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Gender

Il ministro, la Concia, la suora: il circo della scuola tradita

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La canea che si è levata dopo l’ultima iniziativa del ministro Valditara dà la percezione chiara di come si sia perduta la consapevolezza del compito, insostituibile, che appartiene alla scuola. A cominciare da chi è chiamato ad amministrarla dall’alto della poltrona ministeriale.

 

Ricapitoliamo in sintesi i fatti, con qualche antefatto. Il partito di plastica dell’attuale presidente del consiglio ha raccolto una valanga di voti essendo presentato (da comparse arruolate alla bisogna) come baluardo contro la propaganda gender e dintorni. Quante volte si è sentito ripetere, a pappagallo, che sì, è vero che l’esecutivo «di destra» riproduce, enfatizzandolo, il programma del piddì (guerra, armi, sanità, economia, eccetera eccetera), però alt: almeno sul gender è una garanzia, con la Schlein avremmo già gli ellegibbitì a fare invasione di aula.

 

Un ritornello in bocca a quelli che, fermi alla distinzione destra-sinistra e anti mancini per riflesso pavloviano, dovevano difendere una indifendibile posizione filogovernativa. 

 

Ma le cose sono andate un po’ diversamente. Cavalcando un fatto di cronaca nera strumentalizzato all’inverosimile per fini politico-mediatici, il ministro «competente», che già aveva dimostrato in varie circostanze la propria stoffa, è riuscito nell’impresa di andare oltre ogni più rosea aspettativa della sinistra arcobaleno: con mano lestissima ha introdotto nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione al pensiero di Gino Cecchettin insieme all’educazione alle relazioni – per dire «basta alla cultura machista e maschilista che ancora inquina il nostro Paese» (cioè il gender al quadrato con testimonial di eccezione) – mettendola sotto la accorta regia di una signora che di maschi se ne intende perché ha sposato un’altra donna e che comunque è coadiuvata da una suora e da un’altra signora a caso. Il tutto, per la modica cifra di quindici milioni di euro.

 

Il pacchetto però era talmente surreale che in molti non l’hanno presa benissimo e il malcapitato ministro è stato sommerso dai fischi.

 

Come sempre, si sono subito distinti i cattofenomeni che hanno alzato il falso bersaglio – lo stalking horse – su cui sparare e hanno fatto il pieno di firme inutili, di pollici alzati e dei dati informatici di chi ci casca. Per loro il problema, quello per cui bisogna strillare e strapparsi i capelli, è la signora Concia, in quanto lesbica dichiarata e praticante.

 

E però il ministro, al quale non la si fa, per compensare l’attivista iridata aveva appunto piazzato la suora di guardia, e contro la suora i baciapile mica possono picchiare. La suora, prontamente calata nella sua nuova parte istituzionale, si è sentita in dovere di correre in soccorso della trovata del ministro e ha cercato in una intervista di giustificare l’ingiustificabile, rendendo la vicenda ancor più grottesca. 

 

Smentendo il ministro che aveva detto il contrario (ma nel regno dell’assurdo va bene così) dichiara: «Paola Concia non coordina il progetto “Educare alle relazioni”, è una fake news: tutte e tre abbiamo lo stesso ruolo». Rivendica l’esistenza di un triumvirato (o forse si dovrebbe dire triumvirata), perché tre femmine sono meglio di una, e come darle torto. 

 

Prosegue con un triplo carpiato piuttosto gustoso: «solo non politicizzando la questione riusciamo a contrastare la violenza». In effetti non si vede ombra di politicizzazione in questa faccenda, zero proprio, e la suora fa bene a sottolinearlo perché, come consigliava sempre un vecchio penalista ai suoi clienti: bisogna negare tutto, soprattutto l’evidenza. 

 

Ma il bello viene dopo: «il progetto prevede la creazione di gruppi di discussione che hanno come protagonisti i ragazzi, con la moderazione del docente di classe che sarà formato da Indire, con materiale fornito dall’Ordine degli psicologi e dei pedagogisti».

 

Cioè, la suora ci informa che il delicato argomento viene dato in pasto a gruppi di ragazzini nutriti solo dal mangime unico della propaganda, e se per avventura qualcuno di loro si cibasse di qualcos’altro, o avesse l’ardire di elaborare un pensiero in autonomia, verrebbe coperto di ignominia (lo sa, la suora, che succede così?).

