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Economia

Il tesoro di Draghi. Intervista a Giovanni Lazzaretti

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Renovatio 21 intervista Giovanni Lazzaretti, cofondatore e segretario amministrativo del Circolo Culturale «Jacques Maritain». Il signor Lazzaretti Ha seguito personalmente per il Circolo Maritain la realizzazione di 214 conferenze con 153 relatori. Una marea di valenti intellettuali, che ha avuto modo, oltre che presentare in conferenza, anche di incontrare a cena: Qui si è reso conto  dei loro pregi e anche ma anche di «buchi» statistico nella conoscenza di determinati temi. Il «buco» monetario gli è apparso il più diffuso e su questo, da 22 anni, si è impegnato a studiare ed approfondireLazzaretti pubblica ogni settimana dall’estate 2015 la rubrica «Taglio Laser» su giornali locali, sul sito del Centro Culturale il Faro e, per due anni, sul giornale diocesano di Trieste. Lo abbiamo raggiunto per fare il punto sull’attuale situazione di emergenza a livello economico, per comprendere meglio quali saranno gli scenari post-Coronavirus in Europa e in particolare in Italia. Anche le note in calce ci sono state specificate per iscritto dal signor Lazzaretti.

 

«Draghi sarebbe il vertice del disastro, ma vedo che il movimento è ben trasversale»

Lazzaretti, quindi il salvatore della nostra patria diventerà Mario Draghi?

Che avremo nuovamente a che fare con Mario Draghi (un rapporto con l’Italia che ha mosso i primi passi nel lontano 1983) sembra cosa ovvia.  Per me sarebbe il vertice del disastro, ma vedo che il movimento è ben trasversale, supportato dal Financial Times, dal Sole 24 ore, e anche da petizioni locali.

 

 

Perché non lo può essere?

Perché il Salvatore della Patria, se mai ne sono esistiti, è un tizio che arriva, contempla un disastro, cambia paradigma, e agisce con idee contrarie a quelle che il disastro l’hanno generato. Il nostro disastro si chiama neoliberismo.  In Italia se c’è un artefice operativo del neoliberismo questo è Mario Draghi.

 

«Perché il Salvatore della Patria, se mai ne sono esistiti, è un tizio che arriva, contempla un disastro, cambia paradigma, e agisce con idee contrarie a quelle che il disastro l’hanno generato. Il nostro disastro si chiama neoliberismo.  In Italia se c’è un artefice operativo del neoliberismo questo è Mario Draghi» 

–Draghi inizia nel 1983 come giovanissimo consigliere del giovane Ministro del Tesoro Giovanni Goria. 

–Draghi tra il 1984 e il 1990 è Direttore Esecutivo della Banca Mondiale. 

–Draghi dal 12 aprile 1991 al 23 novembre 2001 è direttore generale del Ministero del Tesoro, sotto 10 diversi governi. 

–Draghi dal 1993 al 2001 è anche presidente del Comitato Privatizzazioni. 

–Draghi dal 2002 al 2005 va ad “allenarsi” in Goldman Sachs. 

–Draghi il 16 gennaio 2006 diventa Governatore di Bankitalia (1). 

–Draghi  il 24 giugno 2011 viene nominato Governatore della BCE. 

–Draghi il 5 agosto 2011, assieme al Governatore BCE uscente Trichet, scrive la famosa lettera estiva che destabilizza Tremonti e il governo Berlusconi, portando poi alla caduta del novembre 2011.

 

«Draghi può essere indicato come il padre del Testo Unico Bancario del 1993, con cui si crea il concetto di «banca universale che ha natura imprenditoriale»e si salta la separazione fra banche commerciali e banche d’affari»

Draghi può essere indicato come il padre del Testo Unico Bancario del 1993, il TUB, Con quel testo si crea il concetto di «banca universale che ha natura imprenditoriale» e si salta la separazione fra banche commerciali e banche d’affari: quella separazione era voluta dalla legge bancaria del 1936, che a sua volta imitava la legge di separazione americana, la citatissima Glass-Steagall.

