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Terrorismo

Israeliano arrestato per aver complottato l’uccisione di Netanyahu

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Un uomo israeliano è stato arrestato con l’accusa di aver preso parte a un complotto iraniano per assassinare alti funzionari, tra cui il primo ministro Beniamino Netanyahu, hanno affermato le autorità dello Stato Ebraico.

 

L’uomo, un ebreo di 73 anni, è stato arrestato il mese scorso, ma l’agenzia di sicurezza israeliana Shin Bet ha reso pubblici i dettagli del caso solo giovedì. Secondo gli investigatori, il sospettato, residente ad Ashkelon, si è recato in Iran due volte e ha accettato denaro per agire come agente iraniano.

 

Il sospettato aveva vissuto a lungo in Turchia e aveva legami commerciali e sociali con cittadini turchi e iraniani, hanno affermato le autorità. Tramite due dei suoi contatti turchi, avrebbe accettato di incontrare un «uomo d’affari che viveva in Iran di nome Eddy» ad aprile, ha affermato lo Shin Bet. Il 73enne alla fine si è recato in Iran dove avrebbe incontrato funzionari della sicurezza iraniani.

 

Da quel momento in poi, all’uomo sarebbero stati assegnati incarichi come depositare denaro e armi in luoghi specifici, raccogliere informazioni e contattare altri cittadini israeliani, ha affermato lo Shin Bet.

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Ad agosto, il sospettato si sarebbe recato in Iran per la seconda volta, dove gli è stato ordinato di «promuovere attacchi di assassinio» contro Netanyahu, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il capo dello Shin Bet Ronen Bar, ha affermato l’agenzia di sicurezza.

 

Secondo lo Shin Bet, l’anziano israeliano avrebbe richiesto 1 milione di dollari in anticipo per la sua partecipazione, richiesta respinta dall’Intelligence iraniana. Tuttavia, avrebbe accettato 5.000 euro per aver partecipato agli incontri.

 

L’avvocato dell’accusato ha affermato che il suo cliente aveva commesso un «errore di giudizio nel contesto della sua attività» e ha osservato che aveva già fornito un notevole aiuto ai servizi di sicurezza israeliani.

 

Israele e Iran si sono ripetutamente accusati a vicenda di aver orchestrato omicidi nei rispettivi territori. Di recente, il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh è stato assassinato durante una visita a Teheran a luglio. La Repubblica islamica ha incolpato Israele per la morte di Haniyeh, promettendo vendetta vera. Israele, comme d’habitude, non ha né confermato né negato il coinvolgimento.

 

Come riportato da Renovatio 21, mesi fa Teheran ha arrestato e giustiziato tre presunte spie del Mossad. Israele in primavera aveva ucciso un generale iraniano di altissimo grado nell’ambasciata di Damasco.

 

Tre settimane fa la Turchia aveva annunciato l’arresto di un agente del Mossad a Istanbul.

 

Erdogan tre mesi fa ha fatto un appello a tutti i musulmani per unirsi contro Israele. La Turchia il mese scorso ha aderito alla causa per genocidio contro Israele alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia. Il commercio tra i due Paesi, dopo episodi di vera guerra economicasono stati sospesi.

 

Israele ha risposto che Erdogan potrebbe far la fine di Saddam Hussein. Nell’ultima provocazione, un mese fa, l’Erdogano ha dichiarato che la Turchia potrebbe invadere Israele, e di considerare gli USA complici dei crimini di guerra dello Stato Ebraico.

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 Immagine di U.S. Embassy Jerusalem via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine tagliata.

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Terrorismo

Jihadisti francesi attaccano le forze governative siriane

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Le nuove autorità siriane hanno lanciato un’ampia operazione militare contro le forze jihadiste straniere rimaste nella provincia nord-occidentale di Idlib, con particolare attenzione ai militanti di origine francese.   Il governo damasceno ha dichiarato che questi gruppi, che in passato hanno contribuito a rovesciare l’ex presidente Bashar Assad, costituiscono ora una minaccia alla sicurezza.   Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), con sede nel Regno Unito, gli scontri sono scoppiati durante un assalto notturno delle forze governative a un campo noto come «campo francese» nella città di Harem, a ovest di Idlib. Entrambe le parti avrebbero subito perdite, ma il numero esatto di vittime non è stato confermato. Almeno due jihadisti sono stati catturati. Secondo le autorità, il campo sarebbe gestito da combattenti stranieri guidati da Omar Omsen, un cittadino francese di origini senegalesi.   Il Servizio di Sicurezza Generale siriano ha specificato che l’obiettivo era arrestare Omsen e ripristinare la stabilità nella regione. Un canale Telegram legato ai jihadisti ha diffuso una dichiarazione del loro leader, che accusava il governo di collaborare con gli Stati Uniti e una «coalizione internazionale» per eliminare i militanti stranieri in Siria, minacciando Damasco di rappresaglie jihadiste e citando il supporto di altri gruppi militanti stranieri.  

