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Politica

«Distruggerò lo Stato profondo e ripristinerò un governo controllato dal popolo e per il popolo»: il piano in 10 punti di Trump per smantellare il Deep State

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Il presidente eletto statunitense Donald J. Trump ha diffuso un piano in 10 punti che promette di smantellare radicalmente e disarmare il Deep State («Stato profondo») e di inviare gran parte di ciò che resta «della tentacolare burocrazia federale in nuove località al di fuori della palude di Washington» in «luoghi pieni di patrioti che amano l’America».

 

Come parte del piano di Trump, promette di «ripulire tutti gli attori corrotti nel nostro apparato di sicurezza e Intelligence nazionale. I dipartimenti e le agenzie che sono stati trasformati in armi saranno completamente revisionati, in modo che burocrati senza volto non saranno mai più in grado di prendere di mira e perseguitare i conservatori, i cristiani o i nemici politici della sinistra».

 

Propone inoltre di denunciare gli «abusi di potere che stanno lacerando il nostro Paese»; di «istituire una “Commissione per la verità e la riconciliazione” per declassificare e pubblicare tutti i documenti sullo spionaggio, la censura e la corruzione del Deep State»; e di «monitorare le nostre agenzie di Intelligence per garantire che non stiano spiando i nostri cittadini o conducendo campagne di disinformazione contro il popolo americano».

 

Una volta che la sua nuova amministrazione sarà operativa, Trump ha affermato che «sosterrà un emendamento costituzionale per imporre limiti di mandato ai membri del Congresso».

 

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Questo il testo del messaggio del presidente:

 

Ecco il mio piano per smantellare lo Stato profondo e riprenderci una volta per tutte la nostra democrazia dalla corruzione di Washington.

 

Innanzitutto, ripubblicherò immediatamente il mio ordine esecutivo del 2020, ripristinando l’autorità del Presidente di rimuovere i burocrati disonesti, e farò valere tale potere in modo molto aggressivo.

 

In secondo luogo, elimineremo tutti gli attori corrotti nel nostro apparato di sicurezza e intelligence nazionale. I dipartimenti e le agenzie che sono stati trasformati in armi saranno completamente rivisti, in modo che burocrati senza volto non saranno mai più in grado di prendere di mira e perseguitare i conservatori, i cristiani o i nemici politici della sinistra.

 

In terzo luogo, riformeremo completamente i tribunali FISA, che sono così corrotti che ai giudici apparentemente non importa quando vengono ingannati nelle richieste di mandato.

 

Quarto, per denunciare le bufale e gli abusi di potere che stanno lacerando il nostro Paese. Istituiremo una «Commissione per la verità e la riconciliazione» per declassificare e pubblicare tutti i documenti sullo spionaggio, la censura e la corruzione del Deep State.

 

Quinto, avvieremo una repressione massiccia contro i divulgatori governativi che colludono con le fake news per tessere deliberatamente false narrazioni e sovvertire il nostro governo e la nostra democrazia. Quando possibile, presenteremo accuse penali.

 

Sesto: renderemo l’ufficio di ogni ispettore generale indipendente e fisicamente separato dai dipartimenti che supervisionano, in modo che non diventino i protettori dello Stato profondo.

 

Settimo, chiederò al Congresso di istituire un sistema di controllo indipendente per monitorare costantemente le nostre agenzie di Intelligence e garantire che non stiano spiando i nostri cittadini o conducendo campagne di disinformazione contro il popolo americano, o che non stiano spiando la campagna di qualcuno come hanno spiato la mia campagna.

 

Ottavo, continueremo lo sforzo avviato dall’amministrazione Trump per spostare parti della burocrazia federale in nuove sedi al di fuori della palude di Washington. Proprio come ho spostato il Bureau of Land Management in Colorado, fino a centomila posizioni governative potrebbero essere spostate — immediatamente — in luoghi pieni di patrioti che amano l’America.

 

Nono: lavorerò per impedire ai burocrati federali di occupare posti di lavoro nelle aziende con cui hanno a che fare e che regolamentano.

 

Infine, promuoverò un emendamento costituzionale per imporre limiti di mandato ai membri del Congresso.

 

Ecco come distruggerò lo Stato profondo e ripristinerò un governo controllato dal popolo e per il popolo.

