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Geopolitica

Dopo l’incidente d’auto, il ministro israeliano Ben Gvir si è già ripreso e minaccia di far cascare Netanyahu se non entra a Rafah

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Quattro giorni fa il veicolo del ministro della sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, è stato coinvolto in un incidente stradale nella città di Ramla. Le prime immagini dell’accaduto sono circolate su Internet attraverso un video che segue. Secondo le informazioni disponibili, sembra che il leader del partito ultrasionista Otzma Yehudit sia stato trasportato in ospedale immediatamente dopo l’incidente.

 

Testimoni oculari hanno riferito che il ministro è passato con un semaforo rosso, mentre la polizia ha dichiarato che due veicoli sono coinvolti nella collisione e che tre persone, insieme a Ben Gvir, sono state portate in ospedale con ferite lievi. Le immagini dell’incidente mostrano il veicolo ufficiale del ministro ribaltato, mentre un’altra auto ha subito danni alla parte anteriore. Le autorità stanno lavorando per determinare la causa dell’incidente.

 

Il reporter del canale 12, Amit Segal, ha raccontato di un testimone che ha visto il veicolo di Ben Gvir passare con il semaforo rosso. Segal ha anche riportato che negli ultimi mesi il veicolo ufficiale del ministro ha commesso diverse violazioni del codice della strada.

 


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Come riportato da Renovatio 21, il sionismo oltranzista del Ben Gvir è di tale intensità da spingerlo addirittura ad attaccare Washington, dichiarando che Israele «non è un’altra stella sulla bandiera americana». Una frase che risulta inaudita per i rapporti tra lo Stato Ebraico e la superpotenza sua protettrice.

 

Le speculazioni su un possibile attentato si spengono presto davanti allo stuolo di precedenti che ha il caso. Lo scorso agosto, il Ben Gvir era stato coinvolto in un altro incidente dovuto alla violazione di un semaforo mentre si dirigeva verso un’intervista. I media israeliani hanno anche riferito che il ministro avrebbe dato istruzioni al suo autista per violare regolarmente le norme del traffico.

 

Secondo quanto riportato, tuttavia, la polizia israeliana non gli avrebbe fatto la multa.

 

Ad ogni modo, nonostante l’ulteriore terrificante incidente, il ministro, dopo due giorni di convalescenza all’ospedale Hadassah pare tornato in sé con grande velocità, con tweet molto eloquenti riguardo la tenuta del governo Netanyahu.

 

Per esempio, il nostro ripete, commentando con la parola «promemoria», un tweet dello scorso gennaio: «Accordo promiscuo = scioglimento del governo».

 

 

L’Itamar, dimesso, ha già chiesto ed ottenuto un incontro con il premier Netanyahu in cui ha preteso l’invasione di Rafah.

 

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«Ho terminato un incontro con il Primo Ministro su mia richiesta» dice il ministro Ben Gvirro nel video pubblicato su X. «Ho avvertito il Primo Ministro se Dio non voglia che Israele non entri a Rafah, se Dio non voglia che finiamo la guerra, se Dio non voglia che ci sarà un accordo promiscuo».

 

La richiesta, pura è semplice, è per la continuazione della guerra che altrove definiscono, con sempre maggiore frequenza, «genocidio».

 

«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» dichiara il ministro sionista, che sembra alludere ancora una volta la sua capacità di far cascare l’esecutivo retto dal Bibi. «Accolgo con favore queste cose. Penso che il Primo Ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero».

 

A marzo il Ben Gvir aveva sollecitato il ministro della Difesa Yoav Gallant a dichiarare guerra al Libano. «Gallant, l’esercito è sotto la tua responsabilità, cosa stai aspettando? Più di 100 razzi sono stati lanciati contro lo Stato di Israele e tu stai seduto in silenzio?» aveva detto in un video condiviso sul suo account sui social media. Ben-Gvir esortava ad attaccare il Libano, dicendo, come riporta il canale di Stato turco TRT: «cominciamo a rispondere, ad attaccare e a combattere ora».

 

Il ministro Itamar Ben Gvir appartiene al partito sionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») è associato al movimento erede del partito Kach, poi dissolto da leggi anti-terroriste varate dal governo Rabin nel 1994, fondato dal rabbino americano Mehir Kahane.

