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Geopolitica

I militari del Niger concedono all’ambasciatore francese 48 ore per lasciare il Paese

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I militari che in Niger hanno spodestato il governo Bazoum lo scorso mese luglio hanno ordinato all’ambasciatore francese a Niamey di lasciare il Paese entro 48 ore.

 

L’ordine colpisce l’ambasciatore francese Sylvain Itte, che secondo quanto riferito ha rifiutato di rispondere a un invito a parlare con il nuovo ministro degli Esteri del Paese, secondo il governo del Niger. I funzionari della giunta nigerina hanno anche citato «altre azioni del governo francese contrarie agli interessi del Niger» come fattori per la decisione di espellere il diplomatico di Parigi.

 

La decisione arriva dopo una serie di proteste dei cittadini contro la continua presenza francese nella zona e dichiarazioni dei vertici militari contro l’ex potenza coloniale. In risposta, il ministero degli Esteri francese aveva affermato che «i golpisti non hanno autorità» per chiedere al suo ambasciatore di andarsene.

 

«L’approvazione dell’ambasciatore proviene esclusivamente dalle autorità nigerine legittime elette», hanno detto i funzionari.
La Francia, che ha circa 1.500 soldati di stanza all’interno dei confini del Niger, ha finora rifiutato di riconoscere la decisione della leadership militare di revocare gli accordi tra la Francia e l’ex governo del Niger, sostenendo che tali accordi erano stati stipulati dalle «autorità legittime» del Paese.

 

Non molto tempo dopo la diffusione della notizia dell’ordine di partenza di Itte, i media hanno riferito che la leadership nigerina aveva emesso lo stesso ordine di 48 ore anche agli inviati di Germania, Stati Uniti e Niger prima che venissero emesse ritrattazioni, sostenendo che circolava online una lettera falsa.

 

Rispondendo alle notizie relative all’ordine di espulsione del rappresentante diplomatico statunitense, un portavoce del Dipartimento di Stato USA, interrogato dal sito russo Sputnik, ha dichiarato che le immagini di una lettera che circola in rete del ministero degli Esteri del Niger che chiede la partenza dell’ambasciatrice americana Kathleen Fitz Gibbon sono dei falsi.

 

«Il Ministero degli Affari Esteri nigeriano ha comunicato agli Stati Uniti d’America che le immagini delle lettere che circolano su Internet chiedendo la partenza di un certo personale diplomatico americano non sono state rilasciate dal Ministero degli Affari Esteri», ha detto venerdì il portavoce USA. «Nessuna richiesta del genere è stata avanzata al governo degli Stati Uniti».

 

Come riportato da Renovatio 21, gli americani stanno tuttavia evacuando le loro basi aerei per droni in Niger.

 

Alla fine di luglio, la leadership militare del Niger ha deposto il presidente Mohamed Bazoum, uno dei tre eventi simili avvenuti nella zona in altrettanti anni. Anche il Burkina Faso e il Mali hanno subito golpe militari rispettivamente nel 2022 e nel 2021. Entrambi i paesi espulsero anche le truppe francesi dai loro confini.

 

La Francia ha chiesto il ripristino dell’amministrazione Bazoum. Ha anche sostenuto la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) che ha imposto sanzioni al Niger e ha minacciato un’azione militare per «ripristinare l’ordine costituzionale», con tanto di ultimatum e data fissata. Si era detto che 25 mila soldati nigeriani sarebbero stati approntati per l’invasione.

 

Il Niger ha accusato l’ECOWAS di essere nelle mani della Francia e ha recentemente annunciato che consentirà agli eserciti del Burkina Faso e del Mali di operare all’interno dei confini nigerini in caso di conflitto militare, entrambi si sono impegnati a proteggere il Niger dall’intervento militare.

 

«Qualsiasi intervento militare contro il Niger simulerà una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali», hanno affermato i due paesi in una dichiarazione congiunta, aggiungendo che i due paesi uscirebbero dall’ECOWAS se il blocco intraprendesse un’azione militare contro il Niger.

 

Burkina Faso e Mali «mettono in guardia dalle conseguenze disastrose di un intervento militare in Niger, che potrebbe destabilizzare l’intera regione come ha fatto l’intervento unilaterale della NATO in Libia, che ha portato alla diffusione del terrorismo nel Sahel e nell’Africa occidentale», si legge nella dichiarazione.