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Politica

Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro

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Sanae Takaichi è diventata la prima donna Primo Ministro del Giappone, vincendo le elezioni parlamentari di Tokyo martedì. Esponente di lungo corso del Partito Liberal Democratico (LDP), nota come la «Lady di Ferro» del Giappone per la sua ammirazione verso l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, Takaichi è riconosciuta per il suo conservatorismo sociale, il nazionalismo e il sostegno a un ruolo più ampio per le forze armate giapponesi.   A 64 anni, Takaichi ha sostenuto la revisione della clausola pacifista della costituzione postbellica del Giappone e il riconoscimento ufficiale delle Forze di autodifesa come esercito nazionale. Ha inoltre appoggiato un aumento della spesa per la difesa e una maggiore cooperazione militare con gli Stati Uniti.   Le sue posizioni sulla sicurezza nazionale richiamano le politiche dell’ex premier Shinzo Abe, di cui è considerata una protetta e con cui aveva stretti legami politici.   Frequente visitatrice del Santuario Yasukuni di Tokyo, che rende omaggio ai caduti giapponesi, inclusi criminali di guerra della Seconda Guerra Mondiale, Takaichi è stata spesso criticata dai Paesi vicini per quello che considerano revisionismo storico. Ha difeso le sue visite come atti di rispetto personale, sostenendo che i crimini di guerra dei soldati giapponesi siano stati esagerati.

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A livello interno, Takaichi si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, sostiene la successione imperiale esclusivamente maschile e ha criticato le proposte di cognomi separati per le coppie sposate.   La Takaicha ha inoltre appoggiato il rafforzamento dei confini e politiche migratorie più rigide, chiedendo misure contro i visti non concessi, il turismo eccessivo e l’acquisto di terreni da parte di stranieri, soprattutto vicino a risorse strategiche.   In politica estera, la Takaichi ha definito la crescente potenza militare della Cina una «seria preoccupazione», proponendo misure di deterrenza, tra cui un patto di sicurezza con Taiwan.   Si ritiene che Takaichi non intenda perseguire un significativo riavvicinamento con la Russia, avendo ripetutamente rivendicato la sovranità sulle isole Curili meridionali, annesse dall’Unione Sovietica nel 1945 come parte degli accordi postbellici.   Takaichi assume la carica in un momento critico per il Giappone, che affronta un tasso di natalità ai minimi storici, un rapido invecchiamento della popolazione, un’inflazione persistente e il malcontento pubblico per gli scandali politici che hanno eroso la fiducia nel PLD, il partito al governo.  

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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra

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Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.

 

I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.

 

Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.

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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.

 

Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.

 

Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.

 

Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.

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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.

 

Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.

 

Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.

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Politica

Sarkozy sarà messo in cella di isolamento

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L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, riconosciuto colpevole di associazione a delinquere per ottenere fondi illeciti per la sua campagna elettorale del 2007, sconterà la pena in isolamento, secondo quanto riportato dall’AFP.   Il 25 settembre, un tribunale parigino ha condannato Sarkozy, 70 anni, a cinque anni di carcere per un complotto del 2005 volto a ottenere finanziamenti segreti dal leader libico Muammar Gheddafi. Il tribunale ha stabilito che, in cambio dei fondi, Sarkozy si sarebbe impegnato a migliorare la reputazione internazionale della Libia. Il giudice, sottolineando la «gravità eccezionale» del crimine, ha disposto l’incarcerazione immediata, anche in caso di appello.   Presidente della Francia dal 2007 al 2012, Sarkozy è il primo ex capo di Stato di un Paese membro dell’UE a essere incarcerato. La sua detenzione inizierà martedì.   Domenica, l’AFP ha riferito fonti del carcere parigino di La Santé, secondo cui Sarkozy sarà probabilmente confinato in una cella di nove metri quadrati nell’ala di isolamento, per limitare i contatti con altri detenuti.

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Sarkozy ha definito il verdetto un’«ingiustizia», ribadendo la propria innocenza. I suoi legali hanno presentato ricorso e intendono richiedere la conversione della pena in arresti domiciliari una volta iniziata la detenzione.   L’inchiesta è partita nel 2013, dopo le dichiarazioni del 2011 di Saif al-Islam, figlio di Gheddafi, secondo cui il padre avrebbe versato circa 50 milioni di euro (54,3 milioni di dollari) per la campagna di Sarkozy.   Sarkozy ha avuto un ruolo chiave nell’intervento NATO che ha portato alla caduta e all’uccisione di Gheddafi nell’ottobre 2011 da parte di gruppi armati antigovernativi.   In precedenza, l’ex presidente era stato condannato in due casi separati per corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito di campagne elettorali, scontando in entrambi i casi gli arresti domiciliari.   Sarkozy è stato privato pure della Legion d’Onore, la più alta onorificenza statale di Francia. Nelle accuse era finita, ad un certo punto, anche la moglie Carla Bruni.  

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  Immagine di UMP via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
 
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