Politica
E ora? Cosa succederà in America?

Cosa succederà ora in America?
Siamo in tanti a chiedercelo dopo quello che possiamo definire un caso di elezioni presidenziali senza precedenti storici.
In ogni Stato in cui Trump sembrava essere largamente in vantaggio, nel giro di poche ore la situazione e le tendenze di voto palesemente a favore del tycoon si sono incredibilmente invertite. Vi sono alcune contee dove lo spoglio dei voti sopraggiunti tramite corrispondenza postale è a favore di Biden per il 100% delle schede: una cosa difficile da poter credere, persino nel peggiore dei regimi telecomandati.
Un caso di elezioni presidenziali senza precedenti storici
Numericamente, però, la partita di Trump sembra essere chiusa, o comunque difficilmente recuperabile.
La campagna del presidente americano ha già presentato un numero significativo di ricorsi, all’interno dei quali uno atto a chiedere il blocco dello spoglio «fino a che non si verifichi una significativa trasparenza» sulle procedure.
L’altra richiesta avanzata alla Corte Suprema dal team di Trump in Pennsylvania è stata quella di accorciare la finestra di tre giorni in cui è ancora possibile ricevere i voti via posta, stranamente tutti a maggioranza democratica.
Vi sono alcune contee dove lo spoglio dei voti sopraggiunti tramite corrispondenza postale è a favore di Biden per il 100% delle schede: una cosa difficile da poter credere, persino nel peggiore dei regimi telecomandati
Il riconteggio dovrebbe essere sicuro anche Georgia, dove lo scarto di voti fra i due contendenti parrebbe essere molto basso; così come in Nevada, ma la richiesta di fermare lo spoglio è stata respinta in tutti e due gli Stati.
Non ci sono ancora certezza assolute, ma i numeri, per quanto falsati crediamo siano, vanno tutti a favore di Biden e dei democratici. Trump aveva denunciato il pericolo di un broglio simile già a giugno, attraverso un tweet in cui definiva le Elezioni Presidenziali come «il più grande scandalo dei nostri tempi».
La controffensiva perciò potrebbe già essere studiata da tempo immemore, giacché il leader della Casa Bianca si aspettava che accadesse quanto sta accadendo. Il New York Times, come abbiamo riportato nelle scorse ore, arriva addirittura ad ipotizzare che Trump utilizzi alcuni tweet con errori di battitura per mandare messaggi in codice ai suoi sostenitori.
Trump aveva denunciato il pericolo di un broglio simile già a giugno, attraverso un tweet in cui definiva le Elezioni Presidenziali come «il più grande scandalo dei nostri tempi»
I QAnon americani e non sono convinti che Trump abbia tutto sotto controllo e che rimarrà alla Casa Bianca.
Ma nella pratica, cosa potrebbe realmente accadere dopo che anche Biden avrà dichiarato la vittoria?
Il giuramento del nuovo presidente dovrebbe avvenire a 79 giorni dalle elezioni, dove nel frattempo le agende si arricchirebbero di appuntamenti istituzionali. Il primo di grande rilievo è di solito il Safe Harbor Day: entro tale data tutti gli Stati devono certificare un risultato ufficiale, determinando le preferenze dei grandi elettori. Il ricorso di Trump in più stati potrebbe tuttavia rallentare le tempistiche anche a causa dei lunghi tempi di riconteggio.
In sintesi vi è la possibilità che l’8 dicembre ci si trovi a ancora in una fase di blocco che porti ad una successiva fase di contesa legale
La contesa fra Bush e Gore nel 2000 creò un importante precedente: esiste una sentenza della Corte Suprema secondo la quale gli Stati possono decidere i grandi elettori, anche senza aspettare necessariamente l’esito ufficiale dell’urna elettorale. In sintesi vi è la possibilità che l’8 dicembre ci si trovi a ancora in una fase di blocco che porti ad una successiva fase di contesa legale.
Nel caso in cui ci si trovasse davanti ad un simile di stallo, entrerebbe in gioco la Camera dei Rappresentanti, che vota il presidente. Per quanto la maggioranza di essa sia democratica, la base giuridica di tale procedura emergenziale è considerata poco chiara, tanto da portare a richiedere un intervento della Corte Suprema, che con la nomina di Amy Coney Barrett dà ai repubblicani una maggioranza di sei voti a tre.
La contesa fra Bush e Gore nel 2000 creò un importante precedente: esiste una sentenza della Corte Suprema secondo la quale gli Stati possono decidere i grandi elettori, anche senza aspettare necessariamente l’esito ufficiale dell’urna elettorale
In ultimo, Donald Trump, non accettando la vittoria di Joe Biden, potrebbe decidere di non tenere il tradizionale «concession speech», ovvero il noto discorso in cui chi perde riconosce pubblicamente la vittoria dell’avversario, quindi accettando la propria sconfitta — cosa che, a quanto appare, Trump non ha nessuna intenzione di fare. Il concession speech servirebbe a far sì che il trasferimento dei poteri avvenisse in modo pacifico, con il riconoscimento e la fiducia nelle norme elettorali da parte di entrambi i candidati.
La Costituzione non prevede espressamente la possibilità della rinuncia al concession speech, ma d’altro canto non esistono assoluti impedimenti a tale rinunzia. Qualora Trump virasse per un simile rifiuto, quindi, la sfida legale potrebbe protrarsi fino a gennaio rendendo la contesa per la Casa Bianca ancora più accesa e complessa.
Mentre la CNN annuncia il Biden Presidente, con il placet dei traditori repubblicani, la visione comune, negli Stati Uniti, è tutto fuorché arresa alla vittoria di Biden. Renovatio 21 ha sentito Debi Vinnedge, Presidente dell’Associazione Pro-Life americana Children of God for Life – con cui Renovatio 21 ha collaborato per la conferenza di Roma «Fede, Scienza e Coscienza» (2019) – che da anni si batte per la difesa integrale della Vita e, soprattutto, per impedire che siano prodotti vaccini e derivati di alimenti con linee cellulari di feto abortito:
Qualora Trump virasse per un simile rifiuto, quindi, la sfida legale potrebbe protrarsi fino a gennaio rendendo la contesa per la Casa Bianca ancora più accesa e complessa
«Non c’è ancora nessuna agitazione in America perché non ci sono ancora risultati ufficiali. Esiste la possibilità di frodi in diversi Stati, ma è oggetto di indagine. Penso che Trump possa vincere se i voti saranno ricontati in modo equo ed accurato».
Staremo a vedere, ma il futuro prossimo americano – e mondiale – pare essere tutto fuorché chiaro e sereno.
Cristiano Lugli
Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Politica
Clinton e Biden elogiano Trump per l’accordo di pace a Gaza. Obama no