 

È anche autore del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (o Testo unico della finanza, o TUF, o Legge Draghi). In pratica le banche come le conosciamo e la finanza come la conosciamo hanno molto del DNA di Mario Draghi.

 

Colui che ha creato la patria neoliberista, può cambiare paradigma a tal punto da salvarla? Ne dubito.

 

«Colui che ha creato la patria neoliberista, può cambiare paradigma a tal punto da salvarla? Ne dubito»

Come mai il suo nome sembra piacere sia a destra che a sinistra? Insomma, dalla sinistra ce lo aspettavamo, dalla destra un po’ meno….

Perché nessuno sa cosa fare.  Ogni leader capisce il disastro ma non sa che pesci pigliare. Certo, se si ascolta Bagnai in Parlamento (oggi, 9 aprile) la Lega sembrerebbe pronta almeno a «stampare» biglietti di Stato (2), ma temo proprio che, arrivati al dunque, realizzerebbero solo briciole. Il fatto è che tutti quelli che hanno idee chiare non hanno alcun potere: dei veri Davide contro Golia, dei quali ho una stima immensa proprio perché si battono senza sosta oltre ogni speranza.

 

La crisi economica post-Coronavirus però, secondo gli economisti, sarà di portata gigantesca. Ci aiuterà l’Europa? 

Secondo gli economisti? Secondo gli economisti la crisi sarà “gestibile”, basta guardare la loro petizione per i Coronabond (pardon, European Health Bonds). Ci sono tutti a firmarla: Bini Smaghi, Boeri, Emma Bonino, Cottarelli, Frattini (il bombarolo della Libia), Costanza Hermanin, Letta, Monti… La crisi sarà di una portata che nessuno può neanche vagamente immaginare. Non penso solo al disastro economico, ma anche alla paura dell’altro che si trascinerà per anni. Mascherine e disinfettante, altro che conferenze e manifestazioni di piazza.

 

Se l’Europa ci aiuterà, sarà col solito metodo: debito, da pagare con interessi. L’unico modo che hanno per salvare la baracca neoliberista.

 

«Sarà il salvatore solo per via mediatica: i media «responsabili»ci spiegheranno quanto sarebbe stato brutto il nostro futuro, e noi crederemo che Draghi ci ha salvato. Del resto molti sono tuttora convinti che Monti ci abbia salvato, e che Andreatta o Ciampi siano stati dei buoni “servitori dello Stato”»

E la BCE?

La BCE potrà fare al massimo le cose solite che le consentono i trattati: salvare la finanza. 

Odio l’inglese, ma mi devo adattare: l’Asset Purchase Programme (APP) prevede 4 programmi di acquisto di titoli pubblici e privati.

Covered Bond Purchase Programme (CBPP3, è la terza fase): acquisto obbligazioni bancarie garantite

Asset-Backed Securities Purchase Programme (ABSPP): acquisto titoli emessi dalla cartolarizzazione di prestiti bancari;

Public Sector Purchase Programme (PSPP): acquisto titoli emessi da governi, agenzie pubbliche, istituzioni dell’area dell’euro;

Corporate Sector Purchase Programme (CSPP): acquisto titoli obbligazionari e (da ADESSO!) commercial paper emessi da società non finanziarie dell’area dell’euro.

 

Quindi creazione di moneta dal nulla da parte della BCE per acquistare titoli vari dei mercati finanziari, non certo per gli Stati e le piccole aziende.

 

Stando così le cose, non crede che Draghi possa essere la soluzione giusta al momento giusto per risollevare i problemi del nostro Paese?

La domanda va riformulata: colui che da 40 anni almeno genera il problema, può avere una conversione sulla via di Damasco così risolutiva da diventare il salvatore? Sarà il salvatore solo per via mediatica: i media «responsabili»ci spiegheranno quanto sarebbe stato brutto il nostro futuro, e noi crederemo che Draghi ci ha salvato. Del resto molti sono tuttora convinti che Monti ci abbia salvato, e che Andreatta o Ciampi siano stati dei buoni «servitori dello Stato». Ma, da cattolico, devo conservare fede nella forza della preghiera. San Giacomo della Marca può sfondare anche la mente di Draghi, e cambiarla.

