Spirito
Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»
In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.
Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».
Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».
Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.
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«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».
Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.
Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.
Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.
A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.
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Immagine screenshot da YouTube
Spirito
«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
Qui legit intelligat
Omelia nella Prima Domenica di Avvento
Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.
Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.
Is 1, 7
Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός. Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa. D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.Sostieni Renovatio 21
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Spirito
Un papa mette, un altro toglie
Leone XIV ha appena posto fine all’autonomia amministrativa e finanziaria di cui godevano le basiliche di San Pietro e Santa Maria Maggiore, per decisione del precedente pontefice. In un motu proprio pubblicato il 13 novembre 2025, il pontefice abroga le misure adottate dal suo predecessore, Francesco, segnando una nuova tappa nella revisione delle riforme economiche della Santa Sede.
Oltretevere, non è sfuggito a nessuno che il motu proprio firmato da Papa Leone XIV il 29 settembre e promulgato il 13 novembre non è stato annunciato tramite la Sala Stampa, ma affisso all’ingresso del Palazzo Apostolico. In ogni caso, tutti concordano sul fatto che questo nuovo rescritto illustri la volontà del nuovo Romano Pontefice di centralizzare ulteriormente il controllo finanziario, in nome della trasparenza e dell’equità.
Il documento fa riferimento a due decreti promulgati da Francesco alla fine del suo pontificato. Il primo, datato 29 giugno 2024, riguardava la Fabbrica di San Pietro, responsabile della gestione, manutenzione e riparazione della Basilica Petrina. Il secondo, datato 19 marzo 2025 – un mese prima della morte del pontefice argentino – riguardava il capitolo dei canonici di Santa Maria Maggiore, luogo in cui ora riposa il successore di Benedetto XVI.
Leone XIV giustifica la sua decisione in nome di una «periodica rivalutazione e ridefinizione del quadro normativo». La riforma finanziaria avviata dal suo predecessore richiedeva un costante adattamento per garantire una «struttura equa e trasparente». La scelta del nuovo papa è stata approvata dal Consiglio per l’Economia (CPE), l’organo di controllo economico del Vaticano, prima di essere confermata da consultazioni di esperti, in conformità con l’articolo 207 della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium.
Questa abrogazione segna la fine dell’autonomia concessa da Papa Francesco alle due basiliche. Durante il suo pontificato, questi enti erano stati quasi completamente esentati dal controllo del CPE e della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE), il «braccio esecutivo» responsabile dell’attuazione delle politiche finanziarie. Francesco aveva giustificato queste esenzioni citando l’esigenza di efficienza: una gestione agile è necessaria per evitare le inefficienze burocratiche di queste istituzioni altamente frequentate.
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Così, la Fabbrica di San Pietro e il Capitolo di Santa Maria Maggiore hanno potuto mantenere i propri revisori interni, senza essere sottoposti all’Ufficio del Revisore Generale, responsabile della revisione contabile di tutti gli enti vaticani. Tra le disposizioni più controverse appena abrogate ci sono quelle relative alle spese e alle assunzioni.
Nel gennaio 2024, papa Francesco aveva imposto uno standard che richiedeva l’approvazione della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE) per qualsiasi spesa superiore a 150.000 euro; per queste basiliche, la soglia è stata aumentata a 1,5 milioni di euro. Le assunzioni non dovevano più essere sottoposte alla SPE, fatta eccezione per i contratti a tempo indeterminato – un’eccezione degna di nota rispetto ad altre istituzioni della Santa Sede, dove le procedure di reclutamento sono spesso lunghe e complesse, anche per una semplice sostituzione.
Ora, le due basiliche devono conformarsi alle norme applicabili a tutti gli enti della Santa Sede e della Città del Vaticano. Rientrano sotto la diretta supervisione della SPE, che è responsabile della risoluzione di «qualsiasi questione o problema di natura economica, di controllo o di vigilanza». Per garantire una transizione fluida, la SPE sarà assistita da un gruppo consultivo da essa stessa nominato e fornirà relazioni periodiche al CPE sulle decisioni prese.