 

Proteste massive contro la Francia si erano viste nella capitale nigerina Niamey nelle scorse settimane, con tanto di assalto incruento all’ambasciata.

 

Le aziende francesi sono le principali proprietarie di tre importanti miniere di uranio in Niger, che ha i nuclei di uranio più ricchi dell’Africa. Il Niger è il settimo produttore mondiale di uranio nel mondo e il secondo produttore di uranio per l’Unione europea.

 

Circa il 70% dell’elettricità prodotta in Francia viene prodotta utilizzando l’energia nucleare. È stato calcolato che l’uranio nigerino può incidere per il 30% nella produzione di energia atomica francese.

 

È bene a questo punto ricordare che il 6% dell’energia elettrica italiana, dopo la chiusura delle centrali italiane causta dal referendum antinuclearista del 1986, viene oggi acquistata dalla Francia.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Niger aveva firmato un contratto di fornitura di uranio con la Cina quattro settimane prima del golpe.

 

Il Niger è stato recentemente colpito da attacchi terroristici di sigle islamiste vicino ad Al Qaeda, che avrebbero assediato e conquistato l’antica città nel deserto di Timbuctù, nel Mali.

 

Il Mali in passato ha accusato la Francia di addestrare e sostenere i terroristi islamici che sostiene di combattere con le sue operazioni militari nell’area, alle quali ha partecipato anche un contingente italiano.

 

 

 

 

 

Immagine di US Africa Command via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

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Geopolitica

Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.

 

In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».

 

Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.

 

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.

 

In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.

 

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».

 

Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».

 

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Geopolitica

Orban: i funzionari dell’UE «violano la legge»

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Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha accusato i funzionari dell’UE di «violazione sistematica della legge» per il loro piano di privare gli Stati membri del diritto di veto sul congelamento degli asset russi.   Venerdì pomeriggio la Commissione Europea ha votato una proposta per attivare l’articolo 122 dei trattati UE, una clausola di emergenza che permette di adottare decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità. Tale misura consentirebbe all’Unione di mantenere indefinitamente il blocco dei beni sovrani russi e di destinare i profitti o gli interessi generati a sostegno dell’Ucraina, anche in presenza di opposizioni da parte di singoli Stati membri.   «Con la procedura di oggi, i burocrati di Bruxelles aboliscono con un solo tratto di penna l’obbligo di unanimità, un atto palesemente illegale», ha scritto Orban su X venerdì. «Lo stato di diritto nell’Unione Europea sta giungendo al termine e i leader europei si pongono al di sopra delle regole. Anziché garantire il rispetto dei trattati UE, la Commissione Europea viola sistematicamente il diritto europeo».   Orban ha denunciato che i «burocrati» e i guerrafondai dell’UE stanno spingendo per «protrarre la guerra in Ucraina, un conflitto che è chiaramente impossibile vincere».  

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«Con questo passo, lo stato di diritto nell’UE viene sostituito dal governo dei burocrati. In altre parole, si è instaurata una dittatura di Bruxelles», ha aggiunto. «L’Ungheria protesta contro questa decisione e farà tutto il possibile per ripristinare un ordine legittimo».   Dopo l’escalation del conflitto ucraino nel 2022, i partner occidentali di Kiev hanno congelato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, la maggior parte dei quali depositati presso Euroclear a Bruxelles. Nelle ultime settimane è scoppiata una forte controversia tra i Paesi europei favorevoli all’utilizzo di tali fondi come garanzia per un «prestito di riparazione» a Kiev e quelli contrari, che invocano rischi legali e finanziari.   L’attivazione della clausola di emergenza per un congelamento a tempo indeterminato toglierebbe a Stati oppositori come l’Ungheria la possibilità di veto sul rinnovo semestrale. Secondo il piano, il blocco rimarrebbe in vigore fino al pagamento da parte della Russia delle riparazioni post-conflitto all’Ucraina e fino a quando l’UE non riterrà cessata «una minaccia immediata» ai propri interessi economici derivante da possibili ritorsioni legali.   Mosca ha condannato come illegittimo qualsiasi tentativo di appropriazione dei suoi beni. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha dichiarato questa settimana che la Russia reagirà a ogni espropriazione, aggiungendo che «derubare» il Paese rappresenta l’ultima carta rimasta ai sostenitori europei dell’Ucraina per continuare a finanziare Kiev nel conflitto con Mosca.   L’Ungheria si oppone da tempo a ulteriori aiuti a Kiev: Orban li ha paragonati al «mandare un’altra cassa di vodka a un alcolizzato». Budapest non è tuttavia isolata: anche il Belgio, che custodisce la maggior parte dei fondi, ha criticato duramente il piano, con il primo ministro Bart De Wever che lo ha definito «equivalente a rubare» denaro russo.   I capi di Stato e di governo dell’UE voteranno la proposta al vertice della prossima settimana.

