Spirito
Gli ortodossi verso un nuovo scisma stile 1054

Com’è noto, una profonda frattura ha diviso il mondo ortodosso a partire dal 2018, quando il Patriarcato di Costantinopoli decise arbitrariamente di riconoscere come autocefala la «Chiesa ortodossa dell’Ucraina», soggetto scismatico ed anatemizzato che si era venuto a formare nel 1992 sotto le pressioni politiche dei nazionalisti ucraini, che vedevano di mal occhio il fatto che la Chiesa ortodossa ucraina fosse canonicamente legata al Patriarcato di Mosca.
Negli anni successivi e fino ai giorni nostri, i nazionalisti ucraini e i loro patroni americani hanno sempre appoggiato, in funzione antirussa, qualsiasi soggetto religioso che si opponesse alla Chiesa Ortodossa Russa, dalle frange scismatiche ortodosse alla chiesa greco-cattolica, molto presente nell’Ucraina occidentale (che era stata per diverso tempo parte del cattolico Impero Asburgico) e considerata come «la chiesa dei veri patrioti ucraini», frequentata per esempio dall’ex presidente Petro Poroshenko.
«Se lo scontro si prolunga nel tempo, un nuovo scisma sarà purtroppo inevitabile come lo fu quello del secolo XI. E la colpa ricadrà su quelli che l’hanno provocato»
La cronologia dei fatti è stata la seguente:
- Il 1° settembre 2018, pochi giorni dopo un incontro tra Bartolomeo e Cirillo in cui il primo mentì garantendo che «nulla sarebbe cambiato», il Fanar (cioè il Patriarcato di Costantinopoli) annunciò ufficialmente che intendeva riconoscere l’autocefalia della Chiesa Ucraina.
- L’8 settembre, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha condannato la nomina di due vescovi del Patriarcato di Costantinopoli come «esarchi» in Ucraina e ha affermato che «la piena responsabilità di questi atti anticanonici ricade personalmente sul patriarca Bartolomeo e su quelle persone nella Chiesa di Costantinopoli che li sostengono»;
- Il 14 settembre, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha deciso di interrompere la commemorazione in preghiera del patriarca Bartolomeo ai servizi divini, la concelebrazione con i vescovi del Fanar e la partecipazione a tutte le commissioni e strutture guidate da rappresentanti di Costantinopoli;
- L’11 ottobre il Patriarcato di Costantinopoli ha annunciato la «cancellazione» della Lettera del 1686 sul trasferimento della metropolia di Kiev al Patriarcato di Mosca e il «ripristino nel sacerdozio» dei capi dei gruppi scismatici insieme ai loro seguaci;
- Il 15 ottobre il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha condannato queste azioni illegali del Fanar e ha interrotto la comunione eucaristica con esso;
- Il 15 dicembre con la partecipazione dei gerarchi del Fanar e sotto la supervisione delle autorità ucraine, si è tenuto il cosiddetto «Concilio di unificazione», in cui è stata creata la cosiddetta «Chiesa ortodossa dell’Ucraina». Solo due vescovi canonici ucraini (Shostatskij e Drabinko) hanno partecipato al «Concilio», e sono stati sospesi per questo dalla Chiesa canonica. Nuovo primate dell’OCU è stato nominato Epifanio Dumenko, col titolo di metropolita e non di patriarca; ciò ha portato al fatto che Filarete Denisenko, ex «patriarca» della OCU, si è ritirato dal progetto e ha fondato un nuovo soggetto scismatico, il terzo operante sul territorio ucraino.
Riconoscendo tale autocefalia, il Patriarcato di Costantinopoli ha violato almeno tre gravi aspetti dell’ecclesiologia ortodossa:
1) È intervenuto nel territorio canonico di un’altra chiesa locale autocefala, violandone l’autonomia.
2) Ha riconosciuto arbitrariamente un soggetto al cui interno, proseguendo da trent’anni uno scisma e mancando molto spesso valide prove di successione episcopale (si racconta di «vescovi» che si sono sentiti autoinvestiti dell’ordine dopo aver passato un po’ di tempo in preghiera davanti a reliquie; di «vescovi» portati nei cimiteri perché fossero loro imposte le mani di scheletri esumati di vescovi defunti…), non c’è certezza di valido ordine sacerdotale e di validi sacramenti. Fino al 2018, qualunque prete della «Chiesa ortodossa dell’Ucraina» che volesse entrare nel Patriarcato di Costantinopoli (ve n’erano molti, soprattutto all’estero dove la OCU operava col nome di «Patriarcato delle Nazioni») doveva essere riordinato; di punto in bianco, le loro ordinazioni sono state considerate in blocco valide.