 

«La BCE potrà fare al massimo le cose solite che le consentono i trattati: salvare la finanza. Quindi creazione di moneta dal nulla da parte della BCE per acquistare titoli vari dei mercati finanziari, non certo per gli Stati e le piccole aziende»

Qual è allora secondo Lei la soluzione?

Il cambio di paradigma.  Il neoliberismo ci ha insegnato a interconnetterci, a indebitarsi coi cosiddetti mercati, a lasciare il tasso in mano altrui, a lasciare il debito in mano a stranieri, a cedere i pezzi migliori per fare cassa. Dobbiamo fare l’opposto: proteggere le aziende locali, creare moneta di popolo, controllare il tasso, riportare il debito in Italia, nazionalizzare tutte le aziende strategiche (puoi lasciare i privati a baloccarsi con gestioni telefoniche o dell’energia, o con Italo, ma un gestore nazionale dell’energia, della telefonia, delle reti, ci deve essere).

 

Quando si parla di “moneta-debito” tutti pensano che la risoluzione al problema sia impossibile. È così?

Facciamo un paragone con la Fisica. Provate a costruire un navigatore satellitare con la Fisica Galileiana. Non è difficile, è impossibile. Vuoi arrivare a San Martino in Rio e il navigatore ti porta a Correggio. Ti serve una fisica più semplice, quella di Einstein. Semplice perché TOGLIE un postulato. Poi non sarà facile costruire il navigatore.

 

Ma tra l’impossibile e il difficile, dobbiamo scegliere il difficile. Quale è il postulato da togliere? Noi continuiamo a pensare la moneta come l’abbiamo conosciuta: (1) misura del valore (2) riserva di valore (3) mezzo di scambio. Ma il postulato n.2 non è affatto necessario. La moneta è (1) misura del valore (2) mezzo di scambio, punto e basta. Cambia paradigma e troverai la soluzione. Poi sarà difficile. Ma insomma, noi italiani abbiamo inventato le banche, inventato la partita doppia, saremo certamente i primi a capire la moneta anche a livello istituzionale (in questo istante ho un attimo di fiducia).

«Dobbiamo fare l’opposto di quello che insegna il neoliberismo: proteggere le aziende locali, creare moneta di popolo, controllare il tasso, riportare il debito in Italia, nazionalizzare tutte le aziende strategiche»

 

Quindi, per concludere, la soluzione la abbiamo in casa nostra?

Sì, il Piano di Salvezza Nazionale è una buona soluzione che sta sul tavolo del Governo attraverso le «teste di ponte» di alcuni che capiscono di moneta. E, cosa incredibile, è stato firmato da una serie di persone che conosco, che litigano anche, che hanno ognuna dovuto rinunciare a qualcuna delle proprie idee.

 

Le tre linee fondamentali sono

– Sistema di banche pubbliche

– Conti di Risparmio (CdR) che sostituiscano gli obsoleti BOT, BTP, ecc. nati quando non c’era l’informatica diffusa

– Sistema SIRE o assimilati per mettere in circolazione da subito come mezzo di pagamento i crediti fiscali che ristagnano in attesa delle loro scadenze.

 

«Il passo più ampio al quale io credo, e che necessita di tutto il resto come preambolo culturale, è la Camera di Compensazione Nazionale, riproduzione italiana della Unione Europea dei Pagamenti che risollevò l’Europa dopo l’ultima guerra»

Questi tre elementi costituiscono da subito un validissimo puntello al problema dell’ora presente.

 

Ci sono in realtà altri due punti nel Piano

– l’emissione immediata di un titolo di solidarietà a breve termine riservata unicamente al risparmio di operatori nazionali: lo scopo è di sostituire il debito pubblico in mano ai non residenti, con strumenti di protezioni e impiego del risparmio dei cittadini (questo punto, alla lunga, penso verrà superato e conglobato dai CdR)

– l’emissione diretta da parte del MEF di biglietti di stato, o statonote, anche in versione elettronica per iniziare un circuito interno di pagamenti.

