Geopolitica
India, muore cristiano bruciato con l’acido. Per la polizia è «suicidio»
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Ragazzo di 14 anni aveva ustioni sul 70% del corpo. Cristiani della zona in cui viveva raccontano di ripetute intimidazioni da parte dei fondamentalisti indù, ma le autorità non vogliono indagare. Il vescovo Sarat Chandra Nayak: «Dalit e cristiani, due volte perseguitati».
Un ragazzo dalit cristiano di 14 anni è morto nello Stato indiano del Bihar per le conseguenze di un’aggressione con l’acido. La polizia, però, preme per classificare l’episodio come un «suicidio», per non indagare su un probabile movente legato all’estremismo indù.
A denunciare la vicenda è stato il quotidiano The Telegraph India che ha raccolto la storia di Nitish Kumar, uno studente dell’ottava classe del distretto di Gaya.
Nitish è morto domenica in un ospedale di Patna dopo aver lottato per più di un mese con le gravi ustioni riportate su più del 70% del corpo.
La polizia preme per classificare l’episodio come un «suicidio», per non indagare su un probabile movente legato all’estremismo indù
Nonostante il decesso le autorità non hanno voluto aprire alcuna indagine, sostenendo che il ragazzo si sia dato fuoco dopo un litigio in famiglia «dovuto al taglio dei capelli».
Il fratello maggiore Sanjeet racconta però un’altra verità, fatta di minacce sempre più gravi ricevute negli ultimi mesi dai fondamentalisti indù. E di sconosciuti che la mattina dell’11 agosto – mentre insieme stavano andando a comprare della verdura – avrebbero gettato da una motocicletta dell’acido contro il ragazzo.
Il padre è un conducente di rickshaw nel villaggio di Kamta Nagar che cinque anni fa è diventato cristiano insieme a tutta la sua famiglia.
Giunti in ospedale insieme a Nitish anche i genitori erano terrorizzati. Sapendo che la polizia aveva rifiutato di aprire un’inchiesta, anche dopo la morte hanno chiesto il corpo per procedere immediatamente alla sepoltura nonostante la legge preveda l’autopsia obbligatoria in caso di decesso innaturale.
Il proprietario dell’ospedale, Kamod Narayan Tiwary, sostiene di aver informato la polizia che però avrebbe risposto di non voler essere coinvolta nel caso. A quel punto avrebbe dato il via libera alla sepoltura.
Le autorità non hanno voluto aprire alcuna indagine, sostenendo che il ragazzo si sia dato fuoco dopo un litigio in famiglia «dovuto al taglio dei capelli»
Nel distretto di Gaya anche altri cristiani hanno confermato a The Telegraph India che la famiglia di Nitish e altre persone hanno ricevuto minacce da gente che «indossa sciarpe color zafferano» (l’abbigliamento tipico dei fondamentalisti indù, ndr).
«Abbiamo paura di andare a denunciare alla polizia – ha detto uno di loro sotto anonimato – perché le nostre case, terre e attività sono qui».
«La libertà religiosa – commenta ad AsiaNews p. Devasagayaraj M. Zackarias, già segretario nazionale dell’ufficio per le caste svantaggiate della Conferenza episcopale indiana – è ormai a rischio in India sotto il governo del BJP [Bharatiya Janata Party, il partito induista al governo, ndr]. Gettare dell’acido contro un minore dalit cristiano è una barbarie e la sua famiglia è tuttora minacciata. Occorre al più presto protezione e giustizia per questa morte».
La famiglia di Nitish e altre persone hanno ricevuto minacce da gente che «indossa sciarpe color zafferano» (l’abbigliamento tipico dei fondamentalisti indù)
Il vescovo Sarat Chandra Nayak, presidente dell’ufficio per le caste svantaggiate della Conferenza episcopale indiana, aggiunge ad AsiaNews:
«Da tante fonti sappiamo che nel Bihar e nell’Uttar Pradesh ci sono molti dalit cristiani attaccati per la loro fede con omicidi, stupri, assalti e intimidazioni. I dalit sono almeno la metà della popolazione cristiana e soffrono per questo accresciuto livello di violenza che nei loro confronti è una doppia discriminazione. Il governo e la polizia dovrebbero prestare più attenzione alle sofferenze dei dalit, dei dalit cristiani e dei tribali. Devono proteggere i più vulnerabili e non negare nei fatti l’immagine dell’India come Paese democratico che promuove lo sviluppo di tutti».
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Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondola stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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Immagine da Twitter
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