Geopolitica
I primi reparti dell’Esercito Russo sono entrati nel Donbass
Il riconoscimento da parte di Mosca delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk è stato seguiti immediatamente dall’azione concreta: l’esercito russo è entrato nel territorio appena riconosciuto.
Il Cremlino parla di un contingente volto al peacekeeping. Si tratta, di fatto, di un intervento diretto che significa in sostanza l’annessione delle due regioni.
Le truppe in arrivo vanno ad aggiungersi ai circa 3-4000 soldati russi che, si stima, erano già presenti in Donbass.
Con questa mossa Putin fa entrare il conflitto in atto in una nuova fase, mettendo grande pressione sul presidente-attore comico ucraino Zelens’kyj, che pure, russofono da sempre, era arrivato a dichiarare di voler incontrare de visu Putin per risolvere la situazione.
Russian military convoy entering #Donbass #Ukraine #Russia pic.twitter.com/ZXHU7SsiV1
— Aleph א (@no_itsmyturn) February 21, 2022
️⭕️????????#Ukraine: Alleged video showing #Russia|n military columns entering #Donbass pic.twitter.com/WgdQfV0IDy
— ????-???????????????? (@L_Team10) February 21, 2022
Ora il governo di Kiev si trova in difficoltà logistica e decisionale anche rispetto al supporto alleato: parrebbe che nella notte gli americani abbiano evacuato i diplomatici da Leopoli, città dell’Ovest roccaforte del nazionalismo ucraino, dove si erano spostati dopo essere fuggiti nelle scorse settimane dalla capitale Kiev.
Zelens’kyj ora dovrà spiegare all’opinione pubblica ucraina come sia stato possibile arrivare a questo punto, e cioè alla disintegrazione di fatto dell’integrità territoriale del Paese, un tema che, immaginiamo, renderà furiosi i nazionalisti «banderisti» (cioè paranazisti) che combattono in Donbass e hanno ramificazioni politiche forti. Alcuni di essi, come riportato da Renovatio 21, sarebbero stati addestrati in USA con un programma CIA volto a «uccidere i russi».
Ora la situazione potrebbe pure arrivare ad uno stallo: Putin potrebbe accontentarsi, e l’Occidente, pure, potrebbe ritenersi soddisfatto delle distruttive sanzioni economiche che imporrà. Tuttavia le zone di Donetsk e Lugansk sotto controllo filorusso e ora russo non coincidono con l’intera oblast’ (cioè, regione) delle due realtà. Un’altro obbiettivo, secondo alcuni, potrebbe essere l’avanzata verso il grande porto di Mariupol’.
Dopo il riconoscimento da parte del Cremlino, ieri sera la popolazione del Bacino del Don ha festeggiato in piazza, con bandiere russe, fuochi di artificio, e cortei di auto.
Twitter can be a horrible place at times, but tonight’s decision by President Putin to recognise the Donbass republics is the news people there have been looking forward to for 8 years. I’ll sign off tonight with this video from Lenin Square in Donetsk. #Donbass ???????? pic.twitter.com/l8YJVF84tf
— Dean O’Brien (@DeanoBeano1) February 21, 2022
???? Celebrations started in #Donetsk after #Russia officially recognized it as an independent Republic. #Donbass #Ukraine #Putin pic.twitter.com/qVBYUm3GkB
— OSINT Updates ???? (@OsintUpdates) February 21, 2022
Happening right now in the Lugansk People’s Republic. Huge car convoy celebrating waving the flags of Russia, DPR, LPR and South Ossetia. #Donbass pic.twitter.com/BVanpcoZAo
— Dean O’Brien (@DeanoBeano1) February 21, 2022
In principio, l’entrata in Donbass dell’esercito russo rappresenta una violazione della sovranità territoriale dell’Ucraina, che, sostanzialmente, Putin, come ha fatto capire nel discorso alla Nazione di iersera, non riconosce.
Il presidente russo aveva infatti affermato che l’Ucraina moderna è stata interamente disegnata dalla Russia ai tempi della dissoluzione sovietica, per poi accusare l’attuale governo di Kiev di essere niente altro che un fantoccio nelle mani degli USA. L’Ucraina, ha finalmente fatto capire Putin, è insomma poco altro che un problematico Stato artificiale.
Il tutto, sottolineando il concetto storico ed etnografico indicante la prossimità, se non l’unicità, tra terre e genti ucraine con quelle russe.
Il mondo si trova quindi davanti, ancora una volta dopo la Crimea nel 2014, al fait accompli dello statista del Cremlino.
Si attendono ora le reazioni del mondo, in particolare dell’Europa, oltre che degli USA. È probabile l’arrivo di tremende sanzioni contro la Russia.
L’espressione riferita alla reazione –«swift and severe» (rapida e severa) – dopo essere stata pronunziata dal presidente Biden, è stata ripetuta dalla vicepresidente Kamala Harris: si tratta di una minaccia in codice, per niente criptico, rispetto all’esclusione dell’economia russa dal circuito interbancario mondiale SWIFT.
L’opzione di sospensione dallo SWIFT è stato paragonata da alcuni analisti ad una sorta di bomba atomica economica.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente Putin aveva anticipato che il fine dell’escalation era di tipo economico: distruggere lo sviluppo della Nazione russa.
Un’altra fondamentale dichiarazione delle ultime settimane di Putin, mai arrivata ai grandi giornali, è stata, nella conferenza stampa con Macron, riguardo alla possibile guerra atomica «senza vincitori» in Europa – forse ne avete letto su questo sito, nessun media mainstream ne ha parlato davvero, nonostante essa poteva dare spazio alle testate di dipingere Putin come un minaccioso tiranno.
I giornali hanno parimenti ignorato gli sviluppi – dichiarati apertamente dal Cremlino con grande pubblicità – dei missili Tsirkon, ossia missili ipersonici contro i quali non vi è ancora difesa possibile. La Russia ha completato i test, gli USA sostengono di non essere ancora in grado di produrre una tecnologia bellica ipersonica utilizzabile.
Renovatio 21 da un anno oramai insiste sull’importanza della nuova missilistica ipersonica, e di ciò che implica a livello di equilibrio mondiale.
Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.
Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.
«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.
Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.
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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».
Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.
Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.
Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
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Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).
A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.
L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.
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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.
«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».
Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.
L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.
Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.
In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».
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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».
Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».
Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.
Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.
Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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