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Come un discepolo di Crowley creò la NASA. Renovatio 21 recensisce la serie Strange Angel

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Jack Parsons (1914–1952) è l’uomo a cui, dicono forse senza iperboli, si deve parte della tecnologia che ha portato l’uomo sulla Luna. Egli è altresì l’uomo che, negli anni della guerra, impiantò un vero e proprio tempio satanico nel cuore cattolico di Los Angeles. Strange Angel (CBS, 2018-2019) è la serie biografica che illustra la sua storia. Che è, semplicemente, pazzesca.

 

La bizzarra vicenda di Parsons circolava da tempo nel mondo della sottocultura. In Italia era apparsa negli anni Novanta nella traduzione del libro dell’editore underground Adam Parfrey, Culture dell’Apocalisse. Per il resto, la figura – nonostante la sua importanza, e la portata di bizzarria che essa recava con sé – fu ignorata per anni.

 

Parsons tornò nel radar grazie ad una biografia del giornalista e scrittore George Pendle: Strange Angel: The Otherworldly Life of Rocket Scientist John Whiteside Parsons (2005), il libro da cui la serie è ispirata,

 

 

Pionieri del Trasferimento Tecnologico aerospaziale

Come racconta la serie, Parsons era nato in una famiglia abbiente che perse tutto con la Grande Depressione. Dovette mollare l’Università, ma continuò a coltivare la passione per la chimica dei razzi – all’epoca una materia da veri pionieri – che era entrata nella sua vita con la lettura, da bambino, di storie di fantascienza. È riportato che, sempre bambino, avesse avuto una esperienza di evocazione demoniaca, che sostenne pure riuscì.

 

Parsons, pur da fuori dall’università, riuscì in un capolavoro di trasferimento tecnologico: dall’Ateneo di Pasadena portò fuori il talento di giovani studenti di balistica, di un professore europeo (Theodore von Karman – che nella serie è interpretato dall’immancabile Rade Šerbedžija) creando un’azienda spinoff chiamata GALCIT che si dedicava puramente allo JATO (Jet Assisted Take Off), un sistema di propulsione per aerei a elica di modo di farli decollare dalle portaerei.

 

Si trattava di una tecnologia che lo Stato, che si preparava ad andare in guerra su due fronti (specialmente contro la «portaerei inaffondabile» che era l’isola del Giappone), non poteva lasciarsi sfuggire. GALCIT divenne JPL, che significa Jet Propulsion Laboratory ma che molti riconoscevano voler dire invece Jack Parsons Laboratory.

 

La JPL è viva e attiva ancora oggi a fianco della NASA in tecnologie aerospaziali, ed è operata dal politecnico della California CalTech.

 

 

Discepolo del mago satanico

La vita privata di Parsons, tuttavia, fu ancora più degna di nota. Sposò una ragazza cattolica Helen Northrup, ma fu presto sedotto da Thelema, la religione magico-pagana (cioè, satanica) fondata quattro decenni prima da Aleister Crowley – l’uomo riconosciuto come padre del satanismo moderno, e non solo di quello.

 

Parsons si unì alla Loggia Agape, il ramo losangelino dell’Ordo Templi Orientis di Crowley. La serie dettaglia in modo straordinario tutte le tappe del suo coinvolgimento, nonché particolari inediti su rituali e credenze del gruppo.

 

Non facciamo spoiler: alcuni possono trovare il culto disgustoso, altri riconoscere che si tratta di quello che avviene oggi nei club scambisti, solo con un carattere teatrale e rituale, spesso preoccupante.

 

L’aderenza al culto di Thelema, di cui diventa il capo locale, costò a Parsons il ruolo di capo della JPL, da cui venne allontanato.

 

 

La villa nella quale si era stabilito grazie ai lucrosi contratti con l’Esercito (vendicando la caduta in miseria della famiglia) si era presto trasformata nella sede della setta, dove vivevano personaggi che all’epoca non erano neppure ai margini della società. Erano proprio impensabili: un transessuale, un omosessuale, una coppia «aperta» di afroamericani, ragazzine scappate di casa, etc. È, con ogni evidenza, una squadra di precursori – l’avanguardia della controcultura degli anni Sessanta e Settanta divenuta oggi il mainstream più assoluto.