 

Ci informa poi che i docenti moderano la discussione, ma – attenzione! – essi non sono ritenuti idonei sic et simpliciter a fare da moderatori, no: prima devono essere «formati» dalla struttura di regime, sul materiale fornito dall’Ordine degli psicologi. Per inciso, si parla di quell’ordine che ha fama di tollerare non proprio benissimo le posizioni non allineate e che da poco ha riformato il proprio codice deontologico modificando la disciplina del consenso informato (nel senso che lo psicologo stesso, scavalcando la volontà del paziente o dei suoi genitori se minorenne, può procurarsi dalla autorità giudiziaria l’autorizzazione a praticare un trattamento) e quella del segreto professionale.

 

Insomma, che il materiale su cui i docenti devono essere formati per procurarsi il patentino di bravi moderatori provenga da lì, ci rassicura tutti. Grazie suora. 

 

Aggiunge poi a margine che «fondamentale sarà il ruolo delle famiglie, a cui spetta il compito di raccordare le modalità di attuazione del progetto». Raccordare con cosa? Quali famiglie? Reclutate come? Cara suora, qui ogni singola famiglia deve dire la propria, perché l’ambito educativo, che il ministro e il «triumvirago» pretendono di invadere per espropriarlo, semplicemente le appartiene. Quindi i «raccordi» li rispediamo al mittente.

 

L’intervista si conclude con un’ultima acrobazia: «questo progetto non si occupa di LGBT e gender, non porterà questi temi nelle scuole, voglio essere chiara. Si tratta di aiutare le ragazze ad avere piena consapevolezza di se stesse, aiutare i ragazzi al rispetto della donna e al contrasto della violenza».

 

Non prendiamoci in giro, fuori dalla favoletta raccontata a favor di pennivendolo, sappiamo tutti, detrattori e sostenitori, cosa il progetto porterà nelle scuole e abbiamo pure capito, per averne già assaggiato l’antipasto in questi giorni trascorsi di delirio organizzato, che alle ragazze viene inculcata la diffidenza e il disprezzo per i maschi, a meno che non siano adeguatamente svirilizzati; ai ragazzi viene inculcato un generico senso di colpa per la propria stessa natura, da emendare per principio. Le prime si sentono legittimate a diventare delle erinni, i secondi o si rassegnano ad aderire allo status di eunuco, oppure si chiudono nel loro guscio, col rischio concreto che mandino tutti a farsi benedire.

 

Si consiglia a suor Monia di farsi un giro turistico nelle scuole, così, giusto per capire a quali assurdità abbiano dato la stura i recenti proclami ministeriali sul tema.

 

In ogni caso, il tentativo di salvataggio del ministro da parte della suora non è bastato, perché il primo, alla fine, è stato costretto a rimangiarsi l’idea: «dal momento che la scuola italiana ha bisogno di serenità e non di polemiche, ho deciso di non attivare l’incarico di garanti del progetto “educazione alle relazioni” a suor Anna Monia Alfieri, Paola Concia e Paola Zerman [in effetti la gerarchia ha subito una revisione in extremis, ndr]. Rinnovo loro i ringraziamenti per la disponibilità e la generosità dimostrate. Il progetto “educare alle relazioni” andrà avanti senza alcun garante». 

 

Cioè il ministro in sostanza ci dice una cosa tipo: «ho licenziato i piloti perché creavano troppo scompiglio, ma l’aereo parte lo stesso, allacciate le cinture di sicurezza».

 

Dopo di che, come prevedibile, partono le accuse di omofobia e i lai per la discriminazione subìta. Si segnala per velocità di esecuzione il presidente del Senato, La Russa, che ha telefonato a Paola Concia per esprimerle solidarietà prima ancora che lei si lamentasse. E il circo continuerà. Pop corn.

 

Ora, che la storia sia di per sé esilarante, non è una buona notizia, perché di mezzo ci sono i bambini e i ragazzi italiani. Però, se non altro, ci dimostra con disegnini facili facili dove porti non solo lo snaturamento della scuola programmaticamente perseguito negli ultimi decenni, ma più ancora l’oblio che è calato sulla sua vera funzione. 

