Nucleare
Hiroshima: sopravvissuto all’atomica torna a scuola di inglese a 82 anni per raccontare

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Kunihiko Iida aveva 3 anni quando fu gravemente ferito nell’esplosione. Sente l’urgenza di parlare non solo ai giapponesi, ma anche ai tanti turisti stranieri: «Sarà difficile abolire le armi nucleari senza diffondere la consapevolezza della realtà di ciò che è accaduto». Sono circa 107mila oggi gli «hibakusha», la cui vita è stata segnata dalle due bombe americane.
Un sopravvissuto alla bomba atomica di Hiroshima a 82 anni ha iniziato a prendere lezioni individuali per migliorare il suo inglese, nella convinzione che l’aumento dei conflitti globali renda più urgente che mai la sua missione di comunicare al mondo gli orrori delle armi nucleari.
L’agenzia giapponese Kyodo News racconta che Kunihiko Iida era solo un bambino quando l’atomica sganciata dagli Stati Uniti devastò Hiroshima il 6 agosto 1945, lasciandolo con problemi di salute di lunga durata.
Iida parla da tempo con i visitatori giapponesi di Hiroshima e spesso gli viene chiesto di parlare delle sue esperienze agli studenti, ma è stato ispirato a raggiungere un pubblico più ampio dopo il vertice del G7, tenutosi a Hiroshima l’anno scorso. «Sarà difficile abolire le armi nucleari senza diffondere la consapevolezza della realtà di ciò che è accaduto» racconta. «Molte persone non lo sanno. Con l’aumento dei turisti stranieri che vengono in Giappone, voglio avere più opportunità di raccontare la mia storia in inglese. Basarsi solo sul giapponese è limitante».
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In Giappone il numero di sopravvissuti ai due bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, noti come hibakusha, sta diminuendo e con loro anche i ricordi di prima mano degli attacchi e degli orrori che hanno portato. Secondo il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare, a marzo il numero dei sopravvissuti era di circa 107.000, con un’età media di 85,6 anni.
Al Museo della pace di Hiroshima solo 32 sopravvissuti, tra cui Iida, stanno fornendo attivamente testimonianze.
All’epoca dell’esplosione della bomba Iida aveva 3 anni e pochi istanti prima stava giocando nel giardino dei nonni, a 900 metri dall’ipocentro dell’esplosione. «Il mio campo visivo diventò completamente bianco e venni scaraventato in aria», ricorda. Seppellito sotto le macerie, con ferite causate dai vetri rotti e con intorno «tutto in silenzio», fu salvato da un membro della famiglia. «Non ricordo un solo giorno da sano da bambino: avevo continui mal di testa e vertigini», spiega, ricordando che a un certo punto gli fu detto che non sarebbe stato in grado di frequentare la scuola superiore.
Iida ha studiato l’inglese fin dalle scuole medie e ha continuato da adulto per comunicare meglio con i colleghi internazionali di un’azienda produttrice di macchinari. «Ho perso molte delle mie abilità in inglese per non averle potute usare durante l’epidemia da Coronavirus», ha detto spiegando la scelta di tornare a prendere lezioni.
Nonostante il senso di speranza suscitato dal vertice del G7 di Hiroshima, Iida sente l’urgente necessità di una consapevolezza globale e di un’azione politica contro le armi nucleari, citando la minaccia del presidente russo Vladimir Putin di usare armi nucleari e le richieste di un ministro israeliano di colpire la Striscia di Gaza con una bomba nucleare nel corso del conflitto in corso.
«Le armi nucleari sono spesso usate come minacce, ma con il loro uso non ci sono vincitori».
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Immagine di Clint via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Conferenza mondiale sulla fusione nucleare in Cina

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Nucleare
«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

