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Elefanti linciati dopo l’uccisione di un bambino

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In Kenya, un gruppo di residenti della città di Rombo, situata al confine con la Tanzania, ha causato la morte di due elefanti, portando così a tre il totale degli esemplari uccisi nell’area in soli sette giorni. Lo riportano media kenyoti.

 

«I residenti furiosi, armati di frecce, hanno dato la caccia agli elefanti e sono riusciti a ucciderne due» scrive Kenya News Agency. «Un altro elefante-canaglia è stato ucciso dagli ufficiali del Kenya Wildlife Service dopo che si è scatenato e ha caricato i residenti locali».

 

Le persone coinvolte sostengono che uno degli elefanti aveva invaso un villaggio, cagionando la morte di un bambino e ferendo gravemente sua madre.

 

Secondo il capo Olgirra Location, John Logela, Nempuris Nkaitol, 24 anni, del villaggio di Nyaru, portava sulla schiena il suo bambino di due anni ed era andata al centro commerciale di Nyaru per comprare cibo per la cena. Mentre tornava a casa verso le 19:30, è stata inseguita da un elefante che ha calpestato lei e il bambino, uccidendo il ragazzo sul colpo spaccandogli la testa, mentre la madre ha riportato gravi ferite alla coscia sinistra.

 

A causa della mancata risposta tempestiva da parte dei ranger del Servizio Nazionale per la Fauna Selvatica (KWS), il manipolo deciso di farsi «giustizia» da soli, senza attendere altro.

 

La madre è stata salvata dagli abitanti del villaggio dopo che l’elefante è fuggito nell’oscurità. Le condizioni della donna sono gravi: è stata portata d’urgenza al Rombo Mission Hospital, poi è stata mandata al Loitokitok Sub-County Hospital, dove è stata ricoverata in gravi condizioni, e successivamente trasferita al Kenyatta National Hospital, dove è in cura.

 

Il comandante della polizia di Loitokitok, Shadrack Ruto, ha confermato l’accaduto e ha attribuito la presenza degli elefanti nel villaggio alla siccità.

 

Tuttavia, i grandi mammiferi, che sconfinano dai parchi nazionali, sono noti per i danni che possono causare i raccolti dei contadini degli agricoltori della zona.

 

Le immagini che seguono sono molto violente ed inadatte a minori e a persone di forte sensibilità.

 

 

La cultura popolare occidentale, che rende l’elefante come creatura docile, anche perché erbivora, crea un inganno che, come nel caso dell’ippopotamo, può rivelarsi mortale.

 

Gli elefanti sono creature pericolose, temute assai in Africa e rispettate in India.

 

I casi di elefanti che attaccano esseri umani sono piuttosto cruenti: il pachiderma spezza le ossa dei malcapitati con il suo peso e può staccare gli arti con la forza della sua proboscide.

 

La storia ricorda anche l’esistenza di una «pena di morte tramite elefante», usa nel Sud e nel Sud-Est dell’Asia, dove gli elefanti asiatici venivano usati per schiacciare, smembrare o torturare i prigionieri nelle esecuzioni pubbliche.

 

Louis Rousselet, Le Tour Du Monde, 1868

 

Gli animali venivano addestrati a uccidere le vittime immediatamente o a torturarle lentamente per un periodo prolungato. Più comunemente impiegati dai raja (i re indiani) e da altri sovrani dell’Asia, gli elefanti erano usati per indicare sia il potere di vita e di morte del sovrano sui suoi sudditi sia la sua capacità di controllare gli animali selvatici.

 

Illustrazione dall’Akbarnama, la cronaca ufficiale del regno di Akbar (1542-1605), il terzo imperatore Mughal (XVI-XIX secolo d.C.)

 

Gli elefanti venivano occasionalmente usati nel processo per ordalia in cui il prigioniero condannato veniva rilasciato se riusciva a respingere l’elefante.

 

«Un’esecuzione da parte di un elifante» (sic), da An Historical Relation Of the Island Ceylon di Robert Knox (Londra, 1681).

 

Testimonianze scultoree degli elefanti-boia datano all’XII-XII secolo, ad esempio nel tempio del Sole di Modhera, in Gujarat, India.

 

Immagine di Rupeshsarkar via Wikimedia CC BY-SA 4.0

 

Si racconta che in anni recenti una scena non dissimile, con protagonista un elefante impazzito durante un cerimoniale indù, fu mandata in TV in India, con estremo effetto sulla popolazione del subcontinente.

 

In rete, ad ogni modo, i video di elefanti che attaccano gli esseri umani nella savana africana o dentro le città indiane si moltiplicano di anno in anno.