 

Al ministro dovrebbe ricordarla il nome del dicastero di cui è pro tempore il titolare: compito esclusivo della scuola è quello di istruire. È attraverso l’istruzione, infatti, che la scuola indirettamente educa, senza intaccare le prerogative (educazione diretta) della famiglia.

 

E si dà il caso che l’istruzione in Italia versi in uno stato comatoso, come puntualmente attestano i rapporti degli enti rilevatori: l’analfabetismo dilaga e le abilità cognitive degli scolari, in tutte le principali discipline, sono degradate a livelli imparagonabili a quelli di un passato anche recente. 

 

Il ministro, dunque, avrebbe davvero molto da fare prima di fare ciò che non dovrebbe. 

 

Gli strumenti che la scuola può e deve offrire sono quelle conoscenze, durevoli e universali, che, avendo resistito alla prova del tempo, compongono una base culturale solida, necessaria a formare menti libere e pensanti, capaci di leggere criticamente la realtà delle cose attraverso le sue leggi e al riparo dalle mistificazioni.

 

Inseguire i fenomeni mediatici e i flussi emotivi, lasciarsi trasportare dai venti delle mode, fare propri gli slogan corrivi della propaganda, reclutare influencer ed esperti assortiti (al posto dei docenti che, studiosi della propria materia, ne sappiano trasmettere la sostanza e l’amore), nulla ha a che vedere con il ruolo dell’istituzione. Ne lede anzi, e irrimediabilmente, il prestigio e l’autorevolezza. 

 

Parimenti, imporre modelli di comportamento e dettare imperativi morali attraverso «educazioni» ideologicamente orientate corrompe l’essenza stessa della scuola perché da un lato le impedisce di svolgere bene il proprio compito culturale e scientifico, abbandonando i giovani all’ignoranza e al disorientamento esistenziale, dall’altro la legittima a conculcare la libertà dell’alunno.

 

E in questo modo le è intestato un abnorme potere omologante, che evoca modelli di chiara matrice totalitaria.

 

Una scuola che tornasse a essere scuola e che, istruendo a dovere le giovani generazioni, onorasse il primo dei suoi servizi – ovvero quello di insegnare e coltivare il linguaggio affinché tutti siano in grado di esprimersi, di ascoltare e di comprendere gli altri – oltre a diventare vivaio e palestra di libertà, darebbe un contributo strutturale insostituibile a contrastare qualsiasi forma violenza. Contro chiunque.

 

Elisabetta Frezza

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Gender

Migliaia di «cattolici LGBT» entrano nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio dell’Anno Giubilare

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Migliaia di pellegrini omotransessualisti hanno attraversato sabato la Porta Santa della Basilica di San Pietro nell’ambito del pellegrinaggio ufficiale del Vaticano per l’anno giubilare LGBT.   Il 6 settembre, oltre 1.000 «pellegrini LGBT», guidati da una croce arcobaleno, molti dei quali accompagnati dai loro «partner» dello stesso sesso, vestiti con i colori dell’arcobaleno e alcuni con bandiere dell’«orgoglio LGBT», hanno attraversato in processione la Porta Santa della Basilica di San Pietro. La processione faceva parte del pellegrinaggio ufficiale del Vaticano, organizzato da «La Tenda di Gionata», un gruppo pro-LGBT a cui si è unito il gruppo Outreach del noto gesuita omotransessualista James Martin.      

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Altre immagini condivise sui social media mostrano un pellegrino non identificato che indossa uno zaino con la scritta «Fuck the rules», cioè «vaffanculo le regole».   «Ecco l’eredità di papa Francesco. Grazie, padre Jimmy Martin, per aver fatto sì che questo abominio di desolazione nel Luogo Santo si verificasse nonostante la scomparsa “prematura” del vostro più grande alleato papale», ha scritto Michael Matt, direttore del quotidiano Remnant, in un post di X.  