3) Ha sostenuto essere nella propria autorità esclusiva concedere autocefalie e toglierle, anche nei territori canonici altrui, poiché egli è «il centro e il vertice di tutta l’Ortodossia» e l’«immagine del Padre nella Santissima Trinità». Si tratta di figure che, a detta del metropolita di Minsk, nemmeno il Papa di Roma avrebbe mai usato per sé, e stridono completamente con la teologia ortodossa che non riconosce alcun capo della Chiesa e alcun centro dell’Ortodossia se non Cristo, secondo le parole dell’Apostolo. Questo viene comunemente definito «papismo costantinopolitano».
Già nel 2018, il Patriarca di Mosca aveva interrotto la commemorazione di Bartolomeo nei dittici della Divina Liturgia.
La cosa non era priva di precedenti, poiché la commemorazione era stata interrotta già due volte nella storia, nel 1439 in seguito all’Unione di Ferrara Firenze (poiché la Chiesa Russa accusava Costantinopoli di essersi piegata a Roma) e nel 1992 in seguito a una disputa sulla pertinenza canonica dell’Estonia. Tali precedenti, tuttavia, avevano un peso specifico molto diverso: nel primo caso si era in presenza di una chiesa, quella costantinopolitana, che avrebbe iniziato un lungo stato comatoso con la caduta dell’Impero, e perciò divenuta temporaneamente irrilevante sotto ogni profilo; nel secondo, la cosa si risolse nel giro di pochi mesi. Simili scismi non sono infrequenti nella Storia della Chiesa, antica e moderna: pochi sanno per esempio che il Patriarca di Gerusalemme e il Patriarca di Antiochia non si commemorano vicendevolmente per una disputa sulla pertinenza canonica del Qatar (però, quando sono ospiti di altri gerarchi ortodossi, accettano di buon grado l’uno la commemorazione dell’altro).
Tuttavia, raramente queste fratture hanno un significato geopolitico così importante da apparire sin da subito nelle sue grandi proporzioni.
La divisione si è acuita quando un riconoscimento della pseudo-autocefalia ucraina è arrivato da altre chiese locali, segnatamente il Patriarcato di Alessandria, la Chiesa di Grecia e la Chiesa di Cipro. Il sostegno di queste chiese, tutte grecofone come il Patriarcato di Costantinopoli e quindi accomunate dallo spirito filetnico che spesso in esse s’infiltra, non è stato privo di rivolgimenti e malumori interni che tuttora proseguono.
Ad ogni modo, dopo tre anni dall’interruzione della comunione e dell’inizio dello scisma, la situazione sembra arrivata a un punto di svolta: richiamandosi ai fatti sopra descritti, durante la sessione ordinaria di settembre del Santo Sinodo di Mosca, il Patriarca Cirillo ha riferito che il prossimo Concilio generale dei vescovi della Chiesa Ortodossa Russa dovrà «valutare quanto sta avvenendo nel mondo ortodosso e, se piace allo Spirito Santo e ai vescovi riuniti, adottare una risoluzione della nostra Chiesa in relazione agli atti compiuti da Costantinopoli».
Secondo Kirill Aleksandrov, giornalista esperto di questioni ecclesiastiche russe, è probabile che in questo concilio si deciderà la condanna del Fanar e dell’eresia del papismo costantinopolitano, imprimendo una svolta decisiva alla storia dell’Ortodossia mondiale.
È da notare che il Concilio era programmato per il prossimo 13-15 Novembre, ma con una notula datata 15 ottobre il Patriarca ha comunicato che sarà posticipato all’inizio del 2022; la ragione ufficiale sono le difficoltà degli spostamenti internazionali dovute alle misure anti-COVID, ma probabilmente si vuole prendere tempo per preparare opportunamente un colpo di tali proporzioni, che i gerarchi moscoviti stanno gestendo anche a livello geopolitico con contatti con le realtà ecclesiastiche ellenofone e africane che potrebbero sostenerli.
