Geopolitica
Birmania, 28 persone massacrate dalla giunta golpista all’interno di un monastero
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Secondo una milizia etnica locale si tratta di civili che si erano rifugiati lì per sfuggire ai bombardamenti e alle truppe dell’esercito. Il villaggio di Nan Nein che è stato colpito si trova lungo una strada indispensabile per i rifornimenti. L’episodio evidenzia ancora una volta la brutalità del conflitto.
Almeno 28 persone, tra cui tre monaci buddhisti, sono state massacrate dalla giunta golpista birmana nello Stato meridionale Shan. A dare la notizia è stata la Karenni Nationalities Defence Force (KNDF), una delle varie milizie etniche che dal colpo di Stato del primo febbraio 2021 combatte contro l’esercito.
L’11 marzo l’aviazione militare ha colpito il villaggio di Nan Nein: i soldati hanno così potuto fare il loro ingresso uccidendo i civili che si erano rifugiati all’interno del monastero locale.
In un video diffuso dalla KNDF si vedono almeno 21 cadaveri a terra e le pareti del luogo di culto crivellate da colpi di proiettile. Secondo un portavoce della milizia sembra che i militari li abbiano «messi in fila davanti al monastero e abbiano brutalmente sparato a tutti, compresi i monaci». Altri sette corpi sono poi stati ritrovati nelle vicinanze del villaggio, ha raccontato il gruppo alla BBC.
Negli ultimi mesi c’è stata una recrudescenza del conflitto civile seguito al golpe, favorita, come lo scorso anno, dalla stagione secca, mentre la stagione dei monsoni, che va da maggio a ottobre, di solito provoca maggiori disagi sia all’aviazione che alle truppe di terra.
Secondo un’altra organizzazione locale, lo Stato occidentale Chin è stato colpito almeno una volta al giorno dai bombardamenti della giunta militare solo nei primi due mesi del 2023.
Il villaggio di Nan Nein si trova lungo un’arteria autostradale che unisce lo Stato Shan allo Stato Kayah ed è considerata indispensabile per portare rifornimenti alle milizie. Nella regione convivono l’etnia Shan, Karenni e Pa-o, ma, a differenza delle altre due, quest’ultima è alleata dell’esercito birmano e nelle ultime settimane ha ricevuto un forte sostegno militare nel tentativo, da parte della giunta, di riconquistare i villaggi occupati dalle milizie anti-golpe.
Gli abitanti del villaggio di Nan Nein probabilmente ritenevano che all’interno del monastero avrebbero trovato un rifugio sicuro considerato che nella zona i monaci sono figure rispettate. Tuttavia il colpo di Stato ha cambiato gli equilibri tra i gruppi etnici del Myanmar: il Paese è composto in maggioranza dall’etnia bamar, perlopiù di fede buddhista e concentrata nelle aree centrali della nazione, che, per questa ragione, in passato sono state risparmiate dagli scontri armati.
Dai tempi dell’indipendenza dall’impero coloniale britannico, ottenuta nel 1948, le milizie etniche che abitano in prevalenza le zone vicino ai confini, invece, combattono contro il governo centrale chiedendo maggiore autonomia.
Dopo il primo febbraio 2021 le milizie etniche non solo si sono unite tra di loro, ma si sono anche alleate alle Forze di Difesa del Popolo (People Defence Forces, PDF), gruppi armati fedeli al Governo di unità nazionale in esilio e composti da giovani appartenenti alla maggioranza bamar e provenienti dalle aree centrali del Myanmar, un evento che, secondo i commentatori, non si era mai verificato prima.
I dati delle Nazioni unite affermano che a causa del conflitto civile sono state distrutte 40mila abitazioni, gli sfollati sono circa un milione e mezzo e almeno 8 milioni di bambini non vanno a scuola, mentre 15 milioni di persone rischiano la fame.
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Immagine di N509FZ via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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