 

Il passo più ampio al quale io credo, e che necessita di tutto il resto come preambolo culturale, è la Camera di Compensazione Nazionale, riproduzione italiana della Unione Europea dei Pagamenti che risollevò l’Europa dopo l’ultima guerra.

 

 

 

Cristiano Lugli

 

 

NOTE

 

(1) Corollario non secondario. Con le privatizzazioni, i proprietari di Bankitalia diventano dei privati, tranne INPS e INAIL. La faccenda diventa pubblica (Famiglia Cristiana, primo numero del 2004) e ufficializzata sul sito Bankitalia il 20 settembre 2005.  Il 28 dicembre 2005 Tremonti partorisce la legge che chiede il rientro delle quote agli enti pubblici, come previsto dallo Statuto di Bankitalia.

 

Il 19 dicembre Fazio si dimette per guai giudiziari (i migliori di Bankitalia, Baffi Sarcinelli Fazio, hanno tutti avuto guai giudiziari), entra Draghi il 16 gennaio 2006. Draghi non applica la legge del 28 dicembre 2005, ma attende la vittoria di Prodi del 2006 (vittoria di Pirro per lo 0,07%, ma necessaria) con la più eterogenea maggioranza governativa della storia italiana, dove si vuol tenere insieme la radicale Emma Bonino e la teodem Paola Binetti, Vladimiro Guadagno detto Luxuria con Clemente Mastella, i comunisti estremi con la Sudtiroler Volkspartei. 14 partiti per la cosiddetta «Unione».

 

Draghi non esegue la legge, ma modifica lo Statuto «Il capitale della Banca d’Italia è di 156.000 euro ed è suddiviso in quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna, la cui titolarità è disciplinata dalla legge. Il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto e della equilibrata distribuzione delle quote».  Il trio Draghi (proponente), Prodi (esecutore), Napolitano (decretatore) ha dato la botta decisiva: il pubblico, sparito nei fatti, adesso è sparito anche per diritto.

 

(2) Si dice sempre «stampare», ovviamente nessuno stampa, se non minuzie: tutto viaggerebbe su piattaforme elettroniche, tranne più o meno un 7% come le banconote BCE.

 

Illustrazione: «Smaug» di David Demaret

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Economia

Crolla il Bitcoin, 400 miliardi di dollari cancellati dalle criptovalute

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Il prezzo del Bitcoin ha proseguito il calo venerdì, dopo aver sfiorato il record storico a ottobre. La principale criptovaluta mondiale ha registrato un minimo sotto gli 82.000 dollari venerdì, allineandosi ai livelli di aprile, a fronte del superamento dei 126.000 dollari solo poche settimane prima.

 

In sole 24 ore, il Bitcoin ha perso il 10% del suo valore. Secondo Bloomberg, il Bitcoin è ora diretto verso il suo peggior mese dal giugno 2022, periodo definito «catastrofico» per l’intero settore delle criptovalute.

 

Nell’ultima settimana, la capitalizzazione complessiva di tutte le criptovalute è scivolata di quasi 400 miliardi di dollari, fermandosi intorno ai 3 trilioni.

 

«Il Bitcoin, posizionato all’estremo alto dello spettro di rischio, ha prolungato una sequenza di ribassi iniziata a fine ottobre. Se gli investitori stanno perdendo fiducia nei titoli tech, figuriamoci nelle speculazioni sulle cripto», ha dichiarato a Forbes Dan Coatsworth, responsabile dei mercati di AJ Bell.

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«Inoltre, non ha giovato l’incertezza su cosa deciderà la Federal Reserve riguardo ai tassi d’interesse. I segnali contrastanti dei policymaker hanno lasciato i mercati nel dubbio su un possibile taglio il prossimo mese. Ora la probabilità di stallo a dicembre è al 67%, contro il 98% di un mese fa per un ridimensionamento di un quarto di punto».