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Prima della processione attraverso la Porta Santa, il vescovo Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, ha celebrato una messa nella chiesa del Gesù per i pellegrini LGBT, presumibilmente con l’approvazione di papa Leone XIV.   Durante l’omelia, Savino ha sottolineato che questo giubileo è un’opportunità per ripristinare la dignità dei «cattolici LGBT» che, secondo lui, sono stati oppressi dalla Chiesa, ricevendo un forte applauso dalla congregazione, dove il sacerdote ha spiegato che il Giubileo era l’anno in cui la terra veniva restituita a coloro a cui era stata sottratta, era la remissione dei debiti e la liberazione di schiavi e prigionieri.   Il Giubileo, ha detto il sacerdote nella predica, era il momento per liberare gli oppressi e restituire dignità a coloro a cui era stata negata. È tempo di restituire dignità a tutti, soprattutto a coloro a cui è stata negata, ha detto il prete, «lo dico con emozione».   Secondo il sito web Outreach, questi eventi, approvati lo scorso anno da papa Francesco ma mantenuti in calendario da papa Leone, erano «una parte ufficiale delle celebrazioni del Giubileo». Nel dicembre 2024, la portavoce dell’ufficio stampa del Giubileo del Vaticano, ha confermato al sito cattolico The Pillar che la Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo del Dicastero per l’Evangelizzazione «lo aveva annunciato in calendario», ma ha aggiunto che «non approvava il pellegrinaggio».   In realtà già mesi fa risultava che Bergoglio aveva approvato il pellegrinaggio omotransessualista, che era stato, ad un certo punto, rimosso dal calendario del sito.   Come riportato da Renovatio 21, dopo l’udienza della settimana scorsa padre Martin aveva dichiarato che papa Leone mostrerà la stessa apertura di Bergoglio per i cattolici LGBT. Leone aveva ulteriormente incontrato l’argentina filo-omotransessualista suor Lucia Caram.   La differenza con l’oceanico (più di 8000 persone da tutto il mondo) pellegrinaggio dei tradizionalisti della Fraternità San Pio X di pochi giorni fa: in quel caso, nessuna udienza, nessun servizio stampa – anzi, la rimozione dell’evento dal sito web del Giubileo.

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Bizzarria

Chirurgo del servizio sanitario pubblico britannico si è fatto amputare le gambe per «gratificazione sessuale»

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Le autorità britanniche hanno condannato il chirurgo Neil Hopper a 32 mesi di carcere dopo essersi amputato le gambe per gratificazione sessuale.

 

Il medico presso il Royal Cornwall Hospitals NHS Trust a Truro, in Cornovaglia, dove, secondo diverse fonti, ha effettuato centinaia di interventi di amputazione prima del 2019, anno in cui egli stesso ha subito l’amputazione di entrambe le gambe.

 

La Corte di Truro ha appreso che l’uomo ha mentito agli assicuratori sostenendo che le lesioni alle gambe erano dovute a sepsi e non autoinflitte. Si è appreso che nel maggio 2019 Hopper aveva subito amputazioni sotto il ginocchio a seguito di una «malattia misteriosa». In realtà, aveva usato ghiaccio e ghiaccio secco per congelarsi le gambe, quindi è stato necessario asportarle, ha affermato il procuratore Nicholas Lee.

 

I bizzarri dettagli del caso sono emersi durante il processo. Hopper era da tempo eccitato dall’idea di amputarsi le gambe, arrivando addirittura ad acquistare video pornografici di uomini che si facevano estrarre volontariamente i genitali. Secondo quanto appreso dalla corte, i reati di pornografia estrema erano collegati a video di mutilazioni corporee che lo Hopper aveva acquistato online e che non includevano bambini.

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Aveva inviato a un altro personaggio, Marius Gustavson precedentemente incarcerato per aver guidato un’organizzazione di body modification estreme come il sito EunuckMaker («produttore di eunuchi»), una foto del suo pene eretto prima di procedere con l’amputazione delle gambe.

 

L’operazione ha seguito un iter specifico. Sotto la guida del Gustavson, Hopper aveva immerso i piedi nel ghiaccio secco mentre moglie e figli erano fuori casa. Quando i paramedici sono arrivati, hanno creduto che soffrisse di sepsi.

 

Lo Hopper ha ricevuto 466.000 sterline dagli assicuratori dopo aver accettato quella richiesta di risarcimento. «Sarà fantastico essere un doppio amputato», ha scritto Hopper in un messaggio di testo prima di commettere il suo crimine.

 

Prima che emergesse lo scandalo e la frode, il medico della Cornovaglia era stato definito «il più coraggioso di Bretagna» e aveva partecipato a programmi TV in cui raccontava la sua esperienza di amputato. Particolare degno di nota è quello per il quale, secondo quanto si apprende, il chirurgo vascolare prima di programmare la propria auto-amputazione aveva eseguito come medico statale centinaia di amputazioni.