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Immagine di Manfred Weber via Flickr con licenza CC BY-NC-SA 2.0
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Geopolitica

Trump fa pressione su Zelens’kyj affinché ceda terreni alla Russia

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta esercitando forti pressioni su Volodymyr Zelens’kyj affinché accetti di cedere territori alla Russia per porre fine alla guerra tra Kiev e Mosca. Lo riporta il giornale tedesco Bild, citando fonti anonime.

 

Sabato il quotidiano ha scritto che la Casa Bianca sta «esercitando una pressione intensa sul leader ucraino per ottenere concessioni». Secondo l’articolo, Trump potrebbe «sfruttare la vulnerabilità interna di Zelens’kyj» causata da uno scandalo della corruzione miliardaria di Kiev.

 

Il mese scorso le agenzie anticorruzione ucraine, sostenute dall’Occidente, hanno reso noti i risultati preliminari di un’inchiesta su presunte tangenti per circa 100 milioni di dollari nel settore energetico, coinvolgendo figure vicine all’entourage del presidente. A seguito dello scandalo si sono dimessi la ministra dell’Energia Svetlana Grinchuk, il ministro della Giustizia German Galushchenko e il principale consigliere nonché stretto collaboratore di Zelens’kyj, Andrey Yermak.

 

La Bild sostiene che i negoziati di pace promossi dagli Stati Uniti si trovino nella fase più avanzata dall’inizio dell’escalation del conflitto in Ucraina, nel febbraio 2022. Trump starebbe cercando di chiudere un accordo tra Mosca e Kiev in tempi brevi, indicando il Natale come possibile scadenza.

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Kiev ha sempre escluso il riconoscimento delle ex regioni ucraine del Donbass come territorio russo. Le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk hanno aderito alla Federazione Russa in seguito ai referendum del 2022. Zelensky ha tuttavia ammesso che l’Ucraina potrebbe indire un referendum su eventuali concessioni territoriali.

 

Il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov ha replicato che il Donbass è territorio sovrano russo e che Mosca, prima o poi, riprenderà il controllo sulle aree ancora occupate dalle forze ucraine, aggiungendo che Zelens’kyj si è finora opposto al ritiro delle truppe dalla regione, nonostante questa richiesta figuri tra le proposte di pace avanzate da Washington.

 

Giovedì Trump ha dichiarato ai giornalisti alla Casa Bianca che «a parte il presidente Zelens’kyj, il suo popolo ha apprezzato il concetto dell’accordo di pace» da lui proposto il mese scorso. Il presidente americano ha precisato che il processo è «un po’ complicato perché si tratta di dividere il territorio in un certo modo».

 

Nel frattempo, le truppe russe proseguono la loro avanzata nel Donbass, avendo recentemente liberato la importante piazzaforte di Seversk.

 

In un’intervista rilasciata a Politico lunedì, Trump ha affermato che lo Zelens’kyj «dovrà rimboccarsi le maniche e cominciare ad accettare le cose».

 

Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi giorni Trump ha esortato l’ex attore ucraino ad essere «realista», chiosando che «in Ucraina tutti tranne Zelens’kyj hanno apprezzato il mio piano». Lo stesso presidente americano, che si era detto «deluso» dalla mancata risposta di Kiev alla sua proposta di pace, aveva quindi esortato il presidente ucraino ad indire le elezioni.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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