Questa centralizzazione rafforza il controllo sulle strutture simboliche: la Fabbrica di San Pietro gestisce gli appalti per la costruzione e l’abbellimento della basilica più grande del mondo, mentre Santa Maria Maggiore, la basilica patriarcale, ospita le importanti reliquie della Natività e l’immagine della Salus Populi Romani, attirando un flusso costante di fedeli.
Questo intervento di Leone XIV non è isolato. Fa parte di una serie di correzioni apportate alle riforme economiche del suo predecessore. Già il 6 ottobre 2025, il suo primo motu proprio aveva allentato la centralizzazione imposta all’Istituto per le Opere di Religione (IOR). In un’intervista del settembre 2025, Leone XIV si presentò come un successore cauto: «Le cose si sistemeranno, ma dobbiamo continuare il processo di riforma iniziato da Francesco».
Ammise poi di aver fatto «scelte sbagliate» nella storia recente, rammaricandosi che «la percezione di cattiva gestione» possa aver scoraggiato i donatori: «Potremmo aver inviato un messaggio sbagliato», riconobbe, sottolineando la necessità di ripristinare la fiducia.
Mettendo sotto attenta osservazione due dei santuari più prestigiosi della cristianità, Leone XIV sta inviando un segnale chiaro: la riforma economica deve essere uniforme, senza eccezioni, per tutte le istituzioni, anche le più prestigiose.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Livioandronico2013 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license
Spirito
Il cardinale Fernandez si sprofonda sempre più nel suo rifiuto del titolo di «corredentrice»
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Un «sempre» che non significa «sempre»…
Prendendo di mira l’espressione «sempre inappropriata», che stigmatizza il titolo di Corredentrice, il giornalista interroga l’alto prelato argentino su questo «sempre». Il cardinale Fernández inizia lanciandosi in una spiegazione che incorpora «trent’anni di studio del dicastero», il lavoro del cardinale Joseph Ratzinger e il suo parere comunicato a Giovanni Paolo II, quindi la «chiusura della questione» da parte dello stesso cardinale. Ma afferma che «stiamo cercando, anche se ci sono aspetti che possono creare confusione, di trovare gli aspetti positivi e di accogliere la pietà dei fedeli. Tuttavia, in questo ambito, dopo trent’anni di lavoro del dicastero, era giunto il momento di renderlo pubblico, ed è ciò che abbiamo fatto». Senza discostarsi dalla sua domanda fondamentale, Diane Montagna chiede per la terza volta: «Perché ha usato il termine “sempre”? Si riferisce al passato, soprattutto perché è stato utilizzato da santi, dottori e dal magistero ordinario?» La risposta del cardinale fu all’altezza della reputazione che Fiducia supplicans gli aveva guadagnato : «No, no, no. Si riferisce al momento presente». Da qui la domanda stupita: «Quindi “sempre” significa “da ora in poi”?». E il cardinale continuò: «Da ora in poi, senza dubbio». Aggiunge: «E questo significa soprattutto che questa espressione [di «Corredentrice»] non sarà usata nella liturgia, cioè nei testi liturgici, né nei documenti ufficiali della Santa Sede». Anzi, ne ammette l’uso privato: «Potete usare questo titolo», se avete compreso il vero significato di questa espressione… Il giornalista è riuscito a far dire al cardinale prefetto della DDF che «ancora inappropriato» significava dal punto di vista temporale «d’ora in poi», e dal punto di vista dell’estensione «nei testi liturgici e nei documenti ufficiali della Santa Sede». In altre parole, «corredentrice» non è sempre stato inappropriato, ma lo è diventato, il che significa logicamente che questa valutazione è casuale, legata alla cautela. E questo implica anche che un giorno questo titolo potrebbe non essere più «inappropriato»: un titolo intermittente o tremolante, per così dire. Questa spiegazione dimostra, in primo luogo, l’incompetenza di chi fornisce la risposta; e in secondo luogo, che il termine «sempre» non ha lo stesso significato nei documenti DDF che nel linguaggio comune. Il che è piuttosto fastidioso. Ma c’è un elemento positivo: il titolo può essere utilizzato liberamente. Dopo questo ultimo dietrofront che ha nuovamente ridicolizzato il DDF, sembra che la cosa migliore per il cardinale Fernández sarebbe ritirarsi. Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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