Geopolitica
Ex premier cattolico giapponese va a Taiwan e parla apertamente di guerra contro la Cina
L’ex primo ministro giapponese Taro Aso è volato a Taiwan. Si tratta della visita di un funzionario giapponese di più alto livello in visita da quando Tokyo ha interrotto i rapporti diplomatici con Taipei nel 1972.
Arrivato a Taipei, Aso ha affermato che la Cina sta minacciando la guerra e che il Giappone si unirà agli Stati Uniti nella difesa dell’isola.
«L’ambiente in Giappone e Taiwan è cambiato sostanzialmente», ha detto Aso durante un discorso programmatico trasmesso in live streaming al dialogo sulla sicurezza del Ketagalan Forum, come riportato dal quotidiano nipponico di lingua inglese Japan Times.
«Penso che sebbene ora siamo in un periodo di pace… ci stiamo gradualmente inclinando verso un momento di emergenza», ha detto, indicando le esercitazioni militari della Cina intorno a Taiwan nell’agosto 2022 e lo scorso aprile.
«Credo che ora sia il momento per Giappone, Taiwan, Stati Uniti e altre nazioni che la pensano allo stesso modo di essere pronti a mettere in atto un forte deterrente. Questa è la determinazione a combattere» ha aggiunto, senza risparmiare parole da guerrafondaio.
«Il Giappone, come vicino stretto di Taiwan… penso che dovremmo essere i primi a esprimere il nostro atteggiamento e anche a rendere chiaro quel messaggio nella comunità internazionale, compresa la Cina», ha affermato ancora l’Aso.
I discorsi dell’ex primo ministro edochiano avviene dopo che il Giappone ha dichiarato la sua trasformazione in un orientamento molto più militarista nei documenti sulla sicurezza emessi lo scorso anno e nel suo Libro bianco annuale pubblicato a luglio.
Tali approcci da falco vanno letti anche nel contesto della partecipazione del primo ministro Fumio Kishida al vertice NATO dell’11-12 luglio a Vilnius, dove sostanzialmente è stata adottato il piano di una espansione globale della NATO in Asia.
Come riportato da Renovatio 21, il Giappone è già entrato a far parte del ramo della NATO per la guerra cibernetica, cosa che ha scatenato le ire di Pechino.
Aso, premier tra il 2008 e il 2009 e vice primo ministro e ministro delle finanze dal 2012 al 2021, ha incontrato il presidente Tsai Ing-wen e altri funzionari.
Aso, il cui nome di battesimo è «Francisco» in onore del santo missionario Francesco Saverio, è l’unico premier della storia giapponese di fede cattolica, che conta meno del 2% della popolazione dell’arcipelago. Attualmente è presidente del partito liberaldemocratico (LDP), pesantemente scosso da scandali sempre più oscuri rispetto alle sue relazioni con il culto del reverendo Moon, emersi con forza dopo l’assassinio dell’ex premier e papavero LDP Shinzo Abe l’anno passato.
Anche l’attuale premier Kishida è stato attaccato a inizio anno durante un incontro pubblico, sia pur con una bomba fumogena.
Come riportato da Renovatio 21, con la guerra ucraina Abe aveva aperto all’idea di testate nucleari a Tokyo, sempre meno un tabù per il potere del Sol Levante. Nel corso dell’anno si è registrata la dichiarazione degli USA secondo cui sarebbero disposti a «difendere» il Giappone anche con armi atomiche, se necessario.
Un anno fa Tokyo aveva progettato un raddoppio della spesa militare e la dotazione di missili, che stanno accumulando assieme agli Stati Uniti nelle isole meridionali in previsione di uno scontro con la Repubblica Popolare Cinese. Il Giappone starebbe altresì preparando un intercettore per i missili ipersonici, di cui sono dotati i Paesi limitrofi Russia, Cina e financo Nord Corea, altro Paese che agisce da babau dell’opinione pubblica giapponese.
Allo scoppio della guerra in Ucraina, un sondaggio aveva rivelato che il 77% dei giapponesi teme che sia prossima l’invasione cinese di Taiwan.
Taro Aso fu accusato in passato di essere un lettore del bizzarro manga Rozen Maiden, cosa che ad un certo punto ammise, come pure la sua passione per il violento Golgo-13. A suo tempo quindi la candidatura di Aso alla carica di Primo Ministro giapponese ha effettivamente fatto aumentare il valore delle azioni di alcuni editori di manga e società legate all’industria dei manga
Immagine di Noukei314 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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