 

Kach è nella lista ufficiale delle organizzazioni terroristiche di USA, Canada e, fino al 2010, su quella del Consiglio dell’Unione Europea. Il Kahane fu assassinato in un vicolo di Nuova York nel 1990, tuttavia le sue idee permangono nel sionismo politico, in primis l’idea di per cui tutti gli arabi devono lasciare Eretz Israel, la Terra di Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.

 

Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».

 

Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.

 


Il messianismo sionista si basa sulla teoria apocalittica del Terzo Tempio, che ha diversi sostenitori anche nel protestantesimo americano.

 

Tali idee religiose sulla fine del mondo sono riaffiorate poche settimane fa quando un gruppo sionista ha domandato di portare sulla spianata delle Moschee – cioè il Monte del Tempio degli ebrei – una giovenca rossa, che, sacrificata come prescritto nei Libro dei numeri, darebbe ceneri con cui purificare i rabbini necessari ai riti per la venuta del messia degli ebrei, che per i cristiani, secondo varie vulgate, sarebbe esattamente l’anticristo.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche la settimana scorsa alcuni giovani ebrei sono stati arrestati mentre tentavano di trafugare sul Monte del tempio alcuni capretti da offrire in sacrificio, un atto che è sia una provocazione nei confronti dei palestinesi musulmani, sia un procedimento inserito all’interno di un sistema di riti apocalittici.

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Geopolitica

«Può combattere fino a consumare il suo piccolo cuore»: Trump sul possibile rifiuto di Zelens’kyj agli accordi

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Il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj è libero di «continuare a combattere con tutte le sue forze» nel caso in cui rifiuti il piano di pace avanzato per chiudere il conflitto con la Russia.   Questa settimana Washington ha consegnato a Kiev una bozza aggiornata di proposta per porre fine alle ostilità, esortando la dirigenza ucraina ad approvarla entro giovedì prossimo. Secondo i media, il documento in 28 punti contempla diverse clausole finora respinte da Kiev e dai suoi alleati europei occidentali, tra cui l’abbandono delle ambizioni NATO e il taglio drastico delle forze armate ucraine.   Trump ha espresso questa posizione sabato, conversando con i reporter fuori dalla Casa Bianca, in risposta a una domanda su cosa accadrebbe in caso di rifiuto da parte di Zelens’kyj.   «Allora potrà continuare. Potrà continuare a combattere con tutto il suo cuore» («fight his little heart out»), ha replicato il presidente USA.

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Le sue parole riecheggiano quanto affermato venerdì, quando Trump aveva sostenuto che Zelens’kyj «dovrà accettare qualcosa» prima o poi, avvertendo che l’Ucraina si avvia verso un «inverno freddo» con le sue infrastrutture energetiche «sotto attacco, per usare un eufemismo».   «Dovrà piacergli e se non gli piace, allora, sai, dovrebbero semplicemente continuare a combattere, immagino», ha aggiunto riferendosi al piano.   Sempre secondo fonti giornalistiche, Washington ha già brandito la minaccia di sospendere gli aiuti militari e lo scambio di intelligence se Kiev respingesse la bozza. All’inizio dell’anno, gli Stati Uniti avevano impiegato la medesima strategia per convincere l’Ucraina ad accettare l’accordo di Trump sulle terre rare.

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Geopolitica

Wargame USA sulla cacciata di Maduro: il risultato è un «caos a lungo termine»

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Un’esercitazione ufficiale statunitense, condotta nel 2019, per rovesciare il presidente venezuelano Nicolás Maduro, ha concluso che, indipendentemente dal fatto che il rovesciamento fosse ottenuto tramite un colpo di stato militare, una rivolta popolare o un’azione militare statunitense, avrebbe prodotto «caos per un periodo di tempo prolungato senza possibilità di porvi fine». Lo riporta il New York Times.

 

L’esercitazione del 2019 ha coinvolto «funzionari di tutto il governo degli Stati Uniti, inclusi quelli del Pentagono e del Dipartimento di Stato». Il riassunto dell’esito dell’esercitazione citato è tratto dal rapporto non classificato sull’esercitazione del 2019, scritto per i funzionari del Pentagono dell’epoca dal consulente per la sicurezza nazionale ed ex reporter del Washington Post Douglas Farah, scrive il giornale neoeboraceno.