 

La storia di Parsons andò molto più avanti, divenendo ancora più bizzarra: lavorò per lo Stato di Israele, si innamorò di donne che lo fecero soffrire ancora di più delle sorelle Northrup, stabilì un piano – chiamato Babalon Working – per far manifestare sulla terra la donna scarlatta di cui parla l’Apocalisse, la quale avrebbe dovuto dare vita all’Anticristo.

 

Una parte di questo intrigo è visibile nell’episodio di Lore (S02E06, su Amazon Prime) dedicato a Parsons. Tuttavia, questo non ha nulla della raffinatezza e della densità di immagine e pensiero che ha Strange Angel.

 

 

Storia del concetto di autorealizzazione

A quella porta bussò ad un certo punto anche un tale L. Ron Hubbard – il futuro fondatore di Scientology. Hubbard se ne andò con la ventunenne cognata di Parsons, che nel frattempo era diventata sua amante.

 

In una lettera a Crowley, Parsons scrisse:

 

«Circa tre mesi fa ho incontrato Ron Hubbard… è scrittore e esploratore… un gentiluomo; ha i capelli rossi, gli occhi verdi, è onesto e intelligente, e di cui sono diventato grande amico. Si è trasferito da me circa due mesi fa, e sebbene Betty e io siamo ancora amici, lei si è innamorata di Ron. Mi sono preso cura di lei in maniera piuttosto profonda, ma non desidero controllare le sue emozioni. Anche se Ron non ha un addestramento formale nella “Magick” [la tecnica magica secondo i dettami di Crowley, ndr], ha una quantità straordinaria di esperienza e conoscenza nel settore. Da alcune delle sue esperienze ho dedotto che è in contatto diretto con qualche intelligenza superiore, forse il suo angelo-guardiano. Egli descrive il suo angelo come una bella donna alata dai capelli rossi che lui chiama l’Imperatrice… Lui è la persona più telemica [da Thelema, il nome del culto, che deriva dalla parola greca per «volontà», ndr] che io abbia mai conosciuto ed è in completo accordo con i nostri principi. Egli è anche interessato a istituire il “Nuovo Eone”»

 

Secondo alcuni, Hubbard fu influenzato dalle idee di Parsons e Crowley sulla realizzazione del sé. Tutta la serie è incentrata sul principio dell’autorealizzazione del ragazzo caduto in disgrazia che vuole arrivare al cielo – letteralmente. Anche in questo, Strange Angel ci dà la possibilità di guardare, con eleganza filologica, dentro alla cultura del self-help e self-improvement, autorealizzazione (che va dai libri di Dale Carnegie a sette di vario tipo) che si dipanano per più di un secolo di storia americana, e, di conseguenza, mondiale.

 

Ad ogni modo, la storia del rapporto tra l’autore di Dianetics e il mago-scienziato balistico, non la vedremo mai su schermo: a novembre 2019, la serie è stata cancellata dopo due stagioni.

 

 

Opera «viscontiana»

La serie si avvale di un impianto visivo impeccabile, così come lo è la ricostruzione della Los Angeles degli anni Quaranta (e, per un episodio, la Londra martoriata sotto i missili tedeschi V2). Vi è una profondità di racconto dell’ambiente (il lavoro, la chiesa, la famiglia, il vicinato, la morale diffusa) davvero ragguardevole.

 

Con Boardwalk Empire, Strange Angel rappresenta il meglio di questa tradizione «viscontiana» delle nuove serie TV americane: ambientazione perfetta fino al minimo dettaglio, cura delle immagini e di ogni singolo evento che si vede nella ricostruzione storica.

