Economia
«Giorno della liberazione»: ecco i dazi di Trump per reindustrializzare e deglobalizzare. Bruxelles non farà mai lo stesso
Mercoledì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato una nuova tornata di tariffe generalizzate, parte di quello che ha definito il suo piano «Giorno della Liberazione».
Washington introdurrà dazi doganali per tutti i Paesi sulla base del principio di reciprocità, ha annunciato Trump, definendo quella giornata un’occasione di indipendenza economica per gli Stati Uniti.
Il presidente ha confermato che i dazi globali del 25% su auto e camion entreranno in vigore come previsto giovedì, mentre i dazi sui ricambi automobilistici importati dovrebbero entrare in vigore il 3 maggio.
Nel suo discorso presso il giardino delle rose della Casa Bianca, Trump si è lamentato del fatto che «a nessuna delle nostre aziende è consentito entrare in altri Paesi».
«Ecco perché, a partire da mezzanotte, imporremo una tariffa del 25% su tutte le automobili prodotte all’estero», ha dichiarato dinanzi ad una platea di operai.
Trump ha affermato che le tariffe reciproche avrebbero inaugurato un’«età dell’oro» per il Paese, aggiungendo che «posti di lavoro e fabbriche torneranno a ruggire».
Secondo un grafico presentato da Trump durante il suo discorso, le nuove tariffe varieranno dal 10% al 50%, a seconda del Paese. Washington imporrà una tariffa del 20% all’UE, imposte del 34% alla Cina e dazi del 24% al Giappone, tra gli altri.
— Rapid Response 47 (@RapidResponse47) April 2, 2025
Trump ha affermato che Washington avrebbe applicato tariffe reciproche «gentili» a tutti i Paesi, pari a «circa la metà» di quanto quelle nazioni applicano agli Stati Uniti.
«Potremo potenziare la nostra base industriale nazionale» e «abbatteremo» le barriere commerciali all’estero, ha promesso, sottolineando che alla fine ciò significherà prezzi più bassi per i consumatori.
«Il nostro Paese e i suoi contribuenti sono stati derubati per più di 50 anni, ma NON accadrà più», ha concluso Trump, aggiungendo, in eco al suo primigenio slogan America First, che «stiamo finalmente mettendo l’America al primo posto».
La politica di re-industrializzazione e de-globalizzazione perseguita da Trump è ora totalmente slatentizzata. L’unica risposta possibile, per l’Europa, sarebbe fare lo stesso – ma è impossibile, per la natura stessa della burocrazia europea oltre che per l’ideologia tossica che alligna presso le sue élite, che Bruxelles metta davvero al primo posto i cittadini europei, scegliendo per loro un cammino di produttività e prosperità.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Economia
Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia
I prezzi del petrolio sono aumentati notevolmente in seguito all’annuncio da parte degli Stati Uniti di sanzioni contro i colossi russi Rosneft e Lukoil.
I future sul greggio Brent, benchmark globale, sono saliti di oltre il 5% a 65,99 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate (WTI) statunitense è salito del 5,6% a 61,79 dollari giovedì.
Nonostante i prezzi siano leggermente scesi nelle prime contrattazioni di venerdì, entrambi i benchmark sono rimasti sulla buona strada per un aumento settimanale del 7%, il più grande dall’inizio di giugno.
La Casa Bianca ha descritto le ultime sanzioni come un passo per «incoraggiare Mosca ad accettare un cessate il fuoco». La Russia afferma di rimanere aperta alla diplomazia, ma insiste sul fatto che qualsiasi accordo di pace debba affrontare le cause profonde del conflitto. Ha accusato Kiev e i suoi sostenitori occidentali di rifiutarsi di negoziare in buona fede e di minare gli sforzi di pace attraverso le sanzioni.
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Secondo quanto riportato dai media, che citano fonti commerciali, le sanzioni hanno spinto le principali compagnie petrolifere statali cinesi a sospendere gli acquisti di greggio russo via mare a breve termine. Fonti del settore hanno inoltre avvertito che le raffinerie in India, il maggiore acquirente di petrolio russo via mare, e in Turchia, il terzo, potrebbero ridurre le importazioni nelle prossime settimane.
«I flussi verso l’India sono a rischio in particolare… le sfide per le raffinerie cinesi sarebbero più contenute, considerando la diversificazione delle fonti di greggio e la disponibilità delle scorte», ha detto a Reuters Janiv Shah, vicepresidente dell’analisi dei mercati petroliferi presso Rystad Energy.
Si prevede che le misure avranno ripercussioni sul mercato, poiché gli acquirenti di greggio russo cercheranno alternative finché non ci sarà chiarezza sull’applicazione delle misure, ha dichiarato al Wall Street Journal Richard Bronze, responsabile geopolitica di Energy Aspects. Bronze prevede che il Brent potrebbe avvicinarsi ai 70 dollari al barile nei prossimi giorni. «Solo la decisione di fare questo annuncio provocherà un’onda d’urto notevole sul mercato», ha affermato.
La Russia ha da tempo avvertito che le sanzioni sono illegali e si ritorcono contro chi le impone. Commentando le nuove restrizioni giovedì, il presidente Vladimir Putin le ha definite una «mossa ostile», ma ha affermato che non avrebbero avuto un impatto significativo sull’economia russa. Ha aggiunto che le sanzioni rappresentano un altro tentativo di Washington di fare pressione su Mosca, sottolineando che «nessun Paese che si rispetti agisce mai sotto pressione».
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