Geopolitica
Indo-Pacifico, «offensiva» militare di Pechino all’ombra della crisi ucraina
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Siglata intesa militare con la Cambogia. Concluso un discusso accordo di sicurezza con le Isole Salomone. Australia: la Cina ha stabilito 20 punti di presenza militare nel Mar Cinese meridionale, potrebbe fare lo stesso nel Sud Pacifico. Pechino ha militarizzato anche aree contese sul confine himalayano.
All’ombra dell’invasione russa dell’Ucraina, la Cina ha lanciato una «offensiva» militare nell’Indo-Pacifico. Ieri le autorità militari cinesi e quelle cambogiane hanno firmato un memorandum d’intesa. Secondo molti osservatori è un’ulteriore mossa del gigante asiatico per rafforzare la sua posizione nel sud-est asiatico di fronte alla crescente competizione geopolitica con gli Stati Uniti.
Il generale Liu Zhenli, comandante delle forze terrestri dell’Esercito popolare di liberazione (PLA), ha siglato l’accordo con Hun Manet, vice capo dell’esercito cambogiano e figlio del premier Hun Sen (e suo probabile successore).
Le due parti non hanno rivelato il contenuto del documento; il ministero cinese della Difesa ha sottolineato però che negli ultimi anni Pechino e Phnom Penh hanno ampliato la loro cooperazione militare in ambiti come esercitazioni e addestramenti congiunti, comunicazione strategica e scambi di personale.
In larga parte la Cambogia dipende economicamente dalla Cina.
I rapporti tra il governo cambogiano e gli USA si sono deteriorati in modo evidente dopo che nel 2019 resoconti di stampa hanno rivelato l’esistenza di un patto segreto tra Pechino e Phnom Penh. Esso darebbe alla Marina cinese l’uso esclusivo di parti della base navale cambogiana di Ream, sul Golfo di Thailandia. I cinesi negano, ma Washington ha imposto poi un embargo sulla vendita di armi alla Cambogia.
L’intesa sino-cambogiana arriva quasi in contemporanea con l’annuncio della conclusione di una bozza di accordo di sicurezza tra Pechino e le Isole Salomone. Anche in questo caso i termini precisi del documento devono essere ancora rivelati. Esso assicurerebbe alle navi da guerra cinesi il diritto di effettuare scali e operazioni di rifornimento nei porti dell’arcipelago.
Il premier delle Salomone, Manasseh Sogavare, ha voluto oggi precisare che il patto non prevede la concessione a Pechino di una base navale nella nazione del Sud Pacifico.
Australia, Nuova Zelanda e Usa hanno espresso preoccupazione per la decisione di Honiara, sottolineando che essa avrà un impatto sulla sicurezza regionale.
Peter Dutton, ministro australiano della Difesa, ha ricordato che la Cina ha stabilito 20 punti di presenza militare nel Mar Cinese meridionale, malgrado la sua assicurazione che non avrebbe militarizzato la regione. Canberra teme che Pechino voglia fare lo stesso nelle isole del Pacifico meridionale.
Nei giorni scorsi l’ammiraglio John C. Aquilino, comandante del Comando USA nell’Indo-Pacifico, ha dichiarato che i cinesi hanno trasformato tre banchi coralliferi nel Mar Cinese meridionale (Mischief, Subi e Fiery Cross) in veri e propri avamposti militari.
Pechino ha pretese territoriali su quasi tutto lo specchio d’acqua, una posizione respinta – con il sostegno di Washington – da Vietnam, Malaysia, Filippine, Taiwan, Brunei e in parte Indonesia, e giudicata senza fondamento da un tribunale internazionale.
La pressione militare di Pechino cresce anche sul continente. Fonti governative cinesi hanno riferito che lo scorso mese il PLA ha completato la costruzione di 624 villaggi in aree contese o conquistate sul confine himalayano.
Secondo l’analista strategico indiano Brahma Chellaney, la militarizzazione di centri abitati in territori rivendicati da India, Bhutan e Nepal è l’equivalente terrestre di quanto i cinesi fanno nel Mar Cinese meridionale.
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Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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