Internet
Il Cremlino ridicolizza l’arresto di Durov da parte della Francia
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha messo in dubbio le motivazioni addotte dalle autorità francesi per arrestare il CEO di Telegram Pavel Durov, sottolineando l’assurdità di ritenerlo responsabile per i crimini commessi tramite la sua rete.
L’imprenditore tecnologico russo è stato arrestato la scorsa settimana all’aeroporto di Parigi-Le Bourget e da allora è stato accusato di molteplici reati, tra cui la complicità nella «gestione di una piattaforma online» utilizzata da bande criminali per condurre attività illecite e il rifiuto di collaborare con gli investigatori.
Parlando con il giornalista russo Pavel Zarubin sabato, Peskov ha riconosciuto che le autorità russe avevano già posto delle «domande» al miliardario della tecnologia, ma ha sottolineato che Mosca non ha mai cercato di arrestarlo.
«I terroristi usano davvero la rete Telegram. Ma i terroristi usano anche le auto. Perché non arrestano i CEO di Renault o Citroën?», ha detto il portavoce del Cremlino quando gli è stato chiesto di commentare l’arresto di Durov e se avesse un messaggio per i suoi «colleghi europei».
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Pavel Durov, nativo di San Pietroburgo e cittadino di Russia, Francia, Emirati Arabi Uniti e Saint Kitts e Nevis, ha formalmente lasciato la sua patria nel 2014 dopo che le forze dell’ordine lo avevano accusato di essersi rifiutato di concedere agli investigatori l’accesso alle comunicazioni dei sospettati di terrorismo. La controversia è stata risolta nel 2020 quando l’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni russa ha annunciato di non avere più problemi con Telegram.
In un’intervista rilasciata al giornalista americano Tucker Carlson ad aprile, Durov aveva affermato di essersi sempre rifiutato di fornire i dati degli utenti a qualsiasi autorità, compresi i servizi segreti statunitensi, o di installare una «backdoor» di sorveglianza nell’app, che conta quasi un miliardo di utenti mensili.
Durov è stato rilasciato su cauzione mercoledì e gli è stato ordinato di rimanere in Francia fino alla conclusione del caso contro di lui. Se condannato, potrebbe affrontare fino a dieci anni di prigione.
Telegram sostiene che l’azienda rispetta le leggi dell’UE e che le sue politiche di moderazione dei contenuti sono «conformi agli standard del settore».
Come riportato da Renovatio 21, in Russia varie figure politiche di spicco hanno dichiarato che dietro al fermo del Durov vi sarebbero gli USA.
L’esperto di politica internet Mike Benz ha recentemente detto in un’intervista a Tucker Carlson che la CIA in realtà ama Telegram, un’app che avrebbe usato in situazioni come il golpe di Maidan a Kiev nel 2014.
Il presidente francese Emmanuel Macron dapprima ha detto che l’arresto del capo di Telegram non era «una decisione politica», per poi doversi difendere con smentite dalle voci secondo cui sapeva in anticipo dell’arrivo di Durov o addirittura che avrebbe dovuto cenare con lui la sera del suo arresto.
È emerso, tuttavia, che i due si erano incontrati nel 2017 e che il Macron avrebbe proposto al Durov di spostare il quartier generale di Telegram a Parigi.
Durov sarebbe ora accusato anche di atti di violenza contro il figlio.
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L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram
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Internet
L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»
Gli Stati Uniti hanno accusato Bruxelles di aver «attaccato» gli americani dopo che l’Unione Europea ha inflitto alla piattaforma social X di Elon Musk una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per violazione delle norme di moderazione dei contenuti previste dal Digital Services Act (DSA).
La Commissione europea ha reso nota la sanzione venerdì, precisando che si tratta della prima decisione formale di non conformità emessa in base al DSA.
La misura si inserisce in una più ampia offensiva regolatoria dell’UE contro i grandi colossi tecnologici statunitensi: in passato Bruxelles ha già comminato multe da diversi miliardi a Google per abuso di posizione dominante nella ricerca e nella pubblicità, ha sanzionato Apple in base al DSA e alle norme antitrust nazionali e ha penalizzato Meta per il modello pubblicitario «pay-or-consent». Queste azioni hanno ulteriormente inasprito le divergenze tra Washington e l’UE in materia di regolamentazione del digitale.
Secondo la Commissione, le violazioni commesse da X riguardano la progettazione ingannevole del sistema di spunta blu verificata, che «espone gli utenti a truffe», la mancanza di trasparenza nella libreria pubblicitaria e il rifiuto di fornire ai ricercatori l’accesso ai dati pubblici richiesto.
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Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha reagito duramente, scrivendo su X che la multa non rappresenta solo un attacco alla piattaforma, ma «un attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». «I giorni in cui gli americani venivano censurati online sono finiti», ha aggiunto.
Elon Musk ha rilanciato i commenti del commissario FCC Brendan Carr, secondo il quale l’UE prende di mira X semplicemente perché è un’azienda americana «di successo» e «l’Europa sta tassando gli americani per sovvenzionare un continente soffocato dalle sue stesse normative oppressive».
Anche il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance è intervenuto, sostenendo che l’UE sta punendo X «per non aver adottato misure di censura» e che gli europei dovrebbero «difendere la libertà di espressione invece di aggredire le aziende americane per questioni di poco conto».
L’amministrazione del presidente Donald Trump si oppone da anni alle leggi digitali europee, accusandole di essere «progettate per danneggiare la tecnologia americana» e minacciando dazi di ritorsione in risposta a tasse digitali e regolamenti sulle piattaforme.
Bruxelles ribatte che le proprie regole valgono allo stesso modo per tutte le imprese che operano nel mercato unico e riflettono semplicemente un approccio più severo su privacy, concorrenza e sicurezza online.
Le relazioni tra Washington e Bruxelles restano tese su numerosi fronti – commercio, sussidi industriali, standard ambientali e controlli tecnologici – con gli Stati Uniti che accusano l’UE di protezionismo e i leader europei che criticano le misure unilaterali americane in materia di dazi e tecnologia.
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Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.
Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.
Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Google nega di aver scansionato le email e gli allegati degli utenti con il suo software AI
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