 

Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa il Bitconio era giunto ad una quotazione record di 125 mila dollari cadauno. Analisti avevano previsto ora un nuovo massimo di 200.000 dollari entro la fine dell’anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, a luglio l’azienda di media e tecnologia del presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva acquisito circa 2 miliardi di dollari in Bitcoin e asset correlati, sottolineando la svolta accelerata della sua amministrazione verso le criptovalute.

 

Come riportato da Renovatio 21, il 7 marzo, il presidente Trump aveva convocato un «Crypto Summit» presso la Sala da Pranzo di Stato della Casa Bianca, dove ha parlato di un’«azione storica» ​per promuovere le criptovalute.

 

Il presidente ha nominato l’investitore di venture capital David Sacks come zar dell’Intelligenza Artificiale e delle criptovalute degli Stati Uniti, affidando la politica in questo settore a un sostenitore delle criptovalute. Il pensiero attualmente prevalente a Washington sembra essere di favore nei confronti delle crypto – questo a differenza dei tempi dell’amministrazione Biden, che da subito aveva invece annunciato un giro di vite sul settore.

 

figli di Trump erano con il vicepresidente JD Vance ad una convention sul Bitcoin a Las Vegas poche settimane fa.

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Economia

Orban: il conflitto in Ucraina sta uccidendo l’economia dell’UE

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L’Unione Europea deve perseguire una via diplomatica per risolvere il conflitto ucraino, poiché il protrarsi degli stanziamenti a Kiev sta erodendo l’economia del blocco, ha dichiarato il premier ungherese Viktor Orban.   È «semplicemente assurdo» destinare ulteriori risorse all’Ucraina dopo che l’UE ha già «sperperato» 185 miliardi di euro per sorreggere l’esecutivo di Volodymyr Zelens’kyj dall’acutizzazione dello scontro tra Mosca e Kiev nel febbraio 2022, ha affermato Orban al giornalista tedesco Mathias Döpfner nel suo podcast MDMEETS domenica.   «Il nocciolo della questione è che questa guerra sta strangolando economicamente l’UE… Stiamo sovvenzionando un Paese [l’Ucraina, ndr] privo di chance di prevalere nel conflitto, mentre imperversa un elevato tasso di corruzione e non disponiamo di fondi per rivitalizzare l’economia dell’UE, che patisce gravemente la scarsa competitività», ha proseguito.   I vertici delle nazioni del blocco «si ingannano del tutto» persistendo nel conflitto nella vana aspettativa che «le dinamiche al fronte migliorino e si creino condizioni più propizie per i colloqui», ha insistito il capo del governo. «Le circostanze e il timing favoriscono i russi più di noi», ha chiosato.

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Orban, il cui esecutivo è tra i pochi nell’UE ad aver negato aiuti militari a Kiev, ha rinnovato l’invito al blocco a intraprendere un dialogo con la Russia.   Una pace potrebbe essere «a portata di mano» se Bruxelles si allineasse agli sforzi del presidente statunitense Donald Trump per interrompere le ostilità tra Mosca e Kiev, ha ipotizzato.   «Apriamo un canale di dialogo autonomo con la Russia… Consentiamo agli americani di trattare con i russi, quindi anche gli europei dovrebbero negoziare con Mosca e verificare se possiamo armonizzare le posizioni americana ed europea», ha suggerito l’Orban.   Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Orban ha dichiarato che Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e prendersi ancor più potere.   «Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e acquisire più potere, privando di competenze gli Stati membri» ha scritto il premier magiaro su X. «L’industria bellica vuole la guerra per profitto. Nel frattempo, potenti lobby vogliono sfruttare la guerra per espandere la propria influenza. Alla fine, ognuno cerca di cucinare il proprio pasto su questo fuoco».  

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Come riportato da Renovatio 21, Orban in questi mesi sta aumentando i suoi allarmi. Poche ore fa aveva parlato dei leader UE «che vogliono andare in guerra» contro Mosca, promettendo di combattere i «burocrati guerrafondai» di Bruxelles.   Orban crede altresì che l’Europa potrebbe essere diretta verso il collasso, schiacciata dal piano di bilancio UE.   Il ministro degli Esteri magiaro Pietro Szijjarto ha dichiarato ad agosto che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.  

