Geopolitica
Israele arma nuove milizie anti-Hamas a Gaza
La scorsa settimana la stampa israeliana ha riferito della presenza di due nuovi gruppi armati sostenuti da Israele che operano contro Hamas nella Striscia di Gaza. Lo riporta The Cradle.
Secondo l’agenzia di stampa israeliana Ynet, «un gruppo è attivo a Gaza City e l’altro a Khan Yunis», dove è attualmente presente l’esercito israeliano.
Ynet aveva precedentemente riportato, citando fonti affiliate all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che «nuove milizie allineate a Fatah avrebbero presto iniziato le operazioni nella Striscia». Le stesse fonti hanno dichiarato questa settimana all’agenzia di stampa che «si tratta degli stessi gruppi che ora si coordinano direttamente con le IDF», ed entrambi ricevono stipendi dall’ANP.
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Uno dei gruppi ha sede nel quartiere di Shujaiya a Gaza City, un’area storicamente nota come focolaio di resistenza, dove le forze israeliane si stanno preparando a intensificare le operazioni. Questa fazione sarebbe connessa a Rami Halles, un attivista anti-Hamas di Gaza legato al partito Fatah dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Il clan Halles ha avuto ostilità con Hamas fin dalla presa di potere di Gaza da parte del movimento islamista, anni fa. «Halles e i suoi uomini sono pesantemente armati e ora ricevono protezione e copertura operativa da Israele», affermano fonti citate da Ynet.
La seconda milizia, con sede nella città meridionale di Khan Yunis, sarebbe guidata da un uomo di nome Yasser Hnaidek, che «riceve aiuti israeliani – sia in armi che in forniture umanitarie – oltre a uno stipendio dall’Autorità Nazionale Palestinese». Secondo quanto circolato, anche lui proviene da una famiglia di Gaza legata a Fatah.
Hnaidek ha negato il suo coinvolgimento in qualsiasi organizzazione del genere. In un video diffuso sui social media giovedì, ha smentito le notizie diffuse dai media ebraici secondo cui avrebbe collaborato con Israele, affermando: «sono con la resistenza e il fronte interno a Gaza», aggiungendo che «Hamas sa chi sono».
🔻”Yasir Heneidaq” came out in a video denying the reports published in the “Israeli” “Yediot” journal accusing him of being the head of an “Israel”/Fatah backed militia in Khan Yunis fighting the resistance.
He denounced the reports.#Gaza https://t.co/1VqZaKYmHB pic.twitter.com/5b0qLHgNzP
— Kurdish Observer (@KurdishObserve) July 3, 2025
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Anche il clan Halles ha rilasciato una dichiarazione in cui nega «qualsiasi atto di tradimento o cooperazione con Israele».
Il reportage di Ynet segue le recenti informazioni su una gang sostenuta da Israele che opera nella città più meridionale di Rafah, guidata da Yasser Abu Shabab, legato a Fatah e, secondo quanto detto, presumibilmente legato anche all’ISIS.
«È stato confermato che Abu Shabab e il suo gruppo hanno ricevuto sostegno da Israele e sono responsabili del saccheggio di convogli di aiuti umanitari a Gaza» scrive The Cradle. «La banda è anche responsabile della ricognizione e della sicurezza del territorio in vista delle operazioni militari israeliane. Inoltre, Abu Shabab è stato accusato di traffico di droga».
Secondo una dichiarazione del ministero degli Interni di Gaza, gestito da Hamas, del 1° luglio, Hamas ha concesso ad Abu Shabab 10 giorni di tempo per arrendersi alle autorità con l’accusa di tradimento, ribellione armata e formazione di banda armata, altrimenti sarà processato in contumacia.
Verso la fine del 2024, il ministero degli Interni di Gaza, guidato da Hamas, ha istituito una forza di polizia nella Striscia, denominata Unità Freccia («Sahem»), con l’obiettivo di combattere i saccheggiatori di aiuti umanitari e le milizie legate a Israele.
Di recente sono scoppiati degli scontri tra l’Unità Freccia e questi militanti. Secondo quanto riportato, la milizia di Abu Shabab aveva dichiarato all’inizio di giugno 2025 che l’Unità Freccia aveva ucciso «oltre 50 dei nostri volontari, tra cui parenti del nostro leader, Yasser, mentre sorvegliavamo i convogli di aiuti e ridistribuivamo rifornimenti altrimenti destinati a entità corrotte legate ad Hamas».
Israele continua ad accusare Hamas di dirottare gli aiuti umanitari verso se stessa, un’accusa che l’ONU ha pubblicamente respinto.
