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Stragi

Incendio uccide dieci neonati in un ospedale indiano

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Un devastante incendio in un ospedale pubblico di Jhansi, nello stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, nell’India settentrionale, ha causato la morte di almeno dieci neonati e il ferimento di oltre una decina di altre persone.

 

Secondo alcune prime ipotesi, l’incendio potrebbe essere stato innescato da un cortocircuito all’interno di un concentratore di ossigeno, che ha creato caos mentre il personale ospedaliero tentava di evacuare i pazienti dall’unità di terapia intensiva neonatale.

 

L’incendio è scoppiato venerdì sera, avvolgendo rapidamente l’unità e diffondendosi ad altre aree della struttura, secondo quanto riportato dai media locali. I vigili del fuoco hanno combattuto le fiamme per diverse ore prima di riportare la situazione sotto controllo.

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Circa 35 neonati sono stati tratti in salvo e dieci sono stati dichiarati morti a causa dell’inalazione di fumo e delle gravi ustioni; altri 16 stanno ancora lottando per la vita, fino alle prime ore di sabato mattina.

 


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In un video impressionante che circola sui social media, si vedono delle persone che aiutano i vigili del fuoco a salvare i neonati.

 

 

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Le autorità locali e la direzione dell’ospedale stanno affrontando un esame approfondito a seguito dell’incidente. Il direttore sanitario dottor Vivek Kumar ha dichiarato che i protocolli di sicurezza saranno rivisti per prevenire future tragedie.

 

«Siamo profondamente addolorati per questo incidente e ci impegniamo a garantire la sicurezza di tutti i pazienti», ha affermato, riporta il Times of India.

 

Il governo dell’Uttar Pradesh ha annunciato un pacchetto di risarcimenti per le famiglie colpite e si è impegnato a condurre un’indagine approfondita.

 


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Il vice capo ministro dell’Uttar Pradesh Brajesh Pathak ha definito la morte dei neonati «molto sfortunata», mentre molti sono ancora impegnati nell’identificazione dei corpi.

 

«La causa dell’incendio verrà indagata», ha affermato. «Se si troveranno delle lacune, i responsabili saranno sottoposti a misure severe e nessuno sarà risparmiato. Il governo è al fianco delle famiglie dei bambini».

 

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha espresso le sue condoglianze in seguito al tragico incendio sulla X: «Straziante! L’incidente è davvero angosciante. Le mie più sentite condoglianze alle famiglie che hanno perso i loro figli innocenti. Prego che Dio conceda loro la forza di sopportare questa immensa perdita».

 

Modi ha sottolineato che l’amministrazione locale, con il sostegno del governo statale, sta compiendo ogni sforzo per prestare soccorso e salvare la popolazione.

 

Il leader politico dell’opposizione Akhilesh Yadav, a capo del partito Samajwadi, ha affermato che la tragedia è stata «chiaramente un caso di negligenza da parte della direzione medica e dell’amministrazione o dell’uso di concentratori di ossigeno di scarsa qualità».

 

Yadav ha aggiunto che «tutti gli individui responsabili dovrebbero affrontare azioni punitive. Il primo ministro dovrebbe concentrarsi sul deterioramento dei servizi sanitari e medici invece di fare campagne elettorali e fare false affermazioni sul fatto che tutto vada bene».

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Non si tratta del primo tragico evento di questo tipo consumatosi in India in questi mesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, all’inizio di quest’anno, un enorme incendio al Baby Care Newborn Hospital di Nuova Delhi aveva ucciso almeno sette neonati ferendone altri cinque.

 

Secondo i vigili del fuoco, l’ospedale aveva violato le norme di sicurezza antincendio. Anche in quel caso, l’incendio è stato causato da un cortocircuito in un generatore ed è stato amplificato dopo aver raggiunto oltre due dozzine di bombole di ossigeno conservate nell’ospedale.

 

Un ulteriore incendio aveva colpito un parco di divertimenti.

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Stragi

Violenti scontri in Siria

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  Lunedì sera sono scoppiati violenti scontri ad Aleppo tra combattenti curdi, inclusi membri delle Forze Democratiche Siriane (SDF), e le forze governative. Lo riportano diversi organi di stampa internazionali.   La North Press Agency ha riportato che almeno sette persone sono morte e decine sono rimaste ferite negli scontri a fuoco. L’agenzia ha aggiunto che i residenti di diversi quartieri di Aleppo hanno protestato contro il governo.   Al Arabiya ha citato il ministero della Difesa siriano, secondo cui il governo «si stava muovendo nell’ambito del suo piano di ridispiegamento». «Siamo vincolati al nostro accordo con le SDF e non abbiamo alcuna intenzione di condurre alcuna operazione militare», ha dichiarato il Ministero.   Le SDF hanno attribuito gli scontri a «provocazioni delle fazioni del governo ad interim e dei loro tentativi di avanzare con i carri armati».   Ad aprile, il governo siriano e il consiglio locale dei quartieri curdi di Aleppo hanno siglato un accordo che pone questi ultimi sotto l’autorità di Damasco, garantendo però un certo grado di autonomia alle istituzioni curde.   Un ulteriore accordo prevedeva l’integrazione delle strutture civili e militari curde nel governo centrale entro la fine del 2025.      

