Spirito
Israele convoca il nunzio apostolico per i commenti del papa su Gaza
L’ambasciatore del Vaticano in Israele è stato convocato al ministero degli Esteri dello Stato Ebraico dopo che Papa Francesco ha criticato la «crudeltà» degli attacchi aerei a Gaza, hanno riferito mercoledì diversi media israeliani.
Il Papa ha rinnovato l’appello per un cessate il fuoco a Gaza prima di Natale, sottolineando il bilancio delle vittime civili causate dagli attacchi aerei israeliani.
«Questa è crudeltà. Questa non è guerra. Volevo dirlo perché tocca il cuore», aveva detto l’argentino.
Secondo il sito web di notizie Ynet, l’arcivescovo Adolfo Tito Yllana è stato convocato per un colloquio con il direttore generale del Ministero degli Esteri Eyal Bar-Tal martedì. Bar-Tal ha condannato le osservazioni fatte dal papa, ma non ha formalmente rimproverato Yllana, si legge nel rapporto.
Il mese scorso Vatican News aveva pubblicato un estratto del prossimo messaggio del Papa in cui sosteneva che bisognava «indagare se a Gaza è in atto un genocidio».
Lo Stato degli ebrei ha respinto le accuse di genocidio da parte di stati e ONG, insistendo sul fatto che il gruppo militante palestinese Hamas ha usato i civili come scudi umani. «La crudeltà è che i terroristi si nascondano dietro i bambini mentre cercano di uccidere i bambini israeliani; la crudeltà è tenere in ostaggio 100 persone per 442 giorni, tra cui un neonato e dei bambini, da parte dei terroristi e abusarne», ha affermato il ministero degli Esteri in una dichiarazione il mese scorso.
«Purtroppo, il papa ha scelto di ignorare tutto questo», hanno detto i diplomatici israeliani. Il primo ministro Beniamino Netanyahu ha insistito sul fatto che l’operazione a Gaza continuerà finché Israele non eliminerà la minaccia di Hamas.
I rapporti tra Vaticano e Israele si sono intesiti negli anni.
Sono rimaste nella memoria di molti le immagini di Bergoglio che a Gerusalemme bacia le mani ai sopravvissuti dell’Olocausto.
Nel 2014 Bergoglio in visita fu condotto da Netanyahu ad omaggiare tomba di Teodoro Herzl, padre del sionismo. Come abbiamo ricordato su Renovatio 21, Herzl nel 1903 era riuscito ad ottenere un’udienza con papa Pio X, a cui chiese aiuto per il ritorno di uno Stato Ebraico in Palestina. Il Santo rispose con un sereno, cordiale, netto «no».
«Sostenere gli ebrei nell’acquisizione dei Luoghi Santi, quello non possiamo farlo» disse San Pio X al fondatore del sionismo, rifiutando l’idea di un ritorno degli ebrei nelle terre di Gesù.
«Noi, e io come il capo della Chiesa, non possiamo fare questo. Ci sono due possibilità. O gli ebrei si aggrappano alla loro fede e continuano ad attendere il Messia che, per noi, è già apparso. In questo caso essi non faranno che negare la divinità di Gesù e noi non li possiamo aiutare. Oppure vanno lì senza alcuna religione, e allora potremo essere ancora meno favorevoli a loro».
«La religione ebraica è il fondamento della nostra; ma è stata sostituita dagli insegnamenti di Cristo, e non possiamo concederle alcuna ulteriore validità. Gli ebrei, che avrebbero dovuto essere i primi a riconoscere Gesù Cristo, non l’hanno fatto fino ad ora» proseguì il santo romano pontefice.
«Il nostro Signore è venuto senza potere. Era povero. È venuto in pace. Non ha perseguitato nessuno. È stato perseguitato».
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«È stato abbandonato anche dai suoi apostoli. Solo più tardi è cresciuto in statura. Ci sono voluti tre secoli alla Chiesa per evolvere. Gli ebrei hanno avuto quindi il tempo di riconoscere la sua divinità, senza alcuna pressione. Ma non l’hanno fatto fino ad oggi».
Il lettore capisce da sé che Bergoglio è l’opposto speculare di San Pio X.
Non solo Netanyahu lo aveva capito: anche il ministero degli Esteri riuscì a trasformare Bergoglio in un cartone animato che faceva da pubblicità al turismo religioso in Israele, perché Israele è uno (è lo) Stato Ebraico, ma i soldi dei cristiani, dei goym, mica fanno schifo.
Guardate voi stessi il cartoon-spot giudeo-bergogliano: il papa in Terra Santa ci va con il passaporto, questo in realtà direbbe tutto. (Voci non verificate sostengono che nel 2009 gli israeliani lo avrebbero chiesto al pellegrino papa Ratzinger, nell’incredulità e nello sdegno dei cattolici – sullo sfondo gli addetti ai livori ricordano la preghiera del Venerdì Santo e per la revoca della scomunica ai vescovi della Fraternità San Pio X.)