 

Il Farah, non considerabile come pro-Maduro, aveva partecipato all’esercitazione mentre era ricercatore presso la National Defense University. «Non si può avere un immediato cambiamento epocale» nel governo del Paese senza conseguenze, ha detto il giornalista, ​«non si avrebbe alcun comando e controllo sull’esercito e nessuna forza di polizia. Ci sarebbero saccheggi e caos. Qualsiasi dispiegamento militare statunitense volto a stabilizzare il Paese richiederebbe probabilmente decine di migliaia di soldati».

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Il New York Times ricorda che l’intervento militare statunitense ad Haiti nel 1994 per deporre la giunta militare richiese circa 25.000 uomini, e «il Venezuela è circa 33 volte più grande di Haiti, o circa il doppio della California». Allo stesso modo, George H.W. L’invasione di Panama da parte di Bush nel 1989 per rovesciare Manuel Noriega richiese 27.000 soldati statunitensi per «un Paese grande meno di un decimo del Venezuela».

 

 

Giorni fa il Segretario del dipartimento della Guerra Pete Hegseth ha elogiato la designazione, da parte del dipartimento di Stato, del cosiddetto «Cartel de los Soles» come “Organizzazione Terroristica Straniera» (FTO), una designazione che entrerà in vigore il prossimo 24 novembre. L’amministrazione Trump sostiene che il «cartello dei Soli», la cui esistenza non è mai stata provata, sia guidato da Nicolas Maduro e coinvolga i suoi massimi funzionari militari e di gabinetto.

 

La designazione FTO «apre un sacco di nuove opzioni» per le azioni contro i cartelli, sia via terra che via mare, che l’esercito statunitense può offrire al presidente, ha dichiarato Hegseth a One America News Network (OAN) in un’intervista andata in onda il 20 novembre. «Quindi nulla è escluso, ma nulla è automaticamente sul tavolo».

 

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Geopolitica

Fico: la Russia emergerà come «vincitrice assoluta» nel conflitto in Ucraina

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Il primo ministro slovacco Robert Fico ha previsto che la Russia emergerà come «vincitrice assoluta» dal conflitto ucraino, qualora venisse approvato il piano di pace proposto dal presidente statunitense Donald Trump.   Questa settimana gli USA hanno consegnato a Kiev l’ultima bozza di intesa per porre fine alle ostilità con Mosca: un documento in 28 punti che, secondo i media, contempla numerose concessioni finora respinte da Kiev e dai suoi alleati occidentali, tra cui il rifiuto dell’adesione alla NATO, il dimezzamento delle forze armate ucraine e il ritiro delle truppe dalle porzioni del Donbass russo ancora controllate da Kiev.   Venerdì, in una conferenza stampa a Bratislava, Fico ha espresso il proprio appoggio alla proposta, definendola «sensazionale». Ha poi sferrato un duro attacco ai «falchi» europeisti pro-Kiev, accusando la «politica estera zero» dell’UE di aver condotto l’Ucraina alla sua attuale situazione drammatica.   «Con questo accordo, la posizione ucraina è cento volte peggiore rispetto ad aprile 2022», ha dichiarato Fico, alludendo all’intesa preliminare emersa dai negoziati di Istanbul all’inizio del conflitto, da cui Kiev si era ritirata unilateralmente.

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«Chi tra quei guerrafondai lo ammetterà nell’Unione Europea? Chi confesserà di aver sostenuto con tanto vigore la guerra, l’invio di armi, il divieto di tregue? Chi oggi riconoscerà i propri errori?», ha proseguito il premier slovacco.   Pur riconoscendo il fallimento dei piani per «distruggere» la Russia, Fico ha sostenuto che Mosca ne uscirà trionfante e irrobustita.   «Se questo piano verrà firmato, la Russia lascerà la guerra come vincitrice assoluta, rafforzata in modo straordinario sia dal punto di vista morale che economico», ha concluso.   I sostenitori occidentali di Kiev, secondo fonti giornalistiche, considerano la bozza una vera «capitolazione» ucraina, e ora i leader UE pro-guerra starebbero correndo ai ripari per modificarla, adducendo il pretesto di «aggiornamenti costruttivi».   Mosca ha confermato di aver ricevuto il documento americano, precisando che non è stato ancora esaminato «in dettaglio». «Potrebbe costituire la base per un accordo di pace definitivo», ha commentato il presidente russo Vladimir Putin.    

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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