 

La questione richiama alla mente la possibilità che molti dottori, e infermieri, le cui storie talvolta finiscono nelle cronache, esprimano durante la loro pratica medica impulsi sadici e perversi, arrivando persino a totalizzare, secondo calcoli, centinaia di vittime.

 

Il medico era stato arrestato nel marzo 2023 ed è sospeso dall’albo dei medici dal dicembre 2023. Lo Hopper soffriva di «disforia corporea» fin dall’infanzia e i suoi piedi rappresentavano per lui un «indesiderato inconveniente» e un «disagio persistente e senza fine», ha un dottore sentito dalla BBC.

 

Secondo quanto sentito in tribunale, lo Hopper aveva acquistato tre video dal sito web EunuchMaker, rispettivamente per 10 e 35 sterline, che mostravano uomini che si facevano rimuovere volontariamente i genitali, scambiando circa 1.500 messaggi con Gustavson sulle sue amputazioni degli arti inferiori e su come le aveva eseguite, chiedendogli anche quanto ghiaccio secco avesse usato. Gustavson è stato condannato all’ergastolo con una pena minima di 22 anni all’Old Bailey nel 2024 per aver guidato un’organizzazione di body modification estreme, come la castrazione.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Gustavson era stato condannato all’ergastolo con una pena minima di 22 anni nel carcere dell’Old Bailey nel 2024 per aver guidato un’organizzazione che praticava modifiche corporee estreme.

 

Il sito Eunuch Maker contava circa 23.000 abbonati in tutto il mondo. Secondo la BBC, il sito gli aveva fruttato circa 375.000 dollari. Il Gustavsone e i suoi assistenti filmavano le procedure e le pubblicavano sul sito web dove erano disponibili in pay-per-view.

 

La presunta «disforia dell’integrità corporea» è un fenomeno in crescita in tutto il mondo. L’anno passato i medici hanno amputato il quarto e il quinto dito sani della mano sinistra di un ventenne del Quebecco perché credeva che non facessero parte del suo corpo.

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Le connessioni di tali pratiche di perversa «cura» amputante di una presunta «disforia» con la questione del transessualismo – promosse dallo Stato moderno e pagate dal contribuente – dovrebbe saltare agli occhi di tutti.

 

I casi di amputazioni inflitte, anche più prosaicamente, alle truffe di assicurazioni non sono infrequenti. Nel 2001 si parlò di un signore della provincia autonoma di Bolzano che si sarebbe fatto amputare una gamba dal cugino ottenere un risarcimento dalle assicurazioni, con le quali sarebbero state stipulati contratti da oltre un miliardo di lire in caso di invalidità permanente. Contrariamente all’ingegnoso programma, l’uomo perì sul posto, mentre il cugino fu arrestato e messo in carcere.

 

La vicenda ispirò, dal Trentino al Veronese ed oltre, diverse conversazioni, battute e probabilmente pure la canzone del gruppo rock di estrema destra scaligero «Truffa all’assicurazione» (2003).

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Gender

Il Burkina Faso vieta l’omosessualità

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I legislatori del Burkina Faso hanno approvato una legge sul matrimonio e i valori della famiglia, che di fatto vieta l’omosessualità nello Stato dell’Africa occidentale. I trasgressori ora rischiano pene che includono il carcere e multe.   Il nuovo Codice delle persone e della famiglia (CPF) è stato adottato all’unanimità dall’Assemblea legislativa transitoria lunedì, in una votazione trasmessa dalla televisione di stato RTB.   Il CPF definisce «comportamenti che possono promuovere pratiche omosessuali e pratiche simili» come punibili con una pena detentiva da due a cinque anni e multe che vanno da due milioni di XOF (circa 2.740 euro) a dieci milioni di XOF (circa 13.000 euro).