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Le crescenti tensioni in Siria, dovute a mesi di conflitti tra gruppi minoritari e forze governative, hanno alimentato timori di escalation e frammentazione.   Dopo la rimozione del presidente Bashar Assad, fazioni islamiste avrebbero attaccato comunità minoritarie, tra cui alawiti, cristiani, curdi e drusi. Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa, già conosciuto come il terrorista jihadista al-Jolani, ha poi sottolineato che tutte le comunità saranno integrate sotto l’autorità centrale, affermando che «tutte le armi devono essere sotto il controllo dello Stato».   Come riportato da Renovatio 21, mesi fa si parlava di almeno un migliaio di morti negli scontro al Sud della Siria, e di purghe jihadiste camuffate da incendi in un massacro etno-religioso spaventoso.  

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Stragi

Centinaia di persone intrappolate sull’Everest. Tre persone uccise dai fulmini

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Circa mille escursionisti sono rimasti intrappolati sui versanti orientali del Monte Everest a causa di una tempesta di neve che ha bloccato le vie di accesso. Lo riporta la stampa cinese.

 

Le squadre di soccorso sarebbero al lavoro a un’altitudine di circa 5.000 metri.

 

Le intense nevicate, iniziate venerdì sera e proseguite fino a sabato, hanno coperto sentieri di montagna e campeggi a un’altitudine media di 4.200 metri. Le comunicazioni con alcune aree della montagna risultano, secondo quanto riferito, ancora limitate.

 

Le immagini video della scena mostrano decine di tende sepolte o distrutte sotto uno spesso strato di neve, mentre gli escursionisti avanzano a fatica tra alti cumuli di neve. Un gruppo di alpinisti procede con cautela accanto a veicoli coperti di neve, mentre altri improvvisano ripari temporanei.

 

 

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Centinaia di abitanti dei villaggi vicini e squadre di soccorso sono stati mobilitati per liberare l’accesso all’area rimuovendo la neve. La vendita dei biglietti e l’ingresso all’intera Everest Scenic Area sono stati sospesi da sabato sera.

 

Le avverse condizioni meteorologiche hanno colpito anche le aree residenziali ai piedi della montagna. Secondo Reuters, almeno 47 persone sono morte in Nepal da venerdì, a causa di inondazioni improvvise e frane provocate da forti piogge, che hanno bloccato strade e distrutto ponti.

 

Trentacinque vittime sono state registrate in diverse frane nel distretto orientale di Ilam, vicino al confine con l’India, mentre nove persone risultano ancora disperse dopo essere state travolte dalle acque alluvionali. Altre tre persone sarebbero state uccise da fulmini. Le autorità locali hanno emesso un allarme per il pericolo persistente, poiché il terreno instabile e la scarsa visibilità continuano a ostacolare le operazioni di soccorso.

 

L’Everest è da tempo considerato un luogo di overtourism, ossia saturato da turisti, in questo caso scalatori, che di fatto ne intasano i sentieri, come apparve chiaro in immagini circolate anni fa con un ingorgo di alpinisti sul monte.

 


 

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Catastrofi

Terremoto uccide oltre 60 persone nelle Filippine: le immagini

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Un forte terremoto ha colpito le Filippine centrali nella tarda serata di martedì, causando la morte di almeno 69 persone e il ferimento di molte altre, secondo quanto riferito mercoledì dalle autorità locali.   Le squadre di soccorso hanno lavorato per salvare i sopravvissuti intrappolati sotto le macerie, mentre le autorità si sono impegnate per ripristinare l’erogazione di acqua ed elettricità, interrotte dal sisma.   Il terremoto, di magnitudo 6,9, ha colpito la parte settentrionale di Cebu, vicino alla città costiera di Bogo, abitata da circa 90.000 persone, ed è stato seguito da quattro scosse di assestamento di magnitudo pari o superiore a 5,0.   I soccorritori, tra cui militari, polizia e volontari con escavatori e cani da ricerca, hanno setacciato le macerie per trovare superstiti. Le autorità hanno dichiarato lo stato di calamità in alcune aree di Cebu, dove il sisma ha causato il crollo di edifici, l’interruzione dell’energia elettrica e forti oscillazioni di un ponte, costringendo i motociclisti ad aggrapparsi alle ringhiere per non cadere.              

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  L’ospedale principale di Bogo è stato gravemente danneggiato dal terremoto superficiale che ha colpito la città, situata a soli 19 km dall’epicentro. Le autorità hanno avvertito che il numero delle vittime è destinato ad aumentare.   Secondo i funzionari locali incaricati della gestione delle catastrofi, oltre una dozzina di persone sono morte nella vicina Medellin a causa del crollo di soffitti e pareti delle loro abitazioni.   A San Remigio, cinque persone hanno perso la vita quando i muri sono crollati mentre cercavano di sfuggire da una partita di basket, come riportato dal sindaco Alfie Reynes ai media locali.   La governatrice di Cebu, Pamela Baricuatro, la cui provincia conta 3,4 milioni di abitanti ed è un’importante meta turistica, ha dichiarato che l’entità reale dei danni a Bogo e nelle città settentrionali limitrofe sarà chiara solo all’alba.   «Potrebbe essere peggio di quanto pensiamo», ha avvertito Baricuatro in un videomessaggio su Facebook.   L’Istituto Filippino di Vulcanologia e Sismologia ha emesso un’allerta tsunami, invitando i residenti di Cebu e delle province vicine di Leyte e Biliran a evitare le coste. L’allerta è stata successivamente revocata, non essendo stata rilevata alcuna attività ondosa anomala.   Il terremoto è avvenuto meno di una settimana dopo le tempeste consecutive Bualoi e Ragasa che hanno colpito la regione. Le Filippine, situate sulla «Cintura di Fuoco» del Pacifico, sono tra i Paesi più vulnerabili ai disastri naturali, frequentemente colpiti da terremoti ed eruzioni vulcaniche.

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