 

 

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Adolescente schizofrenico sbranato da leonessa in gabbia: video

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Il diciannovenne Gerson de Melo Machado, che la stampa scrive era affetto da schizofrenia, è morto sbranato da una leonessa dopo essersi introdotto illegalmente nel suo recinto dei grandi felini dello zoo Parque Zoobotânico Arruda Câmara, a João Pessoa, nello stato di Paraíba, Brasile.

 

Secondo quanto riferito dalle testate locali il ragazzo ha scavalcato un muro alto circa sei metri per raggiungere l’area dei leoni. L’episodio si è consumato sotto gli occhi atterriti degli altri visitatori.

 

Machado coltivava da tempo il sogno di diventare domatore di leoni e in passato aveva addirittura tentato di imbarcarsi clandestinamente su un volo per l’Africa.

 


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«Una volta confermato l’incidente, il parco è stato immediatamente chiuso, seguendo tutti i protocolli di sicurezza. Le squadre hanno allertato le autorità competenti e fornito il supporto necessario ai soccorritori e agli investigatori. Il Parco Arruda Câmara è solidale con la famiglia del ragazzo deceduto, si rammarica profondamente per la perdita e augura forza in questo momento difficile», recita la nota ufficiale dello zoo.

 

Il personale di sicurezza ha provato a bloccare il giovane mentre scavalcava e si lanciava nel recinto, ma Machado è stato troppo rapido. La polizia scientifica non esclude l’ipotesi di un gesto suicidario.

 

«Mi sento totalmente impotente, ed è un sentimento che mi provoca un dolore enorme nell’anima», ha dichiarato l’assistente sociale Verônica Oliveira, che seguiva il ragazzo per la tutela dei minori. A Machado era stata diagnosticata la schizofrenia; aveva trascorso periodi in varie strutture ed era noto alle forze dell’ordine fin da bambino per piccoli reati. Solo la settimana precedente si era rivolto alla stessa Oliveira, appena uscito di prigione, chiedendo aiuto per trovare un lavoro.

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Maiale salva due soldati russi che stavano calpestando una mina: come i muli degli Alpini

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In un video diffuso di recente su Telegram, un maiale ha evitato che due soldati russi calpestassero una mina antiuomo.   Ripreso da un drone, il video mostra due militari russi che si avvicinano a un fabbricato in rovina, con un maiale domestico nelle prossimità. Il filmato è stato caricato sabato sul canale Telegram RVvoenkor.   Il soldato in avanguardia balza in avanti allorché il compagno è a pochi metri, innescando una mina antiuomo. I due soldati deviano quindi il cammino, procedendo lungo i ruderi di una staccionata adiacente.  

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«Il destino finale dell’animale resta ignoto. Le nostre unità hanno alterato il tragitto e proseguito l’operazione», ha commentato l’emittente. Non ha precisato la data né il luogo delle riprese. Stando al Ministero della Difesa di Mosca, le truppe russe stanno progredendo su più assi lungo il fronte, tra cui i presidi ucraini assediati di Kupyansk, nella regione di Kharkov, e Krasnoarmeysk (detta Pokrovsk in Ucraina) nella Repubblica Popolare di Donetsk.   Le forze del raggruppamento congiunto «Est» hanno completamente liberato il villaggio di Yablokovo dal dominio ucraino nella regione russa di Zaporiggia, ha annunciato sabato il dicastero. Si tratta del nono centro strappato dalle unità «Est» nel corso del mese, ha precisato.   Non è il filmato più bizzarro che abbiamo visto provenire dal teatro di guerra ucraino.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un soldato russo ha sconfitto un drone ucraino con un sacco di patate, un altro ha catturato un drone a mani nude, un altro ancora lo ha preso a testate.   La vicenda del maiale minatore ricorda la pratica degli Alpini riguardo al mulo. Come noto, gli Alpini usavano spesso muli come animali da soma per trasportare equipaggiamenti, munizioni e razioni in terreni impervi dove i veicoli non potevano arrivare. Tuttavia, c’è una credenza diffusa – supportata da testimonianze di veterani e resoconti militari – secondo cui i soldati tenevano i muli molto vicini a sé (a volte legati o condotti a mano) non solo per praticità, ma anche per sicurezza personale. Tenendolo accanto o davanti, i soldati speravano che il mulo facesse da «scudo vivente» (assorbendo l’esplosione), che l‘esplosione avvenisse in prossimità, permettendo ai soldati di gettarsi a terra o reagire immediatamente, che si riducesse il rischio di mine attivate dietro il gruppo (dove magari c’erano altri soldati o animali).   In pratica, il mulo era programmaticamente, per gli alpini, un sistema anti-mina. Lasciarlo libero poteva servire da operazione di sminamento, oppure era visto come un rischio, perché il mulo deambula erraticamente, innescando potenzialmente le bombe che possono danneggiare i militari e la loro operazione.