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Il Ministro della Giustizia, Edasso Rodrigue Bayala, ha descritto gli atti omosessuali come «comportamenti bizzarri» e ha confermato che la legge è entrata in vigore immediatamente. Il provvedimento riflette «il rispetto dei valori culturali e il desiderio di costruire una famiglia burkinabé più giusta e unita».   Il codice stabilisce inoltre l’età minima per il matrimonio a 18 anni per entrambi i sessi e introduce norme che pongono fine alla discriminazione di genere in materia di eredità.   Martedì, Marceau Sivieude, direttore regionale di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale, ha elogiato il governo del Burkina Faso per aver garantito la protezione dei bambini dai «matrimoni precoci e forzati» nell’ambito delle nuove leggi. Sivieude, tuttavia, ha criticato lo Stato del Sahel per aver criminalizzato le relazioni omosessuali tra «adulti», affermando che ciò «viola il diritto all’uguaglianza» ed è incoerente con le leggi ratificate dallo Stato del Sahel, esortando il presidente ad interim del Burkina Faso, Ibrahim Traoré, a rinviare il codice al parlamento per la revisione prima di firmarlo e trasformarlo in legge.   Lo sviluppo aggiunge il Burkina Faso alla crescente lista di governi africani che proibiscono le relazioni omosessuali.   L’Uganda ha attirato la condanna dell’Occidente dopo aver approvato una legge anti-LGBTQ nel maggio 2023, che imponeva la pena di morte per alcuni atti omosessuali e 20 anni di carcere per la promozione dell’omosessualità. Gli Stati Uniti hanno risposto con sanzioni, espellendo l’Uganda da un importante programma di commercio esente da dazi, mentre la Banca Mondiale ha congelato i nuovi prestiti.   Come riportato da Renovatio 21, l’Uganda si è fatta notare di recente per i suoi sforzi politici, condivisi anche da altri Paesi africani, per resistere all’Imperialismo LGBT di Washington e dei Paesi Occidentali (e da varie ONG, tra cui, verrebbe da dire, la chiesa cattolica e anglicana), oramai dichiarato ufficialmente dalla Casa Bianca.   Per coincidenza, un attacco dei terroristi islamisti al Shabaab aveva trucidato 54 soldati ugandesi delle forze di pace dell’Unione Africana (UA) presenti in Somalia, a poche ore dall’approvazione da parte di Kampala della legge anti-LGBT che aveva messo l’Uganda al centro dell’attenzione mondiale. L’Uganda avrebbe subito poco dopo un’altra strage terrorista, stavolta sul suo territorio, ad opera di un’altra sigla islamista.  

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Come riportato da Renovatio 21, a luglio dello scorso anno la corte suprema del Ghana ha confermato una legge vecchia di sei decenni che criminalizza il sesso omosessuale, respingendo un ordine che ne contestava la costituzionalità senza fornire immediatamente una spiegazione della sentenza. A febbraio 2024, il Parlamento di Accra ha approvato il disegno di legge sulla promozione dei diritti sessuali appropriati e dei valori familiari, con l’obiettivo di promuovere i valori familiari tradizionali ghanesi. La legge proposta impone sanzioni per la promozione di attività LGBTQ, tra cui la reclusione fino a cinque anni.   Gli alleati occidentali del Ghana hanno ampiamente condannato il disegno di legge e il dipartimento di Stato americano ha dichiarato all’epoca di essere «profondamente turbato» dall’approvazione della legislazione da parte dei parlamentari. Come noto, l’attuale amministrazione USA ha più volte ribadito che la promozione dell’omotransessualismo nel mondo è il «cuore» della politica estera della superpotenza.   Anche Nigeria, Sudan e Mauritania mantengono la pena di morte per le relazioni omosessuali. La Nigeria negli anni 2010 subì il ricatto dell’amministrazione Obama riguardo le leggi LGBT, con gli americani a dire che non avrebbero dato ai militari di Lagos le immagini satellitari per stanare Boko Haram qualora non avessero implementato nel Paese il leggi che avrebbero legalizzato l’omosessualità e la contraccezione.   I vescovi cattolici africani, la cui opposizione al documento papale sulle «benedizioni» alle coppie omofile Fiducia Supplicans è ben noto, da tempo lanciano l’allarme sui tentativi occidentali di indottrinare gli africani a stili di vita omosessuali. «È proprio come i missionari che andavano dappertutto per evangelizzare», ha detto l’arcivescovo Renatus Leonard Nkwande di Mwanza, Tanzania. Solo che ora, ha lamentato, l’Occidente «ci sta mandando missionari del male».

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