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Un articolo del Washington Post dello scorso maggio riferisce che il governo del presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, precedentemente conosciuto come il terrorista jihadista al-Jolani, legato ad al-Qaeda e ISIS, sta affrontando minacce dalle stesse forze che lo hanno insediato al potere a novembre.   Secondo un rapporto di Le Monde del 2023, circa 200 cittadini francesi, tra combattenti e loro familiari, si sono stabiliti a Idlib dopo il collasso dello Stato Islamico nel 2019, descritti come «jihadisti francesi irriducibili».   Il WaPo a maggio riportava che «militanti sunniti estremisti» hanno compiuto stragi di alawiti sulla costa siriana a marzo, causando almeno 1.300 morti, con altre migliaia morti nei mesi successivi.   Come noto, anche i cristiani sono oggetto di continue violenze assassine e genocide da parte dei takfiri jihadisti che perseverano nella loro opera di cruenta persecuzione, tra esecuzioni di donne cristiane e bombe nelle chiese, mentre diviene sempre più chiaro che la sharia è l’unica legge del Paese un tempo laico.   Alcuni di questi gruppi jihadisti hanno poi rivolto la loro ostilità contro al-Jolani, specialmente dopo il suo incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha portato alla rimozione delle sanzioni contro la Siria, ma lo ha fatto apparire come un «infedele» agli occhi dei radicali.  

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Terrorismo

Episodio di terrorismo a Belgrado

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Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha descritto la sparatoria di mercoledì vicino all’Assemblea nazionale di Belgrado come un «terribile attacco terroristico». Un uomo di 70 anni avrebbe aperto il fuoco nella capitale serba e dato fuoco a una tenda.

 

L’autore, identificato come Vladan Andelkovic, è stato arrestato. Secondo i resoconti, ha ferito un uomo di 57 anni, Milan Bogdanovic, sparandogli e ha poi incendiato una tenda dei sostenitori del presidente Vucić davanti all’Assemblea nazionale. Kurir ha riportato che il sospettato ha anche gettato munizioni tra le fiamme.

 

La vittima, colpita alla coscia, non ha subito ferite gravi. I vigili del fuoco hanno domato l’incendio, mentre la polizia ha isolato l’area e avviato un’indagine.

 

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In un discorso televisivo, Vucic ha condannato l’episodio come un «attacco terroristico contro persone e proprietà», dichiarando che il sospettato aveva acquistato benzina per appiccare intenzionalmente il fuoco alla tenda, con l’obiettivo di seminare paura. Vučić ha mostrato un video in cui Andelkovic afferma di aver agito con intenti suicidi: «L’occupazione del centro città mi infastidisce. Ho dato fuoco alla tenda con la benzina», si sente nella registrazione.

 

«Volevo che mi uccideste perché non posso più vivere», ha aggiunto l’uomo.

 

Tuttavia, Vucic ha suggerito che l’uomo potrebbe aver «finto di essere pazzo», sottolineando che il suo passato nelle forze di sicurezza indica una piena consapevolezza delle sue azioni. «Questa persona e i suoi eventuali complici saranno puniti severamente», ha promesso.

 

Il presidente ha poi invitato a evitare reazioni impulsive: «Ho visto la rabbia causata da questo episodio, alcuni oppositori dei bloccanti vogliono radunarsi, ma chiedo loro di non farlo. La vendetta non porta a nulla di buono. Non deve esserci vendetta, e metto in guardia tutti dal cercarla».

 

 

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Terrorismo

Preparavano un altro attentato a Trump?

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Il direttore dell’FBI Kash Patel ha dichiarato domenica 19 ottobre a Fox News che i Servizi Segreti (USSS) hanno individuato una «postazione di caccia» con vista diretta sull’uscita dell’Air Force One del presidente Donald Trump presso l’aeroporto internazionale di Palm Beach. L’FBI sta collaborando con l’USSS e le forze dell’ordine della contea di Palm Beach per le indagini.   Il Patel ha riferito che, fino a ieri, nessuna persona è stata vista o associata alla postazione sopraelevata. Secondo una fonte anonima delle forze dell’ordine citata da Fox, la postazione, situata su un ramo d’albero, sembra essere stata preparata «mesi fa».     Tuttavia, il capo delle comunicazioni dell’USSS, Anthony Guglielmi, ha precisato che gli agenti hanno scoperto la postazione giovedì 16 ottobre durante i «preparativi di sicurezza avanzati» per l’arrivo di Trump a Palm Beach. «Non ci sono state ripercussioni sui movimenti e nessuna persona era presente o coinvolta nel luogo», ha dichiarato Guglielmi a Fox News.   «Sebbene non possiamo fornire dettagli sugli oggetti specifici o sul loro scopo, questo incidente evidenzia l’importanza delle nostre misure di sicurezza a più livelli», ha aggiunto. SOSTIENI RENOVATIO 21
 
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