della contea di Palm Beach per le indagini.   Il Patel ha riferito che, fino a ieri, nessuna persona è stata vista o associata alla postazione sopraelevata. Secondo una fonte anonima delle forze dell’ordine citata da Fox, la postazione, situata su un ramo d’albero, sembra essere stata preparata «mesi fa».     Tuttavia, il capo delle comunicazioni dell’USSS, Anthony Guglielmi, ha precisato che gli agenti hanno scoperto la postazione giovedì 16 ottobre durante i «preparativi di sicurezza avanzati» per l’arrivo di Trump a Palm Beach. «Non ci sono state ripercussioni sui movimenti e nessuna persona era presente o coinvolta nel luogo», ha dichiarato Guglielmi a Fox News.   «Sebbene non possiamo fornire dettagli sugli oggetti specifici o sul loro scopo, questo incidente evidenzia l’importanza delle nostre misure di sicurezza a più livelli», ha aggiunto. SOSTIENI RENOVATIO 21
 
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