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Dinosauro morto sotto un museo di dinosauri

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Un dinosauro sembra essere morto sul punto esatto in cui hanno poi costruito un museo dei dinosauri, seppellendo il suo fossile sotto la struttura musiva.

 

A Denver alcuni scienziati hanno scoperto un fossile di dinosauro di 67,5 milioni di anni fa nel sottosuolo del parcheggio del museo che ospita questi enormi animali oramai estinti milioni di anni fa. Come il Denver Museum of Nature and Science ha spiegato a Catalyst, la sua rivista online, l’antico frammento osseo è stato sepolto a circa 230 metri sotto il parkingo dell’istituzione.

 

Al di là della coincidenza di tale scoperta sotto un museo di storia naturale, tuttavia, il modo in cui gli amabili resti dinosaurici sono stati rivenuti sfida la credulità del lettore.

 

Diversi mesi fa, i ricercatori hanno iniziato a perforare sotto il parcheggio del museo per vedere se le temperature sotterranee della Terra potrebbero riscaldarle e raffreddarle in modo sostenibile. Questo «riscaldamento geotermico» utilizza lo stesso principio delle sorgenti termali, rendendo questa forma di energia rinnovabile una delle più antiche del mondo, scrive Futurism.

 

Una volta che le due piattaforme di perforazione sono iniziate, gli scienziati dietro il progetto hanno deciso di vedere cos’altro potevano trovare scavando in profondità nella crosta terrestre.

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Come spiega un articolo sull’incredibile scoperta, gli archeologi non solo hanno scoperto interessanti campioni geologici all’interno del nucleo campione di sei centimetri e mezzo, ma anche, per puro caso, l’osso parziale di un dinosauro scomparso circa 70 milioni di anni fa.

 

«È fondamentalmente come vincere alla lotteria e rimanere colpiti da un fulmine nello stesso giorno», ha spiegato il curatore di geologia del museo James Hagadorn in un’intervista a Catalyst. «Nessuno avrebbe potuto prevedere che questo piccolo piede quadrato di terra dove abbiamo iniziato a perforare avrebbe effettivamente contenuto un osso di dinosauro sotto di esso!».

 

Naturalmente ci sono volute alcune ricerche per determinare che l’osso era di un dinosauro di una non determinata specie fosse e comprendere come fosse deceduto. Successivamente, come spiegato nel documento di Rocky Mountain Geology, l’osso è stato catalogato come un frammento vertebrale da un ornitopode, un’ampia classificazione paleontologica per i dinosauri bipedi ed erbivori del periodo Cretaceo.

 

Come comunicato dalla direzione del museo, il ritrovamento ha dell’incredibile.

 

«Questo fossile proviene da un’epoca appena prima dell’estinzione di massa che ha spazzato via i dinosauri», ha spiegato lo Hagadorn, curatore di geologia del museo. «Questa è una scoperta scientificamente e storicamente emozionante».

 

Come sottolinea Rocky Mountain Geology, questi tipi di «scoperte paleontologiche urbane» sono davvero rari, ma quando accadono, «accendono l’interesse pubblico per la scienza e approfondiscono la nostra connessione con la natura».

 

Curioso ripensare a un noto cartone animato dinosauresco trasmesso sulla rete berlusconide qualche decennio fa che ha accompagnato i pomeriggi di tanti bambini parcheggiati dai bommer dinanzi alla TV: Ti voglio bene Denver, con l’inevitabile, come sempre inascolatabile ed inaffrontabile, sigla di Cristina D’Avena.

 

 

La storia parlava di un cucciolo di dinosauro verde, trovato da un gruppo di adolescenti californiani (sportivissimi, capelli lunghi e biondi) ancora all’interno del suo uovo, che ha il potere di teletrasportare qualsiasi essere vivente nella preistoria oppure di mostrare sulla sua superficie scene di quell’epoca, viene rinvenuto. I californici ragazzotti si affezionano al dinosauro, al quale danno il nome di Denver, ispirandosi all’omonima città capitale del Colorado, dopo aver letto questo nome su un autobus. Il Denverro si scopre un abile schettinatore e chitarrista ghiotto di patatine in bustina. Il rettile pasticcione inoltre riesce a parlare il linguaggio degli esseri umani, doppiato in italiano da Graziano Galoforo.

 

Se gli scienziati di Denver chiamassero la creatura preistorica del parcheggio Denver saremmo a cavallo. Di un dinosauro.

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Immagine generata artifizialmente.

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