 

Prodotta tra gli altri da Ridley Scott e dal socio di Darren Aronofsky Mark Heyman (Black Swan), la serie di avvale di un cast che porta a casa il risultato (Jack Reynor, Rupert Friend, Peter Mark Kendall su cui spicca il lavoro della bellissima australiana – qui ad una certa anche ignuda – Bella Heathcote (vista nel visionario Neon Demon di Nicolas Winding Refn), che dà vita al personaggio più tormentato di tutta la storia – e la serie è così raffinata da farci percepire la sua trasformazione (con agnizione definitiva dell’orrore rimosso) attraverso le note della misterica Sagra della Primavera (La Glorificazione dell’eletta) di Stravinskij.

 

Gli effetti speciali, usati per le prodezze missilistiche e soprattutto per le allucinazioni del Parsons, sono molto convincenti e dosati in modo encomiabile. 

 

 

 

Raro. Arte. 

L’opera ha un pregio davvero raro: restituirci con cura maniacale un’era antica e al contempo farci riflettere sul presente, mostrandoci come ere apparentemente distanti in realtà si rispecchino l’una nell’altra, quando ciò che si cerca di raccontare a fondo è l’uomo, i suoi peccati, la sua storia.  

 

Un tale ottenimento è proprio di una grande arte, e con uno sforzo come quello di Strange Angel siamo nei dipressi di essa.

 

 

 

Articolo previamente apparso su Mondoserie.it

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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Vaticano, una nuova nomina controversa

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Sabato 6 settembre 2025, papa Leone XIV ha nominato la direttrice del Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) Cristiana Perrella Presidente della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Succede all’architetto Pio Baldi. Questa nomina, annunciata nel bollettino ufficiale della Santa Sede, ha sorpreso e turbato gli ambienti informati.

 

Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon

L’Accademia, fondata nel XVI secolo, si propone, secondo i suoi statuti approvati nel 1995, di «promuovere lo studio, la pratica e lo sviluppo delle lettere e delle belle arti, con particolare riguardo alla letteratura di ispirazione cristiana e all’arte sacra in tutte le sue espressioni, e di promuovere l’elevazione spirituale degli artisti, in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura».

 

Riconosciuta da Papa Paolo III il 5 ottobre 1543, è la più antica associazione artistica nazionale italiana ancora esistente. È composta da circa cinquanta accademici ordinari nominati dal Papa (i «virtuosi»), suddivisi in cinque categorie: architetti, pittori e cineasti, scultori, musicisti e amanti dell’arte, scrittori e poeti, oltre a 49 accademici onorari.

 

Il nuovo presidente

Nata a Roma nel 1965, Cristiana Perrella è curatrice di mostre, critica d’arte e docente di management ed economia dell’arte presso l’Università San Raffaele di Milano. Ha diretto il Centro Pecci di Prato fino al 2021, ha organizzato la mostra Panorama a L’Aquila nel 2023 e ha collaborato con il MAXXI, la Biennale di Valencia, l’IKSV di Istanbul e la Fondazione Prada.

 

Dal 2025 dirige il MACRO, dove programma stagioni artistiche che integrano arti visive, musica e progetti comunitari, evidenziando il ruolo sociale dell’arte. Tra i suoi progetti più importanti come curatrice c’è la mostra con l’artista Yan Pei-Ming per il Giubileo del 2025, incentrata sui temi dell’emarginazione e dell’inclusione sociale.

 

Perrella è membro della Pontificia Accademia dal 2022, nominata da papa Francesco, e nel 2024 è stata nominata curatrice delle mostre d’arte contemporanea per lo spazio Conciliazione 5 dal Dicastero per la Cultura e l’Istruzione del Vaticano.

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Cristiana Perrella è diventata particolarmente nota per aver organizzato «Nudes», una mostra di opere di una fotografa cinese. Sotto le spoglie dell’arte, la galleria ha esposto 90 fotografie la cui crudezza esplicita e provocatoria ha suscitato forti critiche.

 

Ha creato anche altre mostre di natura simile, sia esplorando la cultura dei nightclub come spazi di liberazione morale ed espressione personale all’interno della comunità LGBT+, sia elogiando questa stessa liberazione attraverso poster di film pornografici, promuovendo chiaramente valori contrari alla morale cattolica.

