Politica
India, figlio di politico della destra indù sul SUV che uccide contadini in protesta
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Gli inquirenti indagano sugli scontri di domenica che hanno portato alla morte di 9 persone in Uttar Pradesh. Sul convoglio federale che ha investito il corteo degli agricoltori viaggiava il figlio del vice-ministro degli Interni. Associazione rurale cattolica: «Repressione inaccettabile da parte del governo».
Non si placano le proteste nel distretto di Lakhimpur Kheri, nello stato dello Uttar Pradesh (Nord dell’India) dopo che domenica un convoglio di auto del ministero federale, a bordo delle quali viaggiava anche Ashish Mishra, figlio del vice-ministro degli interni indiano, Ajay Mishra, ha travolto e investito i contadini in protesta provocando violenti scontri tra agricoltori e sostenitori del BJP (partito nazionalista indù al governo).
Sono state avanzate accuse di «violenza premeditata» e «cospirazione ben pianificata»
In nove persone sono morte; quattro di queste rimaste schiacciate dal passaggio dei SUV governativi. Secondo i testimoni, su una delle auto in fuga che hanno falciato i contadini era seduto al posto del passeggero Ashish Mishra.
Da giorni in India si sta cercando di ricostruire la dinamica dell’incidente e dei disordini. Sono state avanzate accuse di «violenza premeditata» e «cospirazione ben pianificata» come sostengono diversi testimoni presenti che hanno accusato il figlio di Mishra di essersi recato sul posto accompagnato da 15-20 uomini armati con l’intento specifico di creare disordine.
Sul web sono anche comparsi video che proverebbero della violenza degli scontri e della corsa incontrollata dei SUV federali contro il corteo dei manifestanti.
Sul web sono anche comparsi video che proverebbero della violenza degli scontri e della corsa incontrollata dei SUV federali contro il corteo dei manifestanti.
Intanto, Prashant Kumar, direttore generale aggiunto della polizia per la legge e l’ordine in Uttar Pradesh, ha dichiarato di aver registrato due denunce sulle violenze. Una di queste è proprio contro Ashis Mishra. Nel FIR (First Information Report) iniziale depositato nei giorni scorsi il figlio del ministro viene accusato di omicidio e morte procurata per negligenza.
Le proteste dei contadini, in risposta alla riforma agraria approvata nel settembre 2020, vanno avanti da quasi un anno con continui scioperi e occupazione di linee ferroviarie e autostrade.
«Il governo ha promesso tutto alle grosse aziende – ha proseguito – come pretendono che ora i piccoli agricoltori tornino a fidarsi dei leader politici? Questa lotta non è solo per la sopravvivenza dei contadini, ma per la sopravvivenza di tutta l’India»
La riforma, attualmente sospesa dalla Corte Suprema, ha come obiettivo quello di liberalizzare il mercato agricolo, consentendo ai produttori di vendere i propri prodotti a qualsiasi acquirente e ad ogni prezzo; in questo modo, il mercato non sarebbe più regolamentato e controllato a livello statale, sfavorendo i piccoli proprietari di appezzamenti e facilitando le vendite alle grandi aziende.
In queste ore, anche i movimenti degli agricoltori cattolici indiani hanno espresso solidarietà alle proteste dei contadini nello Uttar Pradesh.
«Condanniamo fermamente il modo brutale con cui il governo continua a reprimere gli agricoltori in protesta», ha dichiarato Joy Kannanchira, presidente del movimento «We Farm» del Kerala.
«Il governo ha promesso tutto alle grosse aziende – ha proseguito – come pretendono che ora i piccoli agricoltori tornino a fidarsi dei leader politici? Questa lotta non è solo per la sopravvivenza dei contadini, ma per la sopravvivenza di tutta l’India».
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Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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