La politica classica del divide et impera di Israele potrebbe essere all’opera sia che questi sostegni rispondano al vero sia che siano un’invenzione dei servizi dello Stato Ebraico data in pasto ai giornali per generare tensioni tra le fila del nemico.
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Immagine di Ramallah nel 2007 di Hoheit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Germany
Geopolitica
Truppe israeliane subiscono perdite in un’incursione in Siria
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🚨 IDF releases footage of counterterror raid in southern Syria that ended in arrests and a fierce firefight
The IDF has published video showing the arrest of two members of the al-Jama’a al-Islamiyya terror organization in the village of Beit Jinn overnight, along with a clash… pic.twitter.com/eoh20Xsn41 — Israel War Room (@IsraelWarRoom) November 28, 2025
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Geopolitica
Trump «molto soddisfatto» della nuova leadership siriana
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso «grande compiacimento» per l’operato del nuovo esecutivo siriano insediatosi al potere.
Una coalizione capitanata dal fronte jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), affiliato regionale di Al-Qaeda, ha espugnato Damasco e spodestato il trentennale capo di Stato Bashar al-Assad alla fine dello scorso anno.
«Gli Stati Uniti sono estremamente soddisfatti dei progressi conseguiti» dopo l’ascesa al governo, ha proclamato Trump lunedì su Truth Social.
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Il neopresidente siriano Ahmed al-Sharaa, ex comandante dell’HTS conosciuto come al-Jolani, «si prodiga con impegno affinché si verifichino sviluppi positivi e che Siria e Israele instaurino un legame duraturo e fruttuoso», ha precisato.
È essenziale che Gerusalemme «non ostacoli la metamorfosi della Siria in una nazione fiorente», ha aggiunto Trump.
Qualche giorno prima, testate israeliane avevano reso noto che le Forze di difesa (IDF) avevano subito perdite in uno scontro con miliziani armati nel meridione siriano, dove l’anno scorso Israele ha annesso una fascia territoriale adiacente alle alture del Golan sotto occupazione.
Di recente, l’area ha ospitato pure azioni coordinate tra Stati Uniti e Siria. Le truppe americane e il dicastero dell’Interno siriano hanno smantellato oltre 15 magazzini di armamenti e narcotici riconducibili all’ISIS nel sud della nazione la settimana scorsa, come comunicato domenica dal Centcom.
Al-Sharaa ha ribadito il proprio impegno contro lo Stato Islamico nel corso della sua visita a Washington all’inizio del mese.
Dall’insediamento dei jihadisti nella stanza dei bottoni damascena ondate di violenza interconfessionale si sono ripetute, con migliaia di persone delle minoranze druse, alawite e cristiane uccise senza pietà.
Jolani, ex comandante jihadista legato ad Al-Qaeda e in passato nella lista nera del governo statunitense che aveva posto su di lui una taglia da 10 milioni di dollari, ha destituito il leader storico siriano Bashar Assad nel dicembre 2024. Da allora si è impegnato a ricostruire il Paese devastato dalla guerra e a tutelare le minoranze etniche e religiose.
Nonostante le promesse di al-Jolani di costruire una società «inclusiva», il suo governo «luminoso e sostenibile» è stato segnato da ondate di violenza settaria contro le comunità druse e cristiane, suscitando la condanna degli Stati Uniti.
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Pochi giorni prima della visita di Jolani alla Casa Bianca, Stati Uniti, Gran Bretagna e Nazioni Unite hanno rimosso al-Sharaa/ Jolani dalle rispettive liste di terroristi. Lunedì, Washington ha prorogato per altri 180 giorni la sospensione delle sanzioni, mentre la Siria cerca di normalizzare i rapporti bilaterali e ampliare la cooperazione in materia di sicurezza. Trump aveva ordinato una revisione della de-designazione come «terrorista» del Jolani ancora quattro mesi fa, all’altezza del loro primo incontro a Riadh.
Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa, proprio a ridosso dell’anniversario della megastrage delle Due Torri, al-Jolani visitò Nuova York per la plenaria ONU, venendo ricevuto in pompa magna dal segretario di Stato USA Marco Rubio e dall’ex generale americano, già direttore CIA, David Petraeus.
Come riportato da Renovatio 21, al-Jolani sta incontrando alti funzionari israeliani in un «silenzioso» sforzo di normalizzazione dei rapporti tra Damasco e lo Stato degli ebrei in stile accordi di Abramo.
Intanto, i massacri sono vittime dei massacri takfiri della «nuova Siria».
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Geopolitica
Papa Leone dice che l’unica soluzione è uno Stato palestinese
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