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After two years of unimaginable loss and suffering for Israeli families and the people of Gaza, we should all be encouraged and relieved that an end to the conflict is within sight; that those hostages still being held will be reunited with their families; and that vital aid can…
— Barack Obama (@BarackObama) October 9, 2025
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Politica
L’esercito prende il potere in Madagascar

L’esercito del Madagascar ha annunciato di aver assunto il controllo del Paese dopo l’impeachment del presidente Andry Rajoelina, come riportato martedì da diversi media. La dichiarazione è stata fatta in un contesto di proteste di massa e di una crisi politica sempre più grave.
Il colonnello Michael Randrianirina ha parlato alla radio nazionale, dichiarando che l’esercito aveva «preso il potere» e che tutte le istituzioni, eccetto la camera bassa del parlamento, sarebbero state sciolte, secondo quanto riferito da France24.
L’annuncio è giunto subito dopo che 130 legislatori hanno votato a favore dell’impeachment di Rajoelina, con una sola scheda bianca, stando a testimoni citati da Reuters.
Il leader dell’opposizione malgascia Siteny Randrianasoloniaiko ha contestato il precedente tentativo di Rajoelina di sciogliere l’Assemblea nazionale, definendolo «privo di validità legale».
Protests in Madagascar escalate into a military coup
One of the military units that joined the protests demanding the president’s resignation stated that the armed forces of the 25-million country are now under its command. pic.twitter.com/bOeL47MCKX
— Sprinter Press News (@SprinterPress) October 12, 2025
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Secondo RFI, Rajoelina sarebbe fuggito dal Paese dell’Africa australe in seguito a un presunto accordo con il presidente francese Emmanuel Macron.
Successivamente, è apparso in una trasmissione da una località non rivelata, confermando di aver lasciato il Madagascar per timore per la propria incolumità a seguito dell’ammutinamento militare. Il presidente ha chiesto un dialogo e ha sottolineato l’importanza di rispettare la Costituzione, senza cedere alle richieste di dimissioni.
Il Madagascar è in fermento dal 25 settembre, quando le proteste sotto lo slogan «Gen Z Madagascar», inizialmente legate alla carenza di energia elettrica e acqua, si sono trasformate in una rivolta più ampia contro povertà e corruzione.
Come riportato da Renovatio 21, a fine settembre Rajoelina aveva sciolto il governo e nominato un nuovo primo ministro per cercare di placare le tensioni.
Tuttavia, la situazione è peggiorata quando i soldati d’élite del CAPSAT si sono uniti ai manifestanti, dando a Rajoelina un ultimatum di 48 ore per dimettersi. Rajoelina ha denunciato gli eventi come un tentativo di colpo di Stato e ha esortato le «forze nazionali» a difendere la Costituzione.
Un’analoga instabilità politica si era verificata in Kenya l’anno scorso, quando il presidente William Ruto ha sciolto quasi tutto il suo governo dopo settimane di proteste violente guidate da giovani contro proposte di aumento delle tasse e l’incremento del costo della vita.
Come riportato da Renovatio 21, giovani delle nuove generazioni sono alla base del rovesciamento del governo in Nepal negli scorsi giorni.
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Immagine screenshot da Twitter
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