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Economia

Funzionari americani al lavoro per monopolizzare il mercato energetico dell’UE

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Gli Stati Uniti stanno agendo per espellere l’energia russa dal mercato dell’Unione Europea, collocandosi strategicamente per riempire il vuoto creatosi, ha indicato venerdì il Financial Times.

 

Sempre secondo il quotidiano, Washington ha ostacolato di proposito un’offerta del gruppo svedese Gunvor per rilevare le attività estere del gigante petrolifero russo Lukoil.

 

Gunvor ha abbandonato la propria proposta da 22 miliardi di dollari dopo che i funzionari americani hanno accusato l’azienda di fungere da «burattino del Cremlino». All’inizio di novembre, il Tesoro statunitense aveva ammonito in un post su X che la società «non avrebbe mai ottenuto la licenza per operare e generare profitti» qualora avesse proseguito nell’affare.

 

La potenziale cessione è venuta alla luce in seguito all’imposizione di nuove sanzioni da parte del presidente Donald Trump su Lukoil e su un altro colosso petrolifero russo, Rosneft, spingendo la prima a individuare potenziali compratori per le sue quote all’estero.

 

L’offerta è stata resa nota mentre «funzionari statunitensi compivano visite in Europa nell’ambito di iniziative per promuovere l’energia americana ed eliminare ‘ogni ultima molecola’ di gas russo dal continente», ha scritto il *Financial Times*. La scelta di bloccare l’intesa è giunta «dai vertici del Tesoro», ha riferito il giornale, citando due fonti informate sui fatti.

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In seguito, Washington ha emesso una licenza generale che autorizza altri contendenti a rilevare le attività internazionali di Lukoil, come indicato dal Financial Times. Una società di private equity americana, Carlyle, ha manifestato interesse questa settimana, secondo il rapporto.

 

Venerdì Lukoil ha confermato soltanto di essere impegnata in «trattative in corso per la vendita delle sue attività internazionali con vari potenziali acquirenti», senza tuttavia specificarne i nomi.

 

I rappresentanti statunitensi hanno espresso esplicitamente la volontà di rimpiazzare la Russia nel mercato energetico dell’UE. A settembre il segretario all’Energia Chris Wright ha dichiarato che gli USA erano preparati «a sostituire tutto il gas russo diretto in Europa e tutti i derivati raffinati russi dal petrolio».

 

Il Cremlino ha deplorato le sanzioni qualificandole come un «passo ostile», ma ha ribadito l’intenzione di perseguire «rapporti positivi con tutti i Paesi, inclusi gli Stati Uniti».

 

Le misure restrittive su Lukoil stanno già impattando sull’Europa. All’inizio di novembre, la Bulgaria ha tagliato le esportazioni di carburante verso gli altri Stati UE per timori legati agli approvvigionamenti. Lukoil controlla la principale raffineria del Paese, oltre 200 stazioni di servizio e una vasta rete di trasporto di combustibili.

 

 

Come riportato da Renovatio 21gli USA dopo l’inizio del conflitto ucraino la distruzione del Nord Stream ora il principale fornitore di gas dell’Europa, venduto ad un prezzo follemente più alto di quello russo, perché, invece che con il gasdotto, ce lo fa arrivare via nave, quindi con costi e tempi aggiuntivi, più tutta la questione della rigassificazione, che ha costretto l’Italia, che non ha un numero adeguato di strutture di questo tipo, ad acquistare navi rigassificatrici galleggianti come la Golar Tundra giunta a Piombino.

 

Nel frattempo, per effetto delle sanzioni, Mosca ha aperto nuovi canali di distribuzione del gas, iniziando a distribuire la risorsa anche in Paesi come il Pakistan e programmando nuove rotte, come in Turchia, dove si vuole costruire un hub gasiero. Gasdotti di nuovo tipo sono stati invece finalizzati in Cina.

 

 

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