Alla fine della scorsa settimana, a Berlino si sono tenuti diversi eventi che hanno evidenziato il rischio per la Germania derivante dal dispiegamento di missili a medio raggio e dalla fornitura di tali armi all’Ucraina, considerati come un possibile preludio a una Terza Guerra Mondiale. Lo riporta EIRN.
Uno di questi eventi è stata una presentazione di tre ore, svoltasi il 10 ottobre, tenuta dal professor Ted Postol, rinomato esperto di armi del MIT, organizzata congiuntamente dallo Schiller Institute (ente legato al gruppo Larouche) e dalla Eurasian Society. L’argomento era la minaccia rappresentata dal posizionamento di missili a medio raggio in Germania, accompagnata da un’analisi lucida delle conseguenze di una potenziale guerra nucleare.
Postol ha illustrato l’enorme potenziale distruttivo delle moderne armi nucleari, molto più potenti rispetto a quelle che, nel 1945, causarono tra le 200.000 e le 250.000 vittime in Giappone, confutando l’idea assurda di poter vincere una guerra nucleare, dimostrando che la cosiddetta «vittoria» diventa priva di senso quando il Paese vincitore non ha più sopravvissuti al termine del conflitto.
L’esperto ha quindi smontato il mito della vittoria in una guerra nucleare tattica, spiegando che l’uso di una singola arma nucleare porterebbe, in circa cinque giorni, a una guerra globale che estinguerebbe ogni forma di vita sulla Terra.
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Riflettendo sulla sua esperienza personale nella pianificazione di una guerra nucleare, Postol ha sottolineato il problema della riduzione del tempo di allerta precoce, dovuto al posizionamento avanzato dei missili, e il rischio di una rapida escalation verso l’uso di armi nucleari, per entrambe le parti, a causa del dilemma «usalo o perdilo».
«Nel 1983, si svolse un war game chiamato Able Archer. In quel war game, i vertici americani simularono, da una prospettiva sociale, psicologica e militare, uno scontro tra il Patto di Varsavia e la NATO, con l’uso di armi nucleari (…) È importante comprendere che gran parte di ciò che avvenne in quel gioco fu guidato da imperativi militari. Il problema, ancora una volta, deriva dalla natura delle armi nucleari. Sono così potenti che, quando una parte inizia a usarle, entrambe si sentono obbligate a contrattaccare e a distruggere il più possibile la capacità offensiva del nemico. Non hai scelta una volta che sei in questo gioco. Non puoi dire “basta”. Perché non sai se l’avversario intensificherà il suo attacco prima che tu ti fermi. Questo dà al nemico l’opportunità di aumentare la sua potenza in modo da causarti danni ancora maggiori. Sei quindi costretto a entrare in un ciclo in cui devi colpire il nemico per tenerlo sotto controllo».
Postol ha spiegato che questa dinamica di attacco e contrattacco è centrale nel pensiero militare sulla guerra nucleare, basato sull’erronea convinzione che si possa combattere e vincere, chiarendo che non esiste vittoria, poiché «i livelli di distruzione sono così elevati che entrambe le parti vengono annientate». Ha aggiunto che l’idea di una guerra nucleare paragonabile a un conflitto convenzionale è fuorviante, poiché i danni sono incomparabilmente più devastanti.
Il professore ha anche criticato la politica autolesionista del governo tedesco, che consente il dispiegamento di queste armi sul proprio territorio, rendendo la Germania, senza alcuna valida ragione, un bersaglio per la distruzione nucleare in caso di conflitto, deplorando inoltre il rapido declino del senso di realtà tra i leader politici occidentali, un fattore che di per sé alimenta il rischio di un confronto nucleare, a causa della loro incapacità di comprendere le conseguenze delle proprie scelte politiche.
Come riportato da Renovatio 21, Postol l’anno scorso aveva condannato l’attacco di droni ucraini contro le stazioni di rilevamento per la guerra atomica Armavir (nota come «Lupi dello Zar») e Orsk, nella Russia meridionale e orientale, parlando di una possibile escalation che da lì poteva partire verso la distruzione nucleare pantoclastica.
Si trattava di attacchi ad una componente componente dell’«ombrello nucleare» della Federazione Russa.
«Gli ucraini hanno ora attaccato un secondo radar strategico di allarme rapido nucleare russo critico a Orsk» aveva avvertito Postol. «Questo radar guarda verso l’Oceano Indiano e ha qualche sovrapposizione con i radar del radar già danneggiato di Armavir. I primi indicatori indicano che l’entità dei danni subiti dall’Orsk è probabilmente limitata, ma non si può escludere che il radar non funzioni per il momento a causa dell’attacco».
«Questa è una situazione molto seria. A differenza degli Stati Uniti, i russi non dispongono di sistemi di allarme satellitare spaziali in grado di rilevare attacchi di missili balistici a livello globale. Ciò significa che la copertura radar persa a causa degli attacchi a questi radar riduce notevolmente il tempo di preavviso contro gli attacchi a Mosca dal Mediterraneo e dall’Oceano Indiano».
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«L’estrema pressione temporale sulla leadership russa potrebbe quindi aumentare significativamente le possibilità di un catastrofico incidente nucleare. Il fatto che Blinken e la sua squadra di sicurezza nazionale abbiano dato il via libera al governo ucraino per attaccare siti russi fuori dall’Ucraina, significa che Blinken ha incautamente detto agli ucraini che possono impegnarsi in tali atti che avrebbero conseguenze potenzialmente catastrofiche per gli Stati Uniti e per l’intero pianeta».
Renovatio 21 rammenta come anche nei discorsi degli strateghi russi sia apparsa, negli scorsi mesi, l’idea di attaccare per primi utilizzando armi atomiche.
Come riportato da Renovatio 21, il noto esperto di relazioni internazionali russo Sergej Karaganov ha scritto interventi molto discussi dove ha parlato apertis verbis della revisione della strategia militare atomica di Mosca, arrivando a ipotizzare la nuclearizzazione di una città europea in risposta al sostegno della guerra ucraina.
Siamo arrivati al punto più prossimo allo sterminio atomico. Mai nella storia, nemmeno nei momenti più caldi della guerra fredda, eravamo giunti così vicino all’abisso pantoclastico, alla prospettiva della distruzione massiva dell’umanità.
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Nucleare
Trump reagisce all’offerta di trattato nucleare di Putin

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