Del resto si sta parlando di un evento epocale, per cui il titolo di «nuovo 1054» non è una nostra invenzione, ma una citazione delle parole del più insigne canonista della Chiesa ortodossa serba, il vescovo Ireneo di Backa: «Se lo scontro si prolunga nel tempo, un nuovo scisma sarà purtroppo inevitabile come lo fu quello del secolo XI. E la colpa ricadrà su quelli che l’hanno provocato»
Nicolò Ghigi
Spirito
Il vescovo Schneider: i cattolici devono adorare Cristo, non l’ideologia LGBT o l’agenda climatica

Intervenendo alla Catholic Identity Conference (CIC) a Pittsburgh il 4 ottobre, il vescovo Athanasius Schneider ha esortato i fedeli durante un discorso tenuto sabato a non inchinarsi agli idoli moderni che si sono insinuati nella Chiesa cattolica, come l’ideologia LGBT o l’agenda sui cambiamenti climatici. Lo riporta LifeSite.
Il vescovo ausiliare di Astana, in Kazakistan, ha sottolineato che in un periodo in cui il Primo Comandamento è spesso rifiutato persino dalla gerarchia ecclesiastica, i cattolici devono aggrapparsi a Nostro Signore Gesù Cristo e non offrire incenso a idoli moderni come il politicamente corretto, la «Madre Terra», gli iceberg e l’ideologia LGBT.
La dichiarazione di Schneider arriva poco più di un mese dopo il sacrilego pellegrinaggio LGBT in Vaticano all’inizio di settembre, che ha visto migliaia di cosiddetti «cattolici LGBT», molti dei quali con i loro «partner» dello stesso sesso, entrare in processione nella Basilica di San Pietro, e circa una settimana dopo la benedizione di un blocco di ghiaccio da parte di Papa Leone XIII durante un evento vaticano sui «cambiamenti climatici».
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«Il Primo Comandamento non ammette nemmeno la minima ambiguità e vaghezza. Un cattolico può riconoscere solo il culto della Santissima Trinità e di Cristo Re, il Dio Incarnato. Pertanto, un cattolico non può partecipare, nemmeno indirettamente, a nessun altro culto religioso», ha affermato il vescovo tedesco-centrasiatico.
«Un cattolico non può bruciare nemmeno il più piccolo granello d’incenso davanti alle immagini dei nuovi idoli, ad esempio, davanti all’idolo di una religione standard, davanti all’idolo… dell’opinione pubblica, del politicamente corretto, davanti all’idolo della cosiddetta “Madre Terra”, dell’idolo del cambiamento climatico, degli iceberg».
Finora il Vaticano di Papa Leone ha abbracciato pienamente l’attenzione del suo predecessore, Papa Francesco, sul cambiamento climatico e sulla «cura del creato», avendo proclamato una messa votiva ispirata all’enciclica Laudato Si’ e aperto un centro di formazione ecologica presso la villa papale di Castel Gandolfo.
Schneider ha continuato, osservando che molti ora si identificano come «cattolici LGBT» e ha sottolineato che i fedeli non devono mai piegarsi a questa ideologia.
I cattolici non possono inchinarsi «davanti all’idolo della cosiddetta ideologia o “comunità” LGBT, che assorbe persino il nome di “cattolici LGBT”, presentando i seguaci di tale ideologia come “comunità LGBT cattolica”», ha affermato il prelato. «Mentre le organizzazioni “LGBTQ”, in teoria e di fatto, sono impenitenti e orgogliose, negano il Sesto Comandamento di Dio, giustificano gli atti sessuali al di fuori di un matrimonio valido, giustificano concretamente il peccato di sodomia e fornicazione e promuovono uno stile di vita che contraddice l’ordine divinamente creato e la bellezza della natura e della ragione».
Schneider ha dichiarato a LifeSite che il pellegrinaggio LGBT è un evento «tragico» e «blasfemo» per il quale i fedeli devono riparare.
Il pellegrinaggio «non è stato solo tragico, è stato un evento blasfemo in uno dei luoghi più sacri della cristianità, la Basilica di San Pietro, tomba dell’Apostolo Pietro, e utilizzato come strumento per legittimare la sodomia e altre connotazioni con il tacito consenso della Santa Sede», ha affermato il vescovo. «Questo è così grave che non può essere lasciato senza chiedere perdono, riparazione ed espiazione a Dio».
Storm Heaven! Pray and share the full text of the Act of Reparation for the “LGBTQ+ Pilgrimage” in St. Peter’s Basilica, lead by Bishops Schneider, Strickland, Elenganti and Mutsaerts at the Catholic Identity Conference in Pittsburgh, PA, on October 4, 2025:
Act of Reparation… pic.twitter.com/oYirVZj2jc
— Michael J. Matt (@Michael_J_Matt) October 5, 2025
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In precedenza, durante la conferenza, Schneider, insieme al vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito di Tyler, Texas, al vescovo Marian Eleganti, vescovo ausiliare emerito di Coira, Svizzera, e al vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, Paesi Bassi, hanno guidato milioni di fedeli, di persona e virtualmente, nella preghiera di un atto di riparazione per l’«abominio» del pellegrinaggio LGBT seguito dal santo rosario.