 

In un’intervista su Medium, spiega: «dovremmo riprendere il concetto di Rosi Braidotti e parlare del soggetto nomade. … In realtà sono interessata a temi legati alla femminilità e al femminismo, ma anche alla cultura queer e, in generale, a tutto ciò che sfugge alla semplificazione e allo schematismo. … Sono anche molto interessata al momento in cui il discorso postcoloniale si intreccia con quello di genere».

 

Tribune chrétienne, che ha riportato alla luce questa citazione, commenta: «invocando la filosofa postmoderna Rosi Braidotti, figura del femminismo radicale e del postumanesimo, la signora Perrella aderisce a una visione del mondo in cui l’uomo cessa di essere una persona creata a immagine di Dio e diventa un “soggetto nomade”, instabile, multiplo, dedito all’esplorazione della propria sessualità senza scopo né direzione».

 

«È un’antropologia che si oppone direttamente alla concezione cristiana della persona umana, una e indivisibile, chiamata alla santità e all’unità interiore. Il suo elogio del femminismo militante, della cultura queer e del postcolonialismo rivela un’agenda ideologica molto più che artistica. Tutto in essa traspira decostruzione: decostruzione del corpo, dell’identità, della tradizione».

 

«La Chiesa non può confondere l’arte autentica, che è ricerca della verità e della bellezza, con un attivismo che offusca deliberatamente i punti di riferimento fondamentali dell’antropologia cristiana. La nomina di una figura che sostiene la messa in discussione dei quadri morali e la dissoluzione dei punti di riferimento antropologici appare una rottura brutale con lo spirito di questa venerabile istituzione».

 

E il fatto che una tale nomina provenga dallo stesso Papa, allo scopo di ricoprire la presidenza di un’accademia pontificia, rende la decisione ancora più inspiegabile.

 

Nel caso in cui, nonostante l’operato dei segretari vaticani, Papa Leone XIV non fosse pienamente informato delle posizioni pubbliche della signora Perrella, così manifestamente contrarie al Vangelo e allo spirito cristiano, possiamo comprendere la confusione che questa decisione provoca e sperare che l’attuale Papa ponga saggiamente rimedio a tale confusione.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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L’Ungheria celebra un millennio di cristianesimo con una croce gigante fatta di droni nel cielo

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L’Ungheria ha celebrato la sua eredità cristiana nel giorno di Santo Stefano con fuochi d’artificio e una croce gigante formata nel cielo dai droni. Lo riporta LifeSite.   Il 20 agosto, l’Ungheria ha celebrato la sua festa nazionale, la festa di Santo Stefano I, il primo re d’Ungheria. Durante i festeggiamenti, droni luminosi hanno formato una croce gigante sopra il Danubio, vicino al palazzo del Parlamento.   Il ministro degli Affari Esteri e del Commercio Peter Szijjarto ha condiviso un’immagine della croce galleggiante con la didascalia «Altri mille anni», in riferimento al fatto che l’Ungheria è una nazione cristiana da un millennio.   Lo spettacolo prevedeva anche fuochi d’artificio, una banda musicale e una processione con le reliquie di Santo Stefano.  