Tuttavia, nemmeno la patente cedevolezza filo-giudaica del gesuita è bastata: tre anni fa già erano cominciati i nervosismi quando un manipolo di importanti rabbini si è scagliato con veemenza contro Bergoglio per una catechesi estiva dove aveva pontificato che «la Legge non è alla base dell’Alleanza perché è giunta successivamente, era necessaria e giusta ma prima c’era la promessa, l’Alleanza».
Secondo i religiosi talmudici, che scrissero una lettera riportata dai principali giornali italiani, tali parole porterebbero ad un ridimensionamento della Torah – parola ebraica che qualcuno traduce semplicemente come «legge». La Torah diverrebbe quindi obsoleta, niente più di una storia simbolica.
In pratica, ci pare di capire, i rabbini si scandalizzarono del fatto che il papa non predichi l’ebraismo.
Come riportato da Renovatio 21, dichiarazioni di un dipendente vaticano fatte ad un giornale italiano indicherebbero che accanto alla lobby gay che circonda il papa vi sarebbe anche una fazione fortemente filo-palestinese. Strano, visti i precedenti – tuttavia il rapporto, da qualche parte, si è guastato.
Quindi, la favola giudea si ripete: il gesuita è un altro Golem sfuggito al comando?
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Immagine screenshot da YouTube
Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Vos, purpurati martyres, Vos candidati præmio Confessionis, exsules Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio. Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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Spirito
Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
In una Nota sullo stile di Papa Leone XIV del 1° giugno 2025, pubblicata sul suo blog e riproposta da Sandro Magister su Settimo Cielo il 2 giugno, Leonardo Lugaresi, esperto di Padri della Chiesa, si sforza di «cogliere un aspetto dello stile di pensiero e di governo di Papa Leone XIV, che mi sembra emergere chiaramente nei suoi primi discorsi; un tratto che merita la massima attenzione per il suo valore paradigmatico, non solo nei contenuti ma anche, e direi soprattutto, nel metodo».
Questo stile, secondo lo studioso italiano, equivale a fare «giusto uso» della tradizione: «raccogliere ciò che c’è di buono in ogni persona, in ogni discorso, in ogni evento, e filtrare ciò che è cattivo».
Spiega: «Ma oggi sarebbe altrettanto sbagliato pretendere che spetti al papa compiere una sorta di “controriforma”. Se posso azzardare una previsione, credo che questo comunque non accadrà. Penso invece che da Leone XIV possiamo attenderci non tanto delle correzioni esplicite o delle formali ritrattazioni di certi aspetti ambigui, confusi e in qualche caso problematici del precedente pontificato, quanto un loro “giusto uso” che, se così posso esprimermi, li “rimetta al loro posto”».
E illustra il suo punto con un esempio: «ad alcuni è dispiaciuto che nel discorso del 19 maggio ai rappresentanti delle altre chiese e di altre religioni papa Leone abbia citato la controversa Dichiarazione di Abu Dhabi».
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«È vero che quel documento contiene il passaggio forse più “problematico” del pontificato di Francesco, perché vi si trova un’affermazione circa la volontà divina che gli uomini aderiscano a religioni diverse dalla fede cristiana che è pressoché impossibile interpretare in modo compatibile con la dottrina cattolica».
«Tuttavia, da parte di chi è ben saldo nella certezza (scritturistica e tradizionale!) che tutti gli uomini sono chiamati a convertirsi a Cristo, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4, 12), si può benissimo citare un altro passo, del tutto innocuo, di quello stesso documento, proprio nella logica che ho cercato di descrivere;»
«È anche in questo modo, io spero, che si realizzerà una sorta di ‘riassorbimento dell’eccezione bergogliana’ nel corpo vivo della tradizione»
«Ah! Con quanta galanteria vengono espresse queste cose!» [Molière, Il Misantropo, Atto I, Scena 2] Le affermazioni eretiche diventano “eccezioni” che devono essere «riassorbite”, diluite in affermazioni “innocenti” per renderle accettabili al «corpo vivo della tradizione»! Con un simile regime, c’è da temere che questo corpo non rimanga vivo a lungo! Ci si può accontentare di «filtrare» l’errore senza rifiutarlo esplicitamente?
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Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale».
Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”».
«Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]»
«Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina».
Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)»
«Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»
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«La questione che il Magistero della Chiesa è ora chiamato a risolvere è questa: questa proposizione è vera o falsa? Se è falsa, deve essere condannata, con tutte le conseguenze che ne conseguono».
Pertanto, un uso sapiente della «tradizione vivente» per assorbire le «eccezioni bergogliane» sembra non solo insufficiente, ma soprattutto pericoloso. Anche in questo caso, solo il futuro potrà dirlo. E il futuro appartiene a Dio.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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