Geopolitica
Il nuovo portavoce di Netanyahu accusato di sostenere la «pulizia etnica»
Il 4 agosto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha nominato un nuovo portavoce, Omer Dostri, che sostiene la creazione di insediamenti ebraici nella Striscia di Gaza e l’espulsione dei palestinesi dal territorio. Lo riporta Haaretz.
Secondo il sito Antiwar il Dostri è «ospite fisso del canale israeliano Channel 14» (TV commerciale e sito conosciuti per le posizioni destroidi, posseduti dal cofondatore del Facebook russo VKontakte Yitzchak Mirilashvili) e sarebbe «allineato con la destra israeliana e ha una storia di richieste di politiche che porterebbero alla pulizia etnica dei palestinesi da Gaza».
«Non c’è vittoria su Hamas senza tre condizioni fondamentali: l’occupazione militare dell’intera Striscia di Gaza, il controllo militare e civile dell’area e l’incoraggiamento alla migrazione volontaria degli abitanti di Gaza fuori dalla Striscia», ha detto Dostri lo scorso gennaio.
«Mentre formula l’idea di espellere i palestinesi come “migrazione volontaria”, la campagna militare israeliana sta rendendo Gaza inabitabile e non potrebbe dare ai palestinesi altra scelta che andarsene se ne hanno la possibilità» scrive Antiwar. «Dostri ha suggerito che all’Egitto dovrebbero essere offerti aiuti economici o militari per accettare il trasferimento dei “rifugiati di Gaza nel Sinai, anche se solo temporaneamente”».
Dostri ha anche chiesto allo Stato Ebraico di stabilire insediamenti nelle aree di Gaza che attualmente occupa. «Israele deve ordinare la rapida creazione di insediamenti israeliani in molte delle aree che occupa, specialmente quelle vicine all’attuale confine», ha scritto Dostri su Makor Rishon, giornale nazionale legato alla destra conservatrice e al sionismo religioso.
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L’esercito israeliano controlla circa il 26% del territorio di Gaza, inclusa una «zona cuscinetto» che è stata istituita lungo l’intero confine tra Israele e Gaza. In queste aree, le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno demolito la maggior parte delle strutture e hanno istituito alcune basi militari.
Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu ha affermato di non avere intenzione di stabilire insediamenti a Gaza, ma membri del suo governo di coalizione e del partito Likud sostengono apertamente l’idea, con tanto di convention di coloni che ballano forsennatamente. La nomina di un portavoce favorevole agli insediamenti a Gaza segnala anche che il primo ministro è allineato a tale punto di vista.
Dostri aveva scritto anche un editoriale su Jerusalem Post lo scorso 16 aprile, dal titolo non troppo sibillino: «ripristinare la deterrenza in Medio Oriente, Israele deve attaccare con la forza l’Iran».
«Affinché la deterrenza israeliana possa durare nei decenni a venire, l’Iran deve affrontare l’intera portata delle capacità militari e di sicurezza di Israele» scriveva il Dostri. «Un contrattacco israeliano dovrebbe colpire gli elementi chiave del programma nucleare militare iraniano, del programma di missili balistici, della produzione di UAV e missili da crociera, nonché della sua industria degli armamenti».
«Questo attacco non dovrebbe concentrarsi solo sull’Iran, ma includere anche obiettivi nello Yemen appartenenti alle milizie Houthi e sciite in Iraq, da dove hanno avuto origine gli attacchi contro Israele», puntualizzava l’ora portavoce netanyahuiano.
«I vicini e gli avversari di Israele stanno osservando da vicino le sue azioni. Un attacco così decisivo invierebbe un messaggio chiaro, potente e deterrente all’Iran e all’intera regione, soprattutto dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Dimostrerebbe che qualsiasi aggressione contro Israele sarebbe un grave errore con gravi conseguenze».
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Immagine di U.S. Embassy Jerusalem via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA. President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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