Schneider ha ulteriormente sottolineato a LifeSiteNews l’importanza che Papa Leone XIII ripari il pellegrinaggio LGBT in Vaticano.
«Preghiamo affinché Dio dia» a papa Leone «la luce, la forza e il coraggio per fare questo», ha detto.
Il vescovo Eleganti è d’accordo: «La riparazione è importante. Dio è giustizia e verità; non è solo misericordia. (Dio) non prende questa ferita e dice: ‘Dimenticala, va tutto bene”», ha detto il prelato elvetico. L’abominio «ha bisogno di equilibrio, perché dietro ogni cosa c’è la verità di Dio e la Sua giustizia, quindi ha bisogno di riparazione».
«Sarebbe un mondo strano se un assassino non venisse punito. Abbiamo la sensazione che la giustizia abbia bisogno di riparazione, quindi deve andare in prigione. Altrimenti, la vita non può continuare normalmente», ha aggiunto. Quello che è successo in Vaticano è stato «una devastazione, una desacralizzazione, quindi necessita di un’espiazione, e quindi penso che abbia senso compiere un atto di riparazione».
Il vescovo Mutsaerts ha condiviso questi sentimenti: «quando succede qualcosa di grave, bisogna fare delle riparazioni, ed è quello che abbiamo fatto», ha detto.
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Spirito
Andorra, la Chiesa affronta la proposta di legge sull’aborto

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Spirito
Mons. Viganò: Nostro Signore sostituito da grotteschi surrogati ispirati da Satana

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un sintetico testo in cui torna ad analizzare e condannare la catastrofica situazione della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II.
Monsignore prende spunto dai recenti episodi di cringe ecclesiastico, con da una parte il pontefice che benedice un blocco di ghiaccio groenlandese e dall’altra l’elezione tra gli anglicani ad arcivescovo di Canterbury di una donna, alla quale sono pure pervenuti messaggi di augurio da prelati cattolici. Viganò, tuttavia, ne ha anche per la monarchia britannica.
«La Chiesa Cattolica Apostolica Romana è fondata sulla Roccia: non sulle sabbie mobili del Vaticano II, non sul pantano della Sinodalità, non sul ghiaccio del “green deal” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.
La Chiesa Cattolica Apostolica Romana è fondata sulla Roccia: non sulle sabbie mobili del Vaticano II, non sul pantano della Sinodalità, non sul ghiaccio del “green deal” e della “conversione ecologica”.
La fine inesorabile delle sette – non ultimi gli Anglicani con la loro… pic.twitter.com/b5R3vLq2MC
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 5, 2025
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«La fine inesorabile delle sette – non ultimi gli Anglicani con la loro “arcivescovessa” abortista e gay friendly, e il loro re, “capo della chiesa d’Inghilterra” che si prostra ai maomettani e promuove il Nuovo Ordine Mondiale – inizia nel momento in cui Nostro Signore Gesù Cristo, pietra angolare, è scartato dai costruttori per sostituirvi grotteschi surrogati ispirati da Satana».
«Se il Vaticano crede di essere esente dallo stesso tragico destino di perdizione, quando continua sulla medesima strada degli altri eretici, scoprirà presto che di Dio non ci si prende gioco» avverte il prelato lombardo.
Deus non irridetur: di Dio non ci si prende giuoco. Il concetto era ribadito anche in un testo su Obbedienza e Giustizia pubblicato da Viganò negli scorsi giorni:
«La nostra disobbedienza di oggi è l’unica forma moralmente doverosa di resistenza allo scandalo inaudito di una Gerarche pretende di poter adulterare l’insegnamento di Nostro Signore, e allo stesso tempo ne rivendica l’Autorità. Deus non irridetur, non ci si prende gioco di Dio (Gal 6, 7). Obbedire a questi Pastori significa rendersi loro complici, ed essere in comunione con loro esclude l’essere in comunione con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana: sono loro stessi ad affermare di essere la “nuova chiesa” rispetto a quella “preconciliare”».
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Immagine: Félix Joseph Barrias (1822 – 1907), La tentazione di Cristo da parte del diavolo (1860), Philbrook Museum of Art, Tulsa, Oklahoma, USA.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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