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«Nel giorno di Santo Stefano celebriamo il nostro millenario Stato cristiano ungherese, fondamento della nostra nazione, pilastro dell’Europa cristiana», ha scritto il premier Vittorio Orban su X. «Orgogliosi di portare avanti questa eredità di fede, forza e indipendenza».   Durante il suo primo mandato da primo ministro (1998-2002), l’Orban ha avuto un ruolo chiave nello spostamento della corona di Santo Stefano da un museo al centro del palazzo del Parlamento, un atto simbolico che ha sottolineato l’importanza del patrimonio cristiano dell’Ungheria.   «Oggi, 20 agosto, festa di Santo Stefano: celebrazioni in tutto il mondo, ovunque si trovino gli ungheresi», ha affermato l’ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, Sua Altezza Imperiale arciduca Edoardo d’Asburgo-Lorena.   «Celebriamo oltre 1.000 anni di nazione cristiana» ha scritto SAR.   Le immagini dello spettacolo a Budapest sono impressionanti, monumentali in un senso epico e moderno al contempo.           L’Ungheria ha organizzato uno spettacolo di luci simile il giorno di Santo Stefano degli anni passati, quando i droni hanno pure formato una gigantesca croce fluttuante e una gigantesca corona.       Durante il regime sovietico, la festa di Santo Stefano fu soppressa. Il regime comunista scelse deliberatamente il 20 agosto 1949 come giorno per ratificare la nuova costituzione stalinista, in un apparente tentativo di sostituire la festa e promuovere il comunismo ateo. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989, i 40 anni di occupazione comunista dell’Ungheria terminarono e la festa di Santo Stefano divenne la nuova festa nazionale ungherese.   Re Santo Stefano I fu un fervente cattolico e il primo re cristiano d’Ungheria. Papa Silvestro II lo incoronò nell’anno 1000. Morì il giorno dell’Assunzione del 1038 e, sul letto di morte, dedicò il paese a Maria. Lui e suo figlio Emerico furono canonizzati da Papa San Gregorio VII nel 1083.

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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica»

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«Il gender ha ampiamente pieno possesso dell’opera lirica» è quanto scrive Pierluigi Panza su Il Fatto d’arte in un articolo che parla della tendenza in auge nei teatri e nei festival musicali, anche prestigiosi. «Del resto, l’opera è un suo territorio naturale poiché da sempre popolato di castrati, ruoli en-travesti, donne travestite da uomini e viceversa».

 

Nel Novecento, per convenzione, i ruoli originariamente destinati ai castrati sono stati interpretati da donne con voci da mezzosoprano o contralto en-travesti, spiega il critico. Di conseguenza, le voci tradizionalmente presenti sui palcoscenici mondiali sono state quelle di soprano, mezzosoprano e contralto per le donne, e di basso, baritono e tenore per gli uomini.

 

Negli ultimi anni, però, si è affermata la voce del controtenore tra gli uomini, inizialmente utilizzata principalmente per ricoprire i ruoli scritti per i castrati. Quello che sembrava un capriccio più che una necessità si è rapidamente trasformato in una tendenza diffusa, con un impatto sorprendente e inaspettato.

 

«Lo vediamo attualmente nel Festival di Salisburgo, dove in giorni successivi sono state messe in scena Drei Schwestern (le Tre sorelle da Anton Cehov) di Eötvös, Giulio Cesare in Egitto di Haendel e Hotel Metamorphosis, un pastiche su musiche di Vivaldi» racconta il Panza. Nella riformulazione di Tre sorelle, il compositore ha fatto la scelta di affidare tutte le parti femminili a «voci maschili, scelta legata al teatro kabuki che è privo di connotazioni maschili o femminili».

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«Una proposta del genere non può che piacere negli odierni tempi fluidi; così le tre sorelle sono state messe in scena con tre bei marcantoni» scrive il critico che avverte che anche il ruolo del soprano è ora insidiato dal genderimo: «la rivoluzione gender non si è fermata al trionfo diffusionale dei controtenori – quasi ricercate star come lo furono i castrati –, ma ha esteso ai maschi la voce da soprano».

 

«Così avviene nel Giulio Cesare in Egitto sempre in scena al Festival di Salisburgo. Qui il ruolo del romano Sesto è scritto da Haendel per un soprano o per un contralto castrato, cioè per una donna o per un castrato. A interpretarlo a Salisburgo è Federico Fiorio, un soprano veronese. E via con il resto dei ruoli: Giulio Cesare, Christophe Dumax, è un controtenore; Tolomeo, Yuriy Mynenko, un controtenore e Nireno, Jake Ingbar, pure lui un controtenore».

 

«È la moda del gender, bellezza!» conclude il critico d’arte.

 

Eravamo rimasti all’idea, diffusa dai giornali e dalle psicologhe invitate nelle scuole elementari cattoliche, che la teoria del gender non esiste